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 2002  febbraio 21 Giovedì calendario

CUGIA

CUGIA Diego Roma 24 maggio 1953. Giornalista. Scrittore. Ha ottenuto grande successo con il programma Radio Alcatraz e il personaggio di Jack Folla • «’Ho riversato tutto me stesso nel personaggio di Jack Folla e, dopo quattro anni, mi sento come svuotato. Ho sempre parlato di me, delle mie paure, dei miei sogni e anche dei miei drammi, compresi gli episodi di impotenza, o le molestie sessuali da un prete pedofilo, che hanno segnato la mia vita. La gente ha colto la verità dietro la finzione, ci ha seguito per questo. Se oggi ho deciso di mettere fine alla storia di Jack non è per vigliaccheria, né per un tradimento, è solo per un gesto d´amore” [...] Nella prima edizione, nel ’98, Jack l’albatro doveva morire sulla sedia elettrica ad Alcatraz, ma all’ultima puntata riuscì a fuggire e continuò a trasmettere i suoi programmi da latitante, prima a Cuba, poi di nuovo in Italia. [...] Un flusso di coscienza da cui sono scaturite invettive e sogni, un fiume di parole e musica che ha suscitato interrogazioni parlamentari e interventi della commissione di vigilanza Rai ma che non ha mai perso la sua fisionomia, neanche quando i vertici della rete minacciavano di sopprimere la trasmissione o pretendevano letture e censure preventive» (Carlo Moretti, ”la Repubblica” 30/5/2002). «Io ho sempre amato gli sceneggiati radiofonici, ma mi chiedevo perché fossero così poco fantasiosi: pochi effetti, due o tre voci... I set, in radio, non costano nulla, basta volerlo e sei a Bangkok, o nell’antica Roma, o sull’Everest... Perché fare teatro da camera se puoi volare?» (’La Stampa”, 6/12/2001). «La parte dell’incazzato cronico, dell’oppositore per partito preso, è una delle più difficili proprio perché facilissima. Si corre su un binario, basta alzare sempre i toni e attingere al ricco repertorio italiano dei ”fuori dal coro”, e dopo poche battute si arriva dritti alla stucchevolezza. Ma allora come ha fatto Jack Folla, ormai un veterano dell´invettiva, a reggere la scena per anni senza diventare una macchietta dello scontento? Come si spiegano l’affetto partecipe dei fan, il piccolo culto di massa per una voce radiofonica che è diventata quasi più ”materiale” di tanti volti televisivi di cartapesta? Per capirlo, basta avere ascoltato qualche volta Jack Folla. La ”tecnica” di Diego Cugia, semplicemente, non è una tecnica. Pur essendo un autore radiofonico e televisivo navigato riversa i suoi umori e le sue opinioni in Jack senza porsi nessuno scrupolo di misura, di opportunità o di seduzione. un flusso di parole quasi psicanalitico, un soliloquio libero e poco calcolato (anche se scritto, e non è un dettaglio, sempre in ottimo italiano), il cui pregio fondamentale è l’ingenuità. Ingenuità non come mancanza di spessore, ma come assenza di cinismo. Jack Folla parla di politica, di cultura, di televisione, di affetti con il solo obiettivo di manifestare l’animo e la storia personale del suo autore. un’urgenza, questa, ma anche un rischio e un lusso. Chi detesta Jack Folla non sopporta appunto l’assenza di filtri, e in fin dei conti di malizia, di questo parlatore senza argini, uno che ha deciso di occupare fino in fondo il suo pulpito e di usarlo per sputare tutti i rospi, pubblici e privati. Chi lo ama, gli riconosce proprio questo coraggio spudorato, che offre il fianco a infinite critiche: di narcisismo, di onniscienza, di petulanza. Ex autore comico di ottima vaglia, coautore del Celentano televisivo più hard, scrittore di sceneggiati radiofonici di successo, Cugia è il tipico scrittore che ha trovato il modo di rubare finalmente i riflettori ai suoi personaggi, fino a coincidere del tutto con la sua creatura finale. Sono operazioni, queste, fatte apposta per indispettire la critica, ma se condotte con sincerità e coraggio possono spezzare ogni diaframma con il pubblico. quanto è accaduto a Cugia con Jack Folla, voce quasi ventriloqua di uno scrittore per conto terzi che ha infine scelto, dopo molti anni, di usare il ”sé” per riuscire a dire ciò che le molte mediazioni del mondo dello spettacolo gli impedivano di dire, o gli suggerivano di non dire. Uomo intelligente e difficile, è sempre stato un autore ingombrante, litigioso, e sottoutilizzato. L’idea di autoinfliggersi l’ergastolo, e di lì liberare tutti i suoi cattivi umori è anche una cosciente parodia del ruolo dell’autore nel mondo radiotelevisivo. Spesso l’autore è uno che legge Joyce ma deve scrivere per Anna Oxa. Cugia, vendicando se stesso, ha anche vendicato molti cervelli autoriali relegati al ruolo di palinsestisti tristi» (Michele Serra, ”la Repubblica” 30/5/2002).