varie, 21 febbraio 2002
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Cucinotta Maria
• Grazia Messina 27 luglio 1968. Attrice. Nel 1987 partecipò a Miss Italia, però non arrivò neppure in finale. Andò meglio con Renzo Arbore, che la volle come odalisca a Indietro tutta, e poi Lucherini e Spinola la scelsero per C’era questo e c’era quello: i fiocchetti sulle calze che coprivano le sue lunghissime gambe servivano a contare il punteggio dei concorrenti. Con Massimo Troisi è arrivato il cinema: dopo Il Postino, I Laureati con Leonardo Pieraccioni. «[...] Messina le sembrava troppo stretta per cominciare a volare, e così, appena suo fratello Tanino vinse il concorso alle poste di Brescia, lei lo raggiunse per inseguire provini a Milano. ”Anche papà lavorava alle poste... La mia, in fondo, è tutta una storia di posta e postini che s’incrociano, quasi un segno del destino. Che poi mi ha portato al Postino di Troisi, il film che ha cambiato la mia vita [...] non andavo bene per fare la modella a causa del mio troppo seno, e i soliti falchi mi proponevano foto e film porno, perché pensavano che le mie forme fossero adatte... Ma i compromessi non li ho mai accettai; io non mi spoglio. Per principio, per pudore, per educazione. E poi, quando sei sconosciuta non ti serve, perché non ti conosce o riconosce nessuno. Quando sei famosa, ti riconoscono tutti, e così perdi quel senso di mistero che è l’ultimo baluardo del tuo privato. [...]» (Lucia Castagna, ”Sette” n. 29/1998). «Alta, bruna, bella, e con Il postino è diventata uno dei simboli della femminilità italiana nel mondo. [...] ”Il trucco è una maschera che mi protegge. Se non ce l’ho mi sento indifesa, nuda. E poi sono abituata a truccarmi ogni giorno creando con il trucco quella che è la mia faccia pubblica. [...] A Hollywood per una come me ci sono solo parti da immigrata o da straniera. Poco. Penelope Cruz e Antonio Banderas prima si si sono sposati e poi sono stati accettati. Io a Roma ho una figlia e soprattutto un marito straordinario che voglio tenermi: quindi ho deciso di fare [...] film italiani. [...] Fare un film in Italia è come vincere al lotto. Una volta erano i produttori a crare le star, oggi un’attrice fa tutto da sola”» (Simonetta Robiony, ”La Stampa” 14/2/2004). «A me piace ridere e far ridere, è solo che in genere mi offrono ruoli drammatici, la donna del sud forte, destinata ad affrontare le disgrazie. anche colpa mia, mi vesto sempre di nero e faccio la faccia seria anche per timidezza. Voglio cambiare, intanto comincio a vestirmi di bianco» (Maria Pia Fusco, ”la Repubblica” 11/4/2004). «Quando ero soltanto una ragazza che desiderava diventare un’attrice, conobbi, attraverso la mia cara amica Nathalie Caldonazzo, un giovane che avevo visto soltanto al cinema e incontrato fuggevolmente tra le quinte di un Fantastico. Aveva occhi ridenti ma anche una strana malinconia. Era Massimo Troisi. Non sapevo, allora, che gli avrei dovuto semplicemente tutto [...] Lo incontrai per il provino dopo le insistenze di Nathalie, la sua fidanzata. Mi chiese di leggere un brano, mi sorrise. Sentii subito che era innamorato del film da lui così sognato perché, spiegò a me e a Radford: ”Il poeta e il postino mi ricordano certe amicizie che nascono in vacanza, nel sole, nel mare, ma che possono durare per sempre” [...] Lo capii a fondo solo sul set. Quando era stanco, quando fu necessario interrompere i ciak per qualche settimana a causa della sua salute, quando mi diceva che si sentiva sempre solo [...] Radford sapeva essere durissimo con tutti, un giorno mi disse che avrebbe potuto anche stancarsi della mia assoluta impreparazione. Massimo mi rassicurava, come un bambino complice, mi bisbigliò: ”Non ti caccia via proprio nessuno, Maria Grazia: c’è Mario il goffo a difenderti”.Nathalie era la sua ombra, non lo lasciava mai, respirava per lui. Per tutti noi, suoi amici davvero, quando il film ebbe il grande successo che sappiamo e Massimo se ne era già andato, la gioia di aver preso parte a quel film andò di pari passo con un dolore straziante. Fu dopo, in America (agli Oscar) e in altri Paesi, che mi resi conto di aver interpretato al suo fianco una inimitabile, irripetibile storia di vita e anche di morte, sempre d’amore”» (G. Gs., ”Corriere della Sera” 4/6/2004). Vedi anche: Claudio Sabelli Fioretti, ”Sette” n. 41/1998; Cesare Fiumi, ”Sette” n. 33-34/2000;