Edgarda Ferri, "Io, Caterina", Mondadori, 28 settembre 2001
Nei primi giorni dell’agosto 1362 la sorella Bonaventura morì partorendo. Caterina assistè inerme alla tragedia e pregando davanti al corpo della morta trovò la vocazione: cominciò a digiunare, mangiava solo pane e verdure e passava di nascosto, sotto il tavolo, le uova e le altre pietanze al fratellino Stefano
Nei primi giorni dell’agosto 1362 la sorella Bonaventura morì partorendo. Caterina assistè inerme alla tragedia e pregando davanti al corpo della morta trovò la vocazione: cominciò a digiunare, mangiava solo pane e verdure e passava di nascosto, sotto il tavolo, le uova e le altre pietanze al fratellino Stefano. Un giorno, volendo imitare le "sorelle della Penitenza" dette anche "mantellate" (laiche libere votate alla castità, alla povertà e all’obbedienza che non vivevano in convento e si dedicavano alla cura dei poveri e dei malati) si rasò i capelli con le forbici del padre e si coprì la testa con una cuffia di tela. I genitori, convinti che le sue stravaganze dipendessero dall’ozio, licenziarono la serva e la misero a fare i lavori di casa.