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Stuart Mill sostiene che i parlamenti non devono servire a fare le leggi
Nel suo ultimo saggio, Considerations on Representative Government (Considerazioni sul governo rappresentativo), John Stuart Mill sostiene che i parlamenti non devono servire a fare le leggi, ma essere invece il luogo in cui si discutono i problemi piccoli o grandi che emergono all’interno della società: «Their part is to indicate wants, to be an organ for popular demands, and a place of adverse discussions for all opinions relating to public matters, both great and small». Vi sono idee anche relativamente al sistema elettorale, rissunte così dal costituzionalista Michele Ainis: «Il ballottaggio preventivo, il doppio turno in un turno solo. È il sistema del voto alternativo: l’elettore vota per il suo candidato preferito, però al contempo esprime una seconda scelta. Se qualcuno fa il pieno con il primo voto, bene: viene eletto. Altrimenti l’elezione si guadagna sommando primi e secondi voti. Va da sé che il "supplementary vote" penalizza i candidati di bandiera, ma offre in cambio una serie di vantaggi. Perché non affatica gli elettori con una doppia tornata. Perché evita di sprecarne il voto, come succede nel maggioritario puro a chi rimanga in minoranza. E perché consegna ai cittadini il potere di decidere le coalizioni di governo, sottraendolo ai partiti» (L’Espresso 11/10/2013).
Terza edizione de “L’origine delle specie”.
Terza edizione del saggio L’origine delle specie di Darwin. Robert Knox, campione delle teorie razziste (nel 1850 ha scritto: «Race is everything: literature, science, art, in a word, civilization, depend on it»), commenta l’opera così: «leaves the question precisely where it was left by Goethe, Oken, and Geoffroy St. Hilaire».
8 gennaio 1861
Lord Palmerston: testimoni di una rivoluzione
• Lord Palmerston a Southampton, alla posa della prima pietra di uno stabilimento scientifico-letterario, rispondendo ad una frase allusiva del sindaco, dice: «Noi fummo testè testimoni di una rivoluzione, nel vero senso della parola, nel paese accennato dal vostro indirizzo, voglio dire l’Italia. Noi abbiamo avuta la soddisfazione di vedere consolidarsi l’unione dell’Italia, e spero che le popolazioni che vi abitano avranno la loro parte dei benefici che il nostro paese deve alla monarchia costituzionale.» (Comandini)
21 gennaio 1861
Lord John Russel scrive al ministro inglese Hudson
• Lord John Russel con suo dispaccio al ministro inglese Hudson a Torino, riferendosi ai comunicatigli decreti reali del 17 dicembre, coi quali sono annesse allo Stato Italiano le Marche, l’Umbria, le provincie Napoletane e la Sicilia, avverte che il governo britannico non può dare ai plebisciti che un valore formale, senza molta validità; la consistenza del nuovo regno dipenderà dalla riunione il 18 febbraio di tutti i deputati di un Parlamento unico (Comandini)
5 febbraio 1861
Regina Vittoria, Lord Russell e Disraeli sull’Italia
• A Londra la regina Vittoria inaugurando la sessione del Parlamento, dice nel suo discorso: «Avvenimenti di grande importanza accadono in Italia. Pensando che gl’italiani devono essere lasciati liberi di ordinare le cose loro da sè medesimi, io non credo dover esercitare alcun intervento attivo nelle cose stesse. Vi saranno prodotti i documenti relativi a questo soggetto.» Alla Camera dei Comuni, sull’indirizzo, Disraeli dice che l’Italia deve avere Roma e Venezia, ma la Francia con l’Italia per alleata diventa un pericolo per l‘Inghilterra. Lord Russell ha fiducia nella politica dell’Italia. Disraeli critica la politica inglese verso l’Italia, puerile diplomazia che ha suscitato tutti gli elementi dell‘anarchia. Lord John Russell ribadisce la politica del non-intervento, proclamata dal ministro dell‘interno, Cornwall-Levy, e sempre poi riconfermata; dichiara però che il governo inglese mai desiderò l‘Unità d’Italia, volle bensì che gl’italiani fossero lasciati liberi di fare come volevano; pur preferendo che le monarchie italiane fossero due, una a Torino ed una a Napoli (Comandini)
Alla Camera lord Derby critica il dispaccio di lord Russell
• Alla Camera dei lordi lord Derby critica il dispaccio di lord Russell dell’agosto al governo Sardo per dissuaderlo dall’attaccare la Venezia; dubita che la politica di Napoleone III sia nel fondo pacifica. Il conte di Granville, pel gabinetto, risponde che il buon accordo con la Francia recherà grandi vantaggi (Comandini)
6 febbraio 1861
Alla Camera dei Comuni Fitzgerald critica il dispaccio di lord Russell
• A Londra alla Camera dei Comuni Fitzgerald critica vivamente il dispaccio 27 ottobre 60 di lord Russell sulla libertà degl’italiani di sistemarsi a modo loro. Lord Russell dice che quel dispaccio non implicava una teoria generale, ma era inspirato solo in riguardo all’Italia, nazione tanto gloriosa per le sue memorie, tanto illustre pei suoi grandi cittadini. Evoca il malgoverno borbonico e papale, e consiglia a Pio IX la rinuncia al potere temporale (Comandini)
15 febbraio 1861
La cessione di Mentone e Roccabruna
• A Londra alla Camera dei Comuni Cockrane interpella sulla cessione di Mentone e Roccabruna fatta dal principe di Monaco alla Francia; e Grifth sulle idee del governo circa il potere temporale del papa che non pare più necessario nemmeno agl’irlandesi. Lord John Russell risponde che la cessione di Mentone e Roccabruna alla Francia per quattro milioni di franchi non ha importanza; il confine tra Francia e Italia essendo sempre Ventimiglia. Quanto al papato temporale ripete che «il principio a cui il governo britannico ha dato il suo appoggio è che gl’italiani siano lasciati liberi di assestare i loro propri affari come meglio aggrada loro. Se il re di Sardegna e il papa possono intendersi fra loro e venire ad un accomodamento, non crede che il governo della regina vi si immischierà. Quanto ad esprimere alcuna nostra idea circa il potere temporale e spirituale del papa, non stima doversi avventurare su questo argomento.» §Monaco (Comandini)
20 febbraio 1861
Russell invia nota all’incaricato di Francesco II a Londra
• Lord John Russell invia al cav. Di Fortunato, incaricato di Francesco II a Londra, nota per avvertirlo che, essendo Gaeta capitolata, egli non può più essere accreditato presso la Corte inglese come rappresentante del governo del re delle Due Sicilie (Comandini)
26 febbraio 1861
Banchetto agli ufficiali inglesi a Napoli
• A Napoli il segretario della legazione britannico, Craven, dà banchetto agli ufficiali della squadra inglese che partono: vi intervengono Nigra, Bardesono, De Martino (ex-ministro di Francesco II), il conte Arrivabene (Comandini)
1 marzo 1861
Alla Camera dei Lord a Londra si parla dell’unità d’Italia
• Alla Camera dei Lordi a Londra lord Normanby parla contro l’unità italiana, che viene poi difesa da lord Woodhouse. Lord Lenover elogia lo spirito pubblico italiano favorevole all’Inghilterra (Comandini)
4 marzo 1861
Hennesy attacca la politica italofila di John Russell
• Alla Camera dei Comuni il deputato Hennesy attacca la politica italofila di John Russell e la condotta del Piemonte. Layard difende l’Italia e la politica inglese italofila. Bowyer, citato da Layard, inveisce contro i liberali e difende i governi borbonico e pontificio (Comandini)
5 marzo 1861
John Russell alla Camera dei Comuni
• Alla Camera dei Comuni lord John Russell presenta nuovi documenti sugli avvenimenti delle provincie napoletane (Comandini)
6 marzo 1861
Ai Comuni Gladstone fa l’elogio di Vittorio Emanuele
• Ai Comuni il deputato Edwin James pronunzia discorso apologetico della rivoluzione italiana; sir Robert Peel augura che l’Italia sia unita e rigenerata con Roma; Gladstone, cancelliere dello scacchiere, fa l’elogio di Vittorio Emanuele; descrive le iniquità del regime borbonico a Napoli, ed augura il rinnovamento dell’Italia; Maguire vuol far parere prospere le condizioni degli Stati del papa; Arturo Russell rileva dalla discussione che la politica del governo inglese verso l’Italia è stata quale lo spirito pubblico inglese volevala; Roebuck è tutto propenso per l’unità italiana, ma l’Inghilterra non deve volerla vassalla della Francia; lord John Russell dimostra tutti i malanni del governo pontificio, e quanto alla Venezia crede che l’Austria non tarderà a riconoscere la convenienza di cederla all’Italia (Comandini)
Le navi inglesi si ritirano da Messina
• Le navi inglesi ritiransi dal porto di Messina (Comandini)
31 ottobre 1861
I francesi, con inglesi e spagnoli, si preparano ad invadere il Messico
«I governi di Gran Bretagna, Francia e Spagna, sostenuti indirettamente dall’Austria e forse anche dal Vaticano, strinsero un accordo per un intervento militare in Messico (Convenzione di Londra - ndr) adducendo il pretesto della moratoria su alcuni debiti decisa dal governo liberale messicano (vedi 17 luglio - ndr). La forza d’intervento sarebbe sbarcata sulle coste messicane con due obiettivi: recuperare i crediti e istituire un protettorato francese sul Messico. L’intento di Napoleone III, tuttavia, era ancor più ambizioso: si proponeva di formare un impero fondato su un comune retaggio latino e cattolico, che arrestasse e controbilanciasse l’influenza anglo-statunitense sul continente americano. I francesi e i conservatori messicani avrebbero indicato nell’arciduca d’Austria Massimiliano il nuovo imperatore del Messico, provocando così l’abbandono dell’alleanza da parte della Gran Bretagna» (Alicia Hernández Chávez, Storia del Messico, Bompiani 2005).
gennaio 1862
Le flotte francese, inglese e spagnola giungono a Vera Cruz
Reagendo alla decisione di Benito Juárez di non pagare i debiti per due anni (vedi 17/7/1861), le flotte inglese, francese e spagnola approdano a Vera Cruz con intenzioni bellicose.
Lunedì 25 agosto 1941
Invasione sovietica e inglese dell’Iran
• Gli ambasciatori inglesi e sovietici a Teheran presentano un ultimatum al governo iraniano, ingiungendogli di accettare la “protezione” degli Alleati. Quasi contemporaneamente truppe sovietiche e inglesi irrompono nel paese: i sovietici, da nord, puntano direttamente sulla capitale, mentre gli inglesi, provenendo dal Golfo Persico e dall’Iraq, occupano il centro petrolifero di Abadan. Lo scià Reza Pahlevi denuncia l’aggressione. Il gesto degli Alleati ha, tra le altre conseguenze, quella di rafforzare la neutralità della Turchia. [Salmaggi e Pallavisini] (Salmaggi e Pallavisini)
Mercoledì 27 agosto 1941
Formazione di un nuovo governo in Iran
• In Iran, viene formato un nuovo governo che chiede l’armistizio agli Alleati. L’atto, in base al quale gli anglo-sovietici presidieranno i punti strategici del paese a eccezione della capitale, verrà sottoscritto l’indomani. Con questa occupazione gli Alleati hanno inteso premunirsi contro una possibile manovra a tenaglia da parte delle forze dell’Asse attraverso l’Egitto e la Siria. [Salmaggi e Pallavisini] (Salmaggi e Pallavisini)
ottobre 1941
Gli americani prestano un miliardo agli inglesi
Nell’ambito della Legge Affitta e vendi, gli Stati Uniti stanziano un miliardo di aiuti per il Regno Unito
Giovedì 29 gennaio 1942
Trattato di alleanza fra Gran Bretagna, URSS e Iran
• Iran. Gran Bretagna e URSS firmano con l’Iran un trattato di alleanza in base al quale l’Iran si impegna a rimanere neutrale; le truppe inglesi e sovietiche saranno ritirate dal paese sei mesi dopo la fine del conflitto con le potenze dell’Asse. Il “corridoio persiano” diventerà una delle principali vie di rifornimento degli Alleati occidentali all’URSS. [Salmaggi e Pallavisini] (Salmaggi e Pallavisini)
Martedì 4 gennaio 1944
Le pretese di inglesi, americani e russi sull’Afghanistan
Sotto il titolo «Inghilterra, Stati Uniti e Unione sovietica si dividono l’Afganistan» il giornale Duma pubblica la seguente notizia da Istanbul: «Si apprende da fonte autorizzata che l’Inghilterra, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica hanno deciso alla Conferenza di Teheran di dirigere all’Afghanistan una richiesta comune, allo scopo dl ottenere una garanzia dei loro interessi e delle loro concessioni, analogamente a quella conseguita nell’ Iran. Gli Stati Uniti pretenderebbero le concessioni petrolifere nonché i relativi mercati, l’Unione sovietica le restanti materie prime e prodotti, mentre l’Inghilterra esigerebbe la concessione del controllo su tutto il movimento postale e telegrafico dell’Afghanistan. Mentre l’Inghilterra si interessa vivamente ai confini settentrionali dell’India e alla loro sicurezza, pretende in pari tempo il monopolio dl tutte le vie e mezzi di comunicazione dell’Afghanistan. Quale contropartita per queste richieste l’Inghilterra, gli Stati Uniti e l’Unione sovietica si dichiarano disposti a riconoscere l’odierno Governo afgano e a garantirgli piena indipendenza in tutte le questioni inerenti all’esercito, all’economia e alla finanza. «Nel sottoporre queste richieste le tre Nazioni dirameranno una dichiarazione comune circa l’indipendenza dell’Afghanistan analoga a quella dell’Iran, dato che esse intenderebbero metter piede su larga scala nell’Afghanistan nei primi giorni di quest’anno» (dal Corriere della Sera).
Sabato 2 settembre 1944
Termina il programma della Legge Affitti e prestiti
Gli Stati Uniti pongono improvvisamente fine al programma di aiuti previsto dalla Legge Affitti e prestiti (Lend-Lease) varata nel 1941. Un totale di 50,1 miliardi di dollari in materiale fu fornito agli Alleati.•11,3 miliardi all’Unione Sovietica; • 3,2 miliardi alla Francia; • 1,6 miliardi alla Cina. Alla Gran Bretagna fu venduto materiale al 10% del valore, con un interesse del 2% pagabile in 50 anni. Il debito inglese per questo ammontava inizialmente 1.075 milioni di sterline, ridotte poi a 42,5 milioni pagabili entro l’anno 2006. Secondo gli accordi con l’URSS per il Lend-Lease, tutti i sistemi di armamento dovevano essere restituiti agli USA alla fine delle ostilità, oppure distrutti sotto supervisione statunitense. Un gran numero di aeromobili fu così distrutto. Numerosi mezzi navali furono invece restituiti agli Stati Uniti negli ultimi anni quaranta. I rimanenti materiali bellici e i debiti residui del Lend-Lease pesano tuttora sulle relazioni Russo-Americane.
Mercoledì 25 ottobre 1944
Eden in Egitto e poi in Iran a caccia di petrolio
Lasciata Mosca, il ministro britannico degli Esteri Eden ha fatto una sosta al Cairo dove ha avuto colloqui con re Faruk, con il nuovo Presidente del Consiglio egiziano e ministro degli Esteri, nonché con il residente britannico del Medio Oriente, Lord Moyne. L’agenzia britannica di informazioni aggiunge che il Ministro degli Esteri inglese ha discusso con le personalità egiziane questioni inerenti alle relazioni anglo-egiziane. Ahmed Maher Pascià avrebbe di nuovo assicurato che l’Egitto si assumerà la parte che spetta a questo Paese nella lotta contro il Giappone. Si apprende che Eden si recherà prossimamente a Teheran, per convincere il Governo dell’ Iran a concedere alla Russia un più ampio sfruttamento delle sorgenti petrolifere, finora sotto il controllo britannico.
Martedì 30 gennaio 1945
Churchill obbliga re Pietro di Jugoslavia ad accettare le condizioni di Tito e di Subasic
Cedendo alle pressioni britanniche, re Pietro di Jugoslavia ha finito col piegarsi alle esigenze di Tito, che sono poi quelle di Mosca. La Reuter informa infatti che il Primo ministro del Governo Jugoslavo a Londra, Subasic, ha presentato a re Pietro le dimissioni del suo Gabinetto. Il re le ha accettate ma nello stesso tempo ha incaricato lo stesso Subasic di comporre il nuovo Governo. L’agenzia inglese aggiunge che il sovrano si è finalmente rassegnato a firmare una dichiarazione nella quale trasmette i suoi poteri a una reggenza fino a che l’Assemblea costituente jugoslava avrà deciso sulla forma di Governo che verrà data allo Stato. Il corrispondente diplomatico della Reuter esprime la sua soddisfazione per la soluzione « realistica » della crisi Jugoslava e perché l’accordo Tito-Subasic entra in vigore, finalmente, col consenso di re Pietro. Tanto per salvare la faccia, re Pietro, mentre ha dovuto accettare la reggenza e confermare la sua fiducia a Subasic, si è riservato la facoltà puramente formale di scegliere i membri del Consiglio di Reggenza. Subasic ha costituito oggi stesso il nuovo Governo nel quale figurano, salvo un paio di eccezioni, gli stessi nomi del precedente e che si è immediatamente riunito. Tutti i suoi membri, con alla testa il Primo ministro, partiranno per Belgrado appena avranno a disposizione i necessari mezzi.
Venerdì 20 luglio 1945
Siria e Iran chiedono il ritiro delle truppe inglesi e russe
Secondo circoli londinesi bene informati le truppe britanniche e sovietiche non evacueranno l’ Iran. Nessuna decisione è stata presa circa il ritiro delle truppe richiesto dal Governo iraniano, né si ritiene che la questione venga discussa a Potsdam, dato che gli Stati Uniti sono estranei al fatto avendo già ritirato le loro truppe. Notizie da Damasco informano che il Primo ministro siriano, Fayez el Khoury ha dichiarato oggi a un corrispondente che fino a quando truppe straniere rimarranno in Siria e nel Libano per scopi che non siano quelli del proseguimento della guerra in Estremo Oriente esse costituiranno una minaccia per i due Paesi. Il ministro ha aggiunto di sperare che le truppe straniere, ad eccezione di quelle necessarie per la guerra nel Pacifico, saranno ritirate entro la fine dell’estate.
Lunedì 26 novembre 1945
Gli Stati Uniti propongono a russi e inglesi di andarsene dall’Iran
WASHINGTON - Gli Stati Uniti, in una nota rimessa oggi all’Unione Sovietica, hanno suggerito a questa di ritirare dall’ Iran le sue truppe, per permettere al Governo iranico di sedare la rivolta scoppiata nelle legioni settentrionali. La nota propone che gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, in maniera analoga, ritirino le proprie truppe. Il Governo americano chic de inoltre che al Governo del l’ Iran sia data piena libertà, senza interferenze di autorità militari o civili russe, inglesi od americane, di spostare attraverso il Paese le proprie forze armate, per la conservazione della propria autorità. Nella nota si prospetta la possibilità che i comandanti delle truppe sovietiche nell’ Iran intralcino, senza autorizzazione da parte del loro Governo, i movimenti delle forze iraniche e si richiede che in tal caso il Governo di Mosca dirami istruzioni conformi alle dichiarazioni di Teheran. La stessa nota è stata rivolta anche al Governo di Londra, in quanto reparti sparsi di truppe inglesi si trovano ancora nell’ Iran. Il documento infine constata che l’Iran ha informato gli Stati Uniti della situazione verificatasi in seguito al divieto opposto dalle truppe sovietiche all’ingresso di quelle iraniche nella zona settentrionale per soffocare l’insurrezione. Si apprende anche da Londra che l’ambasciatore britannico a Mosca, Clark Kerr, ha richiamato l’attenzione del commissario sovietico agli Esteri, Molotov, sui recenti disordini in Persia, in relazione al trattato anglo-sovietico che riguarda l’Iran. È stato comunicato a Londra che il passo di Kerr ha avuto luogo dietro istruzioni del Governo britannico.
Sabato 15 dicembre 1945
Gli inglesi non lasceranno l’Iran fino a che non faranno altrettanto i russi
II Ministero degli Esteri degli Stati Uniti ha reso noto, ieri, il testo della nota ricevuta dal Foreign Office in cui il Governo britannico dichiara di condividere il punto di vista degli Stati Uniti, secondo cui la Persia dovrebbe poter usare le sue forze dovunque e in qualunque maniera sia necessario per mantenere l’autorità e la sicurezza dello Stato, ma contrariamente alle proposte americane conferma che le truppe britanniche non possono essere ritirate senza un’analoga decisione sovietica. La nota ricorda che il ministro degli Esteri britannico Bevin propose, alle riunioni dei cinque ministri degli Esteri a Londra, che la Gran Bretagna e l’Unione Sovietica decidessero, di comune accordo, di ritirare per la metà di dicembre le rispettive forze dall’ Iran. La Gran Bretagna si è uniformata agli accordi suggeriti nella sua proposta al Governo sovietico e fatta eccezione per piccoli reparti amministrativi, le truppe britanniche che tuttora sono in Persia sono «state ritirate verso sud con la maggior celerità possibile e sono state concentrate nell’estrema parte sudoccidentale del Paese. Dopo aver dichiarato che il punto di vista britannico era che le truppe alleate dovessero stazionare in Persia soltanto per necessità belliche. la nota continua: «Perciò, dopo aver ricevuto la proposta degli Stati Uniti, secondo cui le truppe alleate avrebbero dovuto essere ritirate dalla Persia il 1° gennaio 1946, la Gran Bretagna, considerandola una questione urgente, ha subito preso in esame le possibilità pratiche del ritiro delle sue forze per quella data; avendo però il Governo sovietico reso noto agli Stati Uniti di non essere disposto ad accedere alla proposta di Washington, le autorità militari britanniche non hanno proseguito lo studio dei particolari per il ritiro. Per il primo gennaio 1946 è detto testualmente che «l’adempimento delle assicurazioni contenute nella dichiarazione di Teheran del dicembre 1943 esige che il Governo dell’Iran abbia piena libertà di spostare le sue forze armate in qualsiasi modo esso ritenga necessarlo per preservare la propria autorità e mantenere la sicurezza».
1946
Gli inglesi annunciano: «Non ci ritireremo dall’Iran finché ci rimarranno i sovietici»
Un portavoce ufficiale del Foreign Office ha dichiarato oggi che fintanto che le truppe sovietiche non verranno ritirate dal territorio persiano non si potrà, da parte britannica, prendere in considerazione l’eventualità di una internazionalizzazione dei campi petroliferi dell’ Iran. In merito alla proposta dì sottoporre i piani per una internazionalizzazione dei giacimenti di petrolio persiani al Consiglio dj sicurezza dell’O.N.U., il funzionario del Ministero degli Esteri britannico ha aggiunto: « La discussione della proposta favorevole a un controllo internazionale dei campi petroliferi iranici, non può aver luogo in un momento nel qua-j le le truppe sovietiche con la j loro permanenza in territorio! persiano violano apertamente le clausole del trattato anglosovietico-americano». «La chiave di tutto il problema — ha aggiunto il portavoce del Foreign Office — sta appunto in questo mancato rispetto, da parte sovietica, dei termini dell’accordo: se l’intera questione persiana verrà portata dinanzi al Consiglio di sicurezza dell’O.N.U., è proprio da tale punto di vista che una soluzione andrà ricercata da tutte le parti interessate ». Il funzionario britannico ha proseguito affermando che in base alla legge iranica non si potrà procedere in Persia all’istituzione di una nuova legislatura (Majlis), fintanto che truppe straniere rimarranno nel territorio nazionale. La precisazione del Foreign Office britannico ha la sua importanza, dal momento che finche non sarà formato il nuovo Majlis, non potrà venire votata la legge relativa alla concessione di campi petroliferi. Ciò significa che il Gabinetto britannico fonderà su ampie giustificazioni il proprio rifiuto a discutere la proposta per un’ internazionalizzazione dei giacimenti di petrolio persiani.
Sabato 2 marzo 1946
Sgombero inglese dall’Iran
In Iran gli esigui reparti militari britannici che ancora si trovano in quel territorio lasceranno il Paese, secondo quanto apprende la United Press da fonti ufficiali del Foreign Office, entro oggi. I militari britannici, che occupano attualmente alcune località dell’ Iran meridionale, passeranno nell’Irak dove resteranno in attesa di smobilitazione. Il Governo di Londra non ha ricevuto da Mosca alcuna dichiarazione ufficiale in merito all’intenzione del Cremlino di non rispettare l’accordo anglorusso-americano che fissava per il 2 marzo lo sgombero di tutte le truppe alleate d’occupazione dal’ territorio persiano.
Martedì 16 luglio 1946
L’accordo tra Urss e Afghanistan
A proposito dell’accordo tra Urss e Afghanistan dello scorso giugno, leggi qui un articolo del Corriere della Sera
Lunedì 2 agosto 1948
Il declino dell’impero britannico
«Oggi, dovunque la potenza inglese cede o minaccia di franare, tocca alla potenza americana accorrere a puntellarla o a sostituirsi ad essa. E se non lo fa, un’altra potenza si affretta a colmare il vuoto: e questa è una potenza ostile. Disse Lionel Gerber nel suo libro Peace by Power: “La potenza non scompare mai; e se tu non vuoi averla o esercitarla altri vorrà. Tu puoi subire gli effetti della potenza come un soggetto passivo, o puoi esercitarla come agente attivo. Ma non si sfugge. Non c’è immunità”. Cosi sta accadendo in Asia. Ivi la potenza inglese è in ritirata su tutto il fronte, e ad ogni passo indietro che essa ha fatto, gli Americani hanno applaudito con entusiasmo. E non capivano che, per ogni passo indietro che faceva la potenza inglese, la potenza sovietica ne avrebbe fatto uno avanti» (Augusto Guerriero sul Corriere della Sera).
Venerdì 3 settembre 1948
L’Iran, il petrolio e le tre potenze che se lo vogliono prendere
«Grande quanto mezza Europa continentale – eccettuata la Russia – segnata di deserti salati, di montagne da favola pietrose e brulle, con una popolazione di quindici milioni di abitanti di cui il novanta per cento muore pressoché di fame, la Persia è uno dei Paesi più ricchi del mondo. Secondo i geologi contiene la maggior riserva di petrolio esistente sulla terra. Il pozzo n. 22 dell’Anglo Iranian Oil Company nel campo petroliero di Haft Kehl è forse il pozzo più produttivo del mondo, raggiungendo un totale di produzione annua di circa diecimila tonnellate. Lo stesso campo dì Haft Kehl è il secondo giacimento petrolifero del mondo con una produzione complessiva di nove milioni di tonnellate annue ricavate da 24 pozzi, mentre il primo del mondo, l’East Texas Field. produce 17 milioni di tonnellate annue ma da ben ventiquattromila pozzi. Il petrolio sale dal grembo di quella terra silenzioso, caldo, sospinto dalla forte pressione del gas senza che occorra nemmeno pomparlo...»Leggi qui l’articolo di Clara Falcone
Giovedì 8 marzo 1951
C’è la questione del rinnovo della concessione all’Anglo Iranian dietro l’assassinio del primo ministro persiano Ali Razmara
«[a proposito dell’attentato che è costato la vita al premier iraniano Ali Ramzara] da quanto sembra i sovietici hanno favorito i sentimenti nazionalisti dei musulmani dell’Iran contro gli interessi inglesi nelle industrie petrolifere persiane, con quelle promesse sulla cui natura non è necessario pronunciarsi. Il Senato persiano deve decidere sulla nazionalizzazione delle industrie petrolifere già votata dal Parlamento. Il Governo britannico inviò nei giorni scorsi una nota al Governo di Teheran per far presente la illegalità del provvedimento e per consigliare un accordo con la Anglo Iranian Oil Co. In attesa degli eventi Londra ha deciso di non fare più pressioni sull’Iran prima di aver esaminato il rapporto dell’ambasciatore britannico a Teheran. Il Gabinetto inglese tuttavia segue con ansiosa attenzione la situazione persiana sovrattutto per le ripercussioni che essa può avere nel Medio Oriente e specialmente nell’Iraq dove si sta sviluppando un vivo malcontento per la « ingerenza » britannica nelle industrie del petrolio di quel Paese» (Corriere d’Informazione)
Lunedì 30 aprile 1951
Viva preoccupazione a Londra per il petrolio iraniano
Questa mattina, con carattere di grande urgenza, il Gabinetto britannico si riunisce per esaminare la decisione presa dal Parlamento di Teheran di dar corso immediatamente alla nazionalizzazione delle industrie petrolifere britanniche nell’ Iran. Nel pomeriggio di oggi il ministro degli Esteri Morrison farà delle dichiarazioni in proposito alla Camera dei Comuni. A Londra la situazione è giudicata molto seria ed è fonte di gravi preoccupazioni soprattutto di carattere internazionale. Infatti, se il Governo inglese dovesse decidere di sbarcare delle truppe nel porto di Abadan per proteggere la vita dei cittadini britannici e le proprietà della Anglo-Iranian Oil Company, le truppe sovietiche potrebbero invadere la provincia dell’Azerbaijan persiano, secondo le informazioni fornite all’ambasciatore inglese a Teheran dall’ex-Primo ministro iranico Hussein Ala dimessosi venerdì scorso. Le concessioni dell’Anglo-Iranian avrebbero dovuto scadere il 31 dicembre dei 1993. Il Daily Telegraph rileva stamane, in un suo editoriale, la gravità dell’improvvisa votazione della legge sulla nazionalizzazione delle industrie petrolifere iraniane. «La Persia non ha né la capacità tecnica né le risorse finanziarie per sfruttare la ricchezza del suo sottosuolo. Ogni suo tentativo di far funzionare le industrie petrolifere della Anglo-Iranian, senza la collaborazione straniera, significherebbe rovinare gli impianti già esistenti e distruggere le basi sulle quali si regge la intera economia del Paese » Il giornale, dopo aver sottolineato il pericolo non solo per la Gran Bretagna, ma anche per altre Nazioni del mondo libero se dovesse venir meno il petrolio dell’ Iran, aggiunge: «Solo il comunismo, i cui agitatori hanno diretto, prima nascostamente e poi apertamente, la campagna antibritannica per la nazionalizzazione delle industrie petrolifere persiane, può essere avvantaggiato dal collasso della economia dell’ Iran e dal divieto che il petrolio persiano arrivi nei Paesi dell’Occidente. Il Governo britannico sarebbe pienamente giustificato, anche se dovesse difendere con le misure più drastiche i suoi diritti, ma ciò potrebbe causare l’intervento dell’Unione Sovietica ».
Mercoledì 20 giugno 1951
Requisita e occupata l’Anglo Iranian
II portavoce ufficiale persiano ha annunciato alle 15 (ora locale) che il Governo di Teheran ha ordinato la requisizione e l’occupazione totale di tutte le installazioni petrolifere della Anglo-Iranian Company. Ciò è stato deciso durante una riunione straordinaria di Gabinetto, durata sei ore, presieduta da Mossadeq, e tenuta nella camera da letto del Premier, oggi febbricitante. Il Gabinetto persiano ha inoltre nominato i suoi rappresentanti incaricati di prendere in consegna le installazioni e gli uffici vendite dell’AIOC. L’ufficio informazioni della Compagnia potrà venire chiuso immediatamente e, in base all’ordine governativo il nome della compagnia stessa dovrà venire cambiato in quello di Compagnia nazionale dei petroli iraniani. I profitti della Compagnia dovranno venire depositati in un conto bancario al nome della Compagnia nazionale. D’ora innanzi, in seguito a tali decisioni, ogni ordine dell’ufficio dei direttori della Anglo-Iranian Oil Company o del direttore centrale non saranno validi se non saranno controfirmati dal consiglio provvisorio d’amministrazione della Compagnia petrolifera nazionale dell’ Iran. Da Abadan giunge intanto notizia che stamane migliaia di lavoratori persiani hanno inscenato una vibrante manifestazione quando il vice-Primo ministro, Makki, ha alzato la bandiera dell’ Iran sulla sede della Anglo-Iranian Oil Company. Makki ha dichiarato che alzare la bandiera iraniana significava l’avvenuto inizio della gestione degli impianti della Compagnia da parte della Persia. I lavoratori si sono poi allontanati quando li ministro li ha invitati a ritornare al lavoro. Makki ha poi dichiarato che il Consiglio provvisorio di amministrazione sta attendendo di minuto in minuto ordini dalla capitale. La produzione per ora continua normalmente. Frattanto l’ambasciatore inglese ha dichiarato di essere ancora in attesa di istruzioni da Londra. Sir Francis Shepherd ha inoltre reso noto d’aver comunicato al console generale a Khorran Shahr, dove si trova la sede centrale della Anglo-Iranian Oil Company, di avvisare le mogli e i bambini dei dipendenti inglesi della Compagnia di essere prudenti e di partire appena possibile. Al massimo dovrebbero rimanere colà 100 dipendenti britannici.
Domenica 8 luglio 1951
In Iran gli inglesi si rifiutano di lavorare, dimezzata la produzione di petrolio
Le autorità persiane hanno ingiunto stamane al personale britannico della Anglo Iranian Oil Company di restare in servizio per un mese almeno, a partire dal 27 giugno. Ciò allo scopo di impedire l’interruzione della produzione nei campi petroliferi. Giova tener presente che, in una lettera in data 27 giugno, indirizzata alle autorità iraniane da un comitato rappresentante tutte le sezioni del personale inglese, si dichiarava esplicitamente che non si voleva né si poteva lavorare per conto della Compagnia nazionalizzata. Nella risposta persiana si accusano ora i britannici di aver preso l’iniziativa di dimettersi, e si ricorda che «qualsiasi arresto o riduzione della produzione nelle raffinerie e qualsiasi perdita o danno subito dalla Persia o da altri Paesi liberi del mondo, consumatori del petrolio iraniano, ricadrebbero interamente sui dipendenti dell’AIOC». Le raffinerie di Abadan hanno tuttavia iniziato stamane a lavorare al 50 per cento delle loro capacità produttive. L’ordine di ridurre della metà l’attività produttiva è stato dato ieri dal direttore delle raffinerie, Kenneth Ross, allo scopo di mantenere in funzione gli impianti il più a lungo possibile. Tuttavia anche così fra venti giorni i serbatoi saranno pieni e tutto dovrà fermarsi, se nel frattempo non si sarà verificato qualche fatto nuovo. La riduzione porterà la produzione da 15 milioni e 100 mila galloni di petrolio grezzo al giorno a otto milioni e 300 mila. Le autorità persiane hanno infine interrotto oggi il flusso del petrolio nel solo oleodotto che unisce Abadan con la provincia di Bassora nell’Irak.
Martedì 1 gennaio 1952
Ribelli all’opera in Egitto. Non vogliono gli inglesi sul Canale di Suez
Guerriglieri egiziani si ribellano al regime di Faruk, che tollera ancora la presenza degli inglesi sul Canale di Suez. Scontri a fuoco sono avvenuti nella notte a Ismailia. Concentrati al riparo di due moschee, i guerriglieri hanno aperto il fuoco contro le forze britanniche di servizio sul ponte « Ymca » e sul ponte Suez, alla periferia della città. Nelle vicinanze di Suez s’è invece verificata un’incursione di commandos guerriglieri, durata sette ore dalle 21 di ieri alle 4 di stamane contro gli acquartieramenti inglesi e le installazioni militari. Questi scontri mirano a spingere il Governo a uscire dal temporeggiamento sul quale aveva ripiegato alcuni giorni or sono per non complicare la già confusa situazione creatasi in Egitto dopo la manifesta intenzione di Faruk di appianare nel migliore dei modi le divergenze con Londra. A riaccendere l’intransigenza del Governo ha, comunque, provveduto ieri stesso il gen. Brian Robertson, ribadendo la decisione britannica di mantenere le posizioni nella zona del Canale. Il Primo ministro Nahas Pascià non aspettava forse occasione migliore per schierarsi ancora una volta apertamente con l’estrema nazionalista e infatti ha reagito rincarando la dose di accuse di «brutale aggressione» e di «barbaro terrorismo» a carico degli Inglesi. Il leader wafdista ha colto inoltre l’occasione per tirare dalla sua parte re Faruk, affermando che «le minacce imperialistiche di Londra non ostacoleranno i nostri sforzi verso la realizzazione del nostro obiettivo di una completa e immediata evacuazione britannica e dell’unione col Sudan sotto la corona egiziana». Nahas, facendo sua una espressione usata ieri da Robertson, ha ripetuto che l’Egitto «affronterà la forza con la forza» e ha aggiunto che il suo Governo non discuterà il recente invito a partecipare al patto del Medio Oriente o ad altre proposte finchè un solo Inglese armato rimarrà in Egitto.
Giovedì 16 ottobre 1952
Teheran rompe le relazioni diplomatiche con Londra
Il Primo ministro Mossadeq si è rivolto oggi per radio al popolo persiano, annunciando che il suo Governo «è purtroppo costretto a rompere le relazioni diplomatiche con l’Inghilterra». Il messaggio dice che la ragione del passo va ricercata nel fatto che « il Governo britannico ha finora impedito che venisse raggiunto un accordo sulla vertenza del petrolio ». Mossadeq ha tuttavia lasciato comprendere che la rottura delle relazioni diplomatiche potrebbe non essere permanente. Essa non significa del pari la rottura dei legami di amicizia tra le due Nazioni, perché l’ Iran ha sempre considerato con rispetto la Nazione britannica e spera che le autorità di quel Governo daranno altresì maggiore attenzione alla realtà della situazione mondiale attuale.
Giovedì 30 ottobre 1952
Accordo sul Sudan tra Neguib e El Mahdi
Accordo tra il premier egiziano Neguib e il leader indipendentista sudanese El Mahdi, più o meno apertamente creatura inglese, giunto al Cairo dalla Gran Bretagna con istruzioni chiare: non rinviare in nessun caso all’anno prossimo l’autonomia sudanese. Il testo dell’accordo è stato pubblicato dal giornale Al Misri. L’accordo, secondo il giornale, contempla il riconoscimento del diritto dei Sudanesi a decidere del loro futuro in piena libertà, la realizzazione di un autogoverno quale condizione indispensabile per decidere sull’avvenire del Paese, la revisione della Costituzione per impedire nel frattempo eventuali interferenze dell’attuale governatore britannico, e lo sgombero delle truppe di presidio condominiale britanniche ed egiziane. Le elezioni per un’Assemblea costituente dovrebbero svolgersi entro la fine dell’anno, il plebiscito sull’unione con l’Egitto o sull’indipendenza in data da stabilirsi. Si trascina intanto la polemica con l’ex-re Faruk. Circoli governativi hanno affermato oggi che le frodi fiscali attribuite all’ex-sovrano potranno essere coperte solo in parte dai beni reali posti sotto sequestro. Tali beni saranno messi all’asta, meno quelli di importanza storica. Offerte, inoltre, sono già pervenute da varie Nazioni per l’acquisto delle collezioni filatelica e numismatica di Faruk. (da un articolo di Virgilio Lilli).
Giovedì 18 dicembre 1952
Minacce all’Inghilterra del tenente colonnello Nasser, numero due del regime egiziano
Una minaccia di guerra è stata diretta agli Inglesi da uno dei principali ministri del generale Neguib, il tenente colonnello Nasser, che alcuni chiamano « l’uomo numero due dell’ Egitto ». Le dichiarazioni del colonnello Nasser fatte a un giornale americano, e ripubblicate al Cairo, sono redatte nel tono bellicoso e intransigente che è caratteristico dei nazionalisti e specialmente dei nazionalisti orientall. Londra non si è scossa molto a questo ostile squillo di tromba, ma è raro che Londra si scuota. Il colonnello Nasser dice che se gli Inglesi non lasceranno la zona del Canale i capi del colpo di Stato militare agiranno; si dimetteranno dal Governo per condurre la guerriglia contro le forze che occupano Suez. "Non sarà una vera guerra. Sarà una guerra di "commandos ", una guerriglia. Bombe a mano saranno lanciate nell’oscurità, i soldati inglesi saranno uccisi nelle strade ... Se il peggio dovesse venire, la storia della nostra lotta sarà molto simile a quella di Sansone nel Vecchio Testamento. Faremo cadere il tempio sul nostro capo per distruggere i nemici che stanno in mezzo a noi». Queste parole non devono essere prese molto alla lettera: c’è una retorica rivoluzionaria quasi obbligata per i dirigenti di certi Paesi. Ma sarebbe un errore prenderle alla leggera. La verità è che i negoziati fra Neguib e l’ambasciatore britannico al Cairo sul Sudan non fanno progressi. L’Egitto ha accettato il piano per l’indipendenza del Sudan, abilmente manovrando gli Inglesi, che di quella indipendenza si erano fatti campioni quando il Governo del Cairo domandava l’annessione del Paese alla corona di Faruk. Le difficoltà che restano da risolvere riguardano le tre Provincie meridionali sudanesi per le quali i britannici chiedono particolari garanzie (sono abitate da tribù arretratissime), e i poteri del Governatore nel periodo del trapasso. Una definitiva approvazione del progetto di indipendenza per il Sudan e la premessa di un accordo con gli occidentali per la difesa dell’Egitto è lo sgombero del Canale di Suez. Si capisce perciò la ragione dell’intervista di Nasser. Essa significa: se gli Inglesi esitano ancora a concludere le trattative impegnate per il Sudan, rimandando con questo pretesto le conversazioni sulla difesa di Suez e sul loro ritiro dalla zona occupata, noi faremo la guerriglia.
Sabato 5 dicembre 1953
Ripresa delle relazioni diplomatiche tra Regno Unito e Iran
I Governi di Londra e di Teheran hanno annunciato contemporaneamente la ripresa dei reciproci rapporti diplomatici. Ecco il testo: « Il Governo di S.M. e il Governo persiano hanno deciso di riprendere le relazioni diplomatiche e di procedere senza indugio allo scambio di ambasciatori. Perciò essi procederanno di comune accordo, al più presto possibile, a negoziare una sistemazione della vertenza sul petrolio che ha recentemente turbato le loro relazioni, e consacreranno così la ripresa della loro tradizionale amicizia. Hanno fiducia che, grazie alla reciproca buona volontà, possa essere trovata una soluzione che tenga conto delle aspirazioni nazionali del popolo persiano concercenti le risorse naturali del suo Paese, e che salvaguardi inoltre, sulla base della giustizia e dell’equità, l’onore e gli interessi delle due partì. Si spera così che un contributo reale possa essere apportato al benessere dei due popoli alla causa della pace e alla cooperazione internazionale ». Annunciando la ripresa delle relazioni fra i due Paesi un portavoce del Foreign Office ha fatto stamane la seguente dichiarazione: « Il Governo di S. M. accoglie con piacere questo avvenimento. Esso segna la fine di una triste interruzione nella lunga e tradizionale amicizia anglo-persiana. Questo dovrebbe facilitare le trattative per un regolamento sul petrolio, accettabile da ambedue le parti, regolamento che è di una importanza essenziale per l’economia della Persia e per il benessere del suo popolo». Come si ricorderà le relazioni fra i due Paesi erano state interrotte il 22 ottobre 1952.
Kasciani proclama una giornata di lutto nazionale
Il potente capo religioso dell’Iran, l’ayatollah Kasciani, ha dichiarato « giornata di lutto » quella di oggi, dopo l’annuncio della ripresa delle relazioni diplomatiche con la Gran Bretagna, affermando che gli Stati Uniti hanno forzato la decisione di Teheran
Lunedì 21 dicembre 1953
Giunto a Teheran Denis Wright, incaricato d’affari inglese
Il nuovo incaricato d’Affari inglese nell’Iran, Denis Wright, che è il primo diplomatico britannico che rientra in Persia dopo l’interruzione dei rapporti diplomatici avvenuta nell’ottobre del ’52, è giunto oggi all’aeroporto di Teheran. Appena disceso dall’aereo, egli ha proseguito per l’Ambasciata inglese, I lungo un percorso su cui erano sfilate unità dell’esercito per prevenire possibili dimostrazioni anti-inglesi. Con Wright sono giunti un primo segretario, tre secondi segretari e undici altri membri del personale della Legazione. All’aeroporto, il gruppo britannico è stato ricevuto dal ministro svizzero a Teheran, che ha sinora tutelato gliaffari relativi a persone o beni britannici in Persia. L" arrivo dei rappresentanti inglesi fa seguito all’annuncio* del 5 dicembre con cui il Primo ministro Fazlollah Zahedi dava notizia della ripresa dei rapporti diplomatici tra Persia e’ Inghilterra. Un portavoce inglese ha dichiarato di confidare che la ripresa dei rapporti diplomatici favorirà i possibili negoziati per la sistemazione della vertenza dèi petrolio tra Iran ed Inghilterra.
Martedì 26 gennaio 1954
Torna a sventolare a Londra la bandiera persiana
All’Ambasciata persiana di Londra è tornata a sventolare la bandiera. E la issa al balcone il nuovo ambasciatore, Amir Khosrow Afshar, primo rappresentante dell’ Iran nella capitale inglese dopo la sospensione dei rapporti diplomatici anglo-persiani avvenuta nell’ottobre del 1952.
Martedì 27 luglio 1954
Accordo raggiunto tra Head e Nasser: gli inglesi se ne andranno da Suez
Il Cairo - Dopo settant’anni le truppe briitanniche lasceranno l’Egitto in forza dell’accordo che è stato siglato questa sera fra la delegazione britannica capeggiata dal ministro inglese della Guerra Anthony Head, inviato al Cairo con poteri speciali, e quella egiziana guidata dal Primo ministro colonnello Gamal Abdel Nasser. Le lunghissime trattative, che erano state più volte interrotte e riprese, sono giunte ad un esito positivo sulla base dei seguenti punti principali: sgombero delle forze britanniche’ dalla zona del Canale di Suez entro venti mesi; riattivazione della base nella eventualità di un attacco contro alcuno degli Stati arabi o contro la Turchia; durata dell’accordo, sette anni, manutenzione della base del Canale di Suez affidata ad una impresa britannica. Il Primo ministro egiziano Nasser, annunciando stasera che tutte queste difficoltà erano state risolte, ha dichiarato che la conclusione dell’accordo inaugura una nuova era nelle relazioni anglo-egiziane; un’era di amichevoli rapporti, basati sulla cooperazione non solo fra l’Egitto e la Gran Bretagna ma anche con gli altri Paesi occidentali. La sua dichiarazione secondo cui la firma segna una svolta nella storia egiziana non è esagerata se si pensa che dal 1882 tutta la storia del Paese si trova strettamente legata a quella della Gran Bretagna e alla presenza delle truppe inglesi sul suo suolo. Originariamente la Gran Bretagna insisteva perché la base potesse essere riattivata in caso di un attacco non ai soli Stati della Lega araba, come chiesto dall’Egitto, ma anche di attacchi alla Turchia o alla Persia. L’Egittp ha ora consentito a includere nel numero di tali Stati la Turchia, e la Gran Bretagna ha rinunciato a includervi la Persia. Le truppe attualmente stazionanti nella base sono settantatremila: il valore delle installazioni è enorme.
Martedì 19 ottobre 1954
Gli inglesi lasceranno Suez entro venti mesi
Il Cairo - Questa sera al Cairo è stato firmato il trattato anglo-egiziano, il quale dispone il ritiro delle Forze armate britanniche dalla zona del Canale di Suez entro venti mesi. Hanno firmato per la Gran Bretagna l’ex - sottosegretario agli Esteri ed attualmente ministro senza portafoglio Anthony Nutting, e per l’Egitto il Primo ministro Gamal Abdel Nasser. La cerimonia è avvenuta nell’aula faraonica del Parlamento. La firma è avvenuta a dodici settimane di distanza dal raggiungimento di un accordo in linea di massima. Tale accordo, come è noto, riconosce il diritto della Gran Bretagna di ritornare di nuovo e militarmente nella zona del Canale qualora, entro un periodo di sette anni, una Potenza straniera attaccasse la Turchia o qualche Stato arabo. Le Forze armate britanniche che si trovano attualmente nella zona del Canale ammontano complessivamente a 80 mila uomini.
Sabato 5 marzo 1955
L’America vorrebbe che anche l’Iran aderisse al Patto di Baghdad
La conclusione del patto di alleanza turco-irakeno ha irritato il Governo del Cairo nella stessa misura che ha soddisfatto i Governi di Washington e Londra. Si dice che l’America abbia gradito un suggerimento fatto dal Governo di Bagdad (Iraq), un indiretto invito a Washington e a Londra per aderire al patto turco-irakeno. La prospettiva di un’adesione americana vera e propria non è molto gradita in questo particolare momento perché il Senato di Washington non desidera ampliare gli impegni degli Stati Uniti. Ma l’Inghilterra invece potrebbe aderirvi, sia per sostituire in tal modo il patto anglo-irakeno che sta per scadere, e dal quale deriva il suo diritto agli aerodromi di Mesopotamia, sia per fare una amichevole affermazione di prestigio in concorrenza con l’America. Diciamo cosi perché i due Paesi anglosassoni, pur operando d’accordo di fronte al pericolo comune, sono sempre animati da spirito di emulazione fra loro. L’America, a quel che sembra, vorrebbe spingere anche la Persia a unirsi coi turchi, gli irakeni e gli eventuali nuovi associati del gruppo. Ma la Persia ha proprio ora ottenuto dalla Russia una lieve rettifica di frontiera ed esita a stuzzicare il potente vicino. Prima di aderire, il Governo di Teheran chiederebbe di essere messo in grado di equipaggiare il proprio esercito almeno allo stesso modo di quello turco. (Corriere della Sera)
Mercoledì 30 marzo 1955
Il Regno Unito aderisce al Patto di Baghdad
Il ministro degli Esteri Sir Anthony Eden ha annunciato ai Comuni che l’Inghilterra ha aderito al patto turco-iracheno. «Devo informare la Camera — ha detto Eden — che il Governo di Sua Maestà ha deciso di aderire al patto di mutua cooperazione tra l’Iraq e la Turchia, firmato a Bagdad il 24 febbraio. Nello stesso tempo noi ci proponiamo di concludere con il Governo dell’Iraq uno speciale accordo di sicurezza comune. I testi di questi documenti sono già stati concordati con il Governo iracheno e sono stati siglati a Bagdad questa mattina. Essi saranno pubblicati in un ’Libro bianco ’. Secondo fonti autorevoli, gli Stati Uniti dovrebbero a loro volta aderire al patto entro breve tempo. Prima però dovrebbe dare la propria adesione al patto il Pakistan e si ritiene possibile che anche l’Iran vi aderisca in un secondo momento. (Corriere della Sera)
Giovedì 29 settembre 1955
Protesta inglese per le armi cecoslovacche all’Egitto
LONDRA - Il governo britannico ha ordinato all’ambasciatore al Cairo di esprimere al colonnello Nasser il proprio allarme per l’accettazione, da parte dell’Egitto, delle forniture d’armi cecoslovacca e sovietica. La decisione di fornire armi all’Egitto, che rimane in stato di guerra con Israele ed è irritato per l’accordo militare turco-anglo-iracheno, ha lo scopo di far penetrare l’influenza sovietica in una parte del mondo, dove essa finora aveva trovato le porte chiuse: anche il tentativo d’infiltrazione in Persia fallì, come tutti ricorderanno, dopo la caduta di Mossadeq. L’influenza dì Mosca si manifesta come un elemento di spostamento dell’equilibrio esistente: avvelena le relazioni fra l’Egitto e gli Occidentali, disturba il rapporto di forze fra Egiziani ed Ebrei faticosamente mantenuto dall’Inghilterra e dagli Stati Uniti con ben dosate forniture di armi agli uni e agli altri in modo da evitare un nuovo scoppio di ostilità. I fini più lontani della mossa russa sono ancora più grandiosi. Tutte le popolazioni di colore sono assai vulnerabili dalla penetrazione comunista: la miseria degli strati più bassi della popolazione e l’odio per le classi dominanti tradizionali si combinano col risentimento verso gli Europei occidentali, formando un ambiente favorevolissimo alla diffusione del comunismo. L’influenza sovietica porterà probabilmente a un rafforzamento in tutto il Medio Oriente delle correnti sovvertitrici, alla superficie, o in clandestinità. Se è vero, come si prevede, che Mosca manderà una missione al Cairo, questa potrà diventare una centrale di azione irresistibile. Nasser, che reprime il comunismo, e ha eliminato, almeno esternamente, l’influenza della Fratellanza musulmana, dove i comunisti avevano messo piede, si crede naturalmente sicuro del proprio dominio intemo.
Lunedì 3 ottobre 1955
L’Egitto respinge la nota inglese, comprerà armi dai cecoslovacchi
Il passo britannico al Cairo, eseguito dall’ambasciatore Trevelyan, non ha avuto esito favorevole. Era impossibile pensare che Abd el Nasser modificasse la sua decisione di acquistare armi dalla Cecoslovacchia. La popolarità di Nasser infatti è aumentata, il prestigio dell’Egitto cresce. Politica d’indipendenza dai due blocchi di tipo indiano, con minore sottigliezza di quella di Nehru, ma con maggiore violenza e risentimento verso gli Inglesi: niente può avere maggior favore fra le popolazioni di colore. La presenza di tecnici cecoslovacchi in territorio egiziano, la necessità di rifornirsi sempre alle stesse fonti per mantenere costante ed eguale l’equipaggiamento e l’armamento delle truppe, il bisogno di parti di ricambio, possono portare fatalmente a un legame pericolosissimo tra i fornitori e i rifomiti. La Cecoslovacchia denuncia i tentativi occidentali contro il progetto come un disegno imperialistico, un attentato all’indipendenza e alla libertà commerciale degli Stati. Viene annunciato un viaggio a Praga di Nasser. La Russia, che ha certamente diretto la manovra, non figura, per ora, tra le fornitrici di armi dell’Egitto. Questo aggiramento sovietico delle posizioni difensive pazientemente costruite dagli Occidentali, e specialmente dagli Inglesi, nel Medio Oriente, è il risultato più positivo che la Russia ha ottenuto, o sta per ottenere, con le armi insidiose della guerra sorridente. Dopo avere convocato gli ambasciatori delle Potenze comuniste, il Governo israeliano ha dichiarato che, per fare fronte a questa gara di armamenti, cercherà di rifornirsi in maggiore misura. Il delicato e precario equilibrio stabilito dalle tre Potenze occidentali rischia di cadere in pezzi. Il dosaggio di forniture seguito dal 1950 in poi per evitare una ripresa di ostilità tra Arabi ed Ebrei, è alterato dal fatto nuovo. In complesso, il Medio Oriente e il Mediterraneo sono la zona dove la situazione si è alterata più sensibilmente negli ultimi mesi, o, anzi, settimane. La ripresa di violenze in tutta l’Africa francese, la crisi di Cipro, il distacco della Jugoslavia e della Grecia, per diverse ragioni, dalle Potenze occidentali e dalla Turchia, il colpo di scena del Cairo, sono tutti segni e fatti allarmanti. (da un articolo di Domenico Bartoli).
Sabato 12 maggio 1956
Kruscev e Bulganin a Londra
[...] Tutti sono d’accordo, a Londra, nello stimare che discorrere con Malenkov, Bulganin e Kruscev è tutt’altra cosa da quelle che furono, a suo tempo, le conversazioni con Molotov. Il dialogo sembra sia andato bene, nel senso che fu un dialogo spassionato e oggettivo. Il linguaggio usato fu quello di una politica positiva, un linguaggio semplice e nudo: si parlò di alleanze, di basi, di petrolio, di bombardieri, di missili, di acciaio e di navi. In simili termini si discussero liberamente le condizioni, non diremo di un’amicizia, ma di una coesistenza. Se non vi fu un vero accordo, tuttavia qualche progresso sembra sia stato realizzato verso un’intesa circa il Medio Oriente. Vi è motivo di ritenere che tale risultato venne preparato durante la visita di esplorazione fatta da Malenkov. Gli fu detto nel modo più chiaro, in ispecie dai capi laboristi, che l’esistenza dello Stato d’Israele e il mantenimento dei rifornimenti di petrolio dal Medio Oriente all’Europa occidentale erano due capitoli su cui non si poteva transigere. [...] I visitatori russi — stando a quanto mi è stato riferito — dissero francamente che avrebbero suscitato agitazioni nelle zone petrolifere per demolire il patto di Bagdad, che secondo loro è un accordo militare inteso a stabilire l’aviazione strategica americana con le sue basi nell’Irak e nell’Iran. Fu loro assicurato che si tratta di un patto puramente difensivo; ma non è probabile che i sovietici abbiano prestato fede a tali assicurazioni.Leggi qui tutto l’articolo di Walter Lippmann
Martedì 29 maggio 1956
I colloqui di Londra con Kruscev e Bulganin
[...] Il dialogo tra britannici e russi (Kruscev e Bulganin) sembra sia andato bene, nel senso che fu un dialogo spassionato e oggettivo. Il linguaggio usato fu quello di una politica positiva, un linguaggio semplice e nudo: si parlò di alleanze, di basi, di petrolio, di bombardieri, di missili, di acciaio e di navi. In simili termini si discussero liberamente le condizioni, non diremo di un’amicizia, ma di una coesistenza. Vi è motivo di ritenere che tale risultato venne preparato durante la visita di esplorazione fatta da Malenkov. Gli fu detto nel modo più chiaro, in ispecie dai capi laboristi, che l’esistenza dello Stato d’Israele e il mantenimento dei rifornimenti di petrolio dal Medio Oriente all’Europa occidentale erano due capitoli su cui non si poteva transigere. Lo stesso Malenkov, almeno, avrebbe riconosciuto esplicitamente la validità di quei due interessi britannici. Pochi giorni dopo il suo rimpatrio, il Governo sovietico pubblicava la sua decisione con cui appoggiava la mediazione delle Nazioni Unite. I visitatori russi — stando a quanto mi è stato riferito — dissero francamente che avrebbero suscitato agitazioni nelle zone petrolifere per demolire il patto di Bagdad, che secondo loro è un accordo militare inteso a stabilire l’aviazione strategica americana con le sue basi nell’Irak e nell’Iran. Fu loro assicurato che si tratta di un patto puramente difensivo; ma non è probabile che i sovietici abbiano prestato fede a tali assicurazioni. Il pericolo sta nell’incoraggiamento, che rasenta l’incitamento, dato dall’Unione Sovietica a Nasser nel senso di aprirsi la via nel Medio Oriente. Leggi qui tutto l’articolo di Walter Lippmann
Mercoledì 13 giugno 1956
Gli inglesi lasciano l’Egitto
Le truppe britanniche hanno lasciato l’Egitto. L’estrema retroguardia delle forze che occupavano la zona del canale di Suez è partita oggi da Porto Said per Cipro, che è diventata la base inglese più importante alle porte del Medio Oriente. Altre basi restano, è vero, alle forze armate inglesi: terrestri e aeree in Libia e Giordania, soltanto aeree in Irak. Ma Cipro sembra più sicura perché si trova in un territorio di sovranità britannica. L’accordo raggiunto verso la fine del 1954 dal Governo inglese e dal colonnello Nasser, prevede il mantenimento di una base militare nella zona del Canale, che sarà garantito da una ditta inglese: i soldati britannici partono e vengono sostituiti dagli egiziani, ma la manutenzione dei magazzini e delle enormi installazioni costruite nella zona di Suez verrà assicurata ancora per molti anni dagli appaltatori inglesi, i quali impiegheranno naturalmente soltanto personale civile. Il Governo di Londra potrà occupare la base con le proprie forze e servirsene a scopi militari soltanto nel caso di una aggressione nel Medio Oriente. Per i pericoli di piccole guerre locali e di colpi di mano, la partenza delle forze inglesi lascia un vuoto irreparabile: viene a mancare un forte elemento di stabilità, una garanzia di moderazione e di- equilibrio. SJ aggiunga che pochi mesi dopo aver raggiunto l’accordo con Londra, Nasser ha accettato le forniture d’armi sovietiche e ha ripreso l’agitazione militare nel deserto di Palestina. L’imminenza del ritiro inglese da Suez, invece di trasformare l’Egitto in un alleato dell’occidente, ha permesso ai sovietici di metter piede nel Medio Oriente e all’Egitto di accettare offerte commerciali e militari dei comunisti. Le truppe britanniche erano sbarcate in Egitto’ ottantaquattro anni fa. per domare un’agitazione xenofoba. Partono lasciandosi dietro una xenofobia non meno aspra e certamente più pericolosa. L’ultimo scaglione comprendeva undici ufficiali e ottanta uomini di truppa ed era comandato dal brigadiere generale Lacey, il quale ha consegnato l’edificio, occupato fino a stamattina, alle autorità egiziane. (da un articolo di Domenico Bartoli)
Sabato 28 luglio 1956
Risposta inglese alla nazionalizzazione di Suez: congelati i beni egiziani nel Regno Unito
LONDRA - Con un comunicato diramato a mezzogiorno il Governo inglese informa di aver provveduto a bloccare i beni egiziani esistenti in Inghilterra ed in particolar modo i crediti in sterline che il Governo egiziano vanta nei confronti di quello britannico (più di 100 milioni di sterline che la Gran Bretagna deve ancora all’Egitto a titolo di compensazione per i servizi da ques’ultimo resi all’esercito britannico durante la guerra). Anche i beni della Compagnia del Canale di Suez esistenti in territorio inglese sono stati congelati. Inoltre, la tesoreria ha pubblicato due ordinanze che vietano ai cittadini britannici di conformarsi agli ordini del Governo egiziano per quanto riguarda i beni all’estero della Compagnia del Canale. Ieri il primo ministro aveva promesso fra gli applausi dei deputati che la «situazione sarebbe stata affrontata con fermezza c cautela». Nel pomeriggio una nota di protesta redatta in termini assai duri e consegnata a Nasser dall’ambasciatore britannico al Cairo deplorava l’« arbitraria azione» del Governo egiziano che costituisce «una seria minaccia alla libertà di navigazione in un passaggio marittimo di estrema importanza internazionale ».
Martedì 30 ottobre 1956
Navi inglesi e francesi fanno rotta verso l’Egitto. Doppio ultimatum
Stanotte le unità navali inglesi e francesi stanno dirigendosi verso l’Egitto. domattina, all’alba, le truppe dei due Paesi tenteranno di occupare la zona del Canale. Ad ogni resistenza degli egiziani risponderanno con la forza. Il pericolo di guerra, dunque, è imminente. La situazione precipita. Al conflitto fra Israele ed Egitto sta per sovrapporsi quello fra Egitto ed anglo-francesi. Si annunciano giornate di estrema gravità per oil Medio Oriente e per il mondo intero. L’azione anglo-francese è stata decisa oggi. Mollet e Pineau, dopo l’aggressione di Israele, sono venuti in volo a Londra per conferire con Eden e con Lloyd. Dopo affannose consultazioni i due governi hanno deciso di mandare a Tel Aviv e al Cairo due ultimatum: essi hanno chiesto innanzi tutto, a quei Paesi, di sospendere le ostilità e di ritirarsi da una parte e dell’altra del Canale, ad una distanza di dieci miglia. All’Egitto hanno poi chiesto di permettere l’occupazione di Ismailia, Porto Said e Suez da parte delle forze anglo-francesi «in via provvisoria» per garantire il libero passaggio del Canale. L’ultimatum è stato consegnato a Londra ai rispettivi ambasciatori, alle 4.30 del pomeriggio (ora di Greenwich), e chiedeva una risposta entro dodici ore. Esso scade domattina alle 4.30. In caso di risposta negativa, l’Inghilterra e la Francia useranno la forza. Alla Camera Eden ha detto: «La situazione è molto pericolosa. Se le ostilità non cesseranno immediatamente, il libero passaggio attraverso il Canale sarà minacciato».
Suez, gli americani all’Onu sconfessano gli anglo-francesi
L’avanzata delle truppe israeliane nella Penisola del Sinai non ha solo aperto il conflitto armato tra Israele ed Egitto, ma ha precipitato contemporaneamente una crisi diplomatica assai grave tra gli Stati Uniti e gli anglo-francesi. Questo è l’elemento centrale emerso in una giornata di estrema e spesso confusa tensione sia a Washington, sia al « Palazzo di Vetro » dell’O.N.U. a Nuova York, in cui gli avvenimenti sono venuti accavallandosi a ritmo rapidissimo. Cosi si è potuto assistere allo spettacolo paradossale del delegato sovietico Arkadi Sobolev che si è allineato sul testo di risoluzione proposto all’O.N.U. dal delegato americano Cabot Lodge, mentre i rappresentanti di Londra e Parigi insistevano perché la mozione di Lodge, che chiedeva la cessazione delle ostilità e il ritiro delle truppe israeliane al di là della frontiera non venisse sottoposta al voto...Leggi qui l’articolo di Ugo Stille
Mercoledì 31 ottobre 1956
Alle 17 sono cominciati i bombardamenti anglo-francesi sulle città egiziane
TEL AVIV - Alle 20.50 ora locale squadriglie di bombardieri a reazione della Rovai Air Force hanno attaccato simultaneamente gli obiettivi militari egiziani del Cairo, di Alessandria, di Porto Said. di Ismailia e di Suez. Contemporaneamente, l’esercito israeliano ha reso noto che un suo gruppo corazzato d’attacco è entrato in territorio egiziano per tagliare fuori la striscia di Gaza. Altre forze israeliane avanzano sulla strada per Ismailia, avendo infranto le difese egiziane ad Abu Agheila. L’attacco aereo di stasera, portato dalle basi di Nicosia e Akrotiri (cipro), senza reazioni da parte della contraerea egiziana, è durato dodici minuti. Un primo attacco agli obiettivi del Cairo si era registrato nel pomeriggio, alle 18.30 (17.30 italiane), pure da parte di bombardieri a reazione della R.A.F. e da parte di aerei francesi. Prima dei bombardamenti, gli aerei da ricognizione britannici avevano lanciato appelli, attraverso manifestini, alla popolazione perché evacuasse immediatamente le abitazioni nelle immediate vicinanze degli obiettivi militari e obbedisse alle precauzioni già ordinate dal Governo egiziano. Nonostante questi appelli, Radio Cairo informa che nel primo i bombardamento sette civili sono rimasti vittime degli spezzoni britannici e francesi, mentre i danni risultano « ingentissimi». Entrambi i bombardamenti sono stati massicci, effettuati da centinaia di aerei di ogni tipo. Bombe di grosso calibro e spezzoni incendiari sono stati sganciati sugli obiettivi militari, segnatamente sulle caserme, sul concentramento di truppe pronte a partire per la linea del fronte, e sugli aeroporti. Tale operazione, che il Comando franco-britannico ha definito « operazione-ombrello », è stata ordinata evidentemente allo scopo di assicurare il completo dominio del cielo egiziano, e di preparare l’eventuale entrata in azione delle truppe avio-trasportate e dei paracadutisti. L’incrociatore inglese « New Foundland » ha affondato una fregata egiziana. L’annuncio è stato dato dall’Ammiragliato britannico.
Venerdì 2 novembre 1956
In Egitto infuria la battaglia
Titolo del Corriere della Sera: GLI ISRAELIANI OCCUPANO LA PENISOLA DEL SINAI mentre l’aviazione francoinglese martella gli aeroporti. Violenti scontri fra reparti corazzati - Affondata nel Canale di Suez una unità egiziana - Numerosi aerei distrutti al suolo • Nasser riafferma la decisione di resistere ad oltranza ed assume poteri eccezionali - Appello agli altri Stati arabi perché distruggano gli oleodotti - La Siria si schiera a fianco dell’Egitto
Sabato 3 novembre 1956
A Gaza gli egiziani si arrendono a Israele
Titolo del Corriere della Sera: «Imminente lo sbarco degli anglo-francesi in Egitto dopo la distruzione delle forze aeree di Nasser • Centocinque apparecchi annientati • Le truppe egiziane nella zona di Gaza si sono arrese agli israeliani, che continuano l’avanzata verso Suez • Il Governo di Tel Aviv disposto a intavolare trattative con II Cairo»
Martedì 6 novembre 1956
I franco-inglesi a Porto Said
Titolo del Corriere della Sera: «Nasser accetta il presidio internazionale dell’ONU mentre i paracadutisti franco-inglesi conquistano Porto Said»
Mercoledì 7 novembre 1956
In Egitto la guerra si ferma
Titolo del Corriere della Sera : «Francia e Inghilterra sospendono le ostilità in Egitto ma gli arabo asiatici chiedono l’immediato ritiro delle truppe • Porto Said e Porto Fuad in mano agli alleati • Il Cairo annuncia che l’Egitto continuerà a combattere finché le forze straniere non se ne andranno • L’ambasciatore sovietico da Nasser»
Sabato 20 dicembre 1958
Crisi tra Nasser e i comunisti. Egitto e Regno Unito ricominciano a parlarsi
Crescente antagonismo fra Nasser e i comunisti. Le ostilità sono state aperte dai comunisti. Essi avevano una posizione assai forte in Siria, prima dell’unione fra quel Paese e l’Egitto. Quando ambedue si fusero nella Repubblica Araba, Kruscev provò disappunto. Egli fece tuttavia buon viso a cattiva sorte. Adesso gli entusiasmi dei siriani verso i fratelli egiziani sono alquanto raffreddati, l’economia nazionale è in declino, il valore della moneta è in ribasso; e Nasser non è più considerato, a Damasco, un nuovo profeta. Khalid Bikdash, il capo dei comunisti siriani, all’inizio della settimana ha pubblicato un manifesto per chiedere maggiore autonomia per la Siria e libere elezioni. Ciò equivale a una aperta sfida contro i poteri dittatoriali di Nasser. Mosca, attraverso i suoi seguaci, cerca di annacquare l’Unione egizio-siriana. La situazione è aggravata da quello che sta succedendo nell’Irak. E’ opinione diffusa, in questa capitale, che i comunisti stiano facendo rapidi progressi a Bagdad. Il Governo del gen. Kassem non ha tentato di impedire le violente dimostrazioni contro un uomo di Governo americano, Rountree, quando egli è andato a conferire col Primo ministro. Di fronte a questi avvenimenti, Nasser è costretto a contrattaccare. Secondo il « News Chronicle » egli ha ordinato l’arresto di numerosi comunisti in Siria e il suo braccio destro, il col. Serrai, è andato a dirigere di persona le operazioni di polizia. Nello stesso tempo, la radio e la stampa di Damasco hanno lanciato una campagna propagandistica contro il comunismo, definendolo « il nuovo imperialismo ». Ci si chiede ora con grande interesse, se il Presidente egiziano spingerà il suo ardimento al punto di arrestare lo stesso Khalid Bikdash, ritenuto l’agente più importante di Mosca nel Levante. In Inghilterra, i laboristi e i liberali (che assumono spesso un atteggiamento di sinistra) pensano che sia ora il momento opportuno per ristabilire i rapporti con il Cairo. Il Governo ha tentato di concludere un accordo negli scorsi mesi con l’Egitto sulle questioni finanziarie che dividono i due Paesi: gli inglesi vogliono l’indennizzo delle proprietà sequestrate dagli egiziani, e questi ultimi vogliono un indennizzo per le distruzioni causate dall’intervento di Suez.
Venerdì 2 febbraio 1979
Morte di Sid Vicious
NUOVA YORK — Il cadavere nudo del cantante «punk» inglese Sid Vicious, ex capo del complesso rockpunk dei Sex pistols, è stato scoperto oggi dalla madre e dalla ragazza del giovane in un appartamento del Greenwich Village. Lo avrebbe ucciso una dose eccessiva di eroina. Accanto al corpo sono stati trovati una siringa e un cucchiaio. «Oggi come oggi — ha affermato un ufficiale di polizia — non siamo in grado di sapere se Sid Vicious volesse uccidersi, o se volesse solo iniettarsi una dose molto potente». L’ipotesi del suicidio rimane in piedi, ma non è da escludere un errore di dosaggio da parte di un tossico ansioso di eroina dopo il carcere e l’astinenza. Vicious, 21 anni (il suo vero nome è John Simon Ritchie), era stato uscito l’altro giorno dal carcere municipale di New York, dietro versamento di 50.000 dollari di cauzione. Era accusato di avere ucciso la ragazza con la quale viveva da tempo, Nancy Spungeon, di 20 anni. La ragazza era stata trovata con l’addome crivellato di coltellate, in un lago di sangue, il 12 ottobre scorso, nel bagno dell’appartamento di un albergo newyorkese dove i due giovani avevano preso alloggio. Dopo il suo arresto il cantante era stato sottoposto alla cura di disintossicazione. Era stato scarcerato una prima volta, a condizione che continuasse a curarsi sottoponendosi al trattamento di disintossicazione con metadone (surrogato sintetico dell’eroina), ma la sua libertà aveva avuto breve durata: lo avevano riarrestato dopo una rissa in un locale notturno di Manhattan, nel corso della quale Sid avrebbe colpito con un boccale di birra un tizio al volto. Per festeggiare la sua seconda scarcerazione, gli amici avevano organizzato una festicciola in un appartamento al Greenwich Village. Chi lo ha visto lo ha descritto di ottimo umore: «Allegro, cordiale, vedeva un futuro luminoso davanti a sé». Ha bevuto birra per quasi tutta la sera, ma verso mezzanotte si è fatto un’iniezione di eroina: dopo tre quarti d’ora era completamente in balia della droga, anche se poi la lucidità gli è tornata. La festicciola è finita verso le 2 di notte, e Sid Vicious, presumibilmente, se ne è andato a letto subito.
marzo 1979
Quand’è che Hong Kong deve tornare alla Cina?
Durante una conferenza stampa, un giornalsta chiede a Deng Xiaoping quand’è che Hong Kong, ceduta in prestito ai britannici nel 1898, potrà tornare alla Cina. Deng, secondo alcuni preso in contropiede, risponde: «Alla scadenza del prestito».
Sabato 24 marzo 1979
Una cartolina di Bruce Chatwin
Bruce Chatwin è a Albany, Londra. Spedisce a Clarence Brown una cartolina dei Wrapped Walk Ways di Christo, 1977-78, Loose Park, Kansas City, Missouri (4,4 chilometri di sentieri coperti da 12.540 metri quadri di stoffa). Scrive: «Non saprei spiegare perché, fra tutte le cartoline, lei debba ricevere proprio questa. È l’unica che ho trovato in giro. Saluti, Bruce Chatwin».
I sentieri che Christo ricoprì di stoffa nel Loose Park di Kansas City
Mercoledì 4 aprile 1979
Tutto il greggio iraniano passa per il mercato libero
«Sul mercato libero - dove Iraq, Nigeria, Libia, Qatar e Emirati vendono tutto il petrolio prodotto in eccesso ai livelli precedenti la rivoluzione di Khomeini — i prezzi restano sensibilmente superiori a quelli ufficiali. Su questo mercato passa tra l’altro tutto il greggio iraniano attualmente esportato (1,8 milioni di barili al giorno) dato che Teheran non ha ancora stipulato i nuovi contratti con le compagnie. I sovrapprezzi annunciati dalla maggioranza dei paesi Opec, oscillanti tra 1,14 e 5 dollari a barile, stanno inoltre provocando un rialzo quasi proporzionale del prezzo per il petrolio prodotto nel Mare del Nord, in Alaska e in Messico, il greggio britannico e norvegese è già salito a 18-19 dollari per barile, in linea con le quotazioni dei greggi nordafricani, quello messicano rincarerà intorno ai 16,50 dollari, quello dell’Alaska era già tra i più cari in assoluto. Il Canada ha fatto sapere che il suo petrolio leggero salirà a 18,41 dollari. Infine, è di ieri la notizia che l’Iran intende stipulare contratti a lungo termine con le compagnie nipponiche ad un prezzo rincarato del 32% rispetto al 1978 per il petrolio leggero e del 28% per quello mediopesante. Il prezzo medio predominante sul mercato mondiale si sta dunque avvicinando ai 17 dollari per barile contro poco meno di 13 dollari che costituivano la quotazione base soltanto alcuni mesi fa» (Corriere della Sera)
Giovedì 3 maggio 1979
I conservatori di Margaret Thatcher vincono le elezioni inglesi
Un’ondata di scioperi ha costretto il governo laburista di James Callaghan alle dimissioni. Il Regno Unito ha votato oggi e il risultato è questo: Partito Conservatore, 43,9%, 339 seggi; Partito Laburista, 36,9% 269 seggi. Gli altri 27 seggi sono stati assegnati a partiti minori, tra cui il Partito Liberale (11 seggi). Il capo del Partito Conservatore, Margaret Thatcher, è da oggi primo ministro. Leggi qui l’articolo di Fabio Cavalera su come la Thatcher vinse le elezioni del 1979
Venerdì 18 maggio 1979
La Thatcher dorme solo tre ore a notte
Giudizio del consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Zbignew Brzenzinsky, su Margaret Thatcher: «È estremamente energica, dorme tre ore a notte, il ritmo di lavoro del governo è enormemente aumentato e nei meeting tende a dominare, tiene il pallino in mano». Leggi qui l’articolo di Fabio Cavalera su come la Thatcher vinse le elezioni del 1979
Lunedì 25 giugno 1979
I risparmi di Margaret Thatcher a Downing Street
«“Spese per la ristrutturazione di Downing Street”. Una sotto l’altra, le voci che assieme compongono l’ammontare totale: 1.836 sterline. Pulizia tappeti 527 sterline, lavaggio biancheria 25 sterline, e così via, tutto annotato con precisione in due colonne perfettamente allineate (macchina da scrivere e inchiostro rosso). Le contestazioni del titolare dell’abitazione, la neo-eletta Margaret Thatcher, spiccano in blu, tratti decisi e angolari: 19 sterline per un’asse da stiro? «Posso usare la mia, desidero pagarla di tasca mia». 464 sterline per sostituire cuscini e biancheria? «Dato che Denis ed io usiamo solo una (sottolineato due volte) camera da letto possiamo tenere il resto da parte». 123 sterline per rilucidare i mobili? Pesante cerchio blu attorno alla cifra». (leggi qui l’articolo di Paola De Carolis).
Giovedì 13 settembre 1979
Solo il Regno Unito ha più inflazione di noi
Nella scala dei paesi colpiti dall’inflazione l’Italia è superata soltanto dalia Gran Bretagna. Nei sei mesi terminati a luglio l’aumento dei prezzi espresso in termini annuali risulta pari al 16,5% (contro il 13,0% dei dodici mesi terminati a luglio), per l’Italia, mentre per l’Inghilterra è pari al 22,3% (contro il 15,6% nei dodici mesi). La Francia registra una crescita del 12,2% dei prezzi (contro il 10,3%), e la Germania del solo 8,7% (4,6%). L’impennata dei prezzi al consumo ha riguardato anche il Giappone dove il tasso annuo nei sei mesi raggiunge il 7.9% contro il rincaro del 4,2% registrato nell’anno terminato a luglio. Preoccupante anche la situazione statunitense, dove i prezzi segnano una crescita del 14,4% nel semestre confro un tasso precedente dell’11,2%.
Venerdì 14 settembre 1979
Coppa Davis, Italia e Gran Bretagna sull’1-1
• Al Foro Italico di Roma, Italia e Gran Bretagna chiudono sull’1-1 la prima giornata della sfida valida per i quarti di finale di Coppa Davis: Adriano Panatta perde in tre set (6-0, 6-4, 6-4) contro Christopher Mottram, Corrado Barazzutti batte in tre set (6-1, 6-4, 6-4) John Lloyd. In conferenza stampa Panatta subisce la rampogna semi-scherzosa del direttore tecnico Mario Belardinelli: «Ma che fai? Credi di poter perdere contro una mezza tacca così? Tu sei fuori di testa, perché i colpi ce l’hai, devi svegliarti, svegliarti! Capito?». L’allenatore federale Victor Crotta spiega: «La preparazione che Adriano ha impostato per velocizzare certi colpi ha sicuramente un influsso negativo a breve scadenza. Le energie si bruciano in in fretta come il gas di un accendino con la fiamma al massimo. Di qui ad un mese forse sarà diverso, ma noi stiamo giocando in questi giorni». Giorgio Viglino, Sta. 15/9/1979]
Sabato 15 settembre 1979
Coppa Davis: Italia sul 2-1 con la Gran Bretagna
• Al Foro Italico di Roma, l’Italia chiude sul 2-1 la seconda giornata della sfida con la Gran Bretagna valida per i quarti di finale della Coppa Davis: Corrado Barazzutti e Tonino Zugarelli battono in tre set (7-5, 10-8, 6-1) Mark Cox e David Lloyd. Gbr ko, Italia in semifinale di Coppa Davis 1979-09-16
Domenica 16 settembre 1979
Tennis, l’Italia batte 4 a 1 la Gran Bretagna
• Al Foro Italico di Roma, l’Italia batte 4-1 la Gran Bretagna e si qualifica per le semifinali di Coppa Davis: il punto decisivo è conquistato da Adriano Panatta, che batte in tre set (6-3, 6-2, 6-3) John Lloyd, poi Corrado Barazzutti vince in due set (8-6, 7-5) l’ormai inutile match con Christopher Mottram. Panatta, irritato col capitano Bitti Bergamo per l’esclusione dal doppio di ieri, si sfoga: «No, contro Lloyd non ho giocato per la squadra, ho giocato per me stesso. Io quasi sempre gioco male in questo periodo dell’anno. Poi c’è stato anche il cambiamento del mio gioco, la trasformazione in tennista all’americana, (due botte e il tentativo di chiudere), a influire. Adesso dovrei risalire, migliorare nel torneo di Palermo e poi salire ancora fino a ottobre. Speriamo proprio, altrimenti qui non so nemmeno più se gioco i singolari». Prossimo avversario la Cecoslovacchia, dal 5 al 7 ottobre sempre al Foro Italico. Giorgio Viglino, Sta. 17/9/1979]
Domenica 7 ottobre 1979
Bankitalia aumenta il tasso di sconto dal 10,5 al 12
ROMA — Il tasso ufficiale di sconto (cioè il tasso d’interesse al quale la Banca d’Italia effettua prestiti al sistema bancario) e l’interesse sulle anticipazioni in conto corrente a scadenza fissa presso l’Istituto è stato aumentato dal 10,50 al 12 per cento. Rimangono invariate le maggiorazioni già in vigore. Il decreto di aumento, stabilito dal ministero del Tesoro su proposta del governatore della Banca d’Italia, è stato pubblicato ieri sulla «Gazzetta Ufficiale» e ha dunque decorrenza immediata. Timori di recessione. La decisione presa dalle autorità monetarle, ormai da alcuni giorni nell’aria, costituisce un «segnale» importante: la situazione congiunturale che aveva permesso il 4 settembre 1978 di abbassare di un punto il tasso di sconto e di mantenerlo immutato nei 12 mesi successivi è oggi profondamente diversa. Tassi di sconto nel mondoItalia 12 Belgio 10 Francia 9,5 Germania Fed 5 Giappone 5,25 Olanda 8 Regno Unito 14 Usa 11
novembre 1979
Nigel Lawson al Parlamento: «Il nostro problema è la spesa pubblica»
L’uomo che si occupa dei conti, nel governo di Margaret Thatcher, è Nigel Lawson, poi Lord Lawson, cancelliere dello Scacchiere, sposato due volte e padre di sei figli. Lawson sarà ricordato soprattutto per la celebre frase con cui ha aperto il “White paper” sulla spesa pubblica e che contiene i piani per il bilancio dell’anno prossimo: «La spesa pubblica è al cuore delle attuali difficoltà economiche della Gran Bretagna».
Martedì 6 novembre 1979
Gli americani chiedono aiuto agli inglesi per la crisi di Teheran
Il ministro degli Esteri britannico, lord Peter Carrington, chiede al suo ambasciatore a Washington se la richiesta di aiuto, avanzata dal comando supremo americano all’unità di elite delle forze armate del Regno Unito, per la crisi a Teheran, è autorizzata dalla Casa Bianca o solo un segno del caos che regna supremo nell’amministrazione americana di Jimmy Carter.
Venerdì 28 dicembre 1979
Carter telefona alla Thatcher: «Grave l’intervento sovietico in Afghanistan»
Il presidente degli Stati Uniti, Jimmy Carter, telefona alla Thatcher per dirle che giudica «l’intervento sovietico in Afghanistan come uno sviluppo estremamente grave, con profonde conseguenze strategiche sulla stabilità dell’intera regione»: è essenziale, aggiunge il presidente americano, secondo gli appunti della conversazione telefonica presi da Downing Street e visionati dal nostro giornale, «rendere questa azione il più politicamente costosa possibile per l’Unione Sovietica» (Guido Rampoldi e Enrico Franceschini. Leggi qui l’intero articolo, che analizza l’invasione sovietica e le sue conseguenze)