Lilly Marcou, ìStalin, vita privataî, Editori Riuniti 1997, 2 novembre 2001
Jakov. Stalin chiamò il primo figlio Jakov. Nel ’28 Jakov, il padre opponendosi al suo matrimonio con una Zoja di Leningrado, si sparò nella cucina dell’appartamento del Cremlino, senza però riuscire a uccidersi
Jakov. Stalin chiamò il primo figlio Jakov. Nel ’28 Jakov, il padre opponendosi al suo matrimonio con una Zoja di Leningrado, si sparò nella cucina dell’appartamento del Cremlino, senza però riuscire a uccidersi. Stalin, furibondo: "Che se ne vada a vivere dove vuole, che se ne vada a stare con chi vuole". Jakov sposò Zoja e la lasciò poco dopo (c’era di mezzo una figlioletta morta di pochi mesi), tornò a Mosca e si riconciliò col padre. Fatto prigioniero dai tedeschi nel ’41, ecco che tutti lo tormentano perché figlio di Stalin: vengono distribuiti volantini dove si dice che si è arreso spontaneamente, la Gestapo lo interroga tutti i giorni, i fotografi fascisti e nazisti non fanno che scattargli istantanee finché, dopo un tentativo di fuga, viene trasferito a Sachsenhausen. Qui, il 14 aprile del ’43, si rifiuta di rientrare in baracca e si dirige – parrebbe apposta per farsi sparare – verso la zona interdetta. Gli sparano. Il corpo, spinto dalle pallottole, si brucia contro il reticolato ad alta tensione (il cadavere sarà incenerito in un forno del campo).