Salute di sorrisi e canzoni, n. 30, ottobre 2001 pag. 62-63, 23 ottobre 2001
Se pensate che vostro figlio sia ancora troppo piccolo o immaturo per prendersi cura di un animale domestico, è il caso di ricredervi
Se pensate che vostro figlio sia ancora troppo piccolo o immaturo per prendersi cura di un animale domestico, è il caso di ricredervi. Perché? Semplice: il rapporto con un pesce rosso o un criceto può diventare terapeutico. Secondo Anna Oliviero Ferraris, psicologa dell’età evolutiva, «i bimbi sono per indole vicini ai ritmi della natura e gli animali sono compagni ideali. Il rapporto che si crea è talmente forte che, ad esempio nei casi di adozione, quando in casa c’è un cucciolo, il processo d’inserimento si è dimostrato più veloce e meno traumatico: l’animale, in definitiva, fa da ponte tra il nuovo arrivato e il nucleo familiare che lo accoglie». Ed è proprio sulla base di questo particolare legame esistente tra bambini e animali che ha origine la pet therapy (in inglese, terapia del cucciolo), cioè il tentativo di migliorare un handicap fisico o psichico attraverso un rapporto costante e molto ravvicinato con cani, gatti, canarini, criceti... Le prime tracce di questa singolare terapia risalgono al XVIII secolo, quando in Inghilterra si provò a insegnare l’autocontrollo ai malati di mente proprio avvicinandoli agli animali. Ma attribuire poteri miracolosi ai «terapisti a quattro zampe» è sbagliato, sostengono Marcello Galimberti e Debra Buttram, tra i primi ad operare in Italia con i cani. La pet therapy, che per funzionare si basa sulle emozioni che la vicinanza di un animale suscita nel paziente, può affiancare, ma mai sostituire le terapie tradizionali.