Marco Lillo su L’Espresso del 31/01/02 a pagina 52., 31 gennaio 2002
Anna Maria Colleoni, contessa, figlia del direttore di banca fascista Guardino («Non cambiò mai bandiera» il suo epitaffio) ed erede di Bartolomeo, capitano di ventura della Repubblica Veneta, proprietario di fortezze nel Bergamasco, «colto mecenate ma anche capo crudele» (fece squartare un traditore)
Anna Maria Colleoni, contessa, figlia del direttore di banca fascista Guardino («Non cambiò mai bandiera» il suo epitaffio) ed erede di Bartolomeo, capitano di ventura della Repubblica Veneta, proprietario di fortezze nel Bergamasco, «colto mecenate ma anche capo crudele» (fece squartare un traditore). Ogni volta che incontrava Gianfranco Fini era solita dirgli sorridendo «Gianfranco, tutti i miei soldi li lascio a te» e lui «contessa, lei ci seppellisce tutti». Figlia unica, laureata («parlava quattro lingue» ricorda un’amica), viveva sola con l’amatissima gatta Piumina, tra cimeli e ricordi; nota a tutti, nipoti compresi, la sua passione sfrenata per An e Fini. E’ morta due anni fa mantenendo la promessa: un terreno lasciato al nipote, i gioielli e il conto corrente alla nipote, tutto il resto al partito «nella persona del suo Presidente Gianfranco Fini, per la buona e giusta battaglia». Nella lista: un grande appartamento ai Parioli, un villino a Ostia, una residenza a Montecarlo, la casa di Monterotondo, l’appartamento di viale Somalia a Roma.