varie, 21 febbraio 2002
D’ANGELO Nino
D’ANGELO Nino (Gaetano) San Pietro a Patierno (Napoli) 21 giugno 1957. Cantante • «Era il ragazzo col caschetto di Nu jeans e ”na maglietta, e vendeva milioni di dischi, e i suoi filmetti incassavano miliardi. Oggi - che si professa ”umile allievo di Sergio Bruni” - è uno dei più significativi musicisti world italiani. Magari non per Marì; però ascoltatevi l’ultimo album, Terra nera, e poi smettete di ridacchiare se vi dicono che l’ex ragazzo con il caschetto è un piccolo genio. ”Ha cominciato Goffredo Fofi - ricorda Nino. - Scriveva sempre delle cose terribili su di me, e io gli mandai Tiempo. Tiempo fu il mio primo disco d’insuccesso, il primo in cui cercavo una mia strada musicale. E Fofi se ne innamorò. Sono le cose che non ti aspetti, e ti cambiano la vita. Pensa a Miles Davis: disse che gli piaceva la mia musica, e tutti mi telefonavano, Nino, Nino, hai visto cos’ha detto Miles Davis? e io sì, sì, grazie. Beh, io manco sapevo chi fosse, Miles Davis...”.E quando Roberta Torre, la regista, gli commissionò la colonna sonora di Tano da morire? Il film era un musical sulla mafia, ambientato a Palermo, ma Nino decise di scrivere le canzoni in napoletano, non in siciliano. ”Roberta non era d’accordo: perché in napoletano?, mi fa. E io: Robe’, secondo me anche i boss della mafia ascoltano le canzoni napoletane”.Tano da morire fu un successone. ”Io alla canzone napoletana ho fatto tanto bene e tanto male, ai tempi del caschetto. Del bene, perché la mia è stata comunque una rivoluzione, una rivoluzione popolare; e del male, perché quel fenomeno degenerò...”.Però c’è chi ha fatto peggio: ”Renzo Arbore ha portato in giro un’immagine falsa, folkloristica della nostra musica. E l’ha fatto in tutto il mondo: io, almeno, all’estero non andavo”.Quelli del caschetto furono anni ruggenti. ”Poi accadde qualcosa che non c’entrava con la carriera. Morirono i miei genitori. Solo in quel momento diventi adulto, diventi a tua volta genitore. Ti prendi delle responsabilità. E sei pronto alle svolte”.Pagandone il prezzo, s’intende. Due anni di depressione, poi la risalita, e la scoperta di nuovi orizzonti: Peter Gabriel, i suoni del mondo, e la consapevolezza che quella musica è anche la tua musica. Ce l’hai dentro, aspetta soltanto d’uscire. ”Capisci, la musica m’ha salvato la vita. Mio padre era operaio. A noi figli ha dato dei principii forti; ma ci sono cose come l’istruzione... andavo a scuola, però la notte lavoravo fino alle undici in un bar, e la mattina non avevo la testa per studiare. Quando il successo è arrivato, non mi sono fatto tante domande. Avevo i soldi, potevo aiutare la famiglia. E non rinnego niente: credo che già nelle canzoni di allora ci fosse qualcosa, ma nessuno era interessato a scoprirlo”.Così ti appioppano l’etichetta. Spazzatura. ” come per i film. Mica potevo scegliere, mica mi chiamava Fellini. Quelli mi offrivano, quelli facevo”.Ora a teatro recita L’ultimo scugnizzo di Viviani e Franco Quadri lo esalta; e Pupi Avati lo vuole per il suo prossimo film, Il cuore altrove. Certo, non vende più due milioni di dischi, se va bene arriva a centomila. ”Però quei dischi da due milioni di copie mi piacevano meno di questi da centomila; e questo conta qualcosa, no?” Nino D’Angelo vorrebbe festeggiare i 25 anni di carriera con un grande concerto. ”Non in piazza del Plebiscito, nel cuore della Napoli elegante. A Casoria, voglio cantare. Nella periferia povera dove sono cresciuto, dove crescono tanti ragazzi, e a quei ragazzi vorrei far capire che non è detto che se nasci a Casoria devi per forza diventare un tossico, o un camorrista. Il mio mestiere ha un senso se dò voce a chi non ne ha. A chi vive nelle casorie del mondo, senza speranza, senza possibilità. A loro, nessuno dà retta. Magari, a Nino D’Angelo qualcuno lo ascolta”» (Gabriele Ferraris, ”La Stampa” 6/3/2002). «Vorrei solo essere uno chansonnier napoletano che può andare anche all’estero, in Spagna o in un pub irlandese, ma continuando a cantare in napoletano. La canzone napoletana è molto più grande di me. Se anche hai successo, la più grande canzone che puoi scrivere è nulla in confronto alle canzoni classiche, il che è una fortuna e una sfortuna, ma si può fare molto lo stesso... […] Oggi sono contento perché sono vero. So che è un cammino difficile, ma è l’unica maniera di trovare stimoli. Anche il ”caschetto biondo” aveva una sua ragione, che non rinnego. Ma è passato del tempo, il caschetto non c’è più, non posso fare altrimenti. Ci sono state esperienze molto forti, sono stato male, quasi in fin di vita, la morte di mia madre. Tutte cose che mi hanno spinto a cambiare. Mi è successo sempre di cambiare idea. A volte può sembrare anche contraddittorio. Mi ha sconvolto la vita, in tutte le cose. In fondo ero un ragazzo di successo, col caschetto in testa guadagnavo più di oggi, a chi dovevo dimostrare qualcosa? Potevo continuare così. Ma il fatto è che mi fa piacere essere come sono oggi, essere apprezzato da un pubblico più vasto, e il mio può essere un esempio, chiunque venga dalla mia condizione può pensare: anche io ce la posso fare. Però sono diventato più arrabbiato. Mi sento vicino alla gente. Capisco i poveri. Ammetto che ci sia gente che dà lavoro e gente che lo prende, ma non per questo chi da lavoro deve diventare il mio padrone. Penso che ho il dovere di dire delle cose […] Alle cose ci devi arrivare, con il giusto tempo. Prima ero un fenomeno, e bisognava parlarne male per forza, ma quando facevo ”Nu jeans e ”na maglietta, quella sì che era una canzone ragionata, pensata a tavolino, c’erano anche altre canzoni che potrei cantare ancora oggi. Quando ho realizzato le musiche di Tano da morire ho improvvisamente ricevuto complimenti da tutte le parti. Bene, ma vedevo anche falsità. Come mai ero diventato improvvisamente bravo? Quando organizzo i concerti provo un certo imbarazzo. Anche se non mi rappresenta più, non posso non cantare ”Nu jeans e ”na maglietta, è la madre di tutti i neomelodici. Anche Gigi D’Alessio viene da lì, è ancora figlio di questo, e magari un giorno anche lui capirà che deve progredire […] Vorrei anche essere scoperto da un nuovo pubblico, perché no, anche dagli intellettuali, ma la cosa che mi darebbe più soddisfazione è convincere i miei fan di sempre, portarli insieme a me nel percorso che sto facendo» (’la Repubblica” 16/10/2001).