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 2002  marzo 07 Giovedì calendario

Turner Tina

• (Anna Mae Bullock) Brownsville (Stati Uniti) 26 novembre 1938. Cantante • «Una performer che ha costruito la sua prorompente forza espressiva sulla sensualità e l’energia [...] una delle più straordinarie storie della musica pop americana. Una storia segnata da illuminazioni fragorose, momenti bui, rilanci inaspettati. Incredibile a dirsi, da piccola Tina raccoglieva il cotone nelle piantagioni del Tennessee. Difficile immaginare allora un esito così brillante. Sembra un romanzo, la quintessenza del sogno americano, anche se nel suo caso il successo l’ha pagato a caro prezzo. Da piccola lavorava a raccogliere il cotone perché il padre era una specie di mezzadro, ma il suo talento era straripante. Imbevuta della cultura musicale del sud, nei dintorni di Memphis, perfetto crocevia tra gospel, blues e rhythm and blues, iniziò a cantare da adolescente nei locali della zona finché fu scoperta da Ike Turner che la inserì nella sua ”review” e la sposò non ancora diciottenne. Nel giro di pochi anni arrivò il successo, culminato con River deep mountain high (prodotta dal genio del suono Phil Spector) e soprattutto Proud Mary, ma anche l’incubo privato del rapporto con Ike, sempre più violento e disfattista. A quei tempi in scena Tina era un autentico ciclone. I filmati ci restituiscono un corpo scosso da sussulti elettrici, una sensualità incontenibile e una voce che illuminava il buio. Ma la sua vita personale era un inferno. Del suo pigmalione era in qualche modo succube. Acquistò sicurezza solo quando Ken Russell la chiamò a interpretare la ”acid queen” nel film tratto dall’opera rock Tommy. Era un tributo alla sua forza devastante, e quel numero risplende ancora oggi in un film assai discutibile. Scappò da Ike e per paura di essere trovata dall’infuriato marito rimase nascosta sei mesi in casa di Ann Margret, di cui era diventata amica durante le riprese del film. Riuscì a liberasi di lui. Ottenne il divorzio, ma da quella storia uscì destabilizzata e smarrita. Arrivarono anni bui. Tina tornò a cantare nei piccoli locali e ci volle tutto l’affetto dei musicisti inglesi (non nuovi a scoperte o riscoperte di parti della musica americana) per riportarla in auge e garantirle una carriera solista. Prima furono gli Heaven 17 nel 1983 (’Erano molto avanzati - racconta lei - usavano macchine nuove, ancora sconosciute”) che la coinvolsero in un bizzarro progetto chiamato B.E.F. Poi è la volta di David Bowie, per il quale Tina spende parole di grande riconoscenza: ”Il mio incontro con David Bowie..., beh, sono sicura che ogni ragazza avrebbe voluto incontrarlo, e lui fece qualcosa per me di molto speciale. In quel tempo era uscito il pezzo Let’s dance, e i dirigenti della Capitol avevano appena firmato il suo nuovo contratto e volevano festeggiare a cena, ma lui disse: no, mi dispiace, ma questa sera andrò a vedere la mia cantante preferita. E chi è, chiesero loro? Tina Turner rispose Bowie. La Capitol era la mia stessa casa discografica ma loro non erano certi di voler firmare il contratto con me. C’erano dei problemi. Così decisero di seguire Bowie. Io ero al Ritz di New York. Bowie arrivò, e così fecero Rod Stewart e Keith Richards. Il posto era pieno di star. Fu una sera meravigliosa, sentivo un’energia speciale, ma dissi a Roger: non dirmi se ci sono ad ascoltarmi perché potrei diventare molto nervosa. I dirigenti videro tutto e pensarono: è molto amata, è molto popolare, e tutti questi grandi artisti sono qui per vederla. E così il contratto fu firmato”. Poi ci fu Mick Jagger, memore di quando lei e Ike fecero da supporto al tour americano dei Rolling Stones nel 1969. Jagger nell’estate del 1985 fu invitato all’evento planetario di Live Aid e preferì andarci per conto suo (Ron Wood e Keith Richards accompagnarono Dylan nel gran finale) chiamando Tina e insieme misero in scena una performance indimenticabile, un duetto vertiginoso e sfrontato culminato in una sorta di spogliarello in cui Jagger strappava la gonna di dosso alla sua consenziente compagna di palcoscenico. Lo stesso fecero Bono e The Edge quando scrissero Goldeneye per la colonna sonora del film di James Bond. ”Dopo la registrazione” racconta Tina Turner, ”Bono si complimentò per come avevo cantato e mi disse: avrei dovuto saperlo, la tua voce equivale a uno strumento. Per tutto il tempo che hai cantato e l’esperienza che hai, avrei dovuto saperlo. In effetti ero stata in grado di fare tutto quello che loro volevano. E quindi ero eccitata di aver accontentato gli autori e di cantare una canzone per Bond, ero finalmente entrata nella compagnia di James Bond”. stata sempre amata dai musicisti, ma anche dal pubblico che negli anni aveva imparato ad apprezzare la sua insuperabile voce. Anche il pubblico italiano le era particolarmente devoto (e forse anche per questo lei ha duettato con Eros Ramazzotti nella canzone Le cose della vita, riportata nell’antologia) [...]» (Gino Castaldo, ”la Repubblica” 24/10/2004).