Maurizio Caprara, Corriere della Sera 15/04/2001, 15 aprile 2001
«Pur essendo un principe della cultura, Benendetto Croce di fronte alla politica non si era travestito da vestale di un pensiero fintamente neutrale sulle vicende terrene: era stato senatore, ministro nel governo Badoglio, presidente del Partito Liberale
«Pur essendo un principe della cultura, Benendetto Croce di fronte alla politica non si era travestito da vestale di un pensiero fintamente neutrale sulle vicende terrene: era stato senatore, ministro nel governo Badoglio, presidente del Partito Liberale. E quando nel 1948 vide drappelli di professori ed artisti schierarsi a favore di un voto o dell’altro nelle elezioni, ritenne di dover dire, da solo, la sua. Scrisse in una lettera riportata il 6 marzo dal Corriere della Sera: "Che cosa sono, dunque, cotesti interventi collettivi di intellettuali in questioni o occasioni politiche La risposta non è dubbia: o un atto inconsiderato; o un lasciarsi andare alla vanità di richiamare sopra di sé l’attenzione; o un partecipare, consapevole o inconsapevole, a coperti maneggi e inganni dei partiti". Per non aver aderito a un appello contro l’atomica, Croce era stato definito in Romania un amante della distruzione delle genti e rideva di quanto l’accusa, falsa, sarebbe stata invidiata dai colleghi assetati di fama. Artisti e filosofi devono soltanto servire ”il bello o il vero”, scriveva. Ma in politica ”pari agli altri”, devono scegliere ”il posto che a ciascuno di essi spetta nell’azione e nella lotta”».