Gavin Martin sul Corriere della Sera del 17/11/01 a pagina 9., 17 novembre 2001
«Normalmente si è pacifisti e si condanna a priori qualsiasi tipo di guerra, ma ci sono casi in cui accade qualcosa di così atroce per cui ci deve essere per forza un qualche tipo di reazione
«Normalmente si è pacifisti e si condanna a priori qualsiasi tipo di guerra, ma ci sono casi in cui accade qualcosa di così atroce per cui ci deve essere per forza un qualche tipo di reazione. Mi piacerebbe vedere la fine dei bombardamenti, ma cosa dobbiamo fare: porgere l’altra guancia? Non penso proprio che ciò sia possibile. Quando ho iniziato a maturare questi pensieri, mi sono ritrovato a pensare agli anni ’60, quando tutti noi ragazzi, seduti in cerchio, facevamo discorsi del tipo: "Se ci sarà una guerra, noi saremo sicuramente pacifisti". Ma già allora io mi discostavo un po’ da quel modo di vedere, dicendo: "Ma se Hitler ci invadesse e io avessi una famiglia, mi sentirei obbligato a fare qualcosa!". Ricordo che la gente pensava: "Qui occorre una bella dose di ricostituente contro la mollezza". Sapevo che era vero, nel profondo del mio cuore. Era ciò a cui assistevamo tutti i Natali a Londra, quando l’Ira diceva che avrebbe organizzato una serie di attentati. E noi a rispondere: "Che orrore! Spero di non trovarmi in mezzo quando vado a fare shopping ...". Dopo l’attacco a New York, il mio atteggiamento era del tipo: "Fottiti, caro mio, vai a farti fottere! Ho dei figli io a Londra: hai intenzione di organizzare altri attentati? Come osi? Se vuoi togliermi i miei figli, allora vai a farti fottere! Vieni qui a parlarne con me, abbi il coraggio di dirmelo in faccia!"» (Paul McCartney).