Paolo Isotta, Corriere della Sera 18/10/2001, 18 ottobre 2001
«Gli inizi furono disastrosi. Io però ho avuto due fortune: quella di trarre, sempre, insegnamento dai miei errori; quella di comprendere che il mio talento naturale e la mia memoria possono essere addirittura un ostacolo sul vero cammino dell’arte
«Gli inizi furono disastrosi. Io però ho avuto due fortune: quella di trarre, sempre, insegnamento dai miei errori; quella di comprendere che il mio talento naturale e la mia memoria possono essere addirittura un ostacolo sul vero cammino dell’arte. Se ci si affida solo a loro, in breve tempo si diviene improvvisatori e ciarlatani. Il talento narrativo ha da essere quotidianamente innaffiato dallo studio, che a sua volta deve avere non il fine dell’immediata spendibilità del suo risultato. Se oggi studio l’Idomeneo sapendo che non potrò purtroppo dirigerlo mai, domani mi servirà per comprendere meglio, che so, il Guglielmo Tell. Grazie all’unione dei due elementi, natura e studio, io sono sul podio così sicuro di me da esercitare su ogni orchestra un metus reverentialis però non paralizzante, e un’azione calmante su tutti gli interpreti (ancora Santi)