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 2002  settembre 25 Mercoledì calendario

Piccoli Michel

• Parigi (Francia) 27 dicembre 1925. Attore • «Morbido e di gentilezza vera e generosa, militante nella sinistra da sempre, tre mogli, tre figli. [...] Il mestiere di attore. “Lo scoprii da bambino, facevo la parte del ladro in una recita scolastica. La gioia di raccontare una storia. I grandi che ascoltavano e tacevano. Una libertà inebriante, un incantamento. Ero un pesce nell’acqua. Finii gli studi con difficoltà, a scuola ero pigro. Poi decisi: sarò attore. I miei erano artisti, musicisti entrambi. Compresero e accettarono. M’iscrissi a un corso di teatro e presi a studiare come mai nella vita. Non ho più smesso. Il mio mestiere esige un’enorme disciplina, ma senza mostrarla, con l’aria d’essere sempre dilettanti. Mai perdere il gusto della scoperta e la voglia di ricerca. E rinnovare i registi, scegliere il repertorio. Anche queste sono scelte politiche. [...] Nel cinema tutto è a tua disposizione affinché tu sia bello (o brutto, come chiede il ruolo). Luce e vestiti giusti, trucco ideale... Sei un oggetto di lusso e l’ultima ruota del carro, estraneo all’intero processo creativo: sceneggiatura, montaggio, missaggio... In teatro vivi col regista, partecipi alla creazione, alle prove, a tutto. E quando lo spettacolo arriva in scena sei il re, il padrone. Il cinema è esercizio d’invenzione istantanea, è essere disponibile come un dilettante. Per me il teatro è vitale. Oggi ho un mio segreto: metto un po’ di cinema nel teatro e viceversa”. Buñuel. “È il regista che ho più amato con Godard, Sautet e Ferreri. Incontri veri, profondi. Tratti di viaggio fatti insieme, spesso stravaganti. Il magico e l’inaspettato sui set. Con Buñuel partì prima l’amicizia del lavoro. Recitavo in un teatro parigino, ero quasi sconosciuto. Scrivo a Buñuel se viene a vedermi e lui arriva davvero. Diventammo così amici da dimenticarci che io ero attore e lui regista. Un giorno mi convocano in una casa di produzione: cercano un prete vecchio e grasso per un film di Buñuel. Avevo 30 anni ed ero magro. Mi mandano via. Mando a Buñuel un telegramma in Messico: ‘Previsto per il ruolo del prete, invia risposta’. E lui mi prende. Il film era La selva dei diamanti, con la Signoret, con la quale partii per il Messico. Buñuel viene a prenderci all’aeroporto e dice: col personaggio non c’entri ma sono felice di vederti. Insieme, poi, abbiamo lavorato tanto. Sapeva dare fantasia, elettricità nella testa. E mai un’indicazione psicologica agli attori. Eppure era così preciso, c’era una tale intelligenza nei gesti che chiedeva, che si capiva tutto e subito”. Ferreri. “Mostro di seduzione. Uomo di gran tenerezza. Il nostro primo incontro avviene in un caffè, a Parigi. Mi dà dieci pagine da leggere. Non una sceneggiatura, ma un racconto senza dialoghi. Splendido. Era Dillinger è morto. Eravamo amicissimi senza parlarci. Formavamo una vera banda, con lui, Tognazzi, Marcello...”. Mastroianni. “Il mio più bel bacio sulla bocca in cinema l’ho dato a Marcello nella Grande abbuffata. Pur nella diversità, ci accomunava il distacco, l’ironia. Ma al contrario di me era una star. Aveva una leggerezza, una capacità di seduzione... A Fellini dicevo sempre: perché usi sempre quel vecchio attore italiano? Prendi me!”. Donne e seduzione. “Al contrario di Marcello non sono un seduttore. In cinema lo sono stato solo grazie ai miei ruoli e alle mie partner, come la Bardot, con cui feci Il disprezzo di Godard. All’epoca era un mito, una specie di Monroe. Aveva un suo charme gestuale, si muoveva come un gatto. Ma non basta. Niente a confronto dell’eleganza e del carisma di Catherine Deneuve. O di Romy Schneider, sublime. Vuol sapere di Emanuelle Béart, con cui fatto La bella scontrosa? Non c’è nulla di lei che m’interessi. Il fascino femminile è altra cosa. [...] In teatro ho lavorato con Chéreau, Brook, Bondy...”» (Leonetta Bentivoglio, “la Repubblica” 21/3/2001).