Martin Brookes, "La genetica", Editoriale Scienza pagg. 12-13, 15, 18, 43, 73, 76, 77, 91, 93, 103, 155; Marcello Buiatti, "Le biotecnologie", Il Mulino pag. 21, 22, 25; Kevin Davies, "Il codice della vita", Mondadori pag. 1, 33, 46, 224., 18 ottobre 2001
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Dna – Abbreviazione per Acido Desossiribonucleico, uno dei due acidi nucleici contenuti nel nucleo e nei mitocondri
Dna – Abbreviazione per Acido Desossiribonucleico, uno dei due acidi nucleici contenuti nel nucleo e nei mitocondri. Si tratta del materiale genetico, cioè della struttura di cui sono fatti i geni. La molecola di Dna è costituita da due filamenti fatti a spirale «o a doppia elica destrogira che si uniscono intorno ad un asse centrale e sono uniti da elementi trasversali che ricordano i gradini di una scala. Ogni filamento è costituito dai nucleotidi». La molecola di Dna è estremamente lunga: il Dna perciò è ripiegato molto strettamente nel nucleo. Il Dna di ogni singola cellula umana contiene tre miliardi di lettere [Martin Brookes, 12-13]. La doppia elica del Dna ha più di dieci forme diverse, a seconda della proteina che deve essere sintetizzata nella cellula [Marcello Buiatti, 21]. «Le funzioni fondamentali del Dna sono essenzialmente due: la replicazione, che permette di copiare fedelmente il Dna e quindi di trasmetterlo, e la trascrizione che invece è la fase di avvio della sintesi delle proteine» [Marcello Buiatti, 22]. «I filamenti di Dna presenti in ogni cellula sono strettamente avvolti e condensati migliaia di volte all’interno del nucleo. Lo spazio tra ogni lettera del codice genetico (ogni piolo della doppia elica) è di 0,34 nanometri (o micromillimetri), ossia meno di un miliardesimo di metro. Il Dna delle cellule umane è contenuto in un nucleo di circa 0,005 millimetri di diametro e tuttavia, se venisse esteso, il Dna di una singola cellula arriverebbe a misurare due metri. Il punto alla fine di questa frase potrebbe contenere circa 200 cellule o 400 metri di Dna. La quantità totale di Dna presente nei 100 trilioni di cellule dell’organismo umano, una volta stesa, equivale a venti volte la distanza tra il Sole e la Terra. Forse a questo punto può esservi d’aiuto un’analogia. Immaginate di ingrandire una tipica cellula umana di circa 300 mila volte, così da farla diventare delle dimensioni di un vasto soggiorno. Ora presumiamo che al suo interno, in un angolo, vi sia parcheggiato un Maggiolino Volkswagen in funzione del nucleo. In questo modellino, le molecole di Dna di un cromosoma sarebbero rappresentate da un filo di cotone lungo diversi chilometri, avvolto, arrotolato e attorcigliato in uno dei quarantasei pacchi che riempiono l’interno dell’automobile» [Kevin Davies, 46]. «La doppia elica è in effetti una molecola notevole. L’uomo moderno ha un’età di forse 50.000 anni, la civiltà esiste da meno di 10.000 anni e gli Stati Uniti da poco più di 200, ma il Dna e l’Rna ci sono da almeno qualche miliardo di anni. La doppia elica c’è sempre stata, ed è sempre stata attiva; eppure noi siamo stati i primi esseri sulla terra a diventare consapevoli della sua esistenza» [Kevin Davies, 1] . Il Dna codifica la fabbricazione degli amminoacidi mediante codici a tre lettere. Allo stesso codice corrisponde sempre lo stesso amminoacido indipendentemente dall’organismo in cui avviene la fabbricazione [Martin Brookes, 15]. Il Dna è una molecola autoreplicante [Martin Brookes, 18]. «Non è sfuggito alla nostra attenzione che l’abbinamento specifico che abbiamo ipotizzato suggerisce un possibile meccanismo di copiatura del materiale genetico» (Francis Crick) [Martin Brookes, 76]. «La struttura del Dna suggerì un modo in cui la molecola poteva replicare se stessa. Grazie alle coppie di basi complementari, la sequenza di un filamento determinava automaticamente quale sequenza di basi avrebbe dovuto essere presente sull’altro filamento. Così ciascun filamento poteva funzionare come uno stampo per la replicazione del nuovo filamento» [Martin Brookes, 77]. «La lettura di Dna ha livelli consistenti di ambiguità (uno stesso pezzo di Dna può dare origine a più di una proteina» [Marcello Buiatti, 25]. Scoperto da Frederick Miescher nel 1869 [Martin Brookes, 43]. Gli scienziati non riuscirono a capire come funzionava il Dna fino a che non poterono osservarne la struttura e questo avvenne solo grazie alla diffrazione ai raggi X che consentiva di studiare la struttura dei cristalli. Furono Rosalind Franklin e Maurice Wilkins, del King’s College di Londra, i primi a ottenere figure di diffrazione per una molecola intatta di Dna. Fu la Franklin a suggerire che avesse forma elicoidale. La scoperta definitiva venne però fatta da James Watson e Francis Crick del Cavendish Laboratory di Cambridge. Wilkins, Watson e Crick vinsero per questo il Nobel nel 1962 (la Franklin nel frattempo era morta di cancro a 37 anni) [Martin Brookes, 73]. Per estrarre il Dna basta un campione di sangue o, in animali più piccoli, un pezzetto di tessuto (la punta della coda al topo). Negli insetti si deve sacrificare l’intero animale. Procedura: triturare il tessuto e separare le cellule una dall’altra (i batteri sono già pronti in cellula singola). Le cellule vanno aperte: «Le membrane cellulari contengono molte cellule grasse e i genetisti usano un detersivo speciale per dissolvere il grasso dell’acqua. Alla provetta contenente le cellule si aggiunge un po’ di detergente, si agita un po’ e si ottiene un liquido vischioso nel quale naviga il Dna. Dato che il Dna è una molecola lunga e relativamente pesante, è facile separarla dagli ingredienti più leggeri: basta usare la centrifuga che separa le sostanze leggere da quelle pesanti. Si aspirano le sostanze leggere con un tubicino e, con fenolo e alcol, si dissolvono proteine e Rna. Quello che rimane è un grumetto di Dna che si può sciogliere in acqua» [Martin Brookes, 91]. Esso viene ancora tagliato attraverso gli enzimi di restrizione, separato mediante elettroforesi e colorato in arancione con bromuro di etidio [Martin Brookes, 93]. Il 75% del Dna è spazzatura [Martin Brookes, 103]. Il Dna di una mummia di 2400 anni fa era costituito soprattutto da spazzatura [Martin Brookes, 155]. Salvador Dalì dipinse un quadro in onore della doppia elica («è la vera prova dell’esistenza di Dio») e lo intitolò «Galacidalacidesoxiribonucleicacid – Omaggio a Crick e Watson» [Kevin Davies, 33]. «Secondo i calcoli di Thomas Lindhal, il Dna esposto agli elementi si decompone nel giro di 10.000 anni circa; tuttavia se attaccato a materiali quali l’idrossiapatite presente nelle ossa e nei denti, potrebbe sopravvivere per il doppio o il triplo del tempo» [Kevin Davies, 224]. «Stephen Hawking afferma che non ci sono stati cambiamenti significativi nel Dna umano negli ultimi diecimila anni, tuttavia presto potremo incrementare la complessità dei nostri documenti interni, il nostro Dna, senza dover aspettare il lento processo dell’evoluzione biologica, per esempio aumentando le dimensioni del cervello. Hawking non ha dubbi sul fatto che, per quanto rigida possa essere la legislazione in materia di ingegneria genetica umana, qualcuno, da qualche parte, migliorerà gli uomini».