Su La macchina del tempo numero 9 del settembre 2001 a pagina 133., 11 ottobre 2001
«Nelle osterie e nelle locande da posta, si sa, non si mangiava bene, né cibo fresco. Ma quando Montaigne nel suo viaggio in Italia, varcate le Alpi, si ferma in una locanda presso Trento, scopre che non gli offrono i soliti gamberi di fiume o l’eterno bollito di bue con cavolo in salamoia e lardo, ma grosse lumache di vigna, tartufi in olio e aceto, olive, e una quantità di limoni e arance
«Nelle osterie e nelle locande da posta, si sa, non si mangiava bene, né cibo fresco. Ma quando Montaigne nel suo viaggio in Italia, varcate le Alpi, si ferma in una locanda presso Trento, scopre che non gli offrono i soliti gamberi di fiume o l’eterno bollito di bue con cavolo in salamoia e lardo, ma grosse lumache di vigna, tartufi in olio e aceto, olive, e una quantità di limoni e arance. Allora è sicuro: è proprio in Italia. Tra poco gusterà le aromatiche ”misticanze” crude, le minestre primaverili di carciofi, fave fresche e piselli, le marmellate, i marzapane, le tante specie di frutti freschi, i canditi, soprattutto le lasagne al formaggio. Ecco, secondo i francesi, le vere ”invenzioni” della cucina d’Oltralpe. L’italiano è già noto nell’Europa del Rinascimento come divoratore di lasagne fritte o bollite, gnocchi di frumento (non ancora di patate) e ravioli ripieni d’ortica, verdure, ricotta o carne, cotti in brodo, conditi con formaggio e burro o ripassati in padella con salsa all’aglio, erbe e ortaggi, spezie e pepe. Ci sono tagliatelle, tagliolini, trenette, maltagliati e bigoli scuri fatti in casa. I migliori, a Napoli, sono quelli delle suore. Di là da venire gli ”spaghetti” industriali, creati alla fine del ’700» (Nico Valerio).