La macchina del tempo n. 10 ottobre 2001 pag 66, 10 ottobre 2001
Inoltre le carte topografiche, i mappamondi, sono stati una metafora della realtà, e quindi spesso della realtà hanno assunto vezzi, idee, preconcetti
Inoltre le carte topografiche, i mappamondi, sono stati una metafora della realtà, e quindi spesso della realtà hanno assunto vezzi, idee, preconcetti. E anche necessità. La conferma a queste teorie gli storici della geografia l’hanno trovata sul campo. Il professor Cosimo Palagiano, dell’Università di Roma, racconta: «C’era un solo mezzo idoneo per scoprire come i nostri antenati più lontani cercassero di rappresentare il territorio sul quale vivevano. Era quello di rifarsi agli usi delle tribù primitive che ancora popolano il nostro pianeta; le scoperte che ne sono scaturite sono risultate molto interessanti». Nel deserto si utilizzavano mappe dove erano riportati con grande evidenza pozzi e oasi. Gli indigeni delle isole Marshall, nei loro rudimentali portolani, davano importanza a venti costanti, banchi di pesce e secche. «Ovviamente - continua il professor Palagiano - il più grossolano degli approcci sarebbe quello di immaginare il frutto di questi primitivi esercizi come qualcosa di molto simile a quello che ora consideriamo una carta geografica. Come prima cosa veniva sempre considerata una porzione di territorio assai ristretta, del quale però era essenziale conoscere ogni segreto, perché vivendo a stretto contatto con la natura l’orientarsi era essenziale per la sopravvivenza. La realtà è raffigurata così come appare agli occhi dei primitivi. Non c’è una grande astrazione. I singoli punti di riferimento sono descritti dettagliatamente».