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 2001  ottobre 10 Mercoledì calendario

Che cosa hanno in comune le farfalle e l’informatica? A prima vista nulla, ma il collegamento c’è e sta interessando l’industria

Che cosa hanno in comune le farfalle e l’informatica? A prima vista nulla, ma il collegamento c’è e sta interessando l’industria. E speriamo che non siano le poche farfalle rimaste a farne le spese, fragili vittime della loro ingegnosità biologica. Ecco i fatti: più si riducono le dimensioni dei chip - le laminette di silicio in cui è stata racchiusa l’anima dei computer - più diventa difficile disperdere il calore che si produce inevitabilmente nei meccanismi dove circola l’elettricità. Finché le dimensioni erano grandi (i primi modelli occupavano un’intera stanza) si potevano usare refrigeratori e ventilatori per mantenerli freschi, ma quando l’insieme ha cominciato a miniaturizzarsi il problema è diventato sempre più drammatico. A questo punto entrano in scena le farfalle, o meglio le loro ali. Alcuni studiosi della Tufts University (Maryland, USA) hanno avuto un’idea: vedere come se la cavano, quando vogliono evitare i colpi di calore, gli animali a sangue freddo. Quelli cioè che vivono senza avere adottato qualche tecnica speciale per rendere la temperatura del proprio corpo indipendente dalla temperatura del loro habitat. Le farfalle possiedono ali rivestite da un sottilissimo strato di minuscole scaglie. Lo sanno bene i bambini, che si ’incipriano’ sempre le dita quando le acchiappano. Visti al microscopio elettronico, i granellini di quella polvere appaiono come sacchetti composti di chitina (la sostanza leggera e resistente di cui è fatta anche la cuticola dei coleotteri) e d’aria, a strati alterni. Le scaglie poi sono disposte a embrice, ossia come le tegole dei tetti, e sia i fantastici colori sia le stupende iridescenze delle farfalle diurne si devono in gran parte alla capacità di rifrazione delle laminette. Ai progettisti di computer tanta bellezza ed eleganza di colori e disegni non interessa granché: per loro conta il fatto che, grazie alle microscopiche tegole, la superficie dell’ala di farfalla si presenta irregolare, ondulata. L’irregolarità, aumentando la superficie dell’ala, aumenta la dispersione del calore, mentre nei nostri chip perfettamente lisci il calore si disperde con fatica. ìSe in futuro, dunque, sentiremo parlare di ’chip ad ala di farfalla’ non vorrà dire che all’interno dei computer si nascondono microcircuiti dalle forme fantasiose e dai colori smaglianti, ma che la tecnologia ha trovato il mezzo per rendere la loro superficie un po’ rugosa, e quindi più facile a raffreddarsi. Tecnica che le farfalle avevano imparato da sole, molti e molti milioni di anni fa.