Guglielmo Ragozzino, ìil manifestoî 27/6/2002, 27 giugno 2002
Negli anni Novanta WorldCom assorbì oltre 60 società, la maggior parte delle quali venne pagata con azioni, che all’epoca sembravano non poter che salire visto che «da un lato era al centro del sistema finanziario Usa, con tutte le straordinarie sollecitazioni della borsa normale e di quella dei derivati; e al tempo stesso viveva - e anzi la guidava – nell’economia reale dell’internet e della comunicazione per voce, per dati, per immagini
Negli anni Novanta WorldCom assorbì oltre 60 società, la maggior parte delle quali venne pagata con azioni, che all’epoca sembravano non poter che salire visto che «da un lato era al centro del sistema finanziario Usa, con tutte le straordinarie sollecitazioni della borsa normale e di quella dei derivati; e al tempo stesso viveva - e anzi la guidava – nell’economia reale dell’internet e della comunicazione per voce, per dati, per immagini. Le frequenti acquisizioni la tenevano sempre sotto i riflettori di Wall Street; e gli analisti erano costretti a manifestare la massima fiducia sui suoi titoli, dal momento che nessuno voleva rischiare di non aver consigliato WorldCom ai clienti maggiori. La necessità di crescere continuamente, per tenere alto il valore di borsa, nella soddisfazione di analisti e gerenti dei fondi pensione, spingeva a sempre nuovi acquisti. WorldCom valeva allora in borsa 150 miliardi di dollari, ciò che ne faceva una società della classe di Aol Time Warner, o Cisco, o Verizon o Viacom. [...] Quando scoppiò la bolla speculativa, scese all’87° posto nella classifica stilata dal ”Financial Times” tra le società mondiali di maggior valore borsistico nel 2001 e precipitò al 215° nella classifica del 2002. [...] Solo quest’anno l’azione ha perduto il 97 per cento del suo valore. A questo punto le banche si sono dileguate» (Guglielmo Ragozzino).