Emanuela Moroli e Roberta Sibona, "Schiave d’occidente", Mursia 1999, 18 settembre 2001
Mirka, albanese, figlia di un insegnante di filosofia caduto in disgrazia dopo la fine del comunismo
Mirka, albanese, figlia di un insegnante di filosofia caduto in disgrazia dopo la fine del comunismo. A 14 anni, quando è ancora convinta che i bambini nascano dall’ombelico, sua zia la vende per ottocentomila lire a un ventitreenne di nome Hajadar Liapi. Costui, che in Italia si fa chiamare Genti, le promette di sposarla in Puglia, la porta invece a Valona, dove la violenta di continuo. In Italia, per convincerla a prostituirsi, la mette in una vasca da bagno e la picchia con la cinghia finché l’acqua non si fa rossa di sangue. Lei si arrende, ma presto impara a scappare dai clienti dopo aver preso i soldi senza concedersi. Genti scopre il trucco e la riempie di botte. Quando resta incinta, una mammana le pratica l’aborto usando al posto dell’anestesia un coltello puntato contro la gola. Per il suo quindicesimo compleanno, Genti e i suoi complici la portano a festeggiare in una discoteca romana. Sulla via del ritorno, ubriachi fradici, la picchiano con le cinghie, la legano a un albero e le cospargono di benzina, dicendo che si sono stufati di lei. La slegano solo quando è ormai convinta di essere morta. Adesso Mirka va a scuola, e vive in una casa-famiglia.