Una minaccia di guerra è stata diretta agli Inglesi da uno dei principali ministri del generale Neguib, il tenente colonnello Nasser, che alcuni chiamano « l’uomo numero due dell’ Egitto ». Le dichiarazioni del colonnello Nasser fatte a un giornale americano, e ripubblicate al Cairo, sono redatte nel tono bellicoso e intransigente che è caratteristico dei nazionalisti e specialmente dei nazionalisti orientall. Londra non si è scossa molto a questo ostile squillo di tromba, ma è raro che Londra si scuota. Il colonnello Nasser dice che se gli Inglesi non lasceranno la zona del Canale i capi del colpo di Stato militare agiranno; si dimetteranno dal Governo per condurre la guerriglia contro le forze che occupano Suez. "Non sarà una vera guerra. Sarà una guerra di "commandos ", una guerriglia. Bombe a mano saranno lanciate nell’oscurità, i soldati inglesi saranno uccisi nelle strade ... Se il peggio dovesse venire, la storia della nostra lotta sarà molto simile a quella di Sansone nel Vecchio Testamento. Faremo cadere il tempio sul nostro capo per distruggere i nemici che stanno in mezzo a noi». Queste parole non devono essere prese molto alla lettera: c’è una retorica rivoluzionaria quasi obbligata per i dirigenti di certi Paesi. Ma sarebbe un errore prenderle alla leggera. La verità è che i negoziati fra Neguib e l’ambasciatore britannico al Cairo sul Sudan non fanno progressi. L’Egitto ha accettato il piano per l’indipendenza del Sudan, abilmente manovrando gli Inglesi, che di quella indipendenza si erano fatti campioni quando il Governo del Cairo domandava l’annessione del Paese alla corona di Faruk. Le difficoltà che restano da risolvere riguardano le tre Provincie meridionali sudanesi per le quali i britannici chiedono particolari garanzie (sono abitate da tribù arretratissime), e i poteri del Governatore nel periodo del trapasso. Una definitiva approvazione del progetto di indipendenza per il Sudan e la premessa di un accordo con gli occidentali per la difesa dell’Egitto è lo sgombero del Canale di Suez. Si capisce perciò la ragione dell’intervista di Nasser. Essa significa: se gli Inglesi esitano ancora a concludere le trattative impegnate per il Sudan, rimandando con questo pretesto le conversazioni sulla difesa di Suez e sul loro ritiro dalla zona occupata, noi faremo la guerriglia.
Un portavoce del Comando dell’esercito ha annunciato che, in base ad un compromesso raggiunto oggi, allo scopo di regolarizzare la situazione politica, il gen. Neguib riprenderà la presidenza della Repubblica, e il colonnello Abdel Nasser rimarrà Presidente del Consiglio dei ministri. Secondo il portavoce, l’annuncio del nuovo sviluppo della situazione politica verrà dato fra poche ore. L’improvviso cambiamento della situazione è sopraggiunto dopo parecchie ore di dissensi fra l’ufficialità ddell’esercito . circa la soluzione da dare alla crisi. Tali dissensi hanno manifestato una forte corrente in favore di Neguib. Precedentemente da Aleppo era stata data comunicazione che quaranta ufficiali di cavalleria che avevano tentato questa mattina di organizzare una rivolta contro il nuovo regime di Nassen, erano stati messi agli arresti.
Il Primo ministro egiziano, col. Nasser, ha dichiarato che le elezioni verranno tenute in Egitto nel giugno e luglio prossimi, e l’assemblea costituente si riunirà il 23 luglio. Il Primo ministro ha assunto ieri la carica di governatore militare dell’Egitto, in sostituzione del Presidente Neguib. Al governatore militare competono speciali poteri a norma della legge marziale proclamata fin dal 26 gennaio 1952, giorno dei gravi disordini del Cairo. In un messaggio indirizzato al popolo egiziano e trasmesso da Radio-Cairo il Presidente della Repubblica gen. Neguib dichiara tra l’altro: «Il mio più caro desiderio verrà finalmente appagato con il ristabilimento di una democrazia parlamentare in Egitto. La partecipazione del popolo al Governo costituirà la garanzia che il popolo stesso cercava contro l’autocrazia e la dittatura, le quali, ve lo prometto, verranno bandite per sempre. Mi rendo garante della vostra libertà e dei vostri sacri diritti». La Giunta militare ha fatto confermare, attraverso un portavoce ufficiale, che Neguib « non ha più alcun diritto di parlare a nome del Governo ». Portavoce delle decisioni è stato il ministro dell’Orientamento nazionale, Salah Salem. Egli ha annunciato che la Giunta, o « consiglio rivoluzionario », manterrà il potere sovrano in Egitto fin quando sarà istituita la Costituente promessa da Neguib al ritorno al potere. L’attuale Gabinetto militare sarà invece sostituito da un Gabinetto civile, responsabile di fronte all’assemblea. Viene annunciato infine che 41 persone sono state arrestate nel corso di operazioni condotte contemporaneamente al Cairo, a Tanta e a Kair el Zayyat contro « la più grande organizzazione comunista esistente in Egitto». Fra gli arrestati vi sarebbero personalità che occupavano importanti cariche diplomatiche. È stato sequestrato materiale tipografico oltre a ingentissime quantità di materiale di propaganda comunista.
Il generale Mohamed Neguib ha riassunto tutti i poteri in Egitto: infatti egli è ora non soltanto Presidente della Repubblica, ma anche Presidente del Consiglio dei ministri e presidente del Consiglio della Rivoluzione. Questo nuovo colpo di scena negli sviluppi della rivoluzione egiziana, già tanto ricca di avvenimenti sensazionali nella sua ancor brevissima vita, è avvenuto questa sera a tarda ora dopo una serie di febbrili consultazioni e discussioni tra i massimi esponenti del Governo e dell’oligarchia militare rivoluzionaria. Una riunione congiunta del Consiglio dei ministri e del Consiglio della Rivoluzione, iniziatasi a tarda sera e durata quattro ore, ha portato alla decisione — del tutto impreveduta — di riunire nuovamente tutto il potere nelle mani del generale Neguib. Il colonnello Abdel Nasser, il quale aveva assunto la carica di Primo ministro e di presidente del Consiglio della Rivoluzione dopo il clamoroso rovesciamento di Neguib avvenuto il 25 febbraio scorso, rientra ora nei ranghi con l’incarico di vice-Primo ministro. Il rimpasto ministeriale compiuto dopo il ritorno di Neguib alla carica formale di Presidente della Repubblica viene completamente annullato. Abdel Gelil El Emery che, la settimana scorsa, era stato nominato vice-Primo ministro in carica per gli Affari finanziari ritorna a essere ministro delle Finanze. Aly El Geritly, che era stato nominato ministro delle Finanze, diviene ministro di Stato. Il ministro Salem ha comunicato che tutte le decisioni prese per l’elezione di una Assemblea costituente entro il mese di luglio e per abolire la legge marziale e la censura rimarranno in vigore. Il dissidio fondamentale tra Neguib e Nasser verteva sulla definizione dei poteri di Neguib come Presidente della Repubblica e di Nasser come Presidente del Consiglio dei ministri e presidente del Consiglio della Rivoluzione: dissidio che si esprimeva nelle dichiarazioni di Neguib sulla necessità di dare ai più presto all’Egitto una Costituzione schiettamente democratica e nelle controdichiarazioni di Nasser il quale affermava che Neguib non aveva « alcun effettivo potere di Governo » e non aveva nemmeno la veste per « parlare a nome e per conto del Governo ».
IL CAIRO - Il generale Neguib ha rassegnato le dimissioni da Primo ministro dell’Egitto e ha trasferito i poteri di Capo del Governo al vice-Primo ministro Gamal Abdel Nasser. Egli conserva la carica di Presidente della Repubblica. La notizia è stata data stanotte alla stampa dal ministro per l’Orientamento nazionale, magg. Salah Salem, al termine di una seduta del Consiglio rivoluzionarlo. Nasser ha dichiarato a sua volta ai giornalisti che la decisione di Neguib di dimettersi dall’incarico di Primo ministro era stata presa in completa libertà. Egli ha soggiunto che Neguib, dopo il malore occorsogli il 29 marzo, aveva espresso il desiderio di poter dedicare tutto il suo tempo al posto di Presidente. Il nuovo Primo ministro ha detto di aver conferito stamane con il generale in merito al rimaneggiamento ministeriale e che Neguib avrebbe voluto partecipare a una riunione del Consiglio rivoluzionarlo alle 17 ma che venne impedito da un improvviso esaurimento. Dopo che il Consiglio ebbe deciso di affidare a Nasser l’incarico di Primo ministro, una delegazione di tre membri si è recata a casa del gen. Neguib e questi ha poi diramato un decreto, nella sua qualità di Presidente, che invita Nasser a costituire un nuovo Gabinetto. Il nuovo Gabinetto è uguale al precedente salvo l’inclusione di due nuovi ministri militari.
Il Cairo - Dopo settant’anni le truppe briitanniche lasceranno l’Egitto in forza dell’accordo che è stato siglato questa sera fra la delegazione britannica capeggiata dal ministro inglese della Guerra Anthony Head, inviato al Cairo con poteri speciali, e quella egiziana guidata dal Primo ministro colonnello Gamal Abdel Nasser. Le lunghissime trattative, che erano state più volte interrotte e riprese, sono giunte ad un esito positivo sulla base dei seguenti punti principali: sgombero delle forze britanniche’ dalla zona del Canale di Suez entro venti mesi; riattivazione della base nella eventualità di un attacco contro alcuno degli Stati arabi o contro la Turchia; durata dell’accordo, sette anni, manutenzione della base del Canale di Suez affidata ad una impresa britannica. Il Primo ministro egiziano Nasser, annunciando stasera che tutte queste difficoltà erano state risolte, ha dichiarato che la conclusione dell’accordo inaugura una nuova era nelle relazioni anglo-egiziane; un’era di amichevoli rapporti, basati sulla cooperazione non solo fra l’Egitto e la Gran Bretagna ma anche con gli altri Paesi occidentali. La sua dichiarazione secondo cui la firma segna una svolta nella storia egiziana non è esagerata se si pensa che dal 1882 tutta la storia del Paese si trova strettamente legata a quella della Gran Bretagna e alla presenza delle truppe inglesi sul suo suolo. Originariamente la Gran Bretagna insisteva perché la base potesse essere riattivata in caso di un attacco non ai soli Stati della Lega araba, come chiesto dall’Egitto, ma anche di attacchi alla Turchia o alla Persia. L’Egittp ha ora consentito a includere nel numero di tali Stati la Turchia, e la Gran Bretagna ha rinunciato a includervi la Persia. Le truppe attualmente stazionanti nella base sono settantatremila: il valore delle installazioni è enorme.
Alessandria d’Egitto - Radio Cairo ha interrotto oggi i suoi programmi per trasmettere il seguente comunicato: « Questa sera, davanti a una folla di oltre 250.000 persone radunata sulla piazza di Mandila ad Alessandria, un giovane ha sparato numerosi colpi di rivoltella contro il Primo ministro colonnello Gamal Abdel Nasser senza colpirlo. Il col. Nasser, che stava pronunciando un discorso, non ha manifestato alcuna emozione ed ha proseguito serenamente la sua allocuzione. Il giovane, che ha attentato alla vita del Presidente del Consiglio egiziano, è stato tratto in arresto ». L’attentatore è stato identificato per tale Mahmoud Abdel Latif, residente in un villaggio nei pressi del Cairo, di professione lattoniere. Interrogato dalla polizia, egli ha dichiarato: « Volevo soltanto sparare in aria per esprimere la mia gioia ». Radio Cairo ha aggiunto che nel corso dell’attentato sono rimasti feriti il ministro delle Comunicazioni del Sudan, Marghant Hamza, e un avvocato di Alessandria. Ahmed Badr. Nasser stava pronunciando il suo discorso da una tribuna. L’attentatore, a quanto sembra, era seduto proprio di fronte al Presidente del Consiglio, in prima fila, a una distanza di circa dieci metri dalla tribuna dell’oratore. Secondo l’emittente, il primo colpo sparato dall’attentatore colpiva il filo elettrico installato sulla tribuna e spegneva di conseguenza le luci intorno a Nasser. Successivamente si è appreso che l’attentatore ha esploso dieci colpi di rivoltella contro il Presidente Nasser. Oltre all’attentatore, che è stato malmenato dalla folla, sono state arrestate altre undici persone, fra le quali un professore di una scuola media di Damanhour.
Con la decisione presa dal Governo del colonnello Nasser di sciogliere l’organiszazione della Fratellanza musulmana, la situazione interna egiziana è entrata in una fase di acuta lotta tra gli elementi nazionalisti più intransigenti e il Governo, il quale intende normalizzare la posizione dell’Egitto in politica estera, onde poter dedicarsi con maggiore energia ai problemi della ricostruzione interna ed economica del Paese. Sembra ormai assodato, infatti, sulla base delle dichiarazioni che sarebbero state rese alla polizia da Mahmud Abdel Latif, l’uomo che attentò alla vita del Capo del Governo egiziano, che i responsabili del tentato assassinio sarebbero appunto numerosi dirigenti della Fratellanza musulmana, mentre il Latif avrebbe avuto soltanto la funzione di esecutore materiale. Fra i primi arrestati, fin dalla giornata di ieri, si trova il segretario generale dell’organizzazione, Abdel Kader Uda. Ma la notizia sensazionale in proposito è del pomeriggio di oggi, e consiste nell’arresto, annunciato dal ministro dell’Interno egiziano, del capo della disciolta Fratellanza, la suprema guida Hassan el Hodeiby. Costui viveva sotto falso nome in una villa ad Haggar el Nawatia, nei sobborghi di Alessandria, ed è stato scoperto dalla polizia nel suo nascondiglio questa mattina all’alba e tradotto al Cairo sotto forte scorta armata. Le accuse rivoltegli da Nasser consistono nell’«aver abusato della religione per cercare d’impadronirsi del potere». Che il Governo egiziano intenda fare sul serio questa volta, è provato dal fatto che, oltre ai maggiori capi, ben mille persone si trovano già in carcere, e fra di esse parecchi altri dirigenti di grado elevato della Fratellanza musulmana. Non sembra che questa volta i capi della Fratellanza musulmana possano contare sull’appoggio dell’opinione, pubblica, la quale è stanca dopo mesi di agitazioni e preoccupata per le condizioni economiche del Paese
Nasser ha destituito Neguib dalla carica di presidente della Repubblica. L’accusa è di connivenza con la Fratellanza musulmana che aveva progettato di assassinare Nasser confermata da Ibrahim El Tayeb, capo dei gruppi terroristici istituiti dalla « Fratellanza » al Cairo. Tayeb, che è stato arrestato alcuni giorni fa, è considerato uno degli elementi chiave dell’asserito piano ai danni del Governo. Egli, infatti, avrebbe seguito da vicino i presunti contatti fra Neguib e la « suprema guida » della « Fratellanza », Hasan El Hodeiby. Di Mohammed Neguib si dice soltanto che, da ieri, egli risiede con la famiglia nella lussuosa villa di El Marg, alla periferia del Cairo, che apparteneva fino a qualche tempo fa a Mustafa El Nahas, il capo del disciolto partito wafdista. I due giovanissimi figli del generale lo attendevano già da un paio d’ore, quando Neguib vi fu condotto nel pomeriggio di ieri. La moglie lo raggiunse subito dopo. Circola inoltre la voce che il Governo di Nasser avrebbe assicurato al re dell’Arabia San dita e al Presidente della Repubblica siriana che nessun male verrà fatto a Neguib.
Aprendo stamane a Beirut la conferenza dei capi arabi (alla quale sono rappresentati l’Irak, l’Arabia Saudita, la Sirla, il Libano, la Libia, lo Yemen e la Giordania), il Presidente libanese Camille Chamoun ha affermato che l’attuale crisi del Medio Oriente « minaccia la stessa esistenza, la libertà e la dignità» dei Paesi arabi. ». Il nostro potere e la nostra abilità di difendere questi sacri privilegi è in giuoco, egli ha detto. Chamoun ha poi chiesto che tutti i Paesi arabi aiutino l’Egitto a difendere il Canale di Suez contro l’intervento anglo-francese, e ha dichiarato che le « parole non bastano ad illustrare la gravità dell’attuale situazione dei Paesi arabi». Il Presidente libanese ha quindi rivolto i suoi auguri al col. Nasser (il quale è rappresentato alla conferenza dal suo ambasciatore a Beirut, gen. Abdel Hamid Ghaleb, e dall’ambasciatore egiziano in Siria, gen. Mahmoud Riad) ed ha auspicato che l’Egitto «continui a dimostrarsi forte, nella presente sua lotta per la difesa della patria e per la dignità dei popoli arabi». [...] Nell’odierna seduta della conferenza ha parlato anche il Presidente siriano Kuwatly, il quale ha dichiarato che « la vile aggressione anglo-francoisraeliana contro una Nazione sorella (l’Egitto) ha rafforzato la solidarietà di milioni di arabi e risvegliato la coscienza del mondo intero, il quale è ora pronto a sostenere gli arabi nella loro lotta contro l’aggressore»
Nasser è stato proclamato, con tutti i crismi, Capo dello Stato, o meglio degli Stati uniti Siria-Egitto: al plebiscito del 21 febbraio hanno detto sì all’unione il 99,9 per cento dei votanti. Per quanto ogni successo sia solito dare alla testa dei dittatori e spingerli verso una politica più audace, non si può escludere che, in questo caso, il dittatore egiziano sia indotto alla prudenza dalla stessa necessità di contemperare gli interessi dell’Egitto con quelli della Siria, che coincidono solo in un punto, nell’ostilità contro Israele, e sono sorretti da un solo fattore comune, per quanto potente, che è la somiglianza della religione. Differiscono, invece, i due popoli per la razza: uno semitico, l’altro camitico o cuseitico; ed anche il grado di civiltà e le condizioni sociali non si assomigliano, perché in Siria è ignoto il fenomeno del contrasto fra le classi abbienti e l’enorme massa miserabile dei « fellah ». Infine, non può essere del tutto tramontata, in talune sfere, specie militari, di Damasco la corrente favorevole alla creazione della grande Siria estesa fino all’Eufrate: tesi che deve essere abbandonata in favore della politica di Nasser, che gravita verso il Mediterraneo e il Nilo. E’ chiaro, per esempio, che la Siria non ha alcun interesse nella contestazione dell’Egitto col Sudan per uno spicchio di territorio di confine sul MaiRosso (da un articolo del Corriere d’Informazione).
Al Cairo, nel corso del noto processo avanti ad un tribunale militare egiziano a carico di persone imputate di aver complottato per restaurare la monarchia in Egitto, uno dei principali testimoni d’accusa, il colonnello Essam el Din Khalil, ha esplicitamente accusato Re Saud, sovrano dell’Arabia Saudita, ed il principe ereditario dell’Irak, Abdulillah, di aver promesso ingenti premi in danaro ai congiurati. A Damasco, Nasser in persona, parlando ad una folla plaudente di siriani, ha detto che un assegno di 1.900.000 sterline, emesso a Riad, capitale dell’Arabia Saudita, è stato consegnato poco tempo fa al capo del Servizio informativo dell’Esercito siriano, Abdel Hamid Serraj, come prezzo di un complotto di esponenti delle Forze armate siriane contro l’unione fra l’Egitto e la Siria. Lo stesso colonnello Serraj, in una conferenza-stampa, ha poi precisato che sarebbe stato il suocero di Re Saud, Asaad Ibrahim, ad offrirgli da parte del sovrano saudita la somma già citata per « assassinare Gamal Abdel Nasser e ostacolare l’instaurazione dell’unità siroegiziana ».
Si ipotizza che dietro il colpo di Stato in Iraq ci sia Nasser, come si evince anche dal riconoscimento immediato, da parte del nuovo regime, della Repubblica Araba Unita. Si paventa che sia imminente anche una caduta di re Hussein di Giordania (che ha appena sventato un complotto contro di lui). Il Patto di Baghdad è a questo punto carta straccia. Per la Russia la rivolta di Bagdad costituisce un grosso successo. Ma non è detto che un Nasser padrone di tutto il Medio Oriente sia più facilmente manovrabile dal Cremlino. Il suo neutralismo ha avuto un’ulteriore conferma, la scorsa settimana, con l’incontro, alle isole Brioni, con Tito, i cui rapporti con Kruscev non sono mai stati così freddi come in questo momento. L’Irak è uno dei maggiori stati produttori di petrolio del Medio Oriente e se Nasser riuscirà ad assorbire questo stato nella Rau, egli avrà trovato una fonte di ricchezza e di capitali quasi inesauribile, che potrà risolvere molte delle difficoltà economiche del mondo arabo e rendere forse possibile l’inizio di quella riforma strutturale che Nasser ha finora rinviato, ritenendo più importante comprare armi dalla Russia per una futura guerra contro Israele. Ciò a cui stiamo assistendo è il completamento della evoluzione nazionalista araba, e vale la pena ricordare che la suddivisione del mondo arabo in tanti Stati diversi è stato uno dei risultati dello sfacelo dell’impero turco, dopo la prima guerra mondiale. Per l’Occidente, la cui economia è fondata in buona parte sul petrolio mediorientale, un totale successo di Nasser fa sorgere grossi problemi economici, strategici e politici. Rimane il fatto che il libero accesso al petrolio mediorientale è assolutamente ! vitale per l’Europa occidentale. A questo punto però l’Occidente non potrà fare altro che prepararsi a scendere a patti con Nasser e con il nazionalismo arabo che, d’altra parte, non c’è dubbio, ha bisogno di questa collaborazione con l’Occidente, anche perché l’Europa è il naturale e unico mercato del petrolio mediorientale (da un articolo di Arrigo Levi per il Corriere della Sera).
Dopo la crisi di Suez, gli inglesi e i francesi tentarono di fermare Nasser, ma gli americani glielo impedirono. Allora «in tutti i Paesi del Medio Oriente, echeggiarono gli urli di trionfo di Radio Cairo. E la gente constatava che Nasser dall’amicizia con la Russia aveva ottenuto armi e prestigio, mentre gli amici dell’Occidente — Chamoun del Libano, i re Hascemiti, Nuri Said in Irak — non ottenevano dall’America aiuti di cui avevano bisogno, e la vita diventava per loro sempre più difficile. E Nasser andò avanti: si annesse la Siria e non lo fermarono. Con un cenno fece cadere Saud — « il gran re Saud » — su cui aveva puntato Foster Dulles. E non lo fermarono. Poi, i suoi scherani si sono infiltrati nel Libano e là combattono per buttare giù il Governo di Chamoun. E ora la tragedia di Bagdad. Il re, il principe ereditario Abdul Illah, il primo ministro Nuri Said hanno pagato il prezzo della loro amicizia per l’Occidente» (da un articolo di Augusto Guerriero).
[...] Nasser quello che vuole lo ha detto chiaramente nel suo libro Egypt’s liberation. Vuole creare un impero musulmano, che comprenda quasi tutta l’Africa e tutto il Medio Oriente, sotto il dominio del Cairo. Queste ambizioni non hanno niente a che fare con la naturale aspirazione dei popoli arabi all’indipendenza. Ma Nasser è stato così astuto da innestare il suo imperialismo al movimento di quei popoli arabi per l’indipendenza. E, una volta creata questa confusione ideologica, ha messo la tecnica nazista al servizio del suo imperialismo. Può l’Occidente soddisfare le pretese di Nasser? Walter Laqueur ha fatto un inventario di quello che significherebbe «venire a patti con Nasser». Significherebbe anzitutto cedergli il Libano, la Giordania, l’Arabia Saudiana, il Kuwait, la Libia. Significherebbe il crollo del Governo democratico del Sudan. Lo smembramento di Israele (per ora lo smembramento, la distruzione in seguito). Il Marocco, la Tunisia, l’Algeria nell’orbita del nasserismo. Conflitti con la Turchia e forse guerra per Alessandretta. Idem con la Persia per Bahrein e per i curdi. Espansione della R. A. U. nell’Africa centrale. Annessione alla R.A.U. dell’Eritrea e della Somalia. Inclusione dell’Etiopia, del Kenia, dell’Uganda, dell’Africa occidentale francese nella sfera araba di co-prosperità. Questo elenco delle rivendicazioni nasseriane non è opera di fantasia o .di congetture: è dedotto da pubblicazioni egiziane e dalle trasmissioni di Radio Cairo. Terzo quesito: rappresenta Nasser tutti i popoli arabi? No. Egli rappresenta una certa classe di ufficiali. Il povero fellah aspira ad avere un po’ di terra e a vivere un po’ meglio, non già a conquistare l’Africa. Gli interessi dell’Egitto sono una cosa, e gli interessi della Mezzaluna fertile (specialmente dell’Irak) e dell’Arabia sono un’altra cosa. Il punto fondamentale è questo: alcuni Paesi del Medio Oriente sono ricchi di petrolio (Irak, Arabia, Kuwait e altri sceiccati della costa) : altri non hanno petrolio, ma il petrolio deve attraversare i loro territori (Egitto, Siria). I primi hanno interesse: 1) a che si estragga la maggior quantità di petrolio; 2) a ottenere le più alte « royalties ». I secondi hanno interesse a riscuotere le più alte tasse sul passaggio del petrolio. (da un articolo di Augusto Guerriero).
BEIRUT - L’agenzia di informazioni araba comunica di aver appreso da alcuni esponenti politici siriani, giunti giovedì scorso nella capitale libanese da Damasco, che le autorità della R.A.U. hanno proibito la pubblicazione del quotidiano comunista « An Nur » e hanno ordinato la chiusura di alcuni uffici culturali sovietici in Siria. Le stesse fonti hanno inoltre dichiarato che il leader comunista siriano Khaled Bagdash, ha lasciato Damasco alla volta dell’Europa, dopo il recente discorso anticomunista del Presidente Nasser. Secondo gli esponenti politici giunti a Beirut, sarebbero imminenti ulteriori misure. Commentando gli attacchi rivolti dal Presidente Nasser ai comunisti arabi, «L’Orient» si chiede quante probabilità di successo abbiano tali attacchi che potrebbero anche essere un segno di sconfitta, e se Nasser sia veramente in grado di staccare i comunisti arabi dal Cremlino. «Il compito — scrive «L’Orient» — sarà difficile in quanto le barriere create a Bagdad dal regime ashemita si sono sgretolate, la Siria soffre di una grave crisi economica e, infine, la posizione comunista per quanto riguarda l’unità araba è assai ben congegnata ». Il giornale non esclude la possibilità, in caso di una sconfitta, che Nasser ricorra « ad una collaborazione tacita o di fatto con la Giordania, l’Arabia Saudita, l’Occidente e tutti i vecchi partiti nazionalisti di destra, a cominciare dal partito popolare sociale ». (Un libro in gocce)
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