La macchina del tempo n. 10 ottobre 2001 pag 68, 10 ottobre 2001
Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente la concezione cristiana del mondo si intreccia con la tradizione classica, tramandata però acriticamente e privata dei suoi fondamenti scientifici
Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente la concezione cristiana del mondo si intreccia con la tradizione classica, tramandata però acriticamente e privata dei suoi fondamenti scientifici. Ovviamente, in questo periodo la cartografia si sviluppa in due direzioni divergenti. Da una parte i portolani e le carte nautiche, che dovevano risultare funzionali e attendibili per rendere più sicura e agevole la navigazione; dall’altra, le imagines mundi: raffiguravano l’intero Pianeta, riportavano terre bibliche come il Paradiso terrestre ed erano viziate da visioni antropomorfe (la Sardegna, ad esempio, era rappresentata a forma di piede). Spesso Gerusalemme, città Santa, era al centro del pianeta, mentre l’Est, poiché in quella direzione sorgeva il sole, che veniva associato per similitudine alla luce divina, era sistemato al posto del Nord. Nel Medioevo gran parte delle rappresentazioni del mondo vengono elaborate non da cartografi ma da letterati o chierici (le due figure spesso coincidono), per avvalorare le interpretazioni degli autori classici o per poter ornare le cattedrali con immagini universali. Persino gli itinerari usati dai pellegrini sono molto meno precisi di quelli dei romani. L’antico imperativo funzionale viene mitigato da informazioni fantasiose e leggendarie che trovano il loro posto anche sulle mappe. Mentre in Occidente il sapere classico viene rielaborato in chiave cristiana, la cultura islamica si sviluppa rapidamente e i maggiori progressi si devono proprio agli scienziati arabi, che elaborano anche una serie di carte itinerarie ben dettagliate.