Dall’Iraq si apprende che, giunto ieri mattina in aereo all’aeroporto di Bagdad, lo Scià avrebbe detto ai funzionari iracheni, secondo quanto riferisce un testimone oculare: «Sono uno straniero e desidero fermarmi qualche giorno a Bagdad» Chieste le carte d’identità ai passeggeri dell’aereo, che non era atteso all’aeroporto di Bagdad, i funzionari hanno appreso di chi fossero alla presenza. Si sono allora affrettati ad avvertire la alte autorità governative irachese che attendevano sul campo l’arrivo di re Feisal di ritorno dalla Giordania. Le autorità si sono a loro volta precipitate verso l’aereo iraniano per accogliere lo Scià e l’imperatrice. Il Governo iracheno ha subito impartito gli ordini necessari e lo Scià, l’imperatrice, un aiutante di campo e il secondo pilota dell’aereo sono stati condotti in automobile speciale verso la residenza degli ospiti ufficiali del Governo iracheno. Un testimone afferma che, allontanandosi a bordo dell’auto, lo Scià piangeva. Anche l’imperatrice era in lacrime. Mentre si trovava all’aeroporto lo Scià ha brevemente parlato alle autorità irachene, spiegando perché avesse preferito venire nel vicino Iraq piuttosto che recarsi in Europa o tra le tribù dei Bakhtiari, alle quali appartiene la famiglia dell’imperatrice. Le dichiarazioni fatte dallo Scià all’aeroporto sembrerebbero indicare che il suo soggiorno a Bagdad sarà breve; nessuna bandiera è stata comunque esposta sulla «Casa Bianca», la residenza dove ha preso alloggio lo Scià. Nel pomeriggio lo Scià e l’imperatrice hanno preso il tè a palazzo reale insieme a re Feisal II e all’erede presuntivo emiro Abdullillah
Il Primo ministro egiziano Nasser ha detto oggi durante un’intervista che l’Egitto si ritirerà dal patto di sicurezza collettiva dei Paesi arabi se l’Iraq insisterà nella firma del trattato di mutua difesa con la Turchia. È la prima volta che l’Egitto rende di pubblica ragione una minaccia del genere. L’asserzione di Nasser è stata interpretata come un tentativo estremo per impedire il fallimento di una missione araba a Bagdad, la quale sta cercando di persuadere il Primo ministro iracheno Nuri Said a desistere dal progetto di alleanza con la Turchia, Paese collegato agli interessi del blocco occidentale. Le dichiarazioni di Nasser hanno messo anche in evidenza il risentimento dell’Egitto verso alcuni Stati arabi che non si sono associati nel condannare l’alleanza tra l’Arabia e la Turchia. Il Premier egiziano ha aggiunto che nel caso l’alleanza tra la Turchia e l’Arabia venga conclusa, l’Egitto proporrà un nuovo patto con quegli Stati arabi che si sono opposti al trattato arabo-turco. Nel nuovo raggruppamento sarebbero invitati ad entrare anche altri Stati africani.
Il Primo ministro turco Adnan Menderes e il Primo ministro iracheno Nuri el Said hanno firmato stasera a Bagdad un trattato di difesa e di collaborazione fra i due Paesi. I due Primi ministri hanno firmato il trattato dopo sei ore il discussioni, iniziate nel po meriggio, interrotte solo per il pranzo e terminate verso mezzanotte (ora locale). Durante i colloqui, la delegazione turca e quella irachena hanno elaborato gli ultimi particolari del trattato. Sono stati firmati due testi del trattato, uno in lingua araba e l’altro in lingua turca. Si ritiene che il Parlamento iracheno si riunirà la prossima settimana per procedere alla ratifica del trattato. Il Primo ministro turco Adnan Menderes partirà probabilmente domani in aereo da Bagdad alla volta di Ankara. Secondo quanto si apprende da fonti diplomatiche, il Presidente della Repubblica turca, Celai Bayar, giungerà a Bagdad, proveniente da Karaci, il 5 marzo prossimo per una visita di cinque giorni. A Istanbul l’ufficio informazioni dell’esercito turco ha definito oggi « completamente infondate » le notizie diffuse da un giornale del Cairo, secondo cui la Turchia avrebbe trasferito due divisioni alla frontiera con la Siria per far pressione sul Parlamento siriano, perché appoggi il patto turco-iracheno. Dal Cairo si apprende che un portavoce militare, annunciando che l’esercito egiziano ha ricevuto l’ordine di « tenersi pronto a qualsiasi evenienza », ha affermato: «Consideriamo come destinato a creare una situazione particolarmente grave il fatto che i paesi occidentali comincino ad esercitare pressioni sull’Egitto per indurlo ad accettare il patto turco-iracheno».In Egitto la questione del patto turco-iracheno è considerata di tale gravità che l’Esercito « ha ricevuto l’ordine di tenersi pronto ad ogni eventualità », come ha dichiarato un portavoce ufficiale. Questi ha poi aggiunto: «Mantenendo la sua parola l’Egitto denuncerà il patto di sicurezza collettiva interarabo subito dopo la firma dell’accordo turco-iracheno».
Da questa mattina al fianco dell’Egitto in guerra si è schierata la Siria, con le sue truppe e la sua aviazione militare. Con una comunicazione ufficiale, diramata da tutte le rappresentanze diplomatiche siriane all’estero e trasmessa da Radio-Damasco, la Siria ha annunciato al mondo che «il Governo siriano ha deciso di mettere le proprie truppe a disposizione del comandante in capo delle forze egiziane, generale Abdel Hakini Amer». Truppe siriane hanno varcato la frontiera con la Giordania e si sono poste a disposizione di re Hussein, « per difendere il Paese in caso di aggressione da parte israeliana ». Anche forti contingenti di truppe blindate irachene sono giunti la scorsa notte in territorio giordano. L’irak però non ha ancora rotto le relazioni diplomatiche con la Francia e con la Gran Bretagna, mentre questo grave passo è g<à stato compiuto dalla Siria, dove le manifestazioni antifrancesi e anti-inglesi si moltiplicano.
«[...] Tutti capiscono che la costituzione di un vincolo federale fra le due monarchie arabe ha lo scopo precipuo di controbilanciare l’Unione araba fondata per iniziativa di Nasser, e sotto il patrocinio della Russia sovietica, dalle due Repubbliche del Cairo e di Damasco. I due nuovi enti statali rappresentano nel Medio Oriente, per lo meno tendenzialmente, i due blocchi mondiali che fanno capo a Washington e a Mosca. La nascita della federazione irako-giordana può essere considerata come un contributo alla pace nella misura in cui ristabilisce l’equilibrio turbato pochi giorni fa dalla formazione della Unione egitto-siriaca. Essa dev’essere accolta con soddisfazione in Europa, in quanto unifica il territorio per il quale passano alcune delle principali condotte che portano il petrolio mesopotamico al mare Mediterraneo. Lo Stato d’Israele, stretto finora tra quattro Nazioni arabe che gli sono ugualmente nemiche, ne avrà solo due ai suoi fianchi. Non sembra a prima vista che la posizione di Tel Aviv sia peggiorata, giacché se da un lato può essere più facile l’accordo fra due Governi per aggredire gli ebrei e tentare di spingerli nel mare, dall’altro lato i Governi emergenti dalle due fusioni sono più rivali tra loro che non fossero, prima di questo sviluppo, i quattro elementi statali originari [...]» (dal Corriere d’Informazione).
DAMASCO - «Il corpo di colui che sognava di salire troppo in alto giace ora senza vita nella polvere della via». Stamattina con queste parole Radio Bagdad ha annunciato al mondo che, nell’Irak, è stata rovesciata la monarchia hascemita del giovanissimo Re Feisal, e che è stata instaurata la nuova Repubblica irakena, di ispirazione nasseriana, sotto la guida del generale Abdel Kerim Kassem. Il giovane sovrano sarebbe caduto nelle mani dei rivoltosi questa mattina alle 6, mentre, all’aeroporto della capitale, si accingeva a salire sull’aereo che doveva portarlo a Istanbul, dove era in programma la riunione dei Paesi aderenti al Patto di Bagdad. Catturato da un gruppo di alti ufficiali ribelli, il giovane sovrano sarebbe stato trattenuto prigioniero per alcune ore alla sede stessa dell’aeroporto, poi sarebbe stato fucilato su una piazza di Bagdad, mentre il Primo ministro Nuri Said sarebbe stato linciato. Il principe ereditario, Abdul Illah, zio di Feisal e, dopo essere stato il tutore del re giovanetto, tuttora considerato il padrone del Paese, sarebbe stato impiccato dalla folla inferocita, a seguito di un assalto al suo palazzo. I corpi dei tre principali esponenti dell’Irak monarchico sarebbero stati, nella stessa mattinata di oggi, esposti al ludibrio della popolazione, e, infine, nel primo pomeriggio, bruciati sulla piazza prospiciente il Palazzo reale di Bagdad. Uno dei primi provvedimenti del nuovo Governo di militari è stato quello di proclamare la legge marziale, e di chiudere le frontiere con la Giordania, da cui sono temute reazioni minacciose. Truppe giordane, comandate personalmente da Re Hussein — che di Re Feisal è il cugino, e che appartiene alla stessa dinastia degli Hascemiti — sarebbero già attestate alla frontiera. giordano-irakena, fino a questa notte praticamente spalancata, data la strettissima alleanza fra i due Paesi. Re Hussein, daltronde, in virtù del trattato di alleanza che ha dato vita all’Unione giordano-irakena ha già ufficialmente dichiarato di considerarsi, in assenza del Re Feisal e nella possibilità di un suo già avvenuto decesso, il successore al trono dell’Irak, e il comandante in capo delle forze militari dei due Paesi.
Si ipotizza che dietro il colpo di Stato in Iraq ci sia Nasser, come si evince anche dal riconoscimento immediato, da parte del nuovo regime, della Repubblica Araba Unita. Si paventa che sia imminente anche una caduta di re Hussein di Giordania (che ha appena sventato un complotto contro di lui). Il Patto di Baghdad è a questo punto carta straccia. Per la Russia la rivolta di Bagdad costituisce un grosso successo. Ma non è detto che un Nasser padrone di tutto il Medio Oriente sia più facilmente manovrabile dal Cremlino. Il suo neutralismo ha avuto un’ulteriore conferma, la scorsa settimana, con l’incontro, alle isole Brioni, con Tito, i cui rapporti con Kruscev non sono mai stati così freddi come in questo momento. L’Irak è uno dei maggiori stati produttori di petrolio del Medio Oriente e se Nasser riuscirà ad assorbire questo stato nella Rau, egli avrà trovato una fonte di ricchezza e di capitali quasi inesauribile, che potrà risolvere molte delle difficoltà economiche del mondo arabo e rendere forse possibile l’inizio di quella riforma strutturale che Nasser ha finora rinviato, ritenendo più importante comprare armi dalla Russia per una futura guerra contro Israele. Ciò a cui stiamo assistendo è il completamento della evoluzione nazionalista araba, e vale la pena ricordare che la suddivisione del mondo arabo in tanti Stati diversi è stato uno dei risultati dello sfacelo dell’impero turco, dopo la prima guerra mondiale. Per l’Occidente, la cui economia è fondata in buona parte sul petrolio mediorientale, un totale successo di Nasser fa sorgere grossi problemi economici, strategici e politici. Rimane il fatto che il libero accesso al petrolio mediorientale è assolutamente ! vitale per l’Europa occidentale. A questo punto però l’Occidente non potrà fare altro che prepararsi a scendere a patti con Nasser e con il nazionalismo arabo che, d’altra parte, non c’è dubbio, ha bisogno di questa collaborazione con l’Occidente, anche perché l’Europa è il naturale e unico mercato del petrolio mediorientale (da un articolo di Arrigo Levi per il Corriere della Sera).
Dopo la crisi di Suez, gli inglesi e i francesi tentarono di fermare Nasser, ma gli americani glielo impedirono. Allora «in tutti i Paesi del Medio Oriente, echeggiarono gli urli di trionfo di Radio Cairo. E la gente constatava che Nasser dall’amicizia con la Russia aveva ottenuto armi e prestigio, mentre gli amici dell’Occidente — Chamoun del Libano, i re Hascemiti, Nuri Said in Irak — non ottenevano dall’America aiuti di cui avevano bisogno, e la vita diventava per loro sempre più difficile. E Nasser andò avanti: si annesse la Siria e non lo fermarono. Con un cenno fece cadere Saud — « il gran re Saud » — su cui aveva puntato Foster Dulles. E non lo fermarono. Poi, i suoi scherani si sono infiltrati nel Libano e là combattono per buttare giù il Governo di Chamoun. E ora la tragedia di Bagdad. Il re, il principe ereditario Abdul Illah, il primo ministro Nuri Said hanno pagato il prezzo della loro amicizia per l’Occidente» (da un articolo di Augusto Guerriero).
Il re della Giordania, Hussein, si prepara, con l’aiuto degli amici del mondo libero — così egli ha dichiarato in una intervista che la B. B. C. ha radiotrasmesso stasera — «a trarre in salvo l’Irak dall’abisso in cui è caduto, vale a dire dall’orbita comunista». Re Hussein non ha voluto precisare quali misure concrete egli abbia in animo di prendere contro gli insorti iracheni, ma ha detto: «Farò tutto quanto è in mio potere per ristabilire la pace e l’ordine nella parte irachena dell’Unione Araba nel più breve tempo possibile». Il sovrano giordano ha attribuito all’Unione Sovietica la responsabilità di aver fomentato la rivolta irachena e ha proseguito: «Spero che non si dica un giorno che nella nostra lotta per difendere ciò che è giusto, e cioè la nostra indipendenza ed integrità, i nostri amici ci hanno lasciati soli ». Hussein ha quindi definito i capi ribelli dell’Irak «marionette mascherate da nazionalisti arabi» sottolineando che «in ogni attività, i congiurati di Bagdad saranno contro l’Occidente». Per Hussein, il Presidente della R.A.U. Nasser è «un uomo senza onore», e tanto lui quanto i suoi seguaci a Bagdad e in Siria lavorano individualmente e collettivamente per i comunisti. Re Hussein ha infine affermato che l’Unione Sovietica non soltanto è dietro la rivolta irachena, «ma è anche l’ispiratrice della rivoluzione di tutto il Medio Oriente».
LTrak è potenzialmente ricco, e la prospettiva di dividere col numerosissimo e poverissimo proletariato egiziano i 200 milioni di dollari che ricava ogni anno dal petrolio non può sorridere al suo popolo né ai suoi capi. Perciò non è entrato a far parte della R.A.U. e perciò è possibile che Bagdad diventi un nuovo centro di nazionalismo arabo. E pare che fra i capi di Bagdad vi sia una frattura: da una parte, i moderati, dall’altra i « nasseriani ». Se fosse così, l’Occidente dovrebbe fare tutte le concessioni possibili ai moderati, al fine di rafforzarli: soprattutto, dovrebbe associarsi il nuovo Governo nello sfruttamento del petrolio: anzi, dovrebbe sfruttare il petrolio per conto di esso. Cosi il contrasto di interessi fra chi ha il petrolio e deve venderlo e chi lo lascia passare sarebbe più diretto.
Cinque brigate blindate irachene si sarebbero concentrate, durante la notte di Natale, nella regione di Fakka, e sarebbero pronte a marciare in direzione del fiume Sciat el Arab, che delimita la zona nevralgica in contestazione fra la Repubblica dell’Iraq e l’Impero dell’Iran. Le cinque brigate sarebbero appoggiate da due squadriglie di caccia e da una squadriglia di bombardieri, che farebbero base a Bassora: i caccia iracheni sarebbero per la maggior parte Mig 17 di costruzione sovietica, forniti a Kassem lo scorso aprile dall’Urss, insieme a un forte quantitativo di armi automatiche e di munizioni. Questo movimento di truppe alla frontiera irano-irakena costituirebbe però, almeno per ora, soltanto una manovra del generale Kassem, la quale, insieme col processo celebrato in questi giorni a Baghdad contro 57 persone accusate di complotto contro il Governo, ha lo scopo di allarmare l’opinione pubblica e dimostrare che la giovane Repubblica dell’Iraq, nata dopo il colpo di Stato del 14 luglio 1958, è circondata da nemici «venduti all’ imperialismo». L’Iran ha comunque disposto uno schieramento prudenziale di truppe e di aerei lungo il confine con l’Iraq, soprattutto nelle regioni meridionali. Reparti corazzati iraniani sono stati spostati da Abadan a Dizful, mentre le unità navali che sono alla fonda nei porti del Golfo Persico hanno ricevuto l’ordine di rimanere in stato di allarme e di portarsi al largo di Bandar Shahpur, nel caso fosse necessario il loro intervento.Secondo altre notizie giunte a Teheran da Abadan e da altri punti della frontiera fra Iran ed Iraq, una ondata di agitazioni e di opposizione al regime del Primo ministro Abdul Karem Kassem si sta manifestando fra i contadini e le tribù dell’Iraq meridionale. L’opposizione a Kassem si starebbe trasformando in una aperta rivolta. Queste informazioni vengono attribuite ai commercianti che nelle prime ore di ieri hanno varcato il confine. Uno di costoro ha riferito che nel villaggio iracheno di Amareh vi è stata una dimostrazione contro Kassem e sono stati lanciati volantini antigovernativi.
Colpo di stato del partito Baath in Iraq. «La prima grande rottura ufficiale con il secolarismo hard era stata una caratteristica del regime baathista fin dai suoi esordi violenti nel 1968».
Produzione in milioni di barili al giorno nel 1978: Arabia saudita 8,5 Iran 5,2 Iraq 2,6 Venezuela 2,2 Kuwait 2,1 Libia 2,0 Nigeria 1,9 Emirati 1,8 Indonesia 1,6 Algeria 1,2 Qatar 0,5 Gabon 0,3 Ecuador 0,2.
Iraq. Saddam Hussein, membro del Consiglio rivoluzionario Baath, diventa presidente e assume i pieni poteri. Il partito d’opposizione Al Daawa è costretto alla clandestinità. La sua ascesa al potere è segnata da una delle epurazioni più sanguinose che le élite dirigenti del paese abbiano mai conosciuto. Nel giro di pochi giorni un terzo dei membri del Consiglio di comando della rivoluzione è massacrato e 21 membri della direzione del partito Baath sono passati per le armi.
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