Stefania Di Lellis, la Repubblica 22/11/2001, 22 novembre 2001
«Ci hanno detto soltanto che gli uomini che li avevano bloccati avevano turbanti, barbe e parlavano pashtu
«Ci hanno detto soltanto che gli uomini che li avevano bloccati avevano turbanti, barbe e parlavano pashtu. Quando hanno visto gli occidentali li hanno fatti scendere e hanno cominciato a spingerli con i kalashnikov. Prestavano attenzione solo ai giornalisti. Volevano farli allontanare dalla strada, ma loro si rifiutavano. C’è stato una specie di litigio. Poi li hanno colpiti con i calci dei mitra e con pietre. Hanno sparato una prima raffica. Gli interpreti non ci hanno saputo dire contro chi perché nel frattempo avevano cominciato ad andarsene. Ritenevano più probabile che la prima a essere colpita fosse stata l’inviata italiana. Guardando indietro hanno visto i giornalisti sparire verso le rocce e poi hanno sentito le raffiche. Ritenevano si trattasse di taliban? Sono state riferite alcune parole tipo ”Pensavate che i taliban fossero sconfitti, eh?” Escludo comunque che sia stata una rapina. Sui cadaveri non sono stati trovati soldi né passaporti, ma le attrezzature costosissime che erano a bordo sono rimaste intatte. Credo che abbiano ammazzato dei giornalisti per dare una dimostrazione il più plateale possibile che le strade intorno a Kabul non sono sotto il controllo dell’Alleanza» (Jonah Hull, operatore che viaggiava una decina di minuti dietro la Cutuli, Fuentes, Burton e Haidari)