Andrea Greco, La Macchina del Tempo, n. 10, ottobre 2001 pag. 127, 18 ottobre 2001
Per ritrovare noi stessi non c’è bisogno di andare in India. Basta guardare nelle nostre tasche. La carta di identità, con professione e indirizzo
Per ritrovare noi stessi non c’è bisogno di andare in India. Basta guardare nelle nostre tasche. La carta di identità, con professione e indirizzo. La tessera della palestra e libretto della macchina. E poi pranzi, frugali o luculliani, rivelati dagli scontrini del supermercato, agendine che spiano la cerchia delle nostre amicizie. Noi siamo, con ragionevole approssimazione, le poche parole che ci portiamo dietro. Testi scarni, calligrafie tese, tonde, ci svelano. E se nel portafogli c’è il riassunto di una vita, a maggior ragione le parole contenute nei pezzi esposti nella mostra torinese Dal segno al messaggio sono il riassunto dell’evoluzione dell’uomo. Non sono libri, né poesie, ma lapidi, bolli, papiri, tavolette cerate, etichette stampate su vasellame: tutto quello che è servito all’umanità in cinque millenni per manifestare il pensiero, testimoniare la proprietà, garantire la qualità di un oggetto, perpetuare la memoria. In buona sostanza a Torino si può vedere esposto tutto quanto è stato indispensabile all’uomo per estendere la sua personalità. E imparare che delegare a un testo scritto la nostra volontà ci libera dalla schiavitù della presenza.