Ian McEwan, The Guardian 12/9/2001 (Internazionale 14/9/2001), 12 settembre 2001
«Da sempre, si sa, ciò che più ci spaventa è ciò che non vediamo. Abbiamo visto i grattacieli esplodere, l’aereo inclinato, l’impatto spaventoso, i cumuli di polvere che inghiottono le strade
«Da sempre, si sa, ciò che più ci spaventa è ciò che non vediamo. Abbiamo visto i grattacieli esplodere, l’aereo inclinato, l’impatto spaventoso, i cumuli di polvere che inghiottono le strade. Ma siamo rimasti soli a immaginare il terrore umano all’interno dell’aereo, lungo i corridoi e negli ascensori degli edifici colpiti, o giù nelle strade, mentre le torri crollavano sui soccorritori e sulla folla del mattino. Le urla, l’eroismo e il ragionevole panico, il frugare nella semioscurità alla ricerca di un cellulare: quel che ci ha fatto inorridire è stato il fatto di trovarci a distanza di sicurezza da tutto questo. Niente sangue, niente urla. Nelle loro tragedie, gli antichi greci tenevano saggiamente lontani dal palcoscenico, fuori scena, i momenti peggiori: di qui la parola ”osceno”. Questa è stata un’oscenità. Assistevamo alla morte su una scala incredibile, ma non abbiamo visto nessuno morire. L’incubo era questo abisso d’immaginazione» (Ian McEwan)