Kevin Davies, Il codice della vita, Mondadori pagg. 272-273, 59; Martin Brookes, La genetica, Editoriale Scienza, pag. 33, 18 ottobre 2001
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Sindrome di Down – Forse l’anomalia cromosomica più nota e più comune tra gli esseri umani: chi ne è affetto ha un cromosoma in più (una copia in più del cromosoma 21)
Sindrome di Down – Forse l’anomalia cromosomica più nota e più comune tra gli esseri umani: chi ne è affetto ha un cromosoma in più (una copia in più del cromosoma 21). Colpisce un neonato su 700. «La sindrome di Down viene così chiamata dal nome del medico inglese John Langdon Down che documentò le proprie osservazioni sui ritardati mentali di un manicomio in un saggio del 1866 dal titolo piuttosto infelice: Osservazioni su una classificazione etnica degli idioti. Down riteneva infatti che la malattia infrangesse le barriere tra le razze e propose che venisse classificata in quattro sottocategorie, caucasico, etiopico, malese e mongolo, avanzando l’ipotesi che fornisse una prova dell’unità delle specie umane; di queste il mongolismo veniva riconosciuto come un sottogruppo distinto. Già il figlio di Down, però, guidò la battaglia per dare un nome più appropriato alla malattia. Nel 1958, appena due anni dopo la scoperta che gli uomini possiedono 23 coppie di cromosomi, Jérôme Lejeune dimostrò che le cellule dei bambini Down contenevano un quarantasettesimo cromosoma (...). La presenza di un cromosoma in più, chiamata trisomia, è responsabile del 10% degli aborti spontanei» [Kevin Davies, 272-273]. «Il rischio di procreare un bambino Down aumenta con l’età della madre. Le donne che hanno 45 anni hanno 100 volte più probabilità di partorire un Down delle donne di 19». Spiegazione probabile: «Ogni donna alla nascita è provvista dell’intera produzione di cellule uovo di tutta la sua vita: di conseguenza le uova che iniziano a suddividersi per produrre le cellule uovo vengono tenute in attesa fino a poco prima dell’ovulazione. Perciò una donna di 45 anni ovulerà delle cellule uovo che sono rimaste in letargo per 45 anni: e più a lungo una cellula uovo rimane ferma nell’ovaia, maggiori sono le probabilità che subisca una mutazione» [Martin Brookes, 33] [Kevin Davies, 59].