Piergiorgio Odifreddi su La Repubblica del 28/1/2002 pagina 31., 28 gennaio 2002
Nelle "Vite dei dodici Cesari", Svetonio racconta che Cesare Augusto scriveva i suoi messaggi segreti sostituendo ogni lettera con quella seguente dell’alfabeto, così che "cesare", ad esempio, diventava "dftbsf"
Nelle "Vite dei dodici Cesari", Svetonio racconta che Cesare Augusto scriveva i suoi messaggi segreti sostituendo ogni lettera con quella seguente dell’alfabeto, così che "cesare", ad esempio, diventava "dftbsf". Giulio Cesare, più sofisticato, cambiava ogni lettera con quella che segue tre posti più in là nell’alfabeto (in questo modo "cesare" diventa "fhvduh"). Un po’ più complicati i sistemi che sostituiscono ciascuna lettera con un’altra in ordine sparso (esempi famosi nei racconti "Lo scarabeo d’oro" di Edgar Allan Poe" e "L’avventura dei pupazzi ballerini" di Arthur Conan Doyle). Anche questa scrittura, però, è piuttosto facile da decodificare: oggigiorno si conosce infatti la frequenza con cui compare ogni lettera nelle lingue comuni, dunque una semplice analisi statistica permette di ricostruire un testo in modo quasi automatico. Un metodo davvero sicuro fu inventato da Gilbert Vernan nel 1917. Si traduce il messaggio in una sequenza di numeri, che viene poi appaiata a una seconda sequenza casuale che costituisce la "chiave": per codificare il messaggio lo si somma cifra per cifra alla chiave (senza riporti) e per risalire dalla codifica al messaggio si sottrae la chiave. Il metodo Vernam, usato anche da Che Guevara per comunicare con Castro, ha uno svantaggio: mittente e destinatario devono possedere due copie di una stessa chiave. Oggi, perciò, si usa un metodo basato su chiavi diverse e che consiste in variazioni del seguente trucco: il mittente deposita il messaggio in una cassetta, che chiude con un lucchetto. Il destinatario riceve la cassetta, ci mette a sua volta un lucchetto e la rispedisce al mittente. Questi toglie il suo lucchetto e rimanda la cassetta al destinatario, che ora può aprire il proprio lucchetto e leggere il messaggio (la cosa essenziale è che mittente e destinatario hanno usato ciascuno la propria chiave individuale, senza bisogno di doverne avere una comune). Naturalmente far funzionare matematicamente l’idea non è cosa facile: ci è riuscito, nel ’78, Ronald Rivest, professore di informatica al Mit. Il suo metodo, ormai usato in tutto il mondo ogni volta che è necessaria una certificazione sicura (dal commercio elettronico alle firme digitali), si basa sul fatto che l’operazione della moltiplicazione è facile da fare, ma difficile da disfare: «Più precisamente, il metodo protegge la chiave segreta del mittente sfruttando il fatto che è facile accorgersi se un numero è primo o no, ma è difficile trovare i suoi fattori nel caso che non lo sia».