Paul Wiseman ìUsa Todayî 06/11/2001, 6 novembre 2001
Viktor Kustensko, un omon che partecipò all’assedio di Zahawar del 1986, scriveva in un articolo uscito nel 1996 su ”Soldat udachi”, la versione russa di ”Soldier of fortune”: "Non so quanti aerei usammo, e quante bombe sganciammo su quel complesso, ma alla fine le caverne e i ricchi arredamenti interni erano tutti intatti"
Viktor Kustensko, un omon che partecipò all’assedio di Zahawar del 1986, scriveva in un articolo uscito nel 1996 su ”Soldat udachi”, la versione russa di ”Soldier of fortune”: "Non so quanti aerei usammo, e quante bombe sganciammo su quel complesso, ma alla fine le caverne e i ricchi arredamenti interni erano tutti intatti". Per stanare i mujaheddin le uniche armi in mano ai sovietici erano la tortura dei prigionieri, o la promessa, ai traditori, di una nuova identità e di un luogo sicuro dove fuggire con le famiglie. Individuate le caverne, l’Armata rossa non andava troppo per il sottile. Nel 1982, in un karez della provincia di Logan, nell’Afghanistan orientale, i sovietici usarono benzina, gasolio e fosforo per incenerire 105 tra uomini, donne e bambini. Un’altra tecnica era quella di lanciare fuochi d’artificio nelle caverne. Le luci e i colori, i fischi e i botti erano innocui, ma i mujaheddin, che non li conoscevano, uscivano terrorizzati con le mani in alto. I soldati sovietici, comunque, si rifiutavano di entrare nei tunnel: erano pieni di trappole esplosive e gli afghani vi si muovevano come fossero a casa loro .