Piero Bianucci su La Stampa (tSt) del 19/09/01 a pagina 1., 19 settembre 2001
Negli anni Trenta, all’istituto di via Panisperna, Fermi e altri scienziati bombardavano con neutroni un pezzetto d’argento nel tentativo di tenderlo radioattivo
Negli anni Trenta, all’istituto di via Panisperna, Fermi e altri scienziati bombardavano con neutroni un pezzetto d’argento nel tentativo di tenderlo radioattivo. I risultati, però, variavano di continuo: in certi giorni e in certi posti del laboratorio l’argento diventava più radioattivo; in altri giorni o semplicemente cambiando stanza, la radioattività indotta era più debole. Insomma i risultati erano del tutto inaffidabili, tanto che Bruno Pontecorvo stava addirittura rischiando di perdere il posto. Ad un certo punto, secondo il racconto dei fisici Fabio Cardone e Roberto Mignani (autori del libro ”Enrico Fermi e i secchi della sora Cesarina”), accadde qualcosa. I ragazzi di via Panisperna s’accorsero che la sora Cesarina, addetta alle pulizie del laboratorio, di tanto in tanto nascondeva sotto il tavolo di Pontecorvo alcuni secchi d’acqua con cui lavava i pavimenti. Ed ebbero un’idea: forse era proprio l’acqua a rallentare i neutroni, rendendoli molto più efficaci nell’indurre una radioattività artificiale. Per verificare questa ipotesi fecero subito un primo esperimento, mettendo in un secchio pieno d’acqua una sfera di vetro contenente berillio e radon (sorgenti di neutroni), e il solito pezzetto d’argento. L’acqua sembrò il fattore decisivo. Fermi decise allora di ripetere l’esperimento con una quantità maggiore d’acqua, utilizzando la vasca di pietra dei pesci rossi nel cortile dell’istituto. Il risultato fu il medesimo.