Secondo circoli londinesi bene informati le truppe britanniche e sovietiche non evacueranno l’ Iran. Nessuna decisione è stata presa circa il ritiro delle truppe richiesto dal Governo iraniano, né si ritiene che la questione venga discussa a Potsdam, dato che gli Stati Uniti sono estranei al fatto avendo già ritirato le loro truppe. Notizie da Damasco informano che il Primo ministro siriano, Fayez el Khoury ha dichiarato oggi a un corrispondente che fino a quando truppe straniere rimarranno in Siria e nel Libano per scopi che non siano quelli del proseguimento della guerra in Estremo Oriente esse costituiranno una minaccia per i due Paesi. Il ministro ha aggiunto di sperare che le truppe straniere, ad eccezione di quelle necessarie per la guerra nel Pacifico, saranno ritirate entro la fine dell’estate.
ANKARA - Nelle discussioni fra i «tre grandi» per l’assetto mondiale, il Vicino Oriente non sembra aver avuto una gran parte. Eppure diversi problemi si agitano in questo settore. L’unione degli Stati arabi, costituitasi in marzo, comprende Egitto, Iran, Transgiordania, Arabia Saudita, Siria, Libano e Yemen, Paesi che nell’insieme raggruppano 80 milioni di aspiranti alla completa indipendenza. I recenti incidenti in Siria, contro la dominazione francese, possono costituire ia scintilla per un più vasto movimento xenofobo. Sintomatica a questo proposito la notizia qui giunta dal Cairo questa sera, secondo la quale il Primo ministro egiziano Nekrashy pascià ha chiesto al Senato l’autorizzazione di negoziare col Governo britannico la revisione del trattato di alleanza del 1936. La questione della Palestina non è meno delicata e urgente delle altre, giacché gli ebrei fanno forti pressioni specialmente in America perché sia riaperta illimitatamente l’immigrazione ebraica in quel Paese.
Oggi il rappresentante diplomatico sovietico ha avuto un colloquio di oltre un’ora col Capo del Governo siriano, nel corso del quale avrebbe detto che l’U.R.S.S. è disposta a fornire armi anche alla Siria. Ma anche la medievale Arabia Saudita, dove gli Stati Uniti hanno un’importante base strategica, viene coltivata dai Russi. Questi hanno recentemente mandato in pellegrinaggio alla Mecca un gruppo di musulmani sovietici per accreditare le proprie affermazioni di tolleranza religiosa.
Il comunicato conclusivo della conferenza araba del Cairo, durata sei giorni, annunzia che i convenuti hanno concretato un piano diretto a coordinare la difesa araba e metterla in condizione di fronteggiare qualsiasi atto di violenza che Israele volesse fare. Il piano — precisa il comunicato — serve a coordinare politica dell’Egitto, dell’Arabia Saudita e della Siria nei campi politico, militare, economico e culturale, e mira, con tale coordinamento, a mobilitare tutte le forze e tutte le direttive che vogliono realizzare il bene generale della Nazione araba, difendendola dai pericoli dell’aggressione sionista e del dominio straniero, che impediscono il formarsi di un’atmosfera di pace e di stabilità nel settore del Medio Oriente. Il comunicato annunzia pure che la conferenza ha escogitato un piano che contempla l’azione futura che i tre Stati potrebbero svolgere al di fuori dell’intesa che lega i nove Stati dell’Unione araba. Alla conferenza hanno partecipato il Presidente della Repubblica egiziana, Abdel Nasser, re Saud dell’Arabia Saudita ed il Presidente della Repubblica siriana.
Da questa mattina al fianco dell’Egitto in guerra si è schierata la Siria, con le sue truppe e la sua aviazione militare. Con una comunicazione ufficiale, diramata da tutte le rappresentanze diplomatiche siriane all’estero e trasmessa da Radio-Damasco, la Siria ha annunciato al mondo che «il Governo siriano ha deciso di mettere le proprie truppe a disposizione del comandante in capo delle forze egiziane, generale Abdel Hakini Amer». Truppe siriane hanno varcato la frontiera con la Giordania e si sono poste a disposizione di re Hussein, « per difendere il Paese in caso di aggressione da parte israeliana ». Anche forti contingenti di truppe blindate irachene sono giunti la scorsa notte in territorio giordano. L’irak però non ha ancora rotto le relazioni diplomatiche con la Francia e con la Gran Bretagna, mentre questo grave passo è g<à stato compiuto dalla Siria, dove le manifestazioni antifrancesi e anti-inglesi si moltiplicano.
Si è svolta oggi al Cairo, nel palazzo del Governo, la cerimonia della firma dell’atto che dà vita al nuovo «Stato arabo unificato » costituito dall’unione della Siria e dell’Egitto. Appena hanno fatto il loro ingresso nel grande salone del palazzo, dove già si trovavano 150 personalità, il Presidente egiziano Nasser e il suo collega siriano Kuwatly hanno preso posto in due grandi poltrone di fronte ad un tavolo dalla superficie lucida come uno specchio. Subito un alto funzionario del Ministero degli Esteri egiziano si è fatto avanti con una cartella contenente la storica pergamena, che costituisce l’atto di fondazione della nuova Repubblica araba, e che i due Presidenti hanno firmato: erano esattamente le 15.53 (ora] italiana). Subito dopo la cerimonia della firma, il Presidente Nasser e il Presidente Kuwatly, seguiti dai ministri, si sono affacciati al balcone per salutare la folla ammassata nella piazza e che ha tributato ai due statisti una ovazione interminabile. Fra le molte frasi gridate dalla folla all’indirizzo dei due Presidenti, una ricorreva con notevole frequenza: « Viva Nasser, il distruttore dell’imperialismo! ». In base al documento firmato oggi il nuovo Stato disporrà di un solo Governo, di un solo Parlamento e costituzionalmente potrà essere definito come una Repubblica presidenziale. Esso però, prima di divenire una realtà operante, dovrà essere approvato dai Parlamenti dei due Paesi il 5 febbraio prossimo (e sull’approvazione non ci possono essere dubbi) e sanzionato entro trenta giorni da un raferendum che verrà tenuto in Siria ed in Egitto e nel corso del quale i due popoli dovranno, non solo dire se sono consenzienti all’unione dei loro due Paesi, ma saranno anche chiamati ad eleggere il Primo Presidente della nuova Repubblica. E anche a questo riguardo non vi sono dubbi: il Primo Presidente sarà Nasser.
Non vi è dubbio che l’Unione siro - egiziana presenta molti lati oscuri e non pochi interrogativi. La fretta con cui i capi l’hanno realizzata fa pensare che essi non saranno in grado di dare una soluzione pratica a tutti i problemi concreti che si porranno inevitabilmente tra breve tempo. Come fare ad equiparare due Stati dove il tenore di vita è tanto diverso? L’operaio siriano è pagato tre volte in confronto a quello egiziano. Si ridurrà il salario del primo o si aumenterà quello del secondo? Si lascerà che l’industria egiziana faccia liberamente concorrenza a quella siriana avente costi di produzione minori? Passiamo ad altro campo: quello del futuro esercito comune. Anche qui il soldato siriano è pagato tre volte più dell’altro. Allora come è possibile unificare l’esercito? Se i soldati siriani si vedranno diminuite le paghe non ci potrebbe essere niente di più decisivo per rendere impopolare la federazione. Se, invece, si preferirà moltiplicare per tre la paga del soldato egiziano, che cosa succederà dell’economia di un Paese che già offre tanti segni di dissesto? Come si vede i promotori del nuovo Stato dovranno nei prossimi mesi procedere su un cammino irto di ostacoli. Forse a questi ostacoli che potrebbero diventare insormontabili vi è un’unica soluzione: che il movimento di opinione pubblica panaraba diventi irresistibile e l’Unione si estenda ad altri Paesi più ricchi. Questo spiega gli sforzi per trovare nuovi associati che nei prossimi mesi Cairo e Damasco espleteranno. Il destino della Repubblica araba unita è di trovare quanto più presto possibile nuovi soci oppure di incagliarsi davanti a grossi scogli che potrebbero mettere in contrasto i due Paesi recentemente uniti. Questo vale soprattutto per la Siria: restando sola con l’Egitto potrebbe fare essa le spese dell’Unione perché è incontestato che il potere risiede al Cairo, nelle mani del dittatore Nasser (da un articolo di Dino Frescobaldi).
«[...] Tutti capiscono che la costituzione di un vincolo federale fra le due monarchie arabe ha lo scopo precipuo di controbilanciare l’Unione araba fondata per iniziativa di Nasser, e sotto il patrocinio della Russia sovietica, dalle due Repubbliche del Cairo e di Damasco. I due nuovi enti statali rappresentano nel Medio Oriente, per lo meno tendenzialmente, i due blocchi mondiali che fanno capo a Washington e a Mosca. La nascita della federazione irako-giordana può essere considerata come un contributo alla pace nella misura in cui ristabilisce l’equilibrio turbato pochi giorni fa dalla formazione della Unione egitto-siriaca. Essa dev’essere accolta con soddisfazione in Europa, in quanto unifica il territorio per il quale passano alcune delle principali condotte che portano il petrolio mesopotamico al mare Mediterraneo. Lo Stato d’Israele, stretto finora tra quattro Nazioni arabe che gli sono ugualmente nemiche, ne avrà solo due ai suoi fianchi. Non sembra a prima vista che la posizione di Tel Aviv sia peggiorata, giacché se da un lato può essere più facile l’accordo fra due Governi per aggredire gli ebrei e tentare di spingerli nel mare, dall’altro lato i Governi emergenti dalle due fusioni sono più rivali tra loro che non fossero, prima di questo sviluppo, i quattro elementi statali originari [...]» (dal Corriere d’Informazione).
Nasser è stato proclamato, con tutti i crismi, Capo dello Stato, o meglio degli Stati uniti Siria-Egitto: al plebiscito del 21 febbraio hanno detto sì all’unione il 99,9 per cento dei votanti. Per quanto ogni successo sia solito dare alla testa dei dittatori e spingerli verso una politica più audace, non si può escludere che, in questo caso, il dittatore egiziano sia indotto alla prudenza dalla stessa necessità di contemperare gli interessi dell’Egitto con quelli della Siria, che coincidono solo in un punto, nell’ostilità contro Israele, e sono sorretti da un solo fattore comune, per quanto potente, che è la somiglianza della religione. Differiscono, invece, i due popoli per la razza: uno semitico, l’altro camitico o cuseitico; ed anche il grado di civiltà e le condizioni sociali non si assomigliano, perché in Siria è ignoto il fenomeno del contrasto fra le classi abbienti e l’enorme massa miserabile dei « fellah ». Infine, non può essere del tutto tramontata, in talune sfere, specie militari, di Damasco la corrente favorevole alla creazione della grande Siria estesa fino all’Eufrate: tesi che deve essere abbandonata in favore della politica di Nasser, che gravita verso il Mediterraneo e il Nilo. E’ chiaro, per esempio, che la Siria non ha alcun interesse nella contestazione dell’Egitto col Sudan per uno spicchio di territorio di confine sul MaiRosso (da un articolo del Corriere d’Informazione).
A proposito dell’aereo civile giordano (un Dakota pilotato dal bravo capitano neozelnadese Steel) che i siriani hanno tentato di abbattere, Arrigo Levi nota sul Corriere della Sera che «i siriani esercitano, per mezzo del radar, un controllo estremamente rigoroso sul passaggio di apparecchi stranieri: questi devono seguire dei corridoi aerei e, se se ne allontanano anche di pochi chilometri, vengono immediatamente raggiunti dal caccia a reazione Mig, che si levano in volo dagli aeroporti militari siriani». Le basi siriane sono perfettamente equipaggiate dai russi. «L’episodio dimostra quanto siano tesi, oggi, i rapporti fra la Giordania e 1 Paesi vicini.»
Per la prima volta dalla metà di maggio la frontiera tra il Libano e la Siria è stata riaperta al trasporto dei prodotti petroliferi. Non si sa ancora quando le prime autocisterne cariche di benzina raffinata nel Libano varcheranno la frontiera, ma si ritiene che ciò avverrà quanto prima.
Amman - L’apparecchio sul quale viaggiava re Hussein di Giordania, diretto da Amman in Europa dove il sovrano avrebbe dovuto passare qualche settimana di vacanza, è stato intercettato sul territorio siriano da Mig a reazione che intendevano obbligare l’aereo reale ad atterrare a Damasco. L’aereo di Hussein è riuscito a sfuggire ed è ritornato in Giordania. I caccia, di fabbricazione sovietica, si erano levati in volo da aeroporti siriani e, dopo che l’aereo reale aveva rivelato per radio la propria identità, gli avevano impartito l’ordine di atterrare a Damasco. Re Hussein, che pilotava personalmente l’aereo, si è rifiutato di aderire all’ordine ed ha comunicato per radio alla torre di controllo dell’aeroporto di Damasco che si accingeva a tornare ad Amman. Dalla torre di controllo gli veniva risposto che c’era ordine di costringerlo ad atterrare e di ricorrere alla forza, se necessario, a questo scopo. Il re rispondeva, allora, che avrebbe atterrato a Damasco, ma improvvisamente invertiva la rotta e rientrava dopo pochi minuti di volo, a velocità elevatissima, nello spazio aereo della Giordania. Pochi minuti dopo il rientro del sovrano, il Consiglio dei ministri è stato convocato in seduta straordinaria. L’unica comunicazione ufficiale da parte governativa informa che domani sarà proclamata festività nazionale in tutto il regno « per celebrare il ritorno del re sano e salvo ». Stamane, prima che Hussein partisse da Amman, in una intervista pubblicata al Cairo, dal settimanale «Rose el Youssef», l’ex ministro degli Esteri giordano, Abdullah Rimawi, affermava che re Hussein « lasciava la Giordania per sempre ». Rimawi, che vive attualmente in esilio nella RAU afferma che gli Stati Uniti intendono compiere in Giordania « un colpo di stato reazionario » per sostituire il Governo di re Hussein con un Governo filoamericano »
Crescente antagonismo fra Nasser e i comunisti. Le ostilità sono state aperte dai comunisti. Essi avevano una posizione assai forte in Siria, prima dell’unione fra quel Paese e l’Egitto. Quando ambedue si fusero nella Repubblica Araba, Kruscev provò disappunto. Egli fece tuttavia buon viso a cattiva sorte. Adesso gli entusiasmi dei siriani verso i fratelli egiziani sono alquanto raffreddati, l’economia nazionale è in declino, il valore della moneta è in ribasso; e Nasser non è più considerato, a Damasco, un nuovo profeta. Khalid Bikdash, il capo dei comunisti siriani, all’inizio della settimana ha pubblicato un manifesto per chiedere maggiore autonomia per la Siria e libere elezioni. Ciò equivale a una aperta sfida contro i poteri dittatoriali di Nasser. Mosca, attraverso i suoi seguaci, cerca di annacquare l’Unione egizio-siriana. La situazione è aggravata da quello che sta succedendo nell’Irak. E’ opinione diffusa, in questa capitale, che i comunisti stiano facendo rapidi progressi a Bagdad. Il Governo del gen. Kassem non ha tentato di impedire le violente dimostrazioni contro un uomo di Governo americano, Rountree, quando egli è andato a conferire col Primo ministro. Di fronte a questi avvenimenti, Nasser è costretto a contrattaccare. Secondo il « News Chronicle » egli ha ordinato l’arresto di numerosi comunisti in Siria e il suo braccio destro, il col. Serrai, è andato a dirigere di persona le operazioni di polizia. Nello stesso tempo, la radio e la stampa di Damasco hanno lanciato una campagna propagandistica contro il comunismo, definendolo « il nuovo imperialismo ». Ci si chiede ora con grande interesse, se il Presidente egiziano spingerà il suo ardimento al punto di arrestare lo stesso Khalid Bikdash, ritenuto l’agente più importante di Mosca nel Levante. In Inghilterra, i laboristi e i liberali (che assumono spesso un atteggiamento di sinistra) pensano che sia ora il momento opportuno per ristabilire i rapporti con il Cairo. Il Governo ha tentato di concludere un accordo negli scorsi mesi con l’Egitto sulle questioni finanziarie che dividono i due Paesi: gli inglesi vogliono l’indennizzo delle proprietà sequestrate dagli egiziani, e questi ultimi vogliono un indennizzo per le distruzioni causate dall’intervento di Suez.
BEIRUT - L’agenzia di informazioni araba comunica di aver appreso da alcuni esponenti politici siriani, giunti giovedì scorso nella capitale libanese da Damasco, che le autorità della R.A.U. hanno proibito la pubblicazione del quotidiano comunista « An Nur » e hanno ordinato la chiusura di alcuni uffici culturali sovietici in Siria. Le stesse fonti hanno inoltre dichiarato che il leader comunista siriano Khaled Bagdash, ha lasciato Damasco alla volta dell’Europa, dopo il recente discorso anticomunista del Presidente Nasser. Secondo gli esponenti politici giunti a Beirut, sarebbero imminenti ulteriori misure. Commentando gli attacchi rivolti dal Presidente Nasser ai comunisti arabi, «L’Orient» si chiede quante probabilità di successo abbiano tali attacchi che potrebbero anche essere un segno di sconfitta, e se Nasser sia veramente in grado di staccare i comunisti arabi dal Cremlino. «Il compito — scrive «L’Orient» — sarà difficile in quanto le barriere create a Bagdad dal regime ashemita si sono sgretolate, la Siria soffre di una grave crisi economica e, infine, la posizione comunista per quanto riguarda l’unità araba è assai ben congegnata ». Il giornale non esclude la possibilità, in caso di una sconfitta, che Nasser ricorra « ad una collaborazione tacita o di fatto con la Giordania, l’Arabia Saudita, l’Occidente e tutti i vecchi partiti nazionalisti di destra, a cominciare dal partito popolare sociale ». (Un libro in gocce)
Libia, Yemen del Sud, Siria, Bahrein e Olp rompono le relazioni diplomatiche con l’Egitto, reo di aver firmato ieri un trattato di pace con Israele e applicano sanzioni economiche.
Gli Stati Uniti inseriscono la Siria nella lista nera degli Stati che aiutano il terrorismo
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