La macchina del tempo n. 9 settembre 2001 pag 131, 9 settembre 2001
Poi c’è il puro divertimento d’abilità per sbalordire, pour épater les bourgeois. A Venezia, nel 1574, nel pranzo allestito per Enrico III, tutte le pietanze, il pane, coltelli, tovaglie, tovaglioli e piatti, erano fatti di zucchero
Poi c’è il puro divertimento d’abilità per sbalordire, pour épater les bourgeois. A Venezia, nel 1574, nel pranzo allestito per Enrico III, tutte le pietanze, il pane, coltelli, tovaglie, tovaglioli e piatti, erano fatti di zucchero. Riferiscono, però, che il re polacco fosse molto seccato. Certo, i menù dei grandi cuochi e le ”Cene” dipinte dal Veronese fanno pensare ai triclini più raffinati dell’antica Roma. Ma guai a prenderli troppo sul serio. Non sono una testimonianza realistica di come pranzano ogni giorno gli italiani del Rinascimento, nobili compresi. l’errore tipico delle insegnanti d’arte o di lettere, per cui "i Romani mangiavano come Trimalcione nel Satyricon" e i veneziani come raffigurato nei quadri della pittura rinascimentale. Macché. In Italia, anche a cavallo del Cinquecento, in realtà si pranza in modo semplice, il più parco e sostanzioso possibile, senza stranezze e senza discostarsi troppo da quell’alimentazione naturale mediterranea presente fin dagli Etruschi. Ha grande successo il manuale Della vita sobria che il nobile veneziano Luigi Cornaro pubblica a 83 anni. Bottegaio o speziale, lanaiolo o barbiere, il cittadino medio, a Firenze come a Roma, Milano o Venezia, è d’una sobrietà o avarizia che meraviglia gli stranieri. «Qualsiasi inglese sta a tavola quattro ore e mangia almeno il triplo», confessa ammirato un protonotaro apostolico britannico che vive a Firenze. L’italiano del Rinascimento è famoso perché divora grandi insalate miste o verdure, che condisce con olio e aceto. In Toscana e altrove come ”primo”, a Venezia in ultimo. Può permetterselo: in Italia crescono gli erbaggi e i frutti più abbondanti e vari dell’intera Europa. Tuttora, seimila delle undicimila specie botaniche del continente allignano sullo stivale. Pietro l’Aretino, ghiottone di tutto, è avido anche d’insalate e olive, e le serve con i fagiani agli amici Tiziano Vecellio e Sansovino. «Perché nessun poeta canta le lodi delle verdure?», si chiede. Detto fatto. Il medico e botanico Costanzo Felici scriverà un mirabile libro sulle centinaia di erbe mangerecce in uso nel Rinascimento (Lettera sulle insalate), oggi sparite dalle tavole.