Giuseppe Imbucci, ìIl Gioco Lotto, totocalcio, lotterie. Storia dei comportamenti socialiî, Marsilio 1997, 6 novembre 2001
«Nel quinquennio tra il 1910 e il 1914 c’è la guerra di Libia e si approssima la Grande Guerra. I napoletani non hanno motivi di speranza e l’incertezza del futuro accentua la precarietà del presente
«Nel quinquennio tra il 1910 e il 1914 c’è la guerra di Libia e si approssima la Grande Guerra. I napoletani non hanno motivi di speranza e l’incertezza del futuro accentua la precarietà del presente. La somma investita dalle famiglie in quegli anni è la più alta in assoluto di tutta l’età liberale: oltre 750 mila lire all’anno. Milano invece gioca meno di 140 mila lire all’anno (dati aggiornati al 1995)». [...] «Tra il 1963 e il 1965, anni del miracolo economico, la famiglia napoletana non ha bisogno di ricorrere al gioco come sostituto di speranza e rischia su di esso la somma più bassa mai investita nella sua storia postunitaria» [...] «Alcuni anni dopo, l’eco del colera del 1973 con i suoi 60 morti e l’austerity riproducono antiche paure e precarietà [...] La crisi del 1973 rivela l’inaffidabilità del reale e così riemerge l’antica chimera del bancolotto. In quegli anni il volume del gioco cresce del 50 per cento».