Michele Anselmi, Sette n. 47/2001, 26 novembre 2001
«Io l’ho scritto due volte sul ”Foglio”, e poi anche in una lettera a ”l’Unità”, Pierluigi Battista ha ripreso la cosa sulla ”Stampa”, ”Dagospia” ci ha ricamato sopra: ma fino a ora neanche un cencio di risposta da Citto Maselli
«Io l’ho scritto due volte sul ”Foglio”, e poi anche in una lettera a ”l’Unità”, Pierluigi Battista ha ripreso la cosa sulla ”Stampa”, ”Dagospia” ci ha ricamato sopra: ma fino a ora neanche un cencio di risposta da Citto Maselli. Vogliamo chiamarlo imbarazzo? Il fatto: il celebre documentario sul G8 Un mondo diverso è possibile, firmato dal fior fiore del cinema di sinistra e montato dal regista del Sospetto, si chiude con una sventolante bandiera rossa ritoccata al computer. Insomma taroccata. Un fotogramma prima, in campo lungo, lo stendardo portava le insegne di Rifondazione comunista: partito nel quale milita Maselli; un attimo dopo, in primo piano, no: probabilmente s’è voluta rendere l’immagine più astratta, simbolica, poetica, universale, oltre che digeribile alla Rai e a ”L’Espresso”, che quel documentario hanno acquistato. Risulta altresì che non tutti i registi coinvolti (33, tra i quali Pontecorvo, Monicelli, Scola, Salvatores, Tognazzi, Labate) fossero a conoscenza del ritocco, mi auguro suggerito da pure ragioni estetiche, forse diplomaticamente opportuno, quantunque non proprio commendevole. Ora si può discutere a iosa sulla liceità della manipolazione artistica, e certo Maselli è uomo di cinema colto e ispirato. Ma, a occhio, quella bandiera doveva restare com’era: per rispetto verso i registi, il popolo no-global, gli spettatori nonché la verità documentata. Io la penso così. Lui no. Perché non lo spiega pubblicamente?» (Michele Anselmi)