Andrea Greco, La Macchina del Tempo, n. 10, ottobre 2001 pag. 127, 18 ottobre 2001
Seimila anni fa la nostra Penisola non era assolutamente all’avanguardia nel campo della parola scritta
Seimila anni fa la nostra Penisola non era assolutamente all’avanguardia nel campo della parola scritta. Per quanto riguarda le tecnologie dell’informazione, la Silicon Valley di quei tempi era in Mesopotamia. Un’area che corrisponde alla zona centrale dell’Iraq, tra il fiume Tigri e l’Eufrate. Ma perché proprio lì, e proprio in quel momento? Due sono gli indiziati principali di questo mistero. Già tremila e cinquecento anni prima di Cristo in quella terra fioriva una civiltà avanzata e organizzata. Gli scambi incessanti e la facile reperibilità della terracotta contribuivano a fare nascere le prime forme di lingua scritta. Non furono poeti o sacerdoti a elaborarla, ma i contabili, che solo per questo dovrebbero per sempre essere affrancati dall’immagine di grigiore e mancanza di fantasia che ancora oggi li offusca. Incidendo tavolette di argilla, che poi venivano cotte fissando i segni, si iniziò a inventariare merci, a certificare entrate e uscite dai centri amministrativi. Le tavolette ricoperte di caratteri cuneiformi esposte a Torino svelano anche altro. Gli antichi, immediatamente dopo aver scoperto come registrare e trasmettere informazioni, scoprirono anche la necessità di proteggerle. In certi casi, infatti, era indispensabile poter mantenere la riservatezza dei messaggi. In poche parole scoprirono la necessità della privacy. Proprio per questo in Mesopotamia le tavolette che contenevano documenti venivano rinchiuse in ”buste”, sempre di terracotta, che portavano incisi bolli o caratteri originali, difficili da imitare o falsificare. Chi avesse voluto spiare il contenuto della tavoletta sarebbe stato costretto a rompere la busta, rivelando il suo illecito proposito.