Guido Ceronetti su La Stampa del 18/11/01 a pagina 1., 18 novembre 2001
"Giorni fa osservavo le vetrine del perimetro romano della moda e leggevo là dentro i segni di qualcosa di forse più minaccioso e agghiaciante di un burqa imposto e di una esistenza negata
"Giorni fa osservavo le vetrine del perimetro romano della moda e leggevo là dentro i segni di qualcosa di forse più minaccioso e agghiaciante di un burqa imposto e di una esistenza negata. Le donne recluse e imburqate restano donne: quelle che la moda e i suoi feroci stilisti tendono a fabbricare sono creature passate per l’isola dei dannati del dottor Moreau. Vetrine di moda che distillano sasomasoch, brutalità, calvizie, flagellazione, torture...Spesso i loro manichini si presentano decapitati, o con la faccia dimezzata, e gli abiti come la biancheria hanno l’orribile cadenza del mortifero colore nero. Le uniche varianti di questo nero bestiale sono il vinoso da vomito e un beige da colerina, le cinture sono alte come stivali, interi negozi sono consacrati a scarpe che uccidono la gentilezza e il respiro del piede. Un strana guerra, tutta da decifrare. Queste bare ambulanti che ricoprono un povero sesso appiattito o morto, chimicamente smestruabile, sono donne soltanto per l’angrafe – vittime, anche loro, anche più, di un progetto inesplicabile di spegnizione" (Guido Ceronetti).