Silvio Bertoldi, Corriere della Sera 6/11/2001; Isabella Bossi Fedrigotti Corriere della Sera 5/10/2002, 6 novembre 2001
Alla fine del Settecento una Emma Lyon, inglese, figlia di un minatore, ex venditrice di carbone, serva, prostituta, riuscì a entrare nelle grazie d’un membro della Camera dei Comuni, sir Charles Greville
Alla fine del Settecento una Emma Lyon, inglese, figlia di un minatore, ex venditrice di carbone, serva, prostituta, riuscì a entrare nelle grazie d’un membro della Camera dei Comuni, sir Charles Greville. Costui la prese in casa, ne assecondò ogni capriccio e la divise spesso con gli amici. Nel 1786, per ripianare i debiti, la cedette dietro compenso all’anziano zio, Lord William Hamilton, ambasciatore di sua maestà britannica nel Regno di Napoli. Lei s’indignò: «Impazzisco all’idea che tu, che eri geloso dei miei sorrisi, ora mi consigli con fredda indifferenza di andare a letto con lui, con quel sir William. Non lo farò, non lo farò». Ma cambiò idea. Divenne lady Hamilton e si stabilì a Napoli, dove s’adeguò subito alla nuova, autorevole posizione nella corte di Ferdinando I. Ingentilì nei modi, mise da parte l’abitudine di ballare nuda sui tavoli del salotto, s’acculturò e fu la delizia di uomini e donne. Divenne molto amica e forse amante della regina, maestra d’erotismo ma stufa delle prestazioni che il regale consorte continuava a pretendere da lei dopo averla ingravidata diciassette volte. Grazie a quest’amicizia, lady Hamilton conobbe l’ammiraglio Horatio Nelson. Lui, sposato, s’invaghì subito e per sempre di Emma. Divennero amanti: né lui lasciò mai la moglie, né lei mai il marito, ma della tresca erano perfettamente a conoscenza tutti e quattro. Negli anni, Emma divenne «una matrona involgarita dal grasso», la sua voce melodiosa si fece roca e chioccia, perse ogni fascino. Eppure Nelson continuò a esser preso di lei: la seguì in Inghilterra, e dopo la morte del marito, si trasferì in casa sua. Lady Hamilton, sempre corteggiatissima, spendeva in feste, sarti e gioielli molto più di quanto potesse permettersi. Continuò a sperperare anche dopo la morte dell’amante nella battaglia di Trafalgar. Si coprì di debiti, fu rinchiusa in carcere, fuggì in Francia. Qui, compagno l’alcol, divenne «una vecchia megera rifuggita e orrenda». Morì di cirrosi epatica «ridotta a un personaggio da romanzo di Dickens».