Fausto Nisticò, diario 13/12/2001, 13 dicembre 2001
Essere italiani non è una disgrazia. Fausto Nisticò, in magistratura dal 1979, dal 1983 giudice del lavoro a Pisa, critica «il continuo riferimento alle regole degli altri, dunque muovendo dal presupposto che le nostre non sono mai buone, né quelle vecchie, né quelle che per avventura si pensasse di adottare senza scimmiottare la Francia, la Spagna, la Germania, o addirittura l’Olanda [
Essere italiani non è una disgrazia. Fausto Nisticò, in magistratura dal 1979, dal 1983 giudice del lavoro a Pisa, critica «il continuo riferimento alle regole degli altri, dunque muovendo dal presupposto che le nostre non sono mai buone, né quelle vecchie, né quelle che per avventura si pensasse di adottare senza scimmiottare la Francia, la Spagna, la Germania, o addirittura l’Olanda [...] Questa cosa di ritenere che l’Italia possa oggi vantare solo il campionato di calcio più bello del mondo e nient’altro mi piace poco: quando, infatti, le orde barbute olandesi, rozze e feroci, calarono affamate dalle nostre parti, trovarono, come sappiamo, che il diritto si mangiava a pranzo e cena e presero subito delle lezioni. Certo oggi gli olandesi sono pochi e tutti straricchi, non hanno un sud che langue, né hanno camorristi né hanno mafiosi, né distano poche miglia dai Balcani in subbuglio, né hanno albanesi e curdi che fanno, nel mercato, il prezzo della manodopera. E dunque non capisco a che titolo si portino a esempio. Franco Cassano, sociologo mite e quasi poetico, nel suo saggio Paeninsula, l’Italia da ritrovare (Laterza, 1998), ci ricorda che ”Essere italiani non è una disgrazia” [...] Un’altra caratteristica consiste nel frequente ricorso a espressioni inglesi: soft law, legge soffice, cioè legge che non s’intrometta più di tanto nelle faccende delle parti, perché il lavoratore, come è noto, ha bisogno della legge; il datore no, perché gli basta il mercato».