Elaine Louie, "Sette" 11/7/2002, 11 luglio 2002
Eri Sugimoto, ventisette anni, sushi chef. Ha iniziato quattro anni fa cucinando piatti caserecci tipo alghe e maiale in un ristorante di Tokyo
Eri Sugimoto, ventisette anni, sushi chef. Ha iniziato quattro anni fa cucinando piatti caserecci tipo alghe e maiale in un ristorante di Tokyo. Per imparare a lavorare il pesce crudo chiese a un amico che aveva una catena di sushi restaurant se poteva far da lui il suo apprendistato: «Ho dovuto risparmiare un po’ di denaro e pregarlo di lasciarmi pulire il locale». Le donne che vogliono diventare esperte di sushi, infatti, non sono ben viste tra i giapponesi: «Si dice che non sappiano prepararlo perché hanno le mani troppo calde, che guastano il pesce», spiega Yoko Ogawa, una chef di 33 anni. E Hiromi Suzuki, che imparò a preparare il sushi dal padre Akira, racconta: «Questo è ciò che mio padre sentiva dire: che le donne non sanno prepararlo perché si truccano il viso e mettono il profumo, tutte cose che rovinano il cibo, e inoltre che non possono diventare sushi chef perché la zona dietro il bancone è sacra e loro sono solo delle sciocche». Sugimoto comperava il pesce coi soldi delle mance e si esercitava a casa: «Per prima cosa devi toccare il pesce per capire come affettarlo: si divide in pezzi e quando si affetta per il sashimi si deve scegliere la parte più morbida e sottile. Il sushi invece si deve tagliare in modo da poterlo adagiare sul riso come si deve. Per mesi mi sono allenata a dar forma al riso, finché diventava talmente duro da non essere più lavorabile». Adesso sa cucinare 50 tipi di sushi: ha iniziato da quelli semplici, avvolgendo alghe intorno al riso e ornandolo col caviale, per poi passare ai più complicati: «Nello sgombro devi lasciare sopra un pochino di pelle e il calamaro è difficile da lavorare perché non segue la forma del riso. L’orecchio di mare se ne va in giro per conto suo perché è ancora vivo, anche la tridacna gigante lo è ancora quando l’adagi sul riso e non ne segue affatto la forma. Lo stesso fa il polpo». Il piatto più caro (25 dollari alla libbra) e più difficile è il "toro", ovvero la parte più ricca e morbida del tonno, presa dalla pancia: riservato, fino a poco tempo fa, agli chef maschi.