Massimo Gramellini su La Stampa del 13/09/01 a pagina 1., 13 settembre 2001
«Voci basse nei negozi, pochi colpi di clacson per le strade: segnali di un’antica civiltà riaffiorano in queste ore nelle metropoli italiane e sono un modo tutto nostro di ammettere che abbiamo paura
«Voci basse nei negozi, pochi colpi di clacson per le strade: segnali di un’antica civiltà riaffiorano in queste ore nelle metropoli italiane e sono un modo tutto nostro di ammettere che abbiamo paura. C’è un timore razionale e reale, vivisezionato nelle chiacchiere da bar: se americani e russi invadono Kabul, il prossimo fulmine di Allah potrebbe colpire la cupola del Vaticano. E ce n’è un altro, atavico e insondabile, che Igor Man ha cercato di esorcizzare in mille e un articolo, ed è quello dell’Arabo come marziano in Terra, non assimilabile alla nostra cultura. Nazisti e comunisti, i nemici di ieri, in fondo volevano soldi e belle cose come noi. Anche nei momenti più terribili restava l’illusione, se non altro, di potersi intendere. Ma molti musulmani, non solo gli integralisti che s’immolano per guadagnarsi il paradiso, disprezzano quei beni materiali che a noi sembrano sommamente desiderabili, deridono l’importanza centrale che il lavoro ha nelle nostre vite e lungi dall’invidiarci le macchine e i vestiti hanno pena della nostra mancanza di spiritualità. Si può vincere o almeno pareggiare contro una squadra che gioca un altro sport? La paura nasce da qui e a sedarla non basterà la caduta di Bin Laden, talebani e ayatollah. O l’Occidente cocacolizza militarmente tutto l’Islam oppure prima o poi andrà trovato un sistema per capirsi. E per accettarsi» (Massimo Gramellini).