La Principessa dell’Egitto Fawzia sposa al Cairo il giovane Principe Ereditario d’Iran, Mohammad Reza Pahlavi. Dopo la luna di miele, la cerimonia nuziale sarà ripetuta a Teheran.
Dopo la nascita dalla coppia di una figlia femmina (la principessa Shahnaz Pahlavi) la regina Fawzia (il titolo di imperatrice non è ancora in uso allora in Iran) ottiene la separazione legale dal marito da parte del governo egiziano nel 1945. Il divorzio non è però concesso in Iran.
ROMA - Lo scià di Persia, in visita ufficiale a Roma (fu ricevuto anche da Pio XII), fu a pranzo con le autorità dello Stato e diede poi un ballo nei saloni di un grande albergo della città. Dal resoconto di E.C. sul Corriere d’informazione: «Splendevano, i saloni, di luci e di ori: di ori splendeva anche l’uniforme dell’imperatore, adorna di molte decorazioni, non esclusa una sciarpa scarlatta costellata di auree rosette che gli attraversava lo sparato. Nei saloni apparvero l’ambasciatore sovietico signor Kostylev, i ministri di alcuni Paesi orientali, soli a resistere all’estiva calura romana, incaricati d’affari e addetti militari, da quello scozzese, che indossava con distinzione unica il gonnellino del reggimento di Seaforth, all’incaricato di Haiti, il cui volto, bruno come l’ebano, faceva magnificamente spicco sul candore dello sparato. Lo Scià fu visto, per qualche tempo, attraverso una vetrata: sedeva in una sala con Einaudi, De Gasperi, Sforza e conversava con loro. Poi Einaudi partì per la Val d’Aosta, De Gasperi per la Valsugana, Sforza semplicemente per la sua villetta di Via Linneo. Sforza mise un biglietto da dieci lire sul banco del guardarobiere. Lo Scià, intanto, era passato nel salone da ballo sfavillante di luci, fumando una sigaretta dopo l’altra, infilandole in un bocchino di tartaruga, lentamente, e lentamente conversava con i diplomatici, ma sembrava che nulla sfuggisse ai suoi occhi neri. Anche con alcune dame, che gli vennero presentate dall’ambasciatore Taliani, lo Scià s’intrattenne brevemente, poi aprì le danze con la signora Taliani. Ballava con molto stile, lentissimamente sui lenti ritmi della musica, come assorto. Nessuno ballò quella sera con più «chic» dell’imperatore le danze moderne, eccezion fatta per l’incaricato d’affari di Francia, signor De Coucel, e per il rappresentante di Haiti. Ma appena udì i ritmi di un dolce valzer all’antica, lo Scià si appartò ad un tavolo e vi sedette, solo. Nella sala rotearono invece in eleganti volute di danza vecchi diplomatici e addetti militari, anche l’ufficiale scozzese mosse su quei ritmi le gambe nude fasciate dai calzettoni a quadri bianchi e rossi e calzate di scarpini di vernice».
Per alcune ore Mohamed Reza Pahlevi, imperatore dell’Iran, è stato ieri, in incognito, ospite di Milano. Lo scià, proveniente da Firenze, è giunto in volo alle 10.30 all’aeroporto Forlanini a bordo di un trimotore S.M. 75, decollato da Firenze e pilotato dal comandante Baracchini. Vestiva in borghese ed era accompagnato dal suo aiutante di campo, un maggiore dell’Esercito persiano, e dal suo cameriere privato. Si trovavano a riceverlo il Prefetto, il gen. Drago comandante la Zona aerea territoriale e l’assessore avv. Cornaggia Medici per il Sindaco, ai quali l’ospite ha espresso la sua soddisfazione di poter compiere una sosta, sia pur breve, a Milano, città che aveva ammirato dall’alto, poiché l’apparecchio, prima di scendere, si era attardato in ripetuti giri. Salutato da un picchetto d’onore della polizia militare aeronautica il sovrano si è subito posto al volante di un’automobile privata che lo attendeva e, attraversato Milano, è giunto in via Marco Ulpio Traiano, dove ha visitato lo stabilimento dell’Alfa Romeo, interessandosi vivamente alle costruzioni automobilistiche ed aeronautiche e confermando la sua nota competenza tecnica. Congedatosi dai dirigenti che lo avevano guidato nella visita si è diretto all’abitazione di un suo amico personale, l’ing. Vittorio De Nora, e con lui e con la sua signora ha poi fatto colazione in un ristorante di porta Vittoria, dove ha dimostrato di apprezzare assai la cucina lombarda. Alle 15 Mohamed Reza Pahlevi, passato dovunque senza essere riconosciuto, ha raggiunto nuovamente l’aeroporto ed è ripartito per Venezia
Teheran, 4 febbraio notte. Un attentato è stato perperato oggi contro lo Scià durante la cerimonia organizzata nell’anniversario della fondazione dell’Università di Teheran. II sovrano stava entrando nella sede dell’Università quando un giornalista gli ha sparato contro cinque colpi di pistola. Una pallottola ha colpito lo Scià a una gamba ed al labbro superiore, un altro colpo lo ha raggiunto al fianco, mentre altri tre hanno perforato il suo cappello. Numerose persone si sono immediatamente lanciate contro l’attentatore e lo hanno selvaggiamente percosso (dal Corriere della Sera)
L’individuo che sparò cinque colpi di rivoltella contro lo scià di Persia Reza Pahlavi, certo Fakhrai, impiegato di un giornale musulmano, è deceduto ieri sera in seguito alle percosse cui fu fatto segno da parte delle persone presenti all’attentato. Lo scià è tornato al palazzo reale dopo una sommaria medicazione fattagli in un vicino ospedale. Le sue ferite non rivestono alcuna gravità. I membri del Gabinetto, la polizia e il capo dell’esercito! si riunivano subito dopo l’attentato di natura politica: è stato accertato che il suo autore appartiene al partito Tudeh. II Governo ne ha deciso lo scioglimento: tale dichiarazione è stata fatta questa mattina alla Camera dal ministro dell’Interno. II partito Tudeh era già stato sciolto una prima volta nel 1946. In seguito al componimento della crisi persiana, quando i Russi occuparono ia provincia settentrionale dell’Azerbaijan. In quell’epoca detto partito venne accusato di fomentare nel Paese moti rivoluzionari a carattere comunista. Come si ricorda i Russi si sono poi ritirati dall’Azerbaijan per ordine del Consiglio di sicurezza dell’O.N.U.
Negli ambienti diplomatici della capita americana si prevede che entro due anni la Russia Sovietica entrerà in una « fase di espansione » verso il Medio Oriente. Questa minaccia sovietica deve essere verosimilmente il motivo determinante la visita che lo Scià di Persia compirà negli Stati Uniti la prossima settimana. E’ assai probabile — si osserva — che il giovane monarca dell’Iran, per poco che il Governo americano gli accordi assistenza e fiducia, si dichiari pronto a schierare il proprio Paese apertamente accanto alle Nazioni del mondo occidentale. Effettivamente l’Iran è il punto più vulnerabile nello schieramento del Medio Oriente ed è quello su cui l’Unione Sovietica dovrebbe agire per primo, qualora decidesse di muovere alla conquista di quel settore. Non pochi diplomatici dei Paesi del Medio Oriente ritengono che i primitivi disegni del Cremlino prevedessero un’azione diretta contro la Grecia o la Turchia e che il graduale potenziamento delle due Nazioni mercè l’assistenza americana abbia fatto accantonare tali piani. La situazione dell’Iran è invece rimasta stazionaria al punto da costituire un invito all’aggressione. Questo concetto sarà indubbiamente espresso dallo Scià al Presidente Truman ed al segretario di Stato Acheson. E’ molto probabile che il monarca si dichiari pronto a portare gli effettivi delle forze armate iraniche da centoquindicimila uomini — tanti oggi ne contano — male armati e male equipaggiati, ad un milione di uomini, qualora gli Stati Uniti fornissero alla Persia adeguata assistenza. Finora l’ Iran ha ricevuto ventisei milioni di dollari di materiali bellici americani, tratti da quelli in eccedenza; ed il P.A.M. prevede uno stanziamento di ventisette milioni di dollari complessivi per l’assistenza alla Corea, alle Filippine ed all’ Iran. Però gli stessi capi militari persiani — secondo quanto affermano i circoli diplomatici — non si fanno soverchie illusioni sulla possibilità di far fronte alla Russia anche disponendo di un milione di uomini alle armi. La Persia si servirebbe di questo esercito unicamente per far fronte alla prima minaccia.
Washington 14 novembre. Il mondo ufficiale di Washington sta preparando accoglienze imponenti al giovane monarca Reza Pahlavi, scià di Persia, il cui Paese, ricco di giacimenti petroliferi, costituisce un centro strategico di prim’ordine sull’immenso scacchiere della "guerra fredda ». Lo scià arriverà all’aerodromo di Washington alle 4 del pomeriggio di giovedì ed inizierà un giro turistico-politico della durata di un mese negli Stati Uniti. L’apparecchio personale del Presidente Truman « Independence » è stato inviato ieri appositamente a Teheran, per trasportare in America il giovane monarca.
Un comunicato diramato a Washington dal Dipartimento di Stato informa che lo Scià dell’ Iran, esaurita la sua visita negli Stati Uniti, sarà domani sera a Nuova York per far ritorno in patria. Lunedì il monarca persiano, prima di imbarcarsi, si incontrerà col gen. Dwight Eisenhower.
LONDRA - Lo studente americano Vincent Lee, che giovedì 13 aprile ha sposato a Civitavecchia la sorella dello Scià di Persia, ha dichiarato ieri che incomincerà con questa settimana a dedicarsi allo studio del maomettanesimo, mentre la giovane ed avvenente sposa, principessa Fatima dell’Iran, si recherà in volo a Teheran per fare opera persuasiva presso il fratello, Scià Mohamed Reza Pahlavi, il quale del resto, secondo le ultime notizie, non si opporrebbe più a un suo matrimonio maomettano per regolarizzare quello da lei celebrato segretamente In Italia. Fatima era partita dalla Persia circa un mese fa, contro i desideri del suo regale fratello. Dall’estero aveva scritto allo Scià informandolo del fidanzamento col ventiduenne Hilller e dicendogli che il fidanzato era disposto a rinunziare alla cittadinanza americana e ad abbracciare l’islam. La notizia delle nozze è giunta quindi a Teheran come un fulmine a ciel sereno, scandalizzando non soltanto gli ambienti di Corte, ma l’intera Nazione, soprattutto perché sono imminenti le celebrazioni ufficiali del ritorno in patria della salma di Scià Reza, padre dell’attuale Scià e di Fatima, morto in esilio nel Sudafrica nel 1943. In un primo tempo lo Scià aveva anzi deciso di privare la sorella delle prerogative e del titolo di principessa. (Corriere della Sera)
Il « re dei re », lo « Scià di tutte le Persie », Mohammed Reza Pahlavi, coronerà finalmente lunedì il suo sogno d’amore. Non si tratterà però di uno di quei matrimoni regali che i sudditi persiani erano soliti vedere o di cui per lo meno sentivano parlare. Sarà invece un matrimonio, se non modesto, certo non solito per un sovrano persiano. Egli ha infatti dato ordine che ogni fasto regale, ogni splendore venga bandito. La situazione internazionale, tutt’altro che confortante, e le agitazioni sociali che travagliano il Paese hanno infatti offuscato il tradizionale splendore delle celebrazioni degne di una Corte persiana. Un pranzo, previsto dal protocollo, e un ricevimento seguiranno la cerimonia religiosa in rito musulmano che unirà in matrimonio il re dell’Iran e la diciottenne sposa, figlia di un ricco persiano e di una donna oriunda tedesca. Le nozze erano state fissate per lo scorso dicembre e precisamente per il 27 di quel mese, ma a ostacolare il progetto sono intervenute cause di forza maggiore. Dapprima una febbre tifoidea che ha costretto a letto la bella Soraya Esfandiari per parecchio tempo e poi una forma influenzale tutt’altro che leggera. Soraya è figlia di un capo tribù persiano, mentre la madre — come abbiamo detto — è tedesca. Incontrò lo Scià per la prima volta a Parigi due anni or sono durante un ricevi mento. Da allora non lo vide più fino allo scorso ottobre quando interruppe gli studi che stava compiendo in Svizzera e tornò in Persia per la cerimonia del fidanzamento. Secondo il suo programma di austerità, il trentaduenne Mohammed ha pregato i sudditi di limitarsi nell’inviare doni di nozze. Lo Scià ha consigliato coloro che vogliono mandargli regali di nozze di depositare in banca, in denaro liquido, la somma corrispondente al vaio re dei doni che servirà a scopi di beneficenza. Lo Scià ritiene infatti che ogni manifestazione di regalità deve essere bandita dalle sue nozze in un momento in cui i suoi sudditi sono assillati da due problemi: l’eventualità di una guerra e la povertà del Paese.
I medici dello Scià dell’ Iran hanno annunciato ieri che il sovrano si deve recare all’estero per un ulteriore esame delle sue condizioni fisiche prima della progettata operazione di appendicite. La decisione è stata presa dopo un consulto al quale hanno partecipato cinque tra i più noti specialisti di Teheran. Ieri, nella piazza principale della città, è stato impiccato Hassan Jafari, l’assassino di Ahmed Deheghan, deputato al Parlamento iraniano e direttore del giornale « Mossavar ». Accanito oppositore della influenza russa nell’ Iran, Deheghan era stato ucciso mentre si trovava nella redazione del suo giornale il 27 maggio dello scorso anno. Jafari apparteneva al partito comunista Tudeh.
Epurazioni senza spargimenti di sangue alla corte persiana, simili a quelli in atto al Cairo dove re Faruk ha preso la via dell’esilio verso Capri dopo aver stretto la mano all’uomo che lo ha spodestato, il generale Neguib. Allo stesso modo, Mossadeq ha preteso che la regina madre Taj al-Moluk e la sorella gemella dello Scià, principessa Ashraf, si imbarcassero per gli Stati Uniti. Dovrà andarsene anche il fratello dello Scià, principe Alì Reza, ed è già partito per gli Stati Uniti il capo di stato maggiore, generale Yazdanpanaz. Il Parlamento è totalmente schierato con Mossadeq. Mossadeq è anche protetto da Seyed Abolghassem Kashani, capo della setta dei Devoti di Allah, il gruppo responsabile dell’assassinio di Ali Razmara. «Kashani è « l’eminenza nera » della Persia e Mossadeq è il suo protetto, il beniamino, ma soprattutto lo strumento politico del momento. Il capo dei « devoti di Allah » fu durante l’ultima guerra favorevole ai Tedeschi e per queste sue simpatie gli Inglesi lo arrestarono nel 1944. A quel tempo Kashani non aveva la potenza che esercita oggi e il suo imprigionamento non fu seguito da alcuna rivolta popolare come ci si aspettava. Ma dopo la guerra, quando riacquistò la libertà, egli cominciò a battersi per la sua rivincita contro gli Inglesi e divenne l’anima della battaglia di Abadan. Quando il ministro laborista Stokes si recò a Teheran per discutere la questione dei petroli, Kashani gli dichiarò: « Dite al vostro Governo che se il Primo ministro Mossadeq dovesse deviare anche di un pollice soltanto nella legge per la nazionalizzazione delle industrie e delle risorse petrolifere dell’ Iran, il popolo persiano lo spedirebbe senza complimenti dove è stato spedito il generale Razmara ». Quale capo dei « devoti di Allah » e di tutti i musulmani della Persia, Kashani esercita un potere illimitato sia sull’intero Paese sia su Mossadeq e sugli uomini politici. Tuttavia e malgrado la sua potenza egli potrebbe cadere vittima del partito comunista che sembra essersi infiltrato largamente anche nei ranghi della sua setta di terroristi.
Reza Pahlavi, dopo aver annunciato che sarebbe partito da Teheran (in obbedienza a un ordine del premier Mossadeq), ha deciso di restare, commosso dalle dimostrazioni della folla che s’è radunata sotto il suo palazzo. Il presidente del Majinlis, Kashani, gli ha fatto recapitare una sua lettera personale nella quale gli ha chiesto di non andarsene. La volontà di autoesiliarsi dello Scià è dovuta ai contrasti sempre più forti col primo ministro Mossadeq, successivi alla decisione di nazionalizzare l’industria petrolifera (1 Maggio 1951). Sebbene lo scià abbia firmato a suo tempo i due decreti che sottoposero al controllo dello Stato persiano le concessioni petrolifere e gli impianti della Anglo Iranian Oil Company ad Abadan, si sa che più di una volta egli s’è scontrato con Mossadeq, che è in realtà il vero campione della nazionalizzazione. Altri contrasti sono sorti poi nell’ultima settimana. Mossadeq critica le spese di corte (sette milioni e mezzo di dollari) ed è contrario al progetto imperiale di distribuire ai contadini alcune terre di proprietà dello Scià. Mossadeq è a sua volta un ricco proprietario terriero. In passato vi furono altri contrasti: dopo i disordini del 16 luglio 1952, Mossadeq, che si era dimesso, chiese per sé il ministero della Guerra e lo Scià glielo rifiutò. Salì allora al potere Es Sultaneh il quale però, tre giorni dopo, dovette dimettersi a sua volta a causa di nuovi sanguinosi disordini. Mossadeq tornò così al suo posto e, prima della fine del mese, ottenne il pieno appoggio della Camera per un vasto programma di riforme. Pochi giorni dopo la sorella del sovrano, principessa Ashraf, partì in volo diretta a Ginevra insieme coi bambini, per una permanenza all’estero di durata imprecisata. Nel dicembre scorso Mossadeq avrebbe preteso l’esilio della regina madre, accusata di complottare con l’opposizione, mentre l’opposizione chiedeva al sovrano di por fine «al dominio illegale di Mossadeq». All’ultimo si apprende che la forza pubblica ha dovuto usare le armi per sgombrare la folla che voleva invadere la residenza di Mossadeq. Le porte di ferro sono state abbattute e molti sono riusciti a penetrare nella casa. Vi sono stati un morto e due feriti. Mossadeq, in pigiama, s’è rifugiato in Parlamento.
Mohammed Reza Pahlavi successe al padre sul trono nel 1941. Nel 1947 il giovane Scià prese una decisione importante: in quell’anno infatti le forze persiane comandate dal gen. Ali Razmara, che divenuto in seguito Primo Ministro fu poi assassinato da un fanatico musulmano, marciavano nell’Azerbeigiah per deporre il regime comunista in quella provincia di frontiera. Nel 1948 Reza Pahlevi fu oggetto di un attentato, rimanendo ferito al viso. Sposò in prime nozze una sorella di Faruk, dalla quale divorziò nel 1949. Sulla fine del 1950 lo Scià sposò infine una giovane e bella persiana, Soraya Esfandiari. Secondo quanto si è appreso stamane a Teheran, Soraya seguirà lo Scià all’estero.
Un tentativo di colpo d Stato è fallito sabato sera in Persia, dopo che le Guardie reali dello scià avevano arrestato il ministro degli Esteri, Hussein Fatemi, ed il ministro dei Lavori Pubblici, Rajabi. Un comunicato diramato dal Governo rivela che il comandante delle guardie reali ha guidato un reparto, scortato da carri armati per arrestare il Premier Mossadeq, ma le guardie del Primo ministro hanno arrestato il generale non appena giunto alla residenza del Premier. I primi indizi del colpo di Stato si sono avuti sabato sera, poco dopo le 23.30, allorché i carri armati hanno cominciato a rombare per le vie in direzione della residenza del Premier. Le truppe che prendevano parte al tentativo di rovesciare il Governo erano armate di mitra e fucili. La mossa ha fatto seguito allo scioglimento del Parlamento avvenuto sabato ad opera di Mossadeq. In una lettera allo scià il Premier aveva proposto nuove elezioni. Lo scià Mohammed Reza Pahlavi e l’imperatrice Soraya, che erano in vacanza sui Mar Caspio, sono ieri fuggiti dalla Persia, dopo il fallito colpo di Stato da parte delle guardie reali del sovrano. Si prevede che Mossadeq verrà nominato Presidente, ma non subito. Intanto sarà nominato un Consiglio di reggenza. Ai dimostranti che sono sfilati per le vie per inneggiare a Mossadeq si sono uniti gruppi di comunisti che hanno chiesto a gran voce l’espulsione di tutti gli Americani dal Paese. Alcune fonti governative hanno detto che potrebbero essere chiuse tutte le istituzioni americane a Teheran, per asserita complicità americana nel colpo di Stato. Il Premier ha ufficialmente sciolto il Parlamento, ed ha ordinato l’arresto dei deputati dell’opposizione e di circa cento persone coinvolte nel colpo di Stato. Egli ha poi fatto occupare i palazzi dello Scià ed ha circondato con truppe l’edificio del Parlamento. A complicare la già ingarbugliatissima situazione il generale Zahedi ha affermato di essere il legale Primo ministro dell’Iran. La sua dichiarazione è stata comunicata alla stampa da alcuni inviati, in un convegno segreto tenuto sulle colline a nord della capitale. Zahedi sostiene senz’altro di essere il «legale» Primo ministro della Persia. Egli sarebbe stato nominato giovedì a tale carica dal sovrano. I giornalisti hanno ricevuto una copia fotografica del decreto firmato dallo scià.
Dall’Iraq si apprende che, giunto ieri mattina in aereo all’aeroporto di Bagdad, lo Scià avrebbe detto ai funzionari iracheni, secondo quanto riferisce un testimone oculare: «Sono uno straniero e desidero fermarmi qualche giorno a Bagdad» Chieste le carte d’identità ai passeggeri dell’aereo, che non era atteso all’aeroporto di Bagdad, i funzionari hanno appreso di chi fossero alla presenza. Si sono allora affrettati ad avvertire la alte autorità governative irachese che attendevano sul campo l’arrivo di re Feisal di ritorno dalla Giordania. Le autorità si sono a loro volta precipitate verso l’aereo iraniano per accogliere lo Scià e l’imperatrice. Il Governo iracheno ha subito impartito gli ordini necessari e lo Scià, l’imperatrice, un aiutante di campo e il secondo pilota dell’aereo sono stati condotti in automobile speciale verso la residenza degli ospiti ufficiali del Governo iracheno. Un testimone afferma che, allontanandosi a bordo dell’auto, lo Scià piangeva. Anche l’imperatrice era in lacrime. Mentre si trovava all’aeroporto lo Scià ha brevemente parlato alle autorità irachene, spiegando perché avesse preferito venire nel vicino Iraq piuttosto che recarsi in Europa o tra le tribù dei Bakhtiari, alle quali appartiene la famiglia dell’imperatrice. Le dichiarazioni fatte dallo Scià all’aeroporto sembrerebbero indicare che il suo soggiorno a Bagdad sarà breve; nessuna bandiera è stata comunque esposta sulla «Casa Bianca», la residenza dove ha preso alloggio lo Scià. Nel pomeriggio lo Scià e l’imperatrice hanno preso il tè a palazzo reale insieme a re Feisal II e all’erede presuntivo emiro Abdullillah
Il ministro degli Esteri iraniano, Hussein Fatemi, ha dichiarato oggi che il Governo di Mossadeq, riunitosi stamane, sta convocando un consiglio di reggenza — con l’esclusione dei membri della famiglia reale — per incaricarlo dei compiti spettanti allo Scià, fuggito all’estero. Egli ha poi aggiunto che il Governo non ha alcuna intenzione di dichiarare la Repubblica nel Paese, anche se molti cittadini, fedeli di Mossadeq stanno manifestando tuttora, chiedendo appunto l’abolizione della monarchia. Il ministro degli Esteri ha inoltre reso noto di aver dato subito istruzioni all’ ambasciatore iraniano a Bagdad perché eviti qualsiasi contatto con ti sovrano iraniano in esilio e con sua moglie. Pertanto — secondo quanto si apprende da Beirut — quando questa mattina lo Scià ha chiesto un colloquio all’ambasciatore persiano per «chiarire alcune questioni», il colloquio gli è stato rifiutato. Da parte sua lo scià di Persia — secondo quanto si apprende da buone fonti — ha fatto sapere che non ritornerà a Teheran, a meno che Mossadeq non obbedisca ai suoi ordini, lasciando il posto al maggior generale Fasulla Zahedi, da lui nominato Primo ministro. Lo scià non ha abdicato e non intende — dicono tali fonti — abdicare; egli rimarrà per il momento nell’Iraq unitamente alla consorte, come ospite del Governo. Lo scià avrebbe anche espresso il desiderio di trasferirsi in un secondo tempo in Italia. Gli avvenimenti di ieri dimostrerebbero che anche gli Stati Uniti hanno subito una grossa sconfitta perché l’opinione pubblica è convinta che Washington abbia fatto di tutto per sostenere e appoggiare lo Scià contro Mossadeq. Il Niroye Sevom che riflette generalmente il punto di vista governativo, scrive: «I frequenti viaggi della principessa Asrhaf e del generale americano Schwarzkopf indicavano che qualche cosa si andava tramando sulla scena politica a danno del coraggioso popolo iraniano. Gli organizzatori del complotto si sono appoggiati, fin dal principio, sulle promesse del Presidente Eisenhower e di Winston Churchill. Gli Americani pensavano di poter vincere giocando la carta dello Scià contro il popolo iraniano».
L’abitazione di Mossadeq ha riservato molte sorprese agli insorti che l’hanno conquistata ieri dopo parecchie ore di assedio: era munita di muri in calcestruzzo, di nidi per mitragliatrice e di piastre corazzate, sicché la sua lunga resistenza non appare più un fatto straordinario. Si sono appresi a tarda ora alcuni particolari sull’arresto di Mossadeq. Pallido, magro, in grado a mala pena di camminare, Mossadeq è giunto stasera in una limousine nera davanti al Club degli ufficiali, in cui Zahedi ha costituito il suo quartier generale e la sede provvisoria del Governo. Mossadeq aveva ascoltato a una radio, durante la sua breve latitanza, l’intimazione di Zahedi, che gli dava 24 ore per consegnarsi alle autorità, e il telegramma dello Scià che raccomandava di proteggere la sua vita Come un anno fa, quando fuggi a un altro attacco di manifestanti alla sua abitazione, Mossadeq era in pigiama. Tuttavia egli ha saputo mantenere un contegno dignitoso. Nei corridoi del Club erano schierate le guardie del corpo di Zahedi, che hanno salutato militarmente l’ex-ministro: Mossadeq, con mano stanca — era visibilmente sfinito —, rispondeva al saluto. Zoppicando egli ha raggiunto la sala in cui Zahedi lo attendeva. Il colloquio fra i due è stato abbastanza lungo. Poi Mossadeq è stato trasportato in un luogo di custodia che viene tenuto rigorosamente segreto. Questa sera Hussein Fatemi veniva dato ancora ufficialmente come disperso, ma riprendevano a circolare con insistenza le voci secondo cui la notizia della sua morte nei tumulti di ieri sarebbe esatta, si tratterebbe solo di identificare il suo cadavere fra i molti corpi irriconoscibili che testimoniano della violenza e della ferocia della breve battaglia di ieri. Si attende per domani l’arrivo dello Scià, al quale Zahedi sta preparando accoglienze trionfali
" Ritiene Vostra Maestà che con il nuovo Governo la politica dei petroli subirà modificazioni? ». «Lo escludo — ha detto lo Scià — nel senso che la nazionalizzazione sarà strettamente mantenuta e che non vi saranno modificazioni di sorta ». «Può prevedere Vostra Maestà che possano essere ripresi contatti con la Gran Bretagna a proposito dei petroli dopo la sconfessione politica di Mossadeq?» « Ci tengo a precisare che la politica della nazionalizzazione dei petroli non è stata la politica personale di Mossadeq, bensì la politica nazionale della Persia. Quanto a quelli che lei chiama contatti con la Gran Bretagna le ripeto che per il momento non ce ne interesseremo ». Queste dichiarazioni mi sono state fatte sull’apparecchio noleggiato personalmente dallo Scià per il suo ritorno in Persia. Su di esso il sovrano ha accolto i giornalisti rappresentanti la stampa mondiale in Roma. I quali altrimenti non avrebbero avuto modo di raggiungere la Persia ove vige lo stato marziale e non atterrano perciò aerei di linea. Durante l’intero viaggio — faticosissimo, perché abbiamo dovuto attendere all’aeroporto di Roma vegliando l’intera notte di ieri (siamo partiti alle ore 5.30 del mattino dopo avere aspettato oltre otto ore) — l’aeroplano si è mutato in sala stampa volante. Il sovrano è stato bersagliato dai fotografi, dagli operatori cinematografici e dagli inviati speciali. Nemmeno per un attimo egli si è sottratto alle fatiche che gli infliggeva la stampa di tutto il mondo (meno quella inglese alla quale non è stato consentito di prendere posto a bordo) (dall’intervista dello Scià di Persia a Virgilio Lilli, sul Corriere della Sera).
A Teheran sono riprese a circolare le voci sulla possibilità di un matrimonio tra lo Scià dell’ Iran e la principessa Maria Gabriella di Savoia. La principessa Shams Pahlevi, sorella dello Scià è partita stamane alla volta della Svizzera dove risiede Maria José, madre di Maria GabrielI la. Da fonte ufficiale si dichiara che la principessa Shams si è recata in Svizzera per ragioni di salute. D’altra parte si rileva che è stata la principessa Shams che, a suo tempo, si mise in contatto con le principesse Fawzia e Soraya prima che lo Scià le sposasse. (Ansa-A.P.).
Secondo il Daily Sketch, Maria Gabriella di Savoia sta studiando il Corano per farsi maomettana, sposare lo Scià e diventare regina di Persia. Smentiscono tutti. Il comandante Raimondo Olivieri, segretario dell’ex re Umberto II, ha detto al Daily Mail: «La princicipessa Maria Gabriella non cambierebbe mai la sua religione per sposare chicchessia. E’ una fervente cattolica. A parte la questione della sua fede, essa è pienamente conscia delle sue responsabilità di principessa e si rende conto di quale scandalo provocherebbe, per la Chiesa, una sua conversione ». Quick - settimanale tedesco - scrive che lo Scià, nel corso del suo ultimo viaggio a Roma, avrebbe avuto garanzie da papa Giovanni XXIII sull’eventualità di una dispensa papale al matrimonio e anche che tiene una foto di Maria Gabriella sulla scrivania. « Deus ex machina » dell’idillio, aggiunge, è stata fin da principio la sorella gemella dello Scià, principessa Aschraf, che, notoriamente, è da tempo la sua più stretta e ascoltata consigliera, e non solo negli affari familiari e sentimentali. « È fuori di dubbio — afferma il settimanale — che la principessa Aschraf ha mosso le principali pedine per realizzare quello che è il sogno d’amore del fratello, ma in ciò essa è guidata anche da un ben comprensibile calcolo, in sostanza il seguente: la dinastia Pahlavi è molto giovane (due generazioni), e il matrimonio con Maria Gabriella significherebbe il riconoscimento da parte delle più illustri famiglie regnanti o ex-regnanti d’Europa; non solo. ma i Pahlavi diventerebbero parenti di molte di quelle case regnanti o ex -regnanti ». A proposito delle difficoltà religiose, la rivista afferma che il capo della Chiesa iraniana Imam Djomeh si è dichiarato favorevole a un eventuale matrimonio, anzi avrebbe fatto presente che egli medesimo ha sposato una svizzera; del resto, è risaputo che anche il Primo ministro Eghbal ha sposato una europea — una francese — e che i figlioli, tutti battezzati, vengono allevati in Francia. Perfino i capi di alcune sette hanno approvato il matrimonio. L’unica condizione, posta da tutti, e, pare, già accettata dal Vaticano, è la seguente: che il primogenito rimanga musulmano, mentre tutti gli altri figli dovrebbero essere battezzati.
Lo scià di Persia, malato di cancro, fugge da Teheran. «Alle 13.08 del 17 gennaio 1979 l’aereo imperiale è decollato puntando sull’Egitto. Alle 16, nella capitale in festa, non c’erano più statue dello Scià sui piedistalli. Quando la radio ha dato la notizia della partenza, 30 minuti dopo il decollo, gli automobilisti hanno acceso i fari e hanno cominciato a suonare i clacson. Centinaia di migliaia di persone si salutano con l’indice e il medio tesi, in segno di vittoria, si abbracciano, invocano il ritorno di Khomeini. Lo Scià ha cercato di rispettare il protocollo: prima di lasciare in elicottero la residenza di Niavaran, il suo ”palazzo d’inverno ”, ha salutato i nove membri del Consiglio di reggenza, i cortigiani e persino i cuochi. I pochi giornalisti iraniani ammessi all’aeroporto hanno descritto Reza Pahlavi e Farah Diba pallidi, tesi, vestiti con abiti sobri. Rispettando la tradizione sono passati sotto il Corano, tenuto da un cortigiano, per augurare buon viaggio. Prima di entrare nell’aereo il sovrano avrebbe afferrato il libro sacro e l’avrebbe baciato, trattenendo a stento le lacrime. ”Quanto tempo resterà all’estero?” gli ha chiesto il radiocronista. ”Sono molto stanco. Resterò all’estero fino a quando non mi sarò rimesso ”. Sulla Piazza Pahlavi, mentre la radio trasmette ancora la voce dello Scià, un centinaio di giovani prendono una sua statua, la trascinano con un cavo di ferro per le strade della città, gridando: ”Impicchiamo lo Scià ”. Mezz’ora dopo la statua penzola da un cavalcavia» (Bernardo Valli, La Repubblica del 17/01/1979.)
Lo Scià di Persia Mohammad Reza Pahlavi è a New York, dove deve essere sottoposto ad un trattamento contro il cancro.
27 notizie mostrate (su 27 trovate) per l'anno