p. v., la Repubblica 13/12/2001, 13 dicembre 2001
«Ma adesso, quando arrivo a casa e accendo la tv, loro sono lì: hanno un volto, una famiglia, dei figli rimasti orfani, oppure un fidanzato che piange, colleghi d’ufficio o compagni di scuola, amici, affetti
«Ma adesso, quando arrivo a casa e accendo la tv, loro sono lì: hanno un volto, una famiglia, dei figli rimasti orfani, oppure un fidanzato che piange, colleghi d’ufficio o compagni di scuola, amici, affetti. Una vita, una storia. E tu sei stato l’ultimo a vederli, o meglio a vedere quel che ne rimane, a toccarli. Non sono più soltanto un numero. Noi della vecchia generazione ce la facciamo. Ma i medici più giovani no. Non è soltanto il terribile carico di lavoro. Ci sono le famiglie delle vittime. Le madri, i fratelli ai quali bisogna spiegare che dei loro cari resta solo un pezzo. Che bisogna cercare di convincere a non rivederli, a ricordarli come li hanno visti quando sono usciti di casa l’ultima volta: belli, sorridenti, pieni di vita. Ma loro insistono e come fai a dire di no? un loro diritto. Tu cerchi di evitarlo a tutti i costi, ma non sempre ci riesci. Allora esplodono il dolore, il pianto, l’isteria. Noi vecchi abbiamo visto tanto pianto, riusciamo a tener duro. Ma per i giovani è diverso. Loro non sopportano» (Jehuda Hiss, medico legale israeliano)