1 marzo 2002
HUBNER Dario
HUBNER Dario. Nato a Muggia (Trieste) il 28 aprile 1967. Calciatore. Ha giocato in A con Fano, Brescia, Cesena, Piacenza, Ancona, Perugia. Capocannoniere nel 2001/2002, 24 reti a parimerito con David Trezeguet. Arrivato in serie A a trent’anni, si è subito imposto a suon di gol: «Origini tedesche, il nonno era di Francoforte e si trasferì a Trieste. Lui è nato a dieci chilometri da Trieste, a Muggia e lì ha cominciato a giocare. Per divertimento. ”La Muggianese era una squadra di dilettanti veri, mi allenavo di notte, due volte alla settimana, pe rché di giorno dovevo fare le mie otto ore, piazzando porte e finestre. Insegnamenti? Pochi”. Lo sbarco nel calcio che conta avviene nell’estate 1987, a vent’anni, quando passa alla Pievigina, campionato Interregionale. Lo nota D’Alessi, che aveva giocato nella Fiorentina e che resterà il suo tifoso più convinto: dieci gol in 25 partite sono un bel modo di presentarsi. Così arriva la prima svolta della carriera, nell’88: lo prende il Pergocrema, serie C2, sei gol nel girone di andata, tanto per farsi conoscere, ”prima di accusare un problema al legamento collaterale del ginocchio sinistro”. In un sabato di ottobre dell’’89, in tribuna, a Orzinuovi, ci sono Salvatore Esposito e Loris Servadio, allenatore e d.s. del Fano. Gioca dieci minuti, partendo dalla panchina e si fa espellere, troppo nervosismo, perché sa di essere osservato, però sono dieci minuti che bastano per cambiare squadra. Il Fano lo prende e con i suoi gol (otto) conquista la promozione in C1. L’anno dopo, arriva in panchina Francesco Guidolin e il calcio, per Hubner, diventa un’occupazione finalmente seria. Ma è nel 1991-92, che diventa ”bisontino”, un modo per segnalare le sue straordinarie qualità di contropiedista, che non perde la testa davanti al portiere. Il Cesena non ha perso tempo e si è assicurato la metà del cartellino già a fine ’90. Così nel ’92, è il momento di sbarcare a Cesena, in serie B: un quinquennio d’oro, al quale manca soltanto la promozione in serie A, anche se nell’anno in cui Tardelli è sulla panchina bianconera, realizza ventidue reti. il 1995-96, si parla di lui come attaccante dell’Inter, ma la società nerazzurra gli preferisce Ganz e poi Branca. Hubner è da sempre tifoso interista, ma non si dispera. L a serie A è scritta nel suo destino e in serie A sbarca a trent’anni, nel ’ 97. Si presenta segnando un gol in rovesciata a San Siro all’’Inter (ci pensa San Recoba a ribaltare la situazione, 31 agosto) e una tripletta alla Sampdoria allenata da Lui s Cesar Menotti (13 settembre). Il presidente Corioni, che lo ha fortissimamente voluto a Brescia, parla di lui come ”del nostro Ronaldo e ricordatevi che Hubner è il miglior attaccante italiano che ci sia in circolazione”. Di gol, Hubner ne segna sedici, nove in meno di Ronaldo, ma non bastano al Brescia per salvarsi. Però conta avere pazienza. Hubner si rimbocca le maniche, resta al Brescia e a giugno 2000, con ventun gol, firma il ritorno in serie A. Si ricomincia, con più voglia di prima. Hubner continua a far male. Mazzone stravede per lui» (Fabio Monti, ”Corriere della Sera” 6/2/2001). «In testa alla classifica cannonieri c’è un centravanti di 34 anni, che gioca a Piacenza per la salvezza, a 20 anni faceva il fabbro a tempo pieno e la punta part-time in prima categoria e ora ha due sogni: essere convocato da Trapattoni per il Mondiale e giocare in una grande squadra. Dario Hubner [...] è la risposta della provincia alle stelle metropolitane [...] ”Ho progressione, forza fisica, tiro. Agli altri invidio qualche gol di testa: l’elevazione c’è, ma sbaglio il tempo. Ma posso migliorare [...] Mi sento 34 anni in meno. A calcio ho fatto sul serio a 20 anni. Prima facevo il fabbro a Muggia, il mio paese, giocavo in prima categoria. Sono tifoso dell’Inter: mi piacevano Rummenigge e Altobelli. La mia occasione è arrivata tardi, ma l’ho sfruttata [...] A me piacerebbe provare una grande in Italia. All’inizio di ogni stagione mi pongo un obiettivo e adesso è la salvezza del Piacenza. All’estero può darsi che ci vada: il nome da straniero ce l’ho già [...] Invecchiando miglioro, anche se fumo 15 sigarette al giorno [...] Sono strafortunato. Sono partito dal niente, facevo il fabbro e non lo dimentico mai. Ho 34 anni, ma ho ancora qualche sogno da realizzare, nel calcio. Poi smetterò senza rimpianti”» (Enrico Currò, ”la Repubblica” 11/12/2001).