Valaria Palermi su D di Repubblica del 16/10/01 a pagina 280., 16 ottobre 2001
Wabi sabi, estetica legata all’arte del tè: wabi vuol dire "quiete, tranquillità, protezione", sabi "silenzio, solitudine, malinconia"
Wabi sabi, estetica legata all’arte del tè: wabi vuol dire "quiete, tranquillità, protezione", sabi "silenzio, solitudine, malinconia". I due termini sono associati allo zen, filosofia buddista del Cinquecento, secolo caratterizzato in Giappone da numerose guerre tra famiglie militari. Dopo le battaglie, nella liturgia del tè i guerrieri riconquistavano la pace. La cerimonia, per la quale vengono usati solo materiali poveri, è scandita da quattro princìpi: armonia (un tempo le case del tè erano costruite in mezzo alla natura, affinché vento, pioggia e canto degli uccelli creassero un’atmosfera rilassante), rispetto (riferito agli ospiti e agli oggetti, che si tramandano da maestro ad allievo), purezza (prima di entrare nella stanza, l’ospite si sciacqua bocca e mani), tranquillità (bisogna mettersi in relazione con gli altri, "ascoltare" l’atmosfera, sospendere la razionalità: la cerimonia si teneva nelle prime ore del mattino, quando luce e suoni non frastornavano i sensi).