Stefano Nicolini, La Macchina del Tempo, n. 11 novembre 2001 pagg. 100-104, 11 novembre 2001
Frequentemente capita che l’orca si avvicini alle spalle del nuotatore. Giunta a qualche metro dall’uomo, che in realtà il più delle volte si limita a galleggiare inattivamente in superficie, la balena si sommerge e si allontana inosservata
Frequentemente capita che l’orca si avvicini alle spalle del nuotatore. Giunta a qualche metro dall’uomo, che in realtà il più delle volte si limita a galleggiare inattivamente in superficie, la balena si sommerge e si allontana inosservata. Spesso invece la sua presenza viene avvertita quando già si trova vicinissima, con il ventre bianco rivolto verso chi da osservatore passa a sentirsi l’osservato. Quasi subito però l’istintivo timore lascia spazio ad una spontanea curiosità verso un animale che per il portamento elegante e per i lineamenti della testa viene naturale associare ad un grande delfino. Questi spietati predatori vivono in società matriarcali e non abbandonano mai la propria madre per tutta la vita. Le femmine campano ottant’anni, i maschi sessanta. Questi ultimi sono spesso osservati nella funzione del baby sitting, con cui collaborano all’accudimento di piccoli nati dalle femmine del loro sub pod o nucleo familiare di appartenenza. Durante gli spostamenti, per permettere all’ultimo nato di sopportare la velocità del gruppo, la madre lo mantiene al proprio fianco sulla sua scia, in modo tale da ridurre il più possibile l’impedimento originato dall’attrito dell’acqua. Mentre gli esemplari con qualche anno di età godono di maggiore libertà e spesso nuotano in disparte, sono i maschi adulti a chiudere la formazione, assicurandone la protezione alle spalle. Negli oceani non vi è spettacolo più gaio e maestoso del movimento perfettamente sincronizzato dei soffi respiratori e delle pinne caudali di un pod di orche che avanzi in libertà.