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 2002  febbraio 21 Giovedì calendario

D’ANTONI Sergio

D’ANTONI Sergio Caltanissetta 10 dicembre 1946. Politico. Sindacalista. Responsabile delle politiche del Pd sui territori. Ex segretario della Cisl • «[...] Da leader della Cisl è stato uno dei più potenti sindacalisti del dopoguerra. Poi ha tentato l’impresa di ricostruire il grande centro democristiano. Ha vagato per un centro disabitato, è approdato in una poco accogliente destra berlusconiana [...] ha parcheggiato nel partito di Mastella. [...] Il suo impegno è cominciato all’università nel 1965. [...] “Padre impiegato di banca, madre casalinga. Per mia madre i figli dovevano entrambi laurearsi e fare una professione che li promuovesse socialmente. Studiavo, facevo sport, vendevo enciclopedie [...] Otto mila lire per ogni enciclopedia venduta, che costava 120 mila lire [...] A quattro anni presi l’acetone. Stetti molto male e i miei mi ‘dedicarono’ a Sant’Antonio. Quando guarii, per due anni, indossai il saio. Miti? “Kennedy, Martin Luther King, don Milani. Canzoni? Gino Paoli. Il cielo in una stanza e Sapore di sale [...] Mi innamorai subito di una ragazza al liceo. Avevo quindici anni e lei quattordici. La ragazza è poi diventata mia moglie”. Al sindacato come ci arrivò? “Attraverso l’esperienza del Movimento Studentesco, il ’68, Lettera a una professoressa di don Milani [...] Per me la parola magica è concertazione. La parola con la quale sono cresciuto [...] Individuazione di obiettivi comuni e comportamenti coerenti [...] Lo sciopero è l’estrema ratio. E la concertazione lo evita. [...]” [...] Monica Setta ha scritto che quando [...] è sceso in politica ha cambiato look. Cravatte di Marinella, scarpe di artigianato, vestiti di Brioni. “Nessun cambio. Non ho mai smesso di criticare i sindacalisti che vestivano male. Quando faceva moda andare con eskimo e jeans per scimmiottare gli operai, io dicevo: ‘Guardate che l’operaio, la domenica quando esce con la sua famiglia, si veste col meglio che ha’” [...] Si è beccato un bullone sui denti, una volta, durante un comizio. “Quel bullone fu tutta salute. Rappresentava lo spartiacque. Tiravano i bulloni quelli che non amavano la concertazione. In una piazza di 80 mila, erano solo due mila. Tiravano di tutto. Ortaggi, batterie, frutta. Ho parlato venti minuti sotto quella pioggia. Alla fine abbiamo raccolto dieci mila lire in monete da cento”. Con quel bullone ci ha un po’ marciato. Ha girato per mesi col bullone in tasca. “Un po’ di aspetto eroico c’è stato. Avevo la camicia macchiata di sangue. Dissi: ‘La polizia stia al suo posto. I provocatori saranno battuti dai lavoratori’. Nel giro di tre minuti i 78 mila fecero smettere i due mila. Conclusi il comizio tra gli applausi della piazza. È chiaro che mi sono portato appresso il bullone da quel momento [...]”» (Claudio Sabelli Fioretti, “Corriere della Sera Magazine” 15/7/2004) • «Giocavo a basket. Facevo il playmaker, un distributore che ogni tanto tira. […] Contesto quelli che per ragioni di snobismo vestono trasandati, perché da più proletario […] Quando mi preparo a un qualunque comizio, il giorno prima ho la stessa sensazione di quando facevo un esame universitario. Per esempio, mi diventano bianche e fredde le dita delle mani. Questo è per via della tensione. Il comizio è la trasmissione di questa tensione agli altri. Una delle gratificazioni più alte che si possono avere dal proprio lavoro è quando un comizio riesce» (Alain Elkann, “La Stampa” 8/3/1998) • «Voleva fare il terzo polo e ha perso. Andreotti gli aveva messo tutto a disposizione: gli amici e gli amici degli amici. Anche una squadra di calcio, il Palermo, che gli aveva comprato Franco Sensi, patron della Roma. Ed è l’unica ciambella che gli sia riuscita col buco (fu promossa in B). Per il resto, fu tutta una contradanza: avanti, nnarré, ciangé la famm. Ora, l’accordo con la Casa delle libertà per le amministrative siciliane, e in cambio, il candidato presidente della Provincia di Ragusa. Per strada, però, si è perso chiunque. Sindacato, compagni di scuola. Chiunque. L’importante è arrivare, anche da soli. Dove? Sergio Nureyev D’Antoni» (“Il Foglio”, 22/11/2001).