Federico Peiretti su La Stampa del 30/01/02 a pagina 4 dell’inserto tSt., 30 gennaio 2002
«Alla Gara Mondiale di Matematica sembrava che non ci fossero più dubbi sul vincitore. Come racconta Cesare Zavattini nel suo libro "Parliamo tanto di me", i matematici dovevano esprimere il numero più grande e quando tutti erano ormai sfiniti, dopo ore di appassionata contesa, il protagonista con grande enfasi aveva declamato: "Un miliardo di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi
«Alla Gara Mondiale di Matematica sembrava che non ci fossero più dubbi sul vincitore. Come racconta Cesare Zavattini nel suo libro "Parliamo tanto di me", i matematici dovevano esprimere il numero più grande e quando tutti erano ormai sfiniti, dopo ore di appassionata contesa, il protagonista con grande enfasi aveva declamato: "Un miliardo di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi...", proseguendo così finché l’ultimo fievole "di miliardi" gli uscì dalle labbra con un sospiro, quindi si abbatté sfinito sulla sedia, fra il delirio della folla che riempiva il salone in cui si svolgeva la Gara. Ma quando il principe Ottone stava per appuntargli la medaglia sul petto ecco spuntare il temuto avversario, Gianni Binacchi, che con un urlo, "Più uno!", gli rubò il primato. Il nostro protagonista, affranto, tornò a casa e si buttò singhiozzando fra le braccia della moglie che lo attendeva sulla porta: "Se avessi detto più due avrei vinto io". E se qualcuno avesse detto "Più tre"? E’ chiaro che la gara non poteva aveva un vincitore, perché i numeri naturali sono infiniti e non esiste il numero più grande. Può essere invece giustificata una ricerca sui numeri più grandi inventati dai matematici per i loro calcoli o, più in generale, dagli scienziati per le loro misure. Così Archimede (circa 287 - 212 a.C.), nella sua opera l’Arenario, pensò di arrivare al numero più grande con il calcolo dei granelli di sabbia che potevano riempire tutto l’Universo. Anzi, per essere sicuro di superare ogni altro matematico, propose, in scala, alcuni numeri ancora più grandi, oltre i quali, ne era convinto, nessuno sarebbe mai andato. Al posto del nostro sistema di numerazione decimale, che va di dieci in dieci, ne adottò uno basato sulla miriade, il diecimila dei greci, e di miriade in miriade arrivò a 10^64 (10 elevato a 64). Dalla miriade passò poi alla miriade di miriadi, presa come base di un nuovo sistema di numerazione e procedendo allo stesso modo con ordini superiori, arrivò a numeri sempre più grandi, con un metodo proposto anche da altri matematici dell’epoca, ad esempio da Apollonio di Perga (circa 262 - 180 a. C.). Ma Archimede andò poi oltre, con un sistema ancora più sofisticato, procedendo per classi di otto cifre invece di quattro, cioè per ottadi, ottadi di ottadi, e così via con unità sempre più grandi. "Il suo sistema - scrive Carl Boyer nella sua Storia della Matematica - giungeva a un numero che sarebbe scritto come uno seguito da ottantamila milioni di milioni di cifre". A questo punto Archimede poteva rappresentare qualsiasi grande numero e contare senza problemi i granelli di sabbia contenuti in una sfera grande come l’Universo. Incominciò per questo a calcolare il numero dei granelli contenuti in una capsula di papavero, valutando che non potevano essere più di diecimila e successivamente, a catena, calcolò il numero delle capsule di papavero contenute in una sfera del diametro di un dito, il numero di queste sferette contenute in una sfera avente un diametro di uno stadio (circa 200 metri) e, tenendo conto delle misure astronomiche dell’epoca, proseguì con sfere sempre più grandi fino alla sfera delle stelle fisse. Secondo i suoi calcoli, l’Universo avrebbe potuto contenere al massimo 10^63 granelli di sabbia. Curiosamente, nello stesso periodo in cui Archimede a Siracusa pensava ai grandi numeri, o anche prima, ritroviamo in India, in diverse situazioni, gli stessi calcoli. Ad esempio, come riporta Karl Menninger, nel suo libro A Cultural History of Numbers, l’opera di riferimento per la storia dei numeri, si narra che Buddha, quando chiese in moglie Gopa, la figlia del Principe Dandapani, venne sottoposto, con altri cinque pretendenti, a una serie di prove di abilità che superò brillantemente. Alla fine il padre di Gopa gli chiese di superare un’ultima prova, la più difficile, di matematica (questo dimostra l’alta considerazione in cui gli indiani hanno sempre tenuto la scienza dei numeri), battendosi contro Arjuna, il matematico più celebre del regno. Quest’ultimo gli chiese di elencare le unità degli ordini superiori al koti, che corrispondeva a 10 milioni. Buddha non solo le elencò tutte, fino a 10^53, un numero chiamato tallaksana, ma andò oltre con una serie di sequenze di numeri, simili a quelle trovate da Apollonio e da Archimede, che si concludevano con 10^421. Arjuna, non soddisfatto, gli chiese ancora di contare gli atomi contenuti in una yoyana (un miglio). Buddha, partì dall’atomo e stabilì una successione che ricorda quella descritta da Archimede, con unità di misura sempre più grandi, semi di papavero, semi di senape, chicchi d’orzo e così via, arrivando a contare 384.000 x 7^10 atomi. Ma si poteva continuare ancora, osservò il Buddha, con il calcolo del numero degli atomi contenuti in tutto il regno, nel nostro mondo e nei tre milioni di mondi contenuti nell’Universo. Oggi, uno dei numeri più grandi inventati dai matematici, è il googol, 10^100, cioè uno seguito da cento zeri. Un numero proposto nel 1938 da Edward Kasner, un nome curioso, di fantasia, che ricorda quello di uno dei più noti motori di ricerca, Google, volutamente collegato a questo numero, per ricordare lo sterminato numero di pagine della grande rete. Googol è un numero così grande da superare il numero di tutte le particelle elementari contenute nell’Universo valutate approssimativamente in 10^85. Più tardi venne coniato il nome googolplex per un multiplo del googol: 10^googol, uno seguito da un googol di zeri. Si è calcolato che per scrivere tutti gli zeri del googolplex, tenendo conto che un libro normale di trecento pagine può contenere circa 800 mila cifre, si riempirebbero 1,25 x 10^94 volumi. Segnaliamo ancora due numeri usati effettivamente dai matematici nei loro calcoli. Il primo è il numero di Skewe che si trova nell’analisi della distribuzione dei numeri primi ed è 10^(10^(10^34)). Il secondo è il numero di Graham per il quale abbiamo bisogno di una notazione particolare. Se 3^3 indica 3 elevato a 3, con 3^^3 indichiamo 3^(3^3) che è uguale a 7.625.597.484.987, con 3^^^3 indichiamo 3^^(3^^3), cioè 3^(7.625.597.484.987^7.625.597.484.987). Se proseguiamo per altri 63 passi con questo procedimento, otteniamo il numero di Graham, che compare in topologia combinatoria. Ma in questo modo abbiamo semplicemente costruito una successione di multipli che potrebbe continuare all’infinito, ma con numeri che non hanno un nome. Il numero più grande con un nome proprio che lo contraddistingua, è ancora un numero della religione buddista, si chiama Asankhyeya e corrisponde a 10^140. E’ questo il numero più grande al quale l’uomo abbia dato un nome» (Federico Peiretti).