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Sale sul trono dell’Iran lo scià Reza Shah Pahlavi
Reza Pahlavi, primo ministro dal 1923, avendo deposto Ahmad Qajar, ultimo scià della dinastia Qajar, che ha lasciato il paese per l’Europa, è eletto dal Majles dell’Iran, riunito come assemblea costituente, nuovo Scià di Persia col nome di Reza Shah.
Giovedì 16 marzo 1939
Matrimonio tra la principessa sunnita Fawzia, egiziana, e il principe sciita Reza Pahlavi, sciita
La Principessa dell’Egitto Fawzia sposa al Cairo il giovane Principe Ereditario d’Iran, Mohammad Reza Pahlavi. Dopo la luna di miele, la cerimonia nuziale sarà ripetuta a Teheran.
Lunedì 25 agosto 1941
Invasione sovietica e inglese dell’Iran
• Gli ambasciatori inglesi e sovietici a Teheran presentano un ultimatum al governo iraniano, ingiungendogli di accettare la “protezione” degli Alleati. Quasi contemporaneamente truppe sovietiche e inglesi irrompono nel paese: i sovietici, da nord, puntano direttamente sulla capitale, mentre gli inglesi, provenendo dal Golfo Persico e dall’Iraq, occupano il centro petrolifero di Abadan. Lo scià Reza Pahlevi denuncia l’aggressione. Il gesto degli Alleati ha, tra le altre conseguenze, quella di rafforzare la neutralità della Turchia. [Salmaggi e Pallavisini] (Salmaggi e Pallavisini)
Mercoledì 27 agosto 1941
Formazione di un nuovo governo in Iran
• In Iran, viene formato un nuovo governo che chiede l’armistizio agli Alleati. L’atto, in base al quale gli anglo-sovietici presidieranno i punti strategici del paese a eccezione della capitale, verrà sottoscritto l’indomani. Con questa occupazione gli Alleati hanno inteso premunirsi contro una possibile manovra a tenaglia da parte delle forze dell’Asse attraverso l’Egitto e la Siria. [Salmaggi e Pallavisini] (Salmaggi e Pallavisini)
Martedì 16 settembre 1941
Gli Alleati non rispettano gli accordi e occupano Teheran
• Iran. Contravvenendo agli accordi armistiziali, gli Alleati occupano la capitale Teheran. Per protesta, lo scià abdica a favore del figlio Mohammed Reza Khan. [Salmaggi e Pallavisini] (Salmaggi e Pallavisini)
Giovedì 29 gennaio 1942
Trattato di alleanza fra Gran Bretagna, URSS e Iran
• Iran. Gran Bretagna e URSS firmano con l’Iran un trattato di alleanza in base al quale l’Iran si impegna a rimanere neutrale; le truppe inglesi e sovietiche saranno ritirate dal paese sei mesi dopo la fine del conflitto con le potenze dell’Asse. Il “corridoio persiano” diventerà una delle principali vie di rifornimento degli Alleati occidentali all’URSS. [Salmaggi e Pallavisini] (Salmaggi e Pallavisini)
Martedì 10 marzo 1942
Estensione della legge “Affitti e prestiti” all’Iran
• Il governo USA dichiara che i benefici della legge “Affitti e prestiti” possono essere estesi all’Iran. [Salmaggi e Pallavisini] (Salmaggi e Pallavisini)
Lunedì 21 settembre 1942
L’imperatrice Fawzia sulla copertina di Life
Cecil Beaton fotografa l’imperatrice di Persia, Fawzia, e la foto finisce sulla copertina di Life incantando migliaia di persone in tutto il mondo. Beaton disse: «È una Venere Orientale, dall’ovale del volto perfetto, la carnagione pallida e gli occhi blu» (wikipedia)
Diretto controllo USA degli aiuti diretti all’URSS via Iran
• Gli Stati Uniti si assumono la responsabilità diretta del controllo degli aiuti inviati all’URSS attraverso l’Iran. [Salmaggi e Pallavisini] (Salmaggi e Pallavisini)
Giovedì 1 aprile 1943
L’aviazione USA assume il controllo dell’officina di Abadan
• Iran. L’aviazione americana assume la responsabilità, finora affidata a un’impresa privata, di una grossa officina, situata ad Abadan, per il montaggio degli aerei che gli USA forniscono all’Unione Sovietica. [Salmaggi e Pallavisini] (Salmaggi e Pallavisini)
Giovedì 9 settembre 1943
Dichiarazione di guerra dell’Iran ai paesi del Tripartito
• L’Iran dichiara la guerra alle potenze del Tripartito. Aveva rotto le relazioni diplomatiche con la Germania e l’Italia il 16 settembre 1941. [Salmaggi e Pallavisini] (Salmaggi e Pallavisini)
Martedì 4 gennaio 1944
Le pretese di inglesi, americani e russi sull’Afghanistan
Sotto il titolo «Inghilterra, Stati Uniti e Unione sovietica si dividono l’Afganistan» il giornale Duma pubblica la seguente notizia da Istanbul: «Si apprende da fonte autorizzata che l’Inghilterra, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica hanno deciso alla Conferenza di Teheran di dirigere all’Afghanistan una richiesta comune, allo scopo dl ottenere una garanzia dei loro interessi e delle loro concessioni, analogamente a quella conseguita nell’ Iran. Gli Stati Uniti pretenderebbero le concessioni petrolifere nonché i relativi mercati, l’Unione sovietica le restanti materie prime e prodotti, mentre l’Inghilterra esigerebbe la concessione del controllo su tutto il movimento postale e telegrafico dell’Afghanistan. Mentre l’Inghilterra si interessa vivamente ai confini settentrionali dell’India e alla loro sicurezza, pretende in pari tempo il monopolio dl tutte le vie e mezzi di comunicazione dell’Afghanistan. Quale contropartita per queste richieste l’Inghilterra, gli Stati Uniti e l’Unione sovietica si dichiarano disposti a riconoscere l’odierno Governo afgano e a garantirgli piena indipendenza in tutte le questioni inerenti all’esercito, all’economia e alla finanza. «Nel sottoporre queste richieste le tre Nazioni dirameranno una dichiarazione comune circa l’indipendenza dell’Afghanistan analoga a quella dell’Iran, dato che esse intenderebbero metter piede su larga scala nell’Afghanistan nei primi giorni di quest’anno» (dal Corriere della Sera).
Giovedì 10 febbraio 1944
Gli iraniani vogliono togliere la Mecca e Medina ai sauditi
SI apprende dal Cairo che la controversia diplomatica irano-saudiana sta prendendo una svolta inattesa. Il ministro dell’Iran nella capitale egiziana ha presentato al locale rappresentante dell’Arabia saudiana una nota con la quale il suo Governo chiede che le città sante della Mecca e di Medina siano amministrate da una commissione internazionale islamica. Secondo la proposta dal Governo iranico, in quella commissione dovrebbero figurare, oltre ai rappresentanti di tutti i paesi islamici, anche rappresentanti delle Repubbliche sovietiche le cui popolazioni siano prevalentemente islamiche. La nota iranica è stata notificata a tutti i Paesi maomettani interessati. Il ministro dell’U.R.S.S. nella capitale egiziana, ha dichiarato davanti ai rappresentanti della stampa estera che, in seguito alla nuova costituzione sovietica, tutte le Repubbliche sovietiche di religione maomettana nomineranno rappresentanti diplomatici presso tutti i Paesi islamici. Il Presidente dei ministri egiziano Nahas Pascià è stato ricevuto da re Faruk il quale si è interessato circa l’andamento della vertenza irano-saudiana
Martedì 25 aprile 1944
Sanguinosi conflitti nelle città dell’ Iran fra la popolazione e i sovietici
ANKARA - Nell’ Iran si sono verificati conflitti fra truppe sovietiche d’occupazione e la popolazione. In una strada di Tabriz la folla inferocita ha aggredito un gruppo di ufficiali sovietici ferendone alcuni gravemete. La polizia ha operato centinaia di arresti II coprifuoco e stato ordinato in tutto il paese. (Corriere della Sera)
Lunedì 24 luglio 1944
Scontri a Teheran tra russi e iraniani
Nell’ Iran si sono verificati, secondo informazioni da Teheran, scontri tra marinai sovietici e cittadini iraniani. I marinai russi hanno aperto il fuoco contro un folto gruppo di persone radunate per una manifestazione. Numerosi sono i morti e i feriti (Corriere della Sera)
Giovedì 27 luglio 1944
Morte dell’ex scià Reza Pahlevi
Si ha da Johannesburg (Sud Africa) che l’ex-Sclà, dell’Iran Reza Pahlavi, deposto e internato dagli Anglo-Americani, è morto ieri dopo breve malattia. Era salito al trono il 17 dicembre 1925 e aveva portato il suo Paese a un grado di eccezionale floridezza che veniva interrotta solo nel 1941 in seguito all’irruzione degli «alleati» nell’ Iran (dal Corriere della Sera)
Sabato 26 agosto 1944
Vietati in Iran i film non sovietici
LISBONA - Secondo una ordinanza delle autorità bolsceviche di occupazione nell’ Iran settentrionale d’ora innanzi sarà permessa la proiezione soltanto di pellicole sovietiche. L’ordinanza precisa che, in particolare, sono vietati tutti i film nordamericani, inglesi, francesi e arabi. (dal Corriere della Sera)
Lunedì 16 ottobre 1944
I russi cercano di impossessarsi del petrolio iraniano
STOCCOLMA - Gli sforzi sovietici per entrare in possesso delle concessioni petrolifere nel nord dell’ Iran vengono considerati dal giornale londinese Observer come azione preliminare per creare, nel dopoguerra, una Russia esportatrice di petro. lìo sul mercato mondiale. Il giornale dichiara, inoltre, che le ragioni economiche, che vorrebbero giustificare questa nuova presa di posizione sovietica, non consistente in una accresciuta penuria di petrolio in Russia, lasciano intravedere l’intenzione del Governo di Mosca di esportare il petrolio. L’ Iran deve quindi attendersi, conclude il giornale, nuove richieste di concessioni petrolifere, non soltanto da parte dell’Unione sovietica, ma anche da parte degli Statunitensi che sono interessati ai giacimenti di petrolio esistenti nelle regioni sud-orientali- dell’Iran. (Corriere della sera del 17 ottobre)
Mercoledì 25 ottobre 1944
Eden in Egitto e poi in Iran a caccia di petrolio
Lasciata Mosca, il ministro britannico degli Esteri Eden ha fatto una sosta al Cairo dove ha avuto colloqui con re Faruk, con il nuovo Presidente del Consiglio egiziano e ministro degli Esteri, nonché con il residente britannico del Medio Oriente, Lord Moyne. L’agenzia britannica di informazioni aggiunge che il Ministro degli Esteri inglese ha discusso con le personalità egiziane questioni inerenti alle relazioni anglo-egiziane. Ahmed Maher Pascià avrebbe di nuovo assicurato che l’Egitto si assumerà la parte che spetta a questo Paese nella lotta contro il Giappone. Si apprende che Eden si recherà prossimamente a Teheran, per convincere il Governo dell’ Iran a concedere alla Russia un più ampio sfruttamento delle sorgenti petrolifere, finora sotto il controllo britannico.
Lunedì 30 ottobre 1944
In Iran i russi cercano di far cadere il governo Saedy
LISBONA - A quanto comunica il servizio delle Informazioni di Mosca, a Teheran sarebbe avvenuta una dimostrazione con la partecipazione di circa 20.000 persone di ogni ceto, nel corso della quale sarebbero state ripetutamente chieste le dimissioni del Presidente dei Ministri Saedy. Secondo la stessa fonte il lavoro è stato sospeso dalla maggior parte delle industrie dell’armamento. Il giornale londinese Observer, in un suo articolo, lascia comprendere che tale movimento ostile al Governo di Saedy è sobillato da Mosca. Scrive, infatti, il giornale Observer: «il rifiuto da parte del Governo iranico di assicurare concessioni di petrolio all’Inghilterra, alla Russia e agli Stati Uniti per la durata della guerra pare debba essere seguito dalla caduta dell’attuale regime iranico. Un’incessante campagna contro il Governo e contro il Primo ministro Saedy viene condotta da Mosca tanto all’estero quanto all’interno dell’Iran. Mosca ha accusato il Governo di Teheran di aver sabotato il transito dei rifornimenti inviati dall’America alla Russia in base alla legge «affitti e prestiti». (Dal Corriere della Sera del 31 ottobre)
Martedì 31 ottobre 1944
Petrolio, interrotte le trattative tra Iran e Urss
STOCCOLMA - Il vice-Commissario sovietico agli Affari esteri ha reso noto — secondo un’emittente «alleata» — che sono state interrotte le trattative iniziate fra l’Unione Sovietica e l’Iran sulla questione del petrolio, in seguito all’atteggiamento che il vice-Commissario agli Esteri sovietico definisce « sleale » da parte del Governo iraniano.
Lunedì 4 dicembre 1944
Il Parlamento iraniano vieta ogni concessione petrolifera
LISBONA - Un dispaccio da Teheran, diffuso dall’agenzia A.F.I., informa che l’Assemblea nazionale iraniana ha approvato una legge che vieta al Governo iraniano di concludere qualsiasi accordo riguardante concessioni petrolifere (Corriere della Sera)
1945
Fawzia divorzia dallo scià di Persia
Dopo la nascita dalla coppia di una figlia femmina (la principessa Shahnaz Pahlavi) la regina Fawzia (il titolo di imperatrice non è ancora in uso allora in Iran) ottiene la separazione legale dal marito da parte del governo egiziano nel 1945. Il divorzio non è però concesso in Iran.
Martedì 17 luglio 1945
Gli americani se ne vanno dall’Iran
WASHINGTON - Le truppe americane che controllavano il passaggio di milioni di tonnellate di rifornimenti bellici diretti all’Unione Sovietica attraverso l’ Iran, ricco di petrolio, abbandoneranno questo paese entro novembre, lasciandolo al controllo russo e britannico
Venerdì 20 luglio 1945
Siria e Iran chiedono il ritiro delle truppe inglesi e russe
Secondo circoli londinesi bene informati le truppe britanniche e sovietiche non evacueranno l’ Iran. Nessuna decisione è stata presa circa il ritiro delle truppe richiesto dal Governo iraniano, né si ritiene che la questione venga discussa a Potsdam, dato che gli Stati Uniti sono estranei al fatto avendo già ritirato le loro truppe. Notizie da Damasco informano che il Primo ministro siriano, Fayez el Khoury ha dichiarato oggi a un corrispondente che fino a quando truppe straniere rimarranno in Siria e nel Libano per scopi che non siano quelli del proseguimento della guerra in Estremo Oriente esse costituiranno una minaccia per i due Paesi. Il ministro ha aggiunto di sperare che le truppe straniere, ad eccezione di quelle necessarie per la guerra nel Pacifico, saranno ritirate entro la fine dell’estate.
Martedì 20 novembre 1945
C’è l’Urss dietro la rivolta separatista dell’Azerbaijan
Un comunicato ufficiale diramato oggi dal governo di Teheran annunzia che aspri combattimenti fra guarnigioni regolari iraniche e reparti di insorti sono in corso nell’Azerbaijan, presso la città di Mianeh. Il Governo di Teheran ha inviato due battaglioni di rinforzo alle guarnigioni iraniche dell’Azerbaijan per arrestare le unità ribelli che si dirigono verso la capitale. Il comunicato governativo informa che i due battaglioni, giunti a Kazvin, sono stati arrestati dalle forze sovietiche le quali hanno ordinato a quelle persiane di ritornare a Teheran. Nei circoli diplomatici persiani di Londra la situazione viene considerata particolarmente critica. La responsabilità del movimento autonomista dell’Azerbaijan viene fatta risalire, nei medesimi ambienti, alle truppe sovietiche di stanza nella regione. A proposito di queste notizie il giornale russo Izvestia accusa gli organi di informazione britannici di voler a tutti i costi inventare di sana pianta disordini nelle zone poste sotto il controllo sovietico allo scopo di stornare l’attenzione mondiale dalla rivoluzione, effettivamente in atto, nelle Indie Olandesi. Secondo le Izvestia la situazione nel nord della Persia è soltanto tesa a causa degli incidenti provocati dagli emissari del movimento reazionario Gebdarme, sovvenzionato dai proprietari terrieri della regione. Le Izvestia respingono poi con viva indignazione l’accusa fatta all’Armata rossa di appoggiare con armi e mezzi corazzati l’insurrezione separatista. Il ministro dell’Iran a Washington, Hassain Ala, ha però dichiarato oggi che il suo Governo ha rimesso a quello sovietico una nota, la quale lamenta che l’interferenza russa nei disordini verificatisi nell’ Iran settentrionale, costituisce una minaccia alla integrità persiana.
Mercoledì 21 novembre 1945
I problemi della pace
«[...] Noi evitiamo sempre, di proposito, ogni allarmismo, ma non possiamo a meno di constatare ora che dopo il fallimento della conferenza di Londra le cose hanno preso una brutta piega. La guerra continua in Cina, nelle Indie Orientali, nell’Iran e gli interessi degli alleati sono ovunque in urto. Forse anche per questo le attività che dovevano dare al mondo la pace soffrono di una battuta di arresto [...]» (dall’editoriale di M.B. sul Corriere della Sera)
Lunedì 26 novembre 1945
Gli Stati Uniti propongono a russi e inglesi di andarsene dall’Iran
WASHINGTON - Gli Stati Uniti, in una nota rimessa oggi all’Unione Sovietica, hanno suggerito a questa di ritirare dall’ Iran le sue truppe, per permettere al Governo iranico di sedare la rivolta scoppiata nelle legioni settentrionali. La nota propone che gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, in maniera analoga, ritirino le proprie truppe. Il Governo americano chic de inoltre che al Governo del l’ Iran sia data piena libertà, senza interferenze di autorità militari o civili russe, inglesi od americane, di spostare attraverso il Paese le proprie forze armate, per la conservazione della propria autorità. Nella nota si prospetta la possibilità che i comandanti delle truppe sovietiche nell’ Iran intralcino, senza autorizzazione da parte del loro Governo, i movimenti delle forze iraniche e si richiede che in tal caso il Governo di Mosca dirami istruzioni conformi alle dichiarazioni di Teheran. La stessa nota è stata rivolta anche al Governo di Londra, in quanto reparti sparsi di truppe inglesi si trovano ancora nell’ Iran. Il documento infine constata che l’Iran ha informato gli Stati Uniti della situazione verificatasi in seguito al divieto opposto dalle truppe sovietiche all’ingresso di quelle iraniche nella zona settentrionale per soffocare l’insurrezione. Si apprende anche da Londra che l’ambasciatore britannico a Mosca, Clark Kerr, ha richiamato l’attenzione del commissario sovietico agli Esteri, Molotov, sui recenti disordini in Persia, in relazione al trattato anglo-sovietico che riguarda l’Iran. È stato comunicato a Londra che il passo di Kerr ha avuto luogo dietro istruzioni del Governo britannico.
Mercoledì 28 novembre 1945
Rivolta in Iran contro gli stranieri
I disordini scoppiati nelle regioni nord-occidentali dell’Iran sono sfociati ora in una vera rivolta contro il Governo. Reparti in armi sono giunti a 150 chilometri dalla capitale. Nell’Azerbaijan la cosiddetta assemblea di tutti i popoli ha recentemente diramato una dichiarazione chiedendo l’autonomia della regione che dovrebbe però continuare a far parte dell’ Iran, minacciando di ricorrere alle armi se non fosse stata accolta tale richiesta. Mentre secondo le Izvestia i Russi si mantengono neutrali in una lotta che si considera di carattere puramente interno, viene annunciato che il Primo ministro dell’Iran si è incontrato oggi con l’incaricato d’affari sovietico a Teheran. Si apprende infine che il segretario di Stato J. Byrnes ha dichiarato oggi alla conferenza della stampa che né Londra né Mosca hanno ancora risposto alla proposta degli Stati Uniti circa l’allontanamento delle truppe alleate.
Giovedì 29 novembre 1945
I russi negano agli iraniani il passaggio delle truppe
In risposta alla richiesta dell’ Iran per l’invio di truppe contro gli insorti avanzanti verso Teheran, il Governo sovietico ha mandato a quello persiano una nota che sarebbe redatta in termini molto amichevoli respingendo però tutte le richieste. Si ritiene che tale nota verrà presentata domani al Parlamento. Da notizie ufficiali si apprende che gli insorti hanno oltrepassato Kazvin dirigendosi non già verso Teheran ma a nord-est della capitale.
Sabato 1 dicembre 1945
Ritirate da Teheran le truppe russe
Si annuncia ufficialmente che tutte le truppe russe rimaste a Teheran sono state ritirate dalla stazione ferroviaria, dai centri di comunicazione e dagli alloggiamenti. Il principale accampamento russo si trova ora a sei chilometri e mezzo a nord della città. A Teheran corre voce che le truppe britanniche e americane si stanno trincerando nel sud e che quelle persiane si dirigono verso il nord, nonostante il rifiuto russo. La guarnigione di Teheran è stata rinforzata con cavalleria e fanteria persiana e anche con forze corazzate provenienti da sud. Secondo il corrispondente della Reuter si ha sempre l’impressione che il Governo sovietico gradirebbe negoziare direttamente con le altre Potenze interessate. Dopo il ritiro delle truppe russe dalla capitale il Primo ministro iranico ha invitato il sindaco di Teheran e altri alti funzionari a dimettersi in conformità ai desideri espressi in proposito dai Russi. Si crede che essi verranno sostituiti con elementi filo-sovietici. I motivi del rifiuto opposto dal Governo di Mosca al passaggio delle truppe governative traverso la zona d’occupazione sovietica sono esposti dall’ agenzia Tass in un dispaccio trasmesso da radio Mosca che dice: «La necessità di impedire che il transito di rinforzi governativi attraverso la zona d’occupazione sovietica nell’Iran provochi degli incidenti dannosi sia al Governo di Mosca sia a quello di Teheran rende per il momento inaccettabile la richiesta del Governo iranico». «Il Governo di Mosca — prosegue la Tass — ha fatto presente, nella risposta alla nota di protesta persiana, che le accuse contro la Russia non hanno alcun fondamento».
Sabato 15 dicembre 1945
Gli inglesi non lasceranno l’Iran fino a che non faranno altrettanto i russi
II Ministero degli Esteri degli Stati Uniti ha reso noto, ieri, il testo della nota ricevuta dal Foreign Office in cui il Governo britannico dichiara di condividere il punto di vista degli Stati Uniti, secondo cui la Persia dovrebbe poter usare le sue forze dovunque e in qualunque maniera sia necessario per mantenere l’autorità e la sicurezza dello Stato, ma contrariamente alle proposte americane conferma che le truppe britanniche non possono essere ritirate senza un’analoga decisione sovietica. La nota ricorda che il ministro degli Esteri britannico Bevin propose, alle riunioni dei cinque ministri degli Esteri a Londra, che la Gran Bretagna e l’Unione Sovietica decidessero, di comune accordo, di ritirare per la metà di dicembre le rispettive forze dall’ Iran. La Gran Bretagna si è uniformata agli accordi suggeriti nella sua proposta al Governo sovietico e fatta eccezione per piccoli reparti amministrativi, le truppe britanniche che tuttora sono in Persia sono «state ritirate verso sud con la maggior celerità possibile e sono state concentrate nell’estrema parte sudoccidentale del Paese. Dopo aver dichiarato che il punto di vista britannico era che le truppe alleate dovessero stazionare in Persia soltanto per necessità belliche. la nota continua: «Perciò, dopo aver ricevuto la proposta degli Stati Uniti, secondo cui le truppe alleate avrebbero dovuto essere ritirate dalla Persia il 1° gennaio 1946, la Gran Bretagna, considerandola una questione urgente, ha subito preso in esame le possibilità pratiche del ritiro delle sue forze per quella data; avendo però il Governo sovietico reso noto agli Stati Uniti di non essere disposto ad accedere alla proposta di Washington, le autorità militari britanniche non hanno proseguito lo studio dei particolari per il ritiro. Per il primo gennaio 1946 è detto testualmente che «l’adempimento delle assicurazioni contenute nella dichiarazione di Teheran del dicembre 1943 esige che il Governo dell’Iran abbia piena libertà di spostare le sue forze armate in qualsiasi modo esso ritenga necessarlo per preservare la propria autorità e mantenere la sicurezza».
1946
Gli inglesi annunciano: «Non ci ritireremo dall’Iran finché ci rimarranno i sovietici»
Un portavoce ufficiale del Foreign Office ha dichiarato oggi che fintanto che le truppe sovietiche non verranno ritirate dal territorio persiano non si potrà, da parte britannica, prendere in considerazione l’eventualità di una internazionalizzazione dei campi petroliferi dell’ Iran. In merito alla proposta dì sottoporre i piani per una internazionalizzazione dei giacimenti di petrolio persiani al Consiglio dj sicurezza dell’O.N.U., il funzionario del Ministero degli Esteri britannico ha aggiunto: « La discussione della proposta favorevole a un controllo internazionale dei campi petroliferi iranici, non può aver luogo in un momento nel qua-j le le truppe sovietiche con la j loro permanenza in territorio! persiano violano apertamente le clausole del trattato anglosovietico-americano». «La chiave di tutto il problema — ha aggiunto il portavoce del Foreign Office — sta appunto in questo mancato rispetto, da parte sovietica, dei termini dell’accordo: se l’intera questione persiana verrà portata dinanzi al Consiglio di sicurezza dell’O.N.U., è proprio da tale punto di vista che una soluzione andrà ricercata da tutte le parti interessate ». Il funzionario britannico ha proseguito affermando che in base alla legge iranica non si potrà procedere in Persia all’istituzione di una nuova legislatura (Majlis), fintanto che truppe straniere rimarranno nel territorio nazionale. La precisazione del Foreign Office britannico ha la sua importanza, dal momento che finche non sarà formato il nuovo Majlis, non potrà venire votata la legge relativa alla concessione di campi petroliferi. Ciò significa che il Gabinetto britannico fonderà su ampie giustificazioni il proprio rifiuto a discutere la proposta per un’ internazionalizzazione dei giacimenti di petrolio persiani.
Venerdì 15 febbraio 1946
Si chiude a Londra la prima Assemblea generale dell’Onu.
Si è conclusa la prima Assemblea generale delle Nazioni Unite, riunita fin dal 10 gennaio. Viscinski, «il giurista», si è opposto a che la questione iranica fosse sottoposta all’O. N. U. dichiarando la incompetenza dell’ assemblea, perché le parti (Russia ed Iran) non avevano ancora concluso le trattative dirette (negoziati, inchieste, mediazioni, conciliazioni, arbitrati e chi più ne ha più metta) previste dall’art. 33 di quel documento tortuoso che è la Carta di San Francisco. Ma il problema era di vedere se la situazione dell’Azerbaijian, se l’accusa mossa dal rappresentante iranico alla Russia, di aver violato i trattati tra i due Paesi e di aver sobillato il movimento separatista dell’Azerbaijan, fosse da considerare una controversia suscettibile di accomodamento per trattative dirette o. piuttosto, porne una situazione pericolosa e come tale da sottoporsi all’O. N. U. secondo quanto previsto dall’art. 33. A parte ciò, sta di fatto che la competenza dell’O. N. U. è indiscutibile, poichè in ogni caso provvede l’art. 34 della Carta col quale è riconosciuta facoltà al Consiglio di sicurezza di « fare indagini su qualsiasi controversia o qualsiasi situazione che possa condurre ad attriti internazionali. Dopo un vivace dibattito tra Bevin e Viscinski, la questione iranica è stata tolta dall’ordine del giorno, considerato il fatto che erano state iniziate trattative dirette fra Mosca e Teheran. Il tutto agevolato dal mutamento ^di Governo a Teheran: il nuovo Primo ministro è persona gradita a Mosca.
Venerdì 1 marzo 1946
Parziale ritiro dei russi dall’Iran
Il Governo sovietico — secondo quanto annunciava oggi radio-Mosca — ha informato il Governo persiano che, in esecuzione degli accordi prestabiliti, le truppe d’occupazione dell’Armata rossa inizieranno domani le operazioni di sgombero dell’Iran. Il ritiro delle truppe — ha proseguito l’emittente sovietica — comincerà dalle regioni orientali dell’Iran «dove la situazione si può considerare pressoché normale». «Per quanto riguarda le truppe sovietiche attualmente dislocate nelle altre regioni del territorio persiano le operazioni di sgombero — ha concluso radio-Mosca — saranno differite fino a che la situazione interna del Paese non sarà chiarita ». Le truppe russe resteranno cioè nelle regioni nord-occidentali che comprendono la frontiera dell’Azerbaijan. La radio di Mosca ha annunciato ancora che il Primo ministro iraniano, Sultaneh, era stato informato dei progetti russi il 25 febbraio. Alti funzionari della diplomazia, a Washington, ritengono che il Governo degli Stati Uniti Uniti protesterà contro la Russia per il suo progetto di mantenere reparti delle forze armate sovietiche nella cosiddetta zona «disturbata» dell’ Iran. (dal Corriere della Sera)
Sabato 2 marzo 1946
Sgombero inglese dall’Iran
In Iran gli esigui reparti militari britannici che ancora si trovano in quel territorio lasceranno il Paese, secondo quanto apprende la United Press da fonti ufficiali del Foreign Office, entro oggi. I militari britannici, che occupano attualmente alcune località dell’ Iran meridionale, passeranno nell’Irak dove resteranno in attesa di smobilitazione. Il Governo di Londra non ha ricevuto da Mosca alcuna dichiarazione ufficiale in merito all’intenzione del Cremlino di non rispettare l’accordo anglorusso-americano che fissava per il 2 marzo lo sgombero di tutte le truppe alleate d’occupazione dal’ territorio persiano.
Martedì 26 marzo 1946
I russi cominciano a ritirarsi dall’Iran
Un comunicato diramato a Mosca annunzia che le truppe russe hanno iniziato ieri lo sgombero dell’Iran. Il ritiro delle truppe dall’intero Paese durerà da 5 a 6 settimane, «purché non intervengano nel frattempo imprevisti di sorta». Un portavoce dell’Ambasciata persiana a Washington ha dichiarato ieri sera che nonostante l’annuncio di radio-Mosca l’ambasciatore persiano Hussein Ala darà corso alla protesta presentata al Consiglio di sicurezza. Nessuna nuova istruzione è giunta da Teheran all’ambasciatore. Per il redattore diplomatico del «Times» la notizia del ritiro delle truppe sovietiche dalla Persia è «una gradita sorpresa e il primo raggio di speranza».
Venerdì 5 aprile 1946
Accordo raggiunto tra Urss e Iran
L’Associated Press riceve da Teheran che il governo iranico ha annunziato oggi che il Primo ministro Quavam es Sultaneh e l’ambasciatore sovietico hanno firmato un accordo in forza del quale le truppe russe sgombreranno l’ Iran incondizionatamente entro sei settimane a partire dal 21 marzo. I, ’accordo, firmato alle ore 4 del mattino, tempo di Teheran, prevede inoltre che entro sette mesi verrà presentata al Parlamento dell’ Iran una proposta per la costituzione di una compagnia petrolifera russo-persiana. Quanto al problema dell’Azerbaijan, la Russia dichiara di riconoscerne il carattere puramente interno. Negli ambienti competenti di Teheran si prevede che, immediatiimente dopo la conclusionie di questo accordo per i petroli settentrionali, gli Stati Uniti chiederanno la formazione di analoghe società nell’Iran meridionale.
Martedì 30 aprile 1946
Fuga in Egitto di Fawzia
La regina Fawzia di Persia, moglie del re Reza Pahlavi a cui ha dato una figlia, stanca dei tradimenti del marito, è tornata al Cairo da suo fratello Faruk. Leggi qui l’articolo di Lesley Raitt
Lunedì 20 maggio 1946
Guerra civile in Iran
Radio-Tabriz ha dato un drammatico annuncio: «Alle 5 antimeridiane di domenica le forze armate persiane hanno iniziato un poderoso attacco dalle località di Shahindej e Baghchem Misheh. Non si sa chi abbia dato istruzioni alle forze persiane nel Kurdistan. Vogliamo che i Persiani sappiano che noi desideriamo conservare la nostra libertà e difenderci contro di loro. Tutti dovrebbero sapere che il Governo di Teheran ha tentato di ingannarci; ma noi terremo i Persiani lontano dall’Azerbaijan. Già tre giorni fa i Persiani avevano attaccato i Kurdi nella regione di Saquez, ma ora, dopo aver lasciato trentasette prigionieri, hanno cominciato a ritirarsi». La stessa radio informa che Tabriz ha inviato rinforzi verso la frontiera, ha proclamato la legge marziale, e che Sadegh Padegan, eminente figura del movimento autonomista e capo dell’esercito dell’Azerbaigian, ha ricevuto la nomina a governatore militare della regione in cui hanno avuto inizio i combattimenti.
Martedì 10 dicembre 1946
L’esercito iraniano muove contro l’Azerbaijan
Nuova York - Il capo dello Stato maggiore dell’Esercito persiano ha comunicato stamane al corrispondente della United Press da Teheran, che le forze armate governative hanno iniziato ieri sera, alle 21, l’offensiva contro l’Azerbaijan, da Zenjan in direzione di Mianeh
Mercoledì 11 dicembre 1946
I persiani prendono Mianek. Proteste russe
LONDRA - Secondo un comunicato di stamane dello Stato maggiore, avanguardie iraniche sono penetrate ieri sera a Mianek, 180 chilometri a sud di Tabriz. Altre unità hanno superato le alture di Ghaflankon discendendo stamane verso Mianek. Secondo un comunicato ufficiale le truppe del Governo di Teheran si recano nell’Azerbaijan — come fu già annunciato — al solo scopo di sorvegliare lo svolgimento delle elezioni. Circa una settimana fa, il Capo del Governo autonomo dell’Azerbaijan, Jafaar Pishevari, aveva dal canto suo affermato che le popolazioni avrebbero difeso con le armi la la libertà del Paese. Ieri sera la radio di Tabriz ha diffuso un appello di Pishevari per la resistenza di tutti contro le forze governative. Il giornale del mattino Atesh pubblica che 1’ambasciatore sovietico a Teheran, Sadcikov, ha presentato ieri una violenta protesta al Governo centrale accusandolo di aver rotto i patti con l’inviare truppe nell’interno dell’Azerbaijan e per tale fatto di mettere in pericolo le frontiere russe. Il giornale aggiunge che il Primo ministro Ghavam Es Sultaneh si trova sotto la costante pressione dell’Unione Sovietica. Le notizie dell’ultima ora trasmesse dall’United Press sono in contrasto con quelle precedenti: il ministro della Guerra dell’Iran, infatti, avrebbe ricevuto un telegramma, a firma Piskevari, nel quale lo si informa che le truppe democratiche dell’Arzebaijan hanno ricevuto l’ordine di deporre le armi. Da Teheran si apprende che Tabriz si è arresa alle forze imperiali persiane.
Venerdì 24 ottobre 1947
Il parlamento iraniano boccia l’accordo con l’Urss sul petrolio
Giunge notizia da Teheran che il Primo ministro persiano Sultaneh svolgendo al Parlamento l’attesa relazione sugli avvenimenti che portarono all’accordo petrolifero russo-persiano del 1946, ha detto tra l’altro: «Ricoprivo la carica di Primo ministro in quei tempi venturosi, quando Teheran era minacciata di accerchiamento. Per salvare il nostro popolo e il nostro Paese io firmai le lettere scambiate con l’ambasciatore sovietico. Qualsiasi patriota al mio posto avrebbe fatto la stessa cosa». Il Parlamento ha quindi approvato la legge con la quale si dichiara nullo e inesistente l’accordo petrolifero russo-persiano. Negli ambienti bene informati di Londra si teme l’imminente ripresa di una nuova offensiva politica russa contro l’Iran in seguito al rifiuto del Parlamento persiano di approvare l’accordo petrolifero. Tale azione potrebbe essere combinata con movimenti di truppe di confine tendenti a far rinascere l’influenza comunista nella provincia settentrionale dell’Azerbaigian. Anche a Whitehall si nutrono molte preoccupazioni circa la reazione sovietica a questo «sbatacchiare la porta in faccia ai Russi».
Lunedì 26 luglio 1948
Il carattere del popolo persiano
La storiellina in tono da apologo la narrava ad un ricevimento privato un vecchio governatore di provincia a riposo, proprio nel bel mezzo di una discussione sull’inframettenza straniera nell’ Iran e particolarmente sulle ultime note di protesta irano-sovietichc. Le note di protesta nell’Iran sono all’ordine del giorno. A nord-est con la Russia per ben conosciute ragioni, a nord-ovest con la Turchia per antiche ruggini politico-religiose, ad ovest con l’Iraq per la questione dei santi luoghi sciiti, ad est con l’Afganislan per le deviate acque del fiume Hirmand; a sud con l’Inghilterra per le rivendicazioni sulle isole Bahrein, la Persia litiga un po’ da tutte le parti. Ma lo fa amabilmente e senza troppo impegno. E così anche il vecchio governatore — fumatore di oppio ma con moderazione, corrompibile ma con eleganza, donnaiolo ma con discernimento — colorava la cosa di una sua arguta filosofia. «Inframmettenza straniera? — diceva. — Benissimo. Immaginatevi la Persia come una noce. Una noce dura a rompere. L’unico modo di penetrarvi è praticare un forellino nel guscio. Voialtri stranieri siete come degli insetti dal becco appuntito. Lavorate e lavorate finche non avete bucato il guscio e siete entrati dentro. Una volta dentro trovate il frutto delizioso. E allora giù a mangiare, ad ingrassare, a gonfiarvi. Poi, a un certo momento, si capisce, ne volete venir fuori. Ma ecco che non e più possibile. Siete diventati troppo grassi per passare da quel forellino. E allora non resta altro che fare la fame, dimagrire, depositare il guadagnato e uscire per la stessa via dalla quale si è entrati...» (leggi qui tutto l’articolo di Clara Falcone)
Sabato 14 agosto 1948
Le furbizie di Qavvam Saltané
«II destino dell’Azerbaijan si chiama petrolio del nord. È un destino che si svolge molto meno in Azerbaijan che altrove sin dal primo trattato di amicizia asiatica tra Russia e Inghilterra firmato a Pietroburgo il 31 agosto 1907. Russia e Inghilterra si dividevano allora la Persia in due definite zone di influenza commerciale: il petrolio era sgorgato nel maggio di quell’anno dal pozzo numero uno dei pietrosi campi di Masjid I Suleiman, non lontano dalle rovine di un altare del fuoco. Era proprietà inglese, petrolio del sud, e gli inglesi intendevano salvaguardarlo da ogni ingerenza straniera. In compenso i Russi si prendevano la loro contropartita, non per sfruttare al momento la zona, ma per impedire che altri la sfruttassero: alle frontiere della Persia il petrolio fluiva ancora abbondante dai pozzi di Baku e chiamava gente d’oltre confine, poveracci pagati a prezzi di fame...»Leggi qui l’articolo di Clara Falcone
Mercoledì 18 agosto 1948
Arriva a Roma lo Scià di Persia
I giornali di stamane salutano su grandi titoli il giovane e valoroso Scià di Persia che, come è già stato annunziato, giungerà a Roma alle 11. Egli farà il viaggio da Berna a Roma, insieme con il suo seguito, a bordo di aeroplani italiani partiti ieri da Roma per rilevarlo. Dopo che il Presidente Einaudi avrà porto il suo saluto all’illustre ospite, si formerà un corteo di automobili che accompagnerà al Quirinale il Presidente della Repubblica e l’augusto ospite.Leggi qui un ritratto di Reza PahlaviLeggi qui la cronaca dell’arrivo a Roma di Reza Pahlavi
Lunedì 23 agosto 1948
Lo scià di Persia in incognito a Milano
Per alcune ore Mohamed Reza Pahlevi, imperatore dell’Iran, è stato ieri, in incognito, ospite di Milano. Lo scià, proveniente da Firenze, è giunto in volo alle 10.30 all’aeroporto Forlanini a bordo di un trimotore S.M. 75, decollato da Firenze e pilotato dal comandante Baracchini. Vestiva in borghese ed era accompagnato dal suo aiutante di campo, un maggiore dell’Esercito persiano, e dal suo cameriere privato. Si trovavano a riceverlo il Prefetto, il gen. Drago comandante la Zona aerea territoriale e l’assessore avv. Cornaggia Medici per il Sindaco, ai quali l’ospite ha espresso la sua soddisfazione di poter compiere una sosta, sia pur breve, a Milano, città che aveva ammirato dall’alto, poiché l’apparecchio, prima di scendere, si era attardato in ripetuti giri. Salutato da un picchetto d’onore della polizia militare aeronautica il sovrano si è subito posto al volante di un’automobile privata che lo attendeva e, attraversato Milano, è giunto in via Marco Ulpio Traiano, dove ha visitato lo stabilimento dell’Alfa Romeo, interessandosi vivamente alle costruzioni automobilistiche ed aeronautiche e confermando la sua nota competenza tecnica. Congedatosi dai dirigenti che lo avevano guidato nella visita si è diretto all’abitazione di un suo amico personale, l’ing. Vittorio De Nora, e con lui e con la sua signora ha poi fatto colazione in un ristorante di porta Vittoria, dove ha dimostrato di apprezzare assai la cucina lombarda. Alle 15 Mohamed Reza Pahlevi, passato dovunque senza essere riconosciuto, ha raggiunto nuovamente l’aeroporto ed è ripartito per Venezia
Mercoledì 25 agosto 1948
Fuga e morte del capo azero Pisciavari
«TABRIZ, agosto – «Vede – diceva l’ostandar sorridendo dalla sua solenne poltrona di velluto tra un biancheggiare di stucchi e specchiere e il rosseggiante piano fiorito di un tappeto locale – questo lei lo può constatare da sè. In Azerbaijan regna la calma. La popolazione è tranquilla e fedele». I governatori di provincie, gli ostandar, sono delle persone molto gentili, di una gentilezza premurosa e astratta come ben si conviene a rappresentanti di famiglie facoltose con una buona percentuale di fumatori d’oppio. Di solito i governatori di provincia sono un po’ troppo ottimisti in materia, ma nel caso specifico della calma in Azerbaijan non si poteva dire che l’ostandàr avesse torto. Pisciavari, il capo della cosiddetta repubblica democratica al soldo dei Russi, con il crollo del suo Governo è fuggito nel Caucaso e il Governo sovietico ne ha annunciato quest’anno la morte a ben tre riprese in seguito ad un incidente automobilistico. Qazi Mohamed, il capo della «democratica» repubblica curda di Mohabad, è stato impiccato dai Persiani; solo Mullah Mustafà Barzani, l’altro capo curdo ribelle d’oltre frontiera, dà segni di vita con schermaglie e scaramucce...»Leggi qui l’articolo di Clara Falcone
Venerdì 3 settembre 1948
L’Iran, il petrolio e le tre potenze che se lo vogliono prendere
«Grande quanto mezza Europa continentale – eccettuata la Russia – segnata di deserti salati, di montagne da favola pietrose e brulle, con una popolazione di quindici milioni di abitanti di cui il novanta per cento muore pressoché di fame, la Persia è uno dei Paesi più ricchi del mondo. Secondo i geologi contiene la maggior riserva di petrolio esistente sulla terra. Il pozzo n. 22 dell’Anglo Iranian Oil Company nel campo petroliero di Haft Kehl è forse il pozzo più produttivo del mondo, raggiungendo un totale di produzione annua di circa diecimila tonnellate. Lo stesso campo dì Haft Kehl è il secondo giacimento petrolifero del mondo con una produzione complessiva di nove milioni di tonnellate annue ricavate da 24 pozzi, mentre il primo del mondo, l’East Texas Field. produce 17 milioni di tonnellate annue ma da ben ventiquattromila pozzi. Il petrolio sale dal grembo di quella terra silenzioso, caldo, sospinto dalla forte pressione del gas senza che occorra nemmeno pomparlo...»Leggi qui l’articolo di Clara Falcone
Venerdì 15 ottobre 1948
Divorziano Farida, regina d’Egitto, e Fawzia, regina di Persia
«Nello spazio di ventiquattro ore due comunicati ufficiali, uno del Tribunale di Teheran e uno del Gabinetto reale egiziano, hanno annunziato i divorzi tra lo Scià di Persia e l’imperatrice Fawzia, sorella del re d’Egitto, e tra lo stesso re d’Egitto, Faruk, e la regina Farida. Quali ragioni d’opportunità hanno consigliato la contemporaneità dei due divorzi? E quali segreti umani, quali delicati drammi, o quali oscure ragioni di Stato hanno cosi bruscamente interrotto due unioni che parevano essere cominciate sotto auspici di serenità, nel fasto delle Corti orientali? Solo il dramma di Teheran può essere, almeno in parte, chiarito. Nulla può ancora dirsi, invece, su quello di re Faruk e di Farida. Tutta la stampa egiziana ha pubblicato, senza alcun commento, oggi il comunicato del Gabinetto reale...»Leggi qui l’articolo del Corriere d’informazione
Lunedì 18 ottobre 1948
Il ruolo dei curdi nella controversia tra Urss e Iran
«[...] C’è poi il problema curdo: una delle maggiori pedine, forse, del presente gioco russo in Persia. Questo problema non si limita soltanto alla regione persiana, ma abbraccia anche parte dell’Iraq, della Turchia e della Siria, più, naturalmente, il Curdistan russo; ha centri a Bagdad, Damasco, Beirut, Il Cairo, e una popolazione ribelle e battagliera che, secondo i vaghissimi censimenti, fluttua dai tre agli otto milioni di anime. Nel solo Curdistan persiano le statistiche (più che mai un’opinione) danno cifre che vanno dai settecentomila al milione e mezzo [...]»Leggi qui l’articolo di Clara Falcone
Martedì 26 ottobre 1948
Il ruolo dei preti sciiti nella politica persiana
«[...] Al tempo dei Tudeh, un mullah del Caspio, Lankaranì, andava in giro per l’Iran pagato dal partito a dimostrare sui versetti del Corano come religione e marxismo potessero coincidere. Nello stesso tempo — era la fine del 1945 — un gruppo di mullah dell’Asia Centrale sovietica, diretti in pellegrinaggio alla Mecca, si recò in pompa magna a rendere omaggio ai dignitari sciiti dell’Iran. La via della religione per giungere all’intrigo politico è sempre quella più battuta in Paesi come questi[...]»Leggi qui l’articolo di Clara Falcone
Venerdì 4 febbraio 1949
Teheran, attentato contro lo scià
Teheran, 4 febbraio notte. Un attentato è stato perperato oggi contro lo Scià durante la cerimonia organizzata nell’anniversario della fondazione dell’Università di Teheran. II sovrano stava entrando nella sede dell’Università quando un giornalista gli ha sparato contro cinque colpi di pistola. Una pallottola ha colpito lo Scià a una gamba ed al labbro superiore, un altro colpo lo ha raggiunto al fianco, mentre altri tre hanno perforato il suo cappello. Numerose persone si sono immediatamente lanciate contro l’attentatore e lo hanno selvaggiamente percosso (dal Corriere della Sera)
Morto l’attentatore dello scià, sciolto il partito Tudeh
L’individuo che sparò cinque colpi di rivoltella contro lo scià di Persia Reza Pahlavi, certo Fakhrai, impiegato di un giornale musulmano, è deceduto ieri sera in seguito alle percosse cui fu fatto segno da parte delle persone presenti all’attentato. Lo scià è tornato al palazzo reale dopo una sommaria medicazione fattagli in un vicino ospedale. Le sue ferite non rivestono alcuna gravità. I membri del Gabinetto, la polizia e il capo dell’esercito! si riunivano subito dopo l’attentato di natura politica: è stato accertato che il suo autore appartiene al partito Tudeh. II Governo ne ha deciso lo scioglimento: tale dichiarazione è stata fatta questa mattina alla Camera dal ministro dell’Interno. II partito Tudeh era già stato sciolto una prima volta nel 1946. In seguito al componimento della crisi persiana, quando i Russi occuparono ia provincia settentrionale dell’Azerbaijan. In quell’epoca detto partito venne accusato di fomentare nel Paese moti rivoluzionari a carattere comunista. Come si ricorda i Russi si sono poi ritirati dall’Azerbaijan per ordine del Consiglio di sicurezza dell’O.N.U.
Mercoledì 23 febbraio 1949
Stato d’assedio in Iran
Il Governo persiano ha proclamato lo stato d’assedio in tutto il territorio allo scopo di prevenire qualsiasi attività contraria all’ordine pubblico. Un dispaccio da Teheran al giornale cairota Al Misri afferma che obiettivo del recente attentato contro la vita dello Scià dell’ Iran era quello di rovesciare il Governo e proclamare lo Stato comunista.
Giovedì 24 marzo 1949
Dura nota iraniana all’Urss
Una notizia giunta da Teheran getta luce sulla situazione persiana, che accentrava in questi giorni l’attenzione mondiale. Il ministro degli Esteri iraniano ha notificato alla Russia che qualsiasi tentativo di mandare truppe nell’ Iran, col pretesto che l’aiuto americano costituisce un intervento armato, verrà considerato un atto di aggressione. In un dispaccio inviato da Teheran per conto detto scià Mohamed Reza Pahlavi direttamente all’I.N.S il ministro Ali Ashgar Kohmat ha negato decisamente che il suo Paese stia diventando una base militare per gli alleati occidentali. Egli ha quindi aggiunto: «Non permetteremo mai che ci si serva dell’ Iran per scopi aggressivi contro l’Unione Sovietica ». Il ministro ha quindi precisato che nel Paese non si sono verificati incidenti che possano giustificare l’applicazione da parte russa dell’art 6 del suo trattato di mutua assistenza con l’Iran. In base a questo articolo la Russia ha diritto di inviare truppe nell’ Iran nei caso che una terza Potenza cerchi di arrivare a un intervento armato in Persia, oppure si serva del territorio del Paese come base militare per attaccare la Russia. D’altra parte anche il segretario di Stato Acheson ha smentito recisamente a Washington le accuse russe secondo le quali gli Stati Uniti starebbero apprestando basi militari nell’ Iran e ha fatto un chiaro riferimento a una intensiflcata pressione da parte dei propagandisti russi nel Paese. La Nazione del Medio Oriente, ricchissima di giacimenti petroliferi, che divide con la Russia un confine lungo mille miglia, è stata fonte — e lo continua ad essere di molte apprensioni da parte delle Cancellerie alleate, le quali ritengono ancora possibile che una mossa sovietica di reazione al patto atlantico si verifichi verso quel settore.
Sabato 26 marzo 1949
I russi richiamano il personale dei loro consolati in Iran
Il Governo della Russia sovietica ha ordinato il ritiro delle autorità consolari sovietiche dall’ Iran, quale protesta contro l’atteggiamento « non amichevole » del Governo di Teheran. Nel contempo hà disposto che il personale dei Consolati iraniani lasci il territorio della Unione Sovietica. Il Governo iraniano aveva da vari giorni impedito che si desse intempestiva pubblicità a tale passo sovietico.
Venerdì 4 novembre 1949
I russi sconfinano in Iran
Le truppe i russe sono avanzate di 30 chilometri oltre il fiume Aras, che segna il confine con la Persia, e brigate corazzate e di fanteria si sono accampate nella provincia di Karakeschet. Teheran, ove la legge marziale è stata proclamata oggi in seguito all’attentato d’un fanatico maomettano che ha ferito gravemente a colpi di rivoltella l’ex Primo ministro Abdul Hossein Hagir, cerca di calmare gli animi col dire che Mosca si preoccupa soltanto di difendere gli stabilimenti atomici che sorgono nel Caucaso.
Venerdì 11 novembre 1949
Lo scià di Persia e la sua prossima visita negli Stati Uniti
Negli ambienti diplomatici della capita americana si prevede che entro due anni la Russia Sovietica entrerà in una « fase di espansione » verso il Medio Oriente. Questa minaccia sovietica deve essere verosimilmente il motivo determinante la visita che lo Scià di Persia compirà negli Stati Uniti la prossima settimana. E’ assai probabile — si osserva — che il giovane monarca dell’Iran, per poco che il Governo americano gli accordi assistenza e fiducia, si dichiari pronto a schierare il proprio Paese apertamente accanto alle Nazioni del mondo occidentale. Effettivamente l’Iran è il punto più vulnerabile nello schieramento del Medio Oriente ed è quello su cui l’Unione Sovietica dovrebbe agire per primo, qualora decidesse di muovere alla conquista di quel settore. Non pochi diplomatici dei Paesi del Medio Oriente ritengono che i primitivi disegni del Cremlino prevedessero un’azione diretta contro la Grecia o la Turchia e che il graduale potenziamento delle due Nazioni mercè l’assistenza americana abbia fatto accantonare tali piani. La situazione dell’Iran è invece rimasta stazionaria al punto da costituire un invito all’aggressione. Questo concetto sarà indubbiamente espresso dallo Scià al Presidente Truman ed al segretario di Stato Acheson. E’ molto probabile che il monarca si dichiari pronto a portare gli effettivi delle forze armate iraniche da centoquindicimila uomini — tanti oggi ne contano — male armati e male equipaggiati, ad un milione di uomini, qualora gli Stati Uniti fornissero alla Persia adeguata assistenza. Finora l’ Iran ha ricevuto ventisei milioni di dollari di materiali bellici americani, tratti da quelli in eccedenza; ed il P.A.M. prevede uno stanziamento di ventisette milioni di dollari complessivi per l’assistenza alla Corea, alle Filippine ed all’ Iran. Però gli stessi capi militari persiani — secondo quanto affermano i circoli diplomatici — non si fanno soverchie illusioni sulla possibilità di far fronte alla Russia anche disponendo di un milione di uomini alle armi. La Persia si servirebbe di questo esercito unicamente per far fronte alla prima minaccia.
Lunedì 14 novembre 1949
Lo Scià resterà un mese negli Stati Uniti
Washington 14 novembre. Il mondo ufficiale di Washington sta preparando accoglienze imponenti al giovane monarca Reza Pahlavi, scià di Persia, il cui Paese, ricco di giacimenti petroliferi, costituisce un centro strategico di prim’ordine sull’immenso scacchiere della "guerra fredda ». Lo scià arriverà all’aerodromo di Washington alle 4 del pomeriggio di giovedì ed inizierà un giro turistico-politico della durata di un mese negli Stati Uniti. L’apparecchio personale del Presidente Truman « Independence » è stato inviato ieri appositamente a Teheran, per trasportare in America il giovane monarca.
Venerdì 18 novembre 1949
Gli Stati Uniti aiuteranno l’Iran
«Mentre a Saint Louis, nella chiesa metodista di Saint John, tra la divertita attenzione di tutta l’America, il vice Presidente Alben Barkley, settantaduenne, impalmava una giovane vedova trentottenne, Jane Carleton Hadley, il Presidente Truman, a Washington, passava una giornata dedicata all’esame di una serie di importanti problemi di politica estera. Il Presidente ha ricevuto alla Casa Bianca lo scià dell’Iran, con cui ha esaminato l’intera situazione del Medio Oriente. Truman ha assicurato al monarca persiano che-gli Stati Uniti intendono fornire al suo Paese aiuti, sia economici, mediante Vappiicazione del « programma del punto quattro », sia militari, nel quadro de l M. A . P. Più tardi lo scià ha partecipato ad una seduta del joint chiefs of staff, lo Stato maggiore americano, in cui gli elementi strategici della situazione nel Medio Oriente sono stati accuratamente esaminati» (Ugo Stille sul Corriere della Sera)
Sabato 17 dicembre 1949
Reza Pahlavi torna in Iran
Un comunicato diramato a Washington dal Dipartimento di Stato informa che lo Scià dell’ Iran, esaurita la sua visita negli Stati Uniti, sarà domani sera a Nuova York per far ritorno in patria. Lunedì il monarca persiano, prima di imbarcarsi, si incontrerà col gen. Dwight Eisenhower.
L’Urss minaccia l’Iran per il petrolio
«Secondo buone informazioni. l’Urss si preparava ad avanzare al Governo di Teheran proposte tendenti a farla partecipare allo sfruttamento delle risorse del Paese con un accordo di amicizia e di collaborazione, ad impedire che il territorio persiano venga utilizzato dalle Potenze occidentali e ad ottenere per la Russia uno sbocco nell’Oceano Indiano. Queste proposte il Governo di Teheran le ha prevenute col preferire un accordo con le Potenze occidentali che, secondo la stessa fonte sovietica, viene perfezionato in questi giorni a Washington L’Urss si mostra sospettosa per il viaggio dello Scià di Persia a Washington dove, secondo Mosca, si svolgono conferenze per « lasciare mano libera agli imperialisti d’impadronirsi del Medio Oriente », e sfoga il suo dispetto di essere stata « lesa nei suoi vitali interessi », esercitando una forte pressione militare sui duemila chilometri di frontiera. Secondo Mosca l’Urss ha diritto a partecipare allo sfruttamento delle risorse naturali del Medio Oriente e avverte tanto l’Iran quanto l’Iraq che, se mostrassero l’intenzione di trasformarsi in basi strategiche occidentali, l’Armata Rossa, ammassata sul Mar Caspio, potrebbe occupare in 24 ore «per ragioni di sicurezza» i distretti petroliferi. Lo ha fatto dire alla radio di Baku dal «partito della libera Persia». In Persia l’atmosfera è arroventata dallo scorso novembre in seguito all’assassinio dell’ex-Primo ministro Abdul Hussein Hazihr, e il Governo fatica a tenere l’opposizione, mentre alle frontiere l’U.R.S.S. solleva sanguinosi incidenti mostrandosi irascibile e litigiosa. Ha allestito a Krasnovodki un gran numero di basì militari e i soldati rossi sconfinano con azioni aggressive oltre il fiume Atrek. Nel deserto del Karakum un esercito di centinaia di migliaia di operai « è impegnato in lavori di grande portata alla frontiera persiana. Si tratta principalmente — precisano i due giornali — della costruzione di grandi camionali ». E appunto queste strade che dal deserto avanzano verso la frontiera sono un segno che l’Urss ha deciso che l’ Iran debba entrare nella zona d’influenza sovietica» (L.Crucillà sul Corriere della Sera)
Venerdì 30 dicembre 1949
Aiuti americani all’Iran
Il presidente Truman e lo Scià dell’Iran, hanno diramato ieri un comunicato collettivo, nel quale gli Stati Uniti riaffermano la loro precisa intenzione di dare alla Persia assistenza economica e di disporre altresì un « certo contributo militare » allo scopo di rafforzare la sicurezza del Paese. Il comunicato è stato emanato in occasione della partenza dello Scià, dopo la sua visita agli Stati Uniti protrattasi per sei settimane. Washington appoggerà le richieste iraniane di prestiti presso la Banca mondiale e provvederà all’assistenza del Paese in base al quarto punto del programma Truman. Ieri mattina lo Scià, prima di salire a bordo di un apparecchio della Compagnia olandese Klm per far ritorno in Patria, ha dichiarato che si recherà a Roma con la sorella, la principessa Fatima, e ripartirà per Teheran il 2 gennaio. Il monarca persiano ha messo in evidenza la grande utilità dei contatti avuti fra lui e Truman. Egli ha aggiunto che vedrebbe con estremo interesse investimenti di capitali americani nel suo Paese. (Corriere della Sera)
Lunedì 17 aprile 1950
Fatima, sorella dello scià di Persia, s’è sposata in Italia con un americano deciso a convertirsi all’Islam
LONDRA - Lo studente americano Vincent Lee, che giovedì 13 aprile ha sposato a Civitavecchia la sorella dello Scià di Persia, ha dichiarato ieri che incomincerà con questa settimana a dedicarsi allo studio del maomettanesimo, mentre la giovane ed avvenente sposa, principessa Fatima dell’Iran, si recherà in volo a Teheran per fare opera persuasiva presso il fratello, Scià Mohamed Reza Pahlavi, il quale del resto, secondo le ultime notizie, non si opporrebbe più a un suo matrimonio maomettano per regolarizzare quello da lei celebrato segretamente In Italia. Fatima era partita dalla Persia circa un mese fa, contro i desideri del suo regale fratello. Dall’estero aveva scritto allo Scià informandolo del fidanzamento col ventiduenne Hilller e dicendogli che il fidanzato era disposto a rinunziare alla cittadinanza americana e ad abbracciare l’islam. La notizia delle nozze è giunta quindi a Teheran come un fulmine a ciel sereno, scandalizzando non soltanto gli ambienti di Corte, ma l’intera Nazione, soprattutto perché sono imminenti le celebrazioni ufficiali del ritorno in patria della salma di Scià Reza, padre dell’attuale Scià e di Fatima, morto in esilio nel Sudafrica nel 1943. In un primo tempo lo Scià aveva anzi deciso di privare la sorella delle prerogative e del titolo di principessa. (Corriere della Sera)
Martedì 6 febbraio 1951
Lo Scià annuncia le nozze con Soraya
Il « re dei re », lo « Scià di tutte le Persie », Mohammed Reza Pahlavi, coronerà finalmente lunedì il suo sogno d’amore. Non si tratterà però di uno di quei matrimoni regali che i sudditi persiani erano soliti vedere o di cui per lo meno sentivano parlare. Sarà invece un matrimonio, se non modesto, certo non solito per un sovrano persiano. Egli ha infatti dato ordine che ogni fasto regale, ogni splendore venga bandito. La situazione internazionale, tutt’altro che confortante, e le agitazioni sociali che travagliano il Paese hanno infatti offuscato il tradizionale splendore delle celebrazioni degne di una Corte persiana. Un pranzo, previsto dal protocollo, e un ricevimento seguiranno la cerimonia religiosa in rito musulmano che unirà in matrimonio il re dell’Iran e la diciottenne sposa, figlia di un ricco persiano e di una donna oriunda tedesca. Le nozze erano state fissate per lo scorso dicembre e precisamente per il 27 di quel mese, ma a ostacolare il progetto sono intervenute cause di forza maggiore. Dapprima una febbre tifoidea che ha costretto a letto la bella Soraya Esfandiari per parecchio tempo e poi una forma influenzale tutt’altro che leggera. Soraya è figlia di un capo tribù persiano, mentre la madre — come abbiamo detto — è tedesca. Incontrò lo Scià per la prima volta a Parigi due anni or sono durante un ricevi mento. Da allora non lo vide più fino allo scorso ottobre quando interruppe gli studi che stava compiendo in Svizzera e tornò in Persia per la cerimonia del fidanzamento. Secondo il suo programma di austerità, il trentaduenne Mohammed ha pregato i sudditi di limitarsi nell’inviare doni di nozze. Lo Scià ha consigliato coloro che vogliono mandargli regali di nozze di depositare in banca, in denaro liquido, la somma corrispondente al vaio re dei doni che servirà a scopi di beneficenza. Lo Scià ritiene infatti che ogni manifestazione di regalità deve essere bandita dalle sue nozze in un momento in cui i suoi sudditi sono assillati da due problemi: l’eventualità di una guerra e la povertà del Paese.
A Teheran, nozze tra Reza Pahlavi e Soraya Esfandiari
Con fasto orientale, ma alla presenza di pochissime persone, nella sala d’avorio del palazzo di marmo di Teheran, lo scià, Mohammed Reza Fahlevi, ha sposato oggi la principessa Soraya Esfandiari, che il popolo persiano ha salutato come la nuova «Rosa d’Oriente». La sposa indossava un abito di lamé argentato e imbrillantato, con una tiara di diamanti in capo, mentre lo scià era in uniforme militare blu scuro, con spalline d’oro e bandoliera argentata. Sulla gradinata del grande palazzo di marmo rosa attendevano la sposa tutti i principi del sangue, il Primo ministro Razmara e 150 personalità. Alla sommità della scalea, solo, attendeva il sovrano. Lo scià, la sposa, la regina madre e sei fanciulle che reggevano il lungo strascico della sposa sono entrati nel palazzo, e, attraverso il grande atrio degli specchi, sono giunti alla sala d’avorio, festosamente addobbata per la cerimonia e illuminata da grandi candelabri di cristallo. Su un grande tappeto di inestimabile valore era collocato un grande scialle e, sopra di esso, due troni. La coppia reale ha preso posto sui troni e due sacerdoti musulmani hanno collocato davanti ad essa i simboli nuziali: il Corano, uno specchio e due candele. Soraya ha aperto il Corano e ha letto un passo indicatole da un sacerdote.Leggi qui tutto il servizio del Corriere della Sera
Giovedì 8 marzo 1951
Assassinato il premier iraniano Ali Azmara
Il Primo ministro persiano, tenente generale Ali Razmara, è stato assassinato stamane a Teheran, mentre, insieme ad altri funzionari governativi, si recava a una cerimonia funebre in una moschea della capitale. Razmara era appena entrato nel cortile della moschea quando un individuo che si trovava tra la folla ha sparato contro di lui quattro colpi di rivoltella, tre dei quali lo hanno raggiunto all’addome. La morte è stata quasi immediata. Un poliziotto ha cercato di afferrare l’assassino, ma questi ha nuovamente sparato, ferendo l’agente e tentando quindi di togliersi la vita. Successivamente è stato catturato e identificato come Adbullah Mohamed Rastegar, di professione carpentiere. Sarebbero stati arrestati anche tre suoi complici, appartenenti, come lui, alla fanatica setta religiosa dei «Fadayam Islam», cioè di coloro che sono pronti a sacrificarsi per l’Islam. È questo il quinto attentato verificatosi nell’Iran negli ultimi due anni. Il 4 febbraio 1949 lo Scià Mohamed Reza Pahlavi sfuggi per miracolo a un attentato. Quattro pallottole, infatti, avevano attraversato il suo fez e il suo soprabito. Nove mesi più tardi il ministro della Real Casa Abdul Hussein Nagir periva sotto i colpi di un fanatico religioso nella moschea di Sepahsalar. Il 27 maggio 1950 il direttore dell’importante settimanale Teheran Mossavar, Ahmed Deghan, fu assassinato nel suo ufficio da un giovane. Il 22 agosto 1950 il capo religioso della capitale dell’Iran, l’Iman Djomeh veniva colpito con numerosi colpi di coltello da un fanatico, ma riusciva a sopravvivere. L’uccisore del gen. Razmara è un predicatore laico del Corano, un seguace del partito ultranazionalista, uno di «coloro che sono pronti a sacrificarsi per l’Islam»
Oggi a Teheran i funerali di Ali Razmara
Teheran 8 marzo, matt. Nessun incidente ha fatto seguito, almeno sino a stamane, all’uccisione del Primo Ministro, Ali Razmara. Nella capitale persiana, ormai, come rileva un corrispondente di una agenzia americana, si nota una inspiegabile indifferenza per l’accaduto, il che avvalora l’ipotesi che l’assassinio di Razmara non abbia alcun retroscena, ma sia unicamente la conseguenza del fanatismo religioso. L’avvenimento pone nuovamente in primo piano la questione persiana, ossia il mantenimento di un equilibrio tra Occidente e Oriente che Razmara era effettivamente riuscito a creare. Saprà il suo successore fare altrettanto? Questo è quanto si chiedono stamane gli osservatori politici. Dopo una riunione straordinaria di Gabinetto, lo Scià, come già annunciato, ha chiamato provvisoriamente a reggere il Governo Khalil Fallimi, che da un mese era ministro senza portafoglio. Fallimi non rappresenta comunque che una soluzione provvisoria della crisi. Sembra che il posto sia stato offerto all’ex-ambasciatore negli Stati Uniti, Hossein Ala, il quale avrebbe peraltro rifiutato. Si fa pure il nome del vecchio Ghavam Sultaneh. già Primo Ministro. Si rileva pure che nell’assassinio non hanno alcuna parte i comunisti, benché non sia escluso che essi cerchino ora di approfittare della situazione. L’attentatore, interrogato dalla polizia, ha dichiarato di aver compiuto il delitto, perché il Primo Ministro « aveva consegnato il Paese al forestiero ». Consta che nell’ultima riunione del « Fadayan Islam » (« i crociati dell’Islam ») cui appartiene l’assassino, erano state lanciate invettive a Stalin, a Truman e a Re Giorgio d’Inghilterra, chiedendo la fine delle « interferenze straniere ». I funerali di Ali Razmara avranno luogo stamane. Il servizio funebre avrà inizio nella moschea di Sepah Salar poco dstante dal luogo dove ieri è avvenuto l’attentato. Nelle strade della capitale stamane vi sono segni di lutto. In un bazar un uomo ha gridato: « Liberate l’assassino! ». Queste parole non hanno però avuto seguito per;hè i presenti si sono messi a ridere.
C’è la questione del rinnovo della concessione all’Anglo Iranian dietro l’assassinio del primo ministro persiano Ali Razmara
«[a proposito dell’attentato che è costato la vita al premier iraniano Ali Ramzara] da quanto sembra i sovietici hanno favorito i sentimenti nazionalisti dei musulmani dell’Iran contro gli interessi inglesi nelle industrie petrolifere persiane, con quelle promesse sulla cui natura non è necessario pronunciarsi. Il Senato persiano deve decidere sulla nazionalizzazione delle industrie petrolifere già votata dal Parlamento. Il Governo britannico inviò nei giorni scorsi una nota al Governo di Teheran per far presente la illegalità del provvedimento e per consigliare un accordo con la Anglo Iranian Oil Co. In attesa degli eventi Londra ha deciso di non fare più pressioni sull’Iran prima di aver esaminato il rapporto dell’ambasciatore britannico a Teheran. Il Gabinetto inglese tuttavia segue con ansiosa attenzione la situazione persiana sovrattutto per le ripercussioni che essa può avere nel Medio Oriente e specialmente nell’Iraq dove si sta sviluppando un vivo malcontento per la « ingerenza » britannica nelle industrie del petrolio di quel Paese» (Corriere d’Informazione)
La politica di moderazione di Razmara
Il gen. Razmara, che aveva 49 anni, fu chiamato al Governo dallo Scià ventiquattro ore dopo lo scoppio della guerra in Corea. Era l’uomo delle situazioni gravi. Allievo di Saint-Cyr, di educazione e di tendenze occidentali, la sua energia rappresentava la risorsa estrema del sovrano e del Paese. Subito, l’atteggiamento politico di Razmara fece capire che l’orientamento della Persia cambiava. Il generale, che aveva garantito l’Azerbaijan persiano contro le tendenze di separatismo, cioè di annessione alla Russia, prese l’iniziativa di una distensione verso l’Urss. Un accordo commerciale fu concluso con Mosca: i termini rimasero piuttosto oscuri, e non s’era ancora potuto accertare se Teheran lasciasse ai Sovietici l’assoluta libertà di commercio, e perciò di influenza politica nelle regioni settentrionali, o se i traffici dovessero avvenire soltanto attraverso gli uffici competenti persiani. Contemporaneamente la Persia rifiutava di lasciar ritrasmettere la «Voce dell’America» dal suo territorio, e non consentiva alle compagnie petrolifere americane di far ricerche nelle regioni del Nord, ai confini russi. Questo indicava una oscillazione della Persia, non verso la Russia, ma verso una politica più elastica e cauta, consigliata dagli avvenimenti di Corea. L’oscillazione non spostava sostanzialmente la politica persiana. All’Onu e in tutte le altre occasioni i rappresentanti diplomatici della Persia continuavano a seguire la linea occidentale. E nella complicata vertenza sulle concessioni alla Anglo-Iranian Oil Company, che produce quasi 32 milioni di tonnellate di petrolio all’anno ed è di proprietà del Governo britannico, Razmara prendeva un atteggiamento favorevole all’Inghilterra, resistendo alle pressioni dei nazionalisti. Ma la maggioranza del Parlamento, sotto l’influenza aperta dei patriottardi e coperta della Russia, non accettava quella politica di moderazione e di rispetto degli interessi occidentali. L’assassinio avviene su questo sfondo di intrighi e di passioni, dominato da immensi interessi politici ed economici. Il Tudeh o partito di massa di ispirazione e disciplina comuniste, è stato sciolto già qualche anno fa, ma è noto che esso vive e agisce ancora in tutta la Persia. Questo partito, secondo gli osservatori londinesi, potrebbe preparare il terreno a un colpo di mano sovietico (Domenico Bartoli sul Corriere della Sera)
Venerdì 9 marzo 1951
Parla l’assassino di Razmara
In occasione dei funerali del Primo ministro Ali Razmara, che, come annunciato, si terranno oggi, il Governo persiano ha proclamato una giornata di lutto nazionale. Tutte le amministrazioni del Paese rimarranno pertanto chiuse. Sinora nessuna notizia ufficiale è stata diffusa dalla polizia circa i risultati dell’interrogatorio dell’assassino Abdullah jMoliammed Rastegar. Si sa solo che l attentatore ha dichiarato dopo l’arresto: Sono un fedele servitore dell’Islam e uno sterminatore dei suoi nemici ». Interrogato sui motivi del suo gesto, l’assassino ha risposto recitando ad alta voce passi del Corano, interrompendosi di quando in quando per chiedere: « Perché avete consegnato il Paese nelle mani degli stranieri? Perché io compissi questo gesto? »
Mercoledì 21 marzo 1951
Il parlamento di Teheran vota a favore della nazionalizzazione del petrolio
Il Parlamento iraniano ha votato per la nazionalizzazione degli impianti petroliferi, oggi in possesso della Anglo Iranian Oil Company. Manca ancora, per l’entrata in vigore del provvedimento, la sanzione dello Scià.Leggi qui l’articolo di Domenico Bartoli
Domenica 25 marzo 1951
È morto Zanganeh
Il dott. Abdul Hamid Zanganeh, ex-ministro persiano dell’Educazione nazionale, è morto all’ospedale per emorragia. Egli era stato ferito lunedì scorso in un attentato di fronte all’Università di Teheran, dove insegnava. Subito dopo l’attentato, che era stato effettuato da un giovane studente di Teheran, Hosseinghomi, era stato detto che le condizioni del paziente non erano gravi. Dei quattro colpi sparati, uno solo, infatti, lo aveva raggiunto. Un intervento operatorio sembrava aver dato risultati soddisfacenti, ma poi intervenne un fatale aggravamento. Ieri sera è stato annunciato ufficialmente che, dopo l’imposizione della legge marziale avvenuta il 20 marzo, sono stati tratti in arresto dodici membri dell’organizzazione musulmana « Fadayan », cui apparteneva l’assassino del Premier. Zanganeh, che era stato nominato ministro dal defunto Premier Razmara, di cui era molto amico, era anche presidente della facoltà di giudisprudenza della Università di Teheran. Recentemente aveva vietato alcune manifestazioni di studenti di sinistra. Come ministro dell’Educazione, Zanganeh aveva introdotto severe leggi sulla stampa particolarmente dopo l’attentato contro lo Scià. Queste disposizioni erano state abolite recentemente. Zanganeh è stato ministro della Pubblica Istruzione per due volte: dal 1949 al 1950 e fu nuovamente nominato dal defunto Premier Razmara il 5 febbraio dell’anno scorso malgrado l’opposizione di molti giornali. Unitamente ad altri ministri si era dimesso dopo l’assassinio di Razmara.
Lunedì 26 marzo 1951
Iran. Legge marziale in sette centri petroliferi
La situazione persiana si è aggravata. Il Governo ha proclamato questa sera la legge marziale in sette località situate nelle zone petrolifere dell’Iran meridionale, compreso l’importante centro di Abadan dove sorgono alcune tra le principali raffinerie del Paese. Il provvedimento è stato preso per il diffondersi del movimento di sciopero iniziatosi presso le installazioni della Anglo-Iranian Oil Company. Gli operai degli impianti della Compagnia angloiraniana a Bandar Mashur, un porto sul Golfo Persico, e gli operai delle raffinerie di Aghajari si sono messi in sciopero da sabato scorso per ottenere un aumento salariale. All’agitazione si sono uniti ieri gli apprendisti e gli studenti che seguono i corsi della compagnia petrolifera nel centro di Abadan. Il Governo ha dato disposizioni alla polizia della provincia di Khuzistan di procedere all’arresto di tre istigatori, appartenenti all’Associazione comunista per la « lotta contro la Anglo-Iranian Oil Company », che erano stati inviati colà da Teheran per organizzare disordini. Per tutto il giorno gli scioperanti hanno gridato: « Buttate a mare i pirati ... morte agli imperialisti ... dateci il nostro petrolio ». Il governatore militare di Teheran ha inoltre ordinato l’arresto di nove persone considerate ostili alla corte imperiale. Si fanno i nomi dei giornalisti Varzani e Karimpur, quest’ultimo direttore del giornale Chureche, che in questi ultimi tempi ha indirizzato violenti attacchi ai membri della famiglia dello Scià. Gli altri arrestati sono membri della setta dei «Fratelli dell’Islam», la stessa a cui appartenevano gli attentatori alla vita del Primo ministro Ali Razmara e del vice-rettore dell’università di Teheran, AbduI Hamld Zanganeh. Questi ultimi arresti sono stati determinati dalla scoperta di un complotto per assassinare il governatore militare di Teheran, gen. Abdul Hussein Hejazi Gli arrestati sono stati trovati tutti in possesso di armi. La polizia ha dichiarato che nel loro nascondiglio è stata rinvenuta una lista di 40 persone da uccidere, fra le quali figuravano alti funzionari di Corte ed alcuni ministri del Governo Razmara. La polizia ha effettuato un’incursione anche in un’altra abitazione, alla ricerca del capo dei terroristi, Navab Safavi, ma costui era riuscito a darsi alla fuga pochi minuti prima dell’arrivo degli agenti.
Sabato 31 marzo 1951
Sparano a un cugino dello Scià
Un nuovo attentato, il terzo della serie in un solo mese, e diretto contro la persona del cugino della consorte dello stesso Scià, ha improvvisamente acutizzato la crisi politica che scuote il Paese. L’attentato è stato perpetrato stanotte. Il cugino dell’imperatrice, Bakhtiari, ha riportato una ferita alla mascella e una a un polmone, ma si ritiene che possa sopravvivere. Il fatto è avvenuto nel centro petrolifero di Isfahan, teatro dei recenti scioperi, dove i lavoratori avevano recentemente preso d’assalto gli uffici governativi. Il prof. Yahia Adi, della Università di Teheran, che ha avuto in cura il gen. Razmara e il dott. Zangeneh, vittime dei due ultimi attentati, è partito in aereo alla volta di Isfahan per porgere le prime cure al ferito. Yahia Bakhtiari appartiene a una delle più importanti tribù dell’Iran, residente nelle vicinanze di Isfahan, e dalla quale è oriunda anche l’imperatrice. Non si hanno ancora particolari sull’attentato. Come si ricorda uno sciopero era scoppiato a Isfahan, giorni fa, a causa delle divergenze fra i lavoratori e i proprietari delle locali filande. Lo stato d’assedio non è stato proclamato nella regione e il Governo aveva lasciato al governatore la facoltà di agire secondo le esigenze della situazione. L’attentatore, un caporale dell’esercito persiano, è stato tratto in arresto. I motivi del delitto non sono stati ancora stabiliti.
Continuano gli scioperi contro l’Anglo-Iranian
Negli ambienti dell’Anglo-Iranian Oil Company il numero degli scioperanti viene fatto ascendere a 16.000. Gli scioperanti hanno inviato un messaggio al Parlamento per chiedere l’invio sul posto di una commissione incaricata di indagare sulla fondatezza delle loro richieste. Da fonte autorizzata giunge notizia che il Governo esercita pressioni sulla « Anglo-Iranian» perchè quest’ultima ripristini talune indennità la cui soppressione, in data 22 marzo, sarebbe all’origine del movimento di sciopero. Secondo notizie giunte questa sera gli scioperi si sarebbero estesi all’importante centro petrolierò di Masdjed Soleiman dove ottomila lavoratori avrebbero abbandonato le raffinerie. A Teheran regna la calma ma gli arresti continuano sia tra i seguaci della setta dei « Fratelli dell’Islam » sia fra quelli del partito Tudeh.
Domenica 1 aprile 1951
Perché è stato ucciso Razmara
«[...] Razmara — dice Ayatoullah —, pur di rimanere al potere, ha tentato di offrire grosse concessioni agli Inglesi e agli Americani, a spese del popolo iraniano. Razmara ha concluso un accordo con l’Urss che dava al Russi dieci e zero all’Iran. Razmara ha rinunciato ad otto tonnellate d’oro in favore dei Russi, oro depositato dopo la guerra, per conto dell’Iran, in una banca sovietica. Razmara facilitò l’evasione di dieci capi del partito comunista Tudeh, detenuti, in attesa di giudizio, nelle carceri di Teheran: questi leaders, rifugiatisi nell’Europa orientale, fondarono d’urgenza un nuovo partito comunista dell’Iran. Ecco, in sintesi, le ragioni dell’uccisione di Razmara, colpevole, oltre tutto, di fronte a tutto il Parlamento, di essere stato designato Capo dello Stato, dallo Scià, senza l’approvazione del Parlamento stesso. Ma per dimostrare l’eccessivo fervore nazionalistico di Ayatoullah, basterà ricordare quello che Ayatoullah non ricorda nel suo libro d’accuse contro Razmara e cioè che Razmara era riuscito a raggiungere un accordo con gli Inglesi, per cui l’Iran avrebbe incassato invece di quattro scellini sei scellini per tonnellata estratta, mentre un altro progetto, avviato quasi alla conclusione, prevedeva parità di diritti, nella Società da parte dell’Iran e dell’Inghilterra, e la divisione al cinquanta per cento degli utili. I termini del contratto erano stati, quindi, profondamente modificati e soltanto in favore dell’Iran. Nulla di tutto questo raccontano Ayatoullah e i nazionalisti ad oltranza. L’opinione del Medio Oriente (l’opinione, intendo, dei nazionalisti saggi, chè sano ben rari i non nazionalisti) è di conseguenza che otto grammi di polvere estremista abbiano fatto il gioco dei comunisti e dell’Unione Sovietica, e si ritiene certo che le Potenze occidentali non rimarranno impassibili di fronte alla imprevista minaccia che grava sulle loro risorse petrolifere, sui loro interessi economici e sulle loro posizioni strategiche nel Medio Oriente». (da un articolo dal Cairo di Manuer Lualdi per il Corriere della Sera).
Sabato 14 aprile 1951
Iran, continuano gli scioperi dei lavoratori del petrolio
Il Senato di Teheran ha approvato oggi la proclamazione della legge marziale nella provincia del Khuzistan, ricca di . giacimenti petroliferi, il cui governatore generale è stato destituito ieri. Spetta ora alla Camera di pronunciarsi sull’argomento. Un comunicato ufficiale pubblicato oggi smentisce la voce di uno sbarco di truppe inglesi nell’ Iran meridionale, come pure quella di una penetratone in Persia di membri della tribù dei Barzani, provenienti dalla frontièra sovietica. Il Parlamento ha stabilito di prorogare la legge marziale per due mesi dopo che il ministro degli Interni, generale Fazlollah Zahedi, aveva riferito che un lavoratore e un poliziotto erano rimasti uccisi ad Isfahan durante una dimostrazione di solidarietà con gli scioperanti del Khuzistan. Nelle zone petrolifere il movimento di sciopero si va estendendo. La direzione della « Anglo-Iranian » ha segnalato, che picchetti di scioperanti hanno formato una «catena urnana » tutt’ attorno agli stabilimenti delle raffinerie di Abadan, e che solo 3000 dei 12.000 dipendenti hanno potuto recarsi normalmente al lavoro. Intorno alla fabbrica continuano a verificarsi episodi di intolleranza e disordini. La produzione di petrolio della zona è scesa dai 18 milioni di galloni al giorno a nemmeno 10 milioni. Negli altri impianti di proprietà della compagnia, a Bandar Manshur ed Aghajari, il lavoro continua invece normalmente.
Lunedì 16 aprile 1951
Ultime da Teheran. Lo Scià si deve operare di appendicite, l’assassino di Ahmed Deheghan è stato impiccato sulla pubblica piazza
I medici dello Scià dell’ Iran hanno annunciato ieri che il sovrano si deve recare all’estero per un ulteriore esame delle sue condizioni fisiche prima della progettata operazione di appendicite. La decisione è stata presa dopo un consulto al quale hanno partecipato cinque tra i più noti specialisti di Teheran. Ieri, nella piazza principale della città, è stato impiccato Hassan Jafari, l’assassino di Ahmed Deheghan, deputato al Parlamento iraniano e direttore del giornale « Mossavar ». Accanito oppositore della influenza russa nell’ Iran, Deheghan era stato ucciso mentre si trovava nella redazione del suo giornale il 27 maggio dello scorso anno. Jafari apparteneva al partito comunista Tudeh.
Iran disordini nella provincia di Abadan
La situazione in Iran si va facendo sempre più tesa. Trenta esperti americani hanno lasciato ieri il lavoro nella zona petrolifera, chiedendo l’immediato trasporto in Patria delle famiglie. Al tempo stesso le famiglie britanniche degli addetti al porto petrolifero di Abadan, nell’Iran sudorientale, sono state trasferite a Bassora, nell’Iraq. Trentasei treni recanti rinforzi di truppe iraniane sono stati inviati in tutta premura ad Abadan, dove si segnala la presenza di agitatori comunisti provenienti da vari Paesi del Medio Oriente. Il Governo iraniano si è riunito iersera in seduta straordinaria per discutere la critica situazione. L’ambasciatore americano Henry F. Grady ha dichiarato alla stampa che « gli Stati Uniti sperano che il problema petrolifero dell’Iran sia risolto nel senso di una soddisfazione del popolo iraniano e degli interessi del mondo libero del quale l’Iran fa parte ». Da Abadan vengono segnalati ulteriori episodi di violenza, e cosi pure dalla provincia centrale dell’Ysfahan e da due città industriali del Mazanderan, provincia sita lungo la costa del Caspio. Ad Abadan, dove venerdì scorso vennero uccisi tre marinai britannici e almeno sei iraniani, oltre ventimila fra operai e studenti si sono ammassati ieri per protestare contro il seppellimento delle vittime iraniane. Il «fronte nazionale» filo-sovietico aveva progettato un corteo funebre attraverso le vie della città, ma le autorità hanno provveduto di buon mattino a seppellire le salme. Le truppe hanno fatto fuoco in aria per disperdere i dimostranti. Pure nella mattinata di ieri, gli scioperanti di Abadan hanno stabilito un cordone di «picchetti» attorno alla raffineria dell’Anglo-Iranian, una delle più grandi del mondo, che è stata così costretta a chiudere per la prima volta dal 1917. I dimostranti sono anche riusciti a penetrare nell’edificio che ospita gli apprendisti della raffineria, ma ne sono stati subito scacciati dalla polizia e dalle truppe che hanno formato un cordone protettivo intorno al quartiere bianco della città. Il coprifuoco è in vigore dalle 19 alle 6.
Venerdì 20 aprile 1951
Minacce di morte al premier iraniano
La fanatica setta musulmana Fedayan ha oggi apertanrente minacciato di morte il Primo ministro persiano Hussein Ala qualora egli «si allontani dal sentiero della verità». Come si ricorderà un membro della setta ha ucciso qualche tempo fa il Primo ministro Ali Razmara. La minaccia è stata formulata oggi nel corso dì una arroventata riunione, tenuta sui gradini della Moschea dello Scià a Teheran. Alla riunione, che si è svolta sotto una pioggia torrenziale, hanno partecipato oltre 7000 membri della setta, che sono stati arringati da oratori eccitatissimi, i quali hanno chiesto la liberazione dei Fedayan arrestati. Uno dei capi della setta, Sayed Mohammed Naghavi, ha gridato a un certo punto: «Hussein Ala attento a non allontanarti dal sentiero della verità. Il destino di tutti i nemici dell’Islam sarà identico». La folla ha più volte invocato la «fine della dominazione straniera nell’Iran».
Venerdì 27 aprile 1951
Si dimette a Teheran il premier Ala Hussein
Il Primo ministro Ala Hussein ha rassegnato stasera le dimissioni nelle mani dello Scià di Persia dopo che, com’è noto, la commissione parlamentare per il petrolio aveva proposto l’esproprio delle installazioni appartenenti alla Anglo-Iranian Oil Company. Nella serata di ieri la commissione, con unanime decisione, aveva proceduto alla stesura delle proposte per la nazionalizzazione delle industrie petrolifere iraniane. Il Parlamentò aveva approvato la nazionalizzazione in data 21 marzo ed aveva costituito il comitato per fissare i metodi con cui subentrare alla Anglo-Iranian Oil Company. Le dimissioni di Hussein hanno fatto seguito all’ammonimento dell’ambasciatore britannico Sir Francis Shepherd il quale aveva dichiarato che vi potrebbero essere « le più gravi e lontane conseguenze » se l’Iran tentasse di impadronirsi delle proprietà della compagnia controllata dai Britannici. Come è noto, Hussein aveva sostituito l’ex-Primo ministro generale Ali Razmara, assassinato il 7 marzo. L’ambasciatore britannico, parlando ieri alla stampa, aveva detto: « Io spero che il Parlamento non proceda ad una azione unilaterale o precipitata in merito alla questione del petrolio, cosa che chiuderebbe la porta a negoziati e potrebbe avere le più gravi e lontane conseguenze ». Nella giornata di oggi l’ambasciatore aveva fatto visita ad Hussein e successivamente aveva conferito con lo Scià. Prima dell’annuncio delle dimissioni, il Primo ministro aveva convocato una riunione speciale del Gabinetto per discutere la situazione alla luce degli ultimi sviluppi e di quelle che venivano considerate « voci allarmistiche diffuse dai partiti dell’opposizione ». Va rilevato che il presidente della commissione parlamentare del petrolio, Mossadeq, aveva fatto accenno ieri alla possibilità che accadesse qualche cosa che avrebbe potuto impedire ogni decisione sulla nazionalizzazione dei petroli È stato frattanto riferito da Sciras che nella città si è verificata un’esplosione di polvere pirica e che parte della città stessa è tuttora in fiamme. Non sono stati forniti ulterioti particolari. Sciras conta circa 70 mila abitanti. Trentasette persone sono state tratte in arresto nella città di Resht, in seguito a una dimostrazione.
Domenica 29 aprile 1951
La nazionalizzazione del petrolio in Iran fa solo il gioco di Mosca
[...] «nazionalizzazione» significherebbe espropriazione. Negli impianti della Anglo-Iranian è investito capitale inglese per circa trecentocinquanta milioni di sterline. Il Governo persiano non ha denaro per pagare regolarmente i suoi funzionari; come potrebbe pagare quella somma? Quindi, per nazionalizzare, dovrebbe o impossessarsi degli impianti senza pagare un soldo, o prendere un prestito da un Governo straniero per pagare la Anglo-Iranian. Al quesito «quali sarebbero gli effetti della nazionalizzazione» si può rispondere con le parole del defunto Primo ministro Ali Razmara: l’effetto sicuro e immediato sarebbe la perdita per il Tesoro persiano dei quattro quinti delle sue entrate. È fuori dubbio che i Persiani non sarebbero capaci — per lo meno per decenni — di far funzionare una organizzazione industriale e commerciale cosi gigantesca e complessa come la Anglo-Iranian. Infine: perchè tutti, in Persia, vogliono la «nazionalizzazione», cioè un provvedimento che sconvolgerebbe l’economia e la finanza del Paese e che farebbe sorgere i più gravi pericoli per la sua indipendenza? Risposta: la vogliono i comunisti perchè sono comunisti, e, come tali, vogliono che non solo il petrolio persiano, ma essa stessa cada nelle mani del comunismo sovietico. La vogliono i nazionalisti per quell’odio torvo per lo straniero che cova in tutto l’Oriente musulmano. La vogliono le classi abbienti, il Majlis, perchè hanno bisogno di un capro espiatorio su cui riversare le loro responsabilità, e lo hanno trovato nella Anglo-Iranian. Le masse persiane sono in una miseria che supera ogni immaginazione. 1 capi nazionalisti, i latifondisti, i ricchi mercanti, che dominano il Majlis, attaccando la Anglo-Iranian, distraggono l’attenzione del volgo dal loro fallimento, e si danno le arie di combattere per liberare il Paese dalla miseria di cui sono la causa principale La risposta a questi quesiti cambierebbe completamente se il Governo persiano si rivolgesse all’estero per averne aiuto di capitali e di tecnici. Vi è un solo Governo che avrebbe forse la capacità e certamente l’interesse di fornirgli un tale aiuto: il Governo sovietico. E, anzi, già da parecchio tempo glielo ha offerto in modo esplicito. (da un articolo di Augusto Guerriero sul Corriere della Sera)
Mossadeq primo ministro?
Il «Majlis» persiano, riunitosi stamane in seduta segreta, ha proposto allo Scià di nominare Primo ministro in sostituzione del dimissionario Ala Hussein il dott. Mohammed Mossadeq che capeggia il gruppo nazionalista al quale si attribuisce l’organizzazione dei sanguinosi disordini di Abadan. La proposta del Parlamento, approvata da 79 deputati su 91, dovrà essere confermata dallo Scià. Stasera, poi, il Majlis, dopo una seduta durata sette ore e mezzo, ciò che costituisce un record nella storia parlamentare persiana, ha approvato all’unanimità il progetto di legge per la nazionalizzazione dell’industria petrolifera, invitando il Governo ad espropriare senz’altro la Compagnia Anglo-Iranian, controllata dal Governo di Londra. È stata inoltre proposta la creazione di una commissione mista governativa e parlamentare per esaminare gli eventuali reclami di altri Governi o delle compagnie petrolifere. Si afferma a Teheran che lo Scià è furente per la decisione del Majlis tendente ad imporgli di nominare Primo ministro il più accanito nazionalista del Paese. Vi è persino chi assicura che il sovrano potrebbe invocare i suoi poteri costituzionali per sciogliere il Majlis col proposito di instaurare un Governo stabile. Oggi Mossadeq, a nome del suo gruppo, ha precisato che intende dissociarsi dal partito comunista Tudeh messo al bando, al quale solo spetterebbe la responsabilità di aver fomentato i torbidi di Abadan e Isfahan. Oggi il Parlamento ha anche bocciato una mozione che prevedeva la vendita del petrolio nazionalizzato al maggior offerente (la Russia?) e ha stabilito che il petrolio deve essere venduto ai clienti precedenti in base ai prezzi internazionali. L’Anglo-Iranian Oil Company, dal suo canto, ha protestato già oggi contro le decisioni prese a suo danno dal Parlamento persiano. Viene riferito che in una nota inviata al Governo di Teheran l’Inghilterra si oppone risolutamente alla «possibilità di una simile infrazione all’accordo esistente tra il Governo imperiale (persiano) e la Compagnia». Si aggiunge che l’Inghilterra ha intenzione di inviare sul posto alcune cannoniere, che si trovano a non più di 48 ore di navigazione dai principali porti persiani, a protezione delle vite e dei beni britannici. Un portavoce del Foreign Office ha precisato che la Anglo-Iranian ha alle sue dipendenze in Persia circa 3.500 impiegati britannici.
Lunedì 30 aprile 1951
Viva preoccupazione a Londra per il petrolio iraniano
Questa mattina, con carattere di grande urgenza, il Gabinetto britannico si riunisce per esaminare la decisione presa dal Parlamento di Teheran di dar corso immediatamente alla nazionalizzazione delle industrie petrolifere britanniche nell’ Iran. Nel pomeriggio di oggi il ministro degli Esteri Morrison farà delle dichiarazioni in proposito alla Camera dei Comuni. A Londra la situazione è giudicata molto seria ed è fonte di gravi preoccupazioni soprattutto di carattere internazionale. Infatti, se il Governo inglese dovesse decidere di sbarcare delle truppe nel porto di Abadan per proteggere la vita dei cittadini britannici e le proprietà della Anglo-Iranian Oil Company, le truppe sovietiche potrebbero invadere la provincia dell’Azerbaijan persiano, secondo le informazioni fornite all’ambasciatore inglese a Teheran dall’ex-Primo ministro iranico Hussein Ala dimessosi venerdì scorso. Le concessioni dell’Anglo-Iranian avrebbero dovuto scadere il 31 dicembre dei 1993. Il Daily Telegraph rileva stamane, in un suo editoriale, la gravità dell’improvvisa votazione della legge sulla nazionalizzazione delle industrie petrolifere iraniane. «La Persia non ha né la capacità tecnica né le risorse finanziarie per sfruttare la ricchezza del suo sottosuolo. Ogni suo tentativo di far funzionare le industrie petrolifere della Anglo-Iranian, senza la collaborazione straniera, significherebbe rovinare gli impianti già esistenti e distruggere le basi sulle quali si regge la intera economia del Paese » Il giornale, dopo aver sottolineato il pericolo non solo per la Gran Bretagna, ma anche per altre Nazioni del mondo libero se dovesse venir meno il petrolio dell’ Iran, aggiunge: «Solo il comunismo, i cui agitatori hanno diretto, prima nascostamente e poi apertamente, la campagna antibritannica per la nazionalizzazione delle industrie petrolifere persiane, può essere avvantaggiato dal collasso della economia dell’ Iran e dal divieto che il petrolio persiano arrivi nei Paesi dell’Occidente. Il Governo britannico sarebbe pienamente giustificato, anche se dovesse difendere con le misure più drastiche i suoi diritti, ma ciò potrebbe causare l’intervento dell’Unione Sovietica ».
Mercoledì 2 maggio 1951
Lo Scia firma la legge che nazionalizza il petrolio iraniano
La radio governativa persiana ha annunciato che nel tardo pomeriggio di oggi lo Scià ha firmato la legge che dispone la nazionalizzazione dei giacimenti petroliferi. Essa diviene, cosi, costituzionalmente esecutiva. Mentre lo Scià firmava la legge, una nuova nota di protesta gli perveniva dal Governo inglese in merito alla decisione «unilaterale» di violare gli accordi esistenti tra Inghilterra e Persia per lo sfruttamento delle risorse petrolifere iraniane. Subito dopo l’annuncio dell’avvenuta firma, gli ambasciatori a Teheran dell’Inghilterra e dell’America si sono recati a conferire col Primo ministro. L’ambasciatore inglese Shepherd veniva in Seguito ricevuto anche dallo Scià. La nota del Foreign Office odierna avrebbe ribadito il principio (già espresso ai Comuni da Morrison) che il procedere da parte dell’ Iran alla progettata nazionalizzazione « nonostante » gli avvertimenti inglesi potrebbe comportare « assai serie conseguenze per l’avvenire ». Quanto al colloquio col Premier dell’ambasciatore americano Henry F. Grady — benché nulla sia stato ufficialmente precisato al riguardo — si ritiene che esso sia in connessione con l’affermazione fatta ieri da un portavoce che nella vendita libera del petrolio l’Iran avrebbe « favorito i vecchi clienti»: l’America appare preoccupata all’idea che il petrolio iraniano sia ora ceduto anche alla Russia. Com’è noto, ieri anche l’ambasciatore russo a Teheran Sadchilov si era recato a visitare il Primo ministro. Oggi nel pomeriggio il leader nazionalista ha visitato il sovrano per sottoporgli la lista dei componenti il nuovo Gabinetto che comprende quattro ministri già in carica col precedente Governo.
Venerdì 18 maggio 1951
Mossadeq, nuovo premier iraniano, sviene di continuo
«La sorte del petrolio persiano non è più dubbia: esso sarà nazionalizzato» Il dott. Mohamed Mossadeq si batte da decenni per la nazionalizzazione del petrolio, è andato al potere con questo programma, e non c’è ombra di dubbio che lo attuerà a qualunque costo. Quando ha prresentato il suo Governo al Majlis, ha detto: «Questo Governo, senza fare promesse a lontana scadenza, e considerando l’attuale situazione del Paese, limita il suo programma ai seguenti punti: 1) L’attuazione della legge del 30 aprile per la nazionalizzazione e l’assegnazione dei profitti al rafforzamento dell’economia del Paese e alla creazione dei mezzi di comfort e di agiatezza per il pubblico. 2) Il perfezionamento della legge elettorale». E, dopo aver fatto questo breve discorso, Mossadeq è svenuto. Sviene spesso. È un abile oratore, ma ogni volta che fa un discorso in Parlamento, sviene. Gli si apprestano cure, ed egli rinviene, . finisce il discorso, e, poi, sviene di nuovo, ed è portato via di peso. Probabilmente, continuerà a far cosi anche ora che è Presidente del Consiglio: a far discorsi e a svenire, e, fra uno svenimento e l’altro, « nazionalizzerà » il petrolio.
Giovedì 24 maggio 1951
Ultimatum di Mossadeq alla Anglo Iranian Oil Company
Il Governo persiano ha intimato un ultimatum di sette giorni alla Compagnia petrolifera britannica. Se entro il 30 maggio la Anglo-Iranian Oil Company, l’ex-Compagnia, come dicono i Persiani, non avrà accreditato i suoi rappresentanti per fissare le modalità del trapasso d’accordo col Governo, questo procederà alla nazionalizzazione senz’altro indugio. L’ultimatum è in realtà rivolto al Governo britannico, che possiede la maggioranza delle azioni della Compagnia, e risponde di fatto alla nota inglese di sabato scorso. La linea di condotta della diplomazia persiana che, essendo orientale, non manca di sottili furberie, consiste nel rivolgersi direttamente alla Compagnia e di rifiutare ogni intervento britannico col pretesto di dover respingere le intromissioni nei propri affari interni. Ma non c’è dubbio che l’azione di Mossadeq colpisce in pieno e direttamente l’Inghilterra nel suo prestigio, nella sua forza politica e militare e nei suoi interessi economici. Questo agitato parlamentare, sempre barricato dentro l’edificio del Parlamento, sta per infliggere all’Inghilterra il colpo più grave che essa abbia subito dopo la vittoria
Venerdì 25 maggio 1951
Mossadeq grida e piange davanti ai giornalisti e intima agli inglesi di andarsene
Il Premier persiano, Mohammed Mossadeq, ha avvertito gli Inglesi che è meglio cedere le concessioni petrolifere dell’ Iran sudorientale ai legittimi proprietari, anziché subire le probabili conseguenze di un rifiuto: una terza guerra mondiale e la caduta della civiltà occidentale. Mossadeq, che è un tipo altamente emotivo, ha avuto scoppi di pianto e frasi assai aspre nell’intervista concessa ai giornalisti, alla quale s’è presentato appoggiandosi a un deputato che lo aiutava a tenersi dritto. È la prima volta che il ministro appare in pubblico dopo esser riparato al palazzo del Parlamento per difendersi dagli attentati e difendere la nazionalizzazione dell’industria petrolifera persiana e comunicare ufficialmente che l’Anglo-Iranian non è più gradita in Persia. Ricordando e illustrando le fatiche e le miserie del povero popolo persiano Mossadeq ha pianto abbondatemente, ma la sua voce si è indurita minacciosa quando ha fatto ricadere ogni colpa sulla malvagia politica coloniale della Anglo-Iranian, sulla quale il Governo inglese ha un interesse preminente. Mossadeq ha lasciato poche speranze di compromesso: la Compagnia deve andarsene, egli ha detto, perché è una fonte di intrighi, di corruzioni e di interferenze negli affari interni della Persia. E con essa debbono andarsene anche gli agenti della Compagnia, perché essi hanno sacrificato tutto il Paese alle loro cupidigie.
Martedì 12 giugno 1951
Mossadeq garantisce a Truman: «Continueremo a vendere il petrolio ai vecchi clienti»
Il Primo ministro Mohammed Mossadeq, a quanto si apprende, oggi ha assicurato al Presidente Truman che la Persia darà la precedenza agli attuali clienti quando assumerà il controllo della Iranian Oil Company. È stato rivelato oggi il testo della risposta inviata ieri da Mossadeq tramite l’ambasciatore americano a Teheran alla recente lettera di Truman che esortava a comporre la vertenza mediante negoziati. La risposta oltre a dare le assicurazioni di cui sopra circa la vendita del petrolio rinnova anche l’accusa che agenti segreti della Anglo-Iranian hanno esercitato pressioni economiche sulla Persia per impedire un miglioramento delle condizioni di vita del popolo. Mossadeq dice che l’ Iran non ha altra scelta che nazionalizzare la compagnia ma vuole rimanere amico della Gran Bretagna.
Domenica 17 giugno 1951
Mossadeq accetta un prestito dagli Stati Uniti di 25 milioni di dollari
Funzionari del Dipartimento di Stato hanno annunciato oggi che la Persia ha comunicato il suo desiderio di accettare il prestito di 25 milioni di dollari da parte della Export-Import Bank. Quando lo scorso settembre si iniziarono le conversazioni, funzionari persiani e la stampa di Teheran espressero il proprio rammarico perché il prestito era inferiore a quelli che gli Stati Uniti avevano concesso ad altri Paesi minacciati dal comunismo. Oggi invece il capo dell’ufficio stampa del Dipartimento di Stato ha dichiarato che il Primo ministro persiano Mossadeq ha fatto sapere al Governo degli Stati Uniti, tramite l’ambasciatore Grady, che ora l’ Iran accetta il prestito.
Giovedì 28 giugno 1951
Desolazione ad Abadan
«Abadan ci apparve già agonizzante tre giorni or sono, quando l’aeroplano ci lasciò all’aeroporto civile sul quale tre quadrimotori attendevano di caricare le ultime donne e gli ultimi bambini inglesi. Le donne e i bambini inglesi partivano dopo aver sprangato le porte e chiuso le persiane delle case in cui avevano abitato per tanti anni circondati dal conforto che la potenza finanziaria dell’Anglo - Iranian Oil Company poteva abbondantemente elargire alle donne e ai bambini inglesi. Ora con occhiate alle porte e alle finestre spente, anche le case di Abadan, tutte case a un solo piano, larghe e spaziose, sembrano accompagnare l’agonia delle strade deserte e degli uffici vuoti. All’ingresso del Gimkana Club, un lussuoso palazzotto lucidato al cromo, era stata posta una lavagna su cui si leggeva: “I trattenimenti danzanti di oggi e domani sono stati rinviati a data da stabilirsi”» (da un articolo di Max David sul Corriere della Sera)
Domenica 8 luglio 1951
In Iran gli inglesi si rifiutano di lavorare, dimezzata la produzione di petrolio
Le autorità persiane hanno ingiunto stamane al personale britannico della Anglo Iranian Oil Company di restare in servizio per un mese almeno, a partire dal 27 giugno. Ciò allo scopo di impedire l’interruzione della produzione nei campi petroliferi. Giova tener presente che, in una lettera in data 27 giugno, indirizzata alle autorità iraniane da un comitato rappresentante tutte le sezioni del personale inglese, si dichiarava esplicitamente che non si voleva né si poteva lavorare per conto della Compagnia nazionalizzata. Nella risposta persiana si accusano ora i britannici di aver preso l’iniziativa di dimettersi, e si ricorda che «qualsiasi arresto o riduzione della produzione nelle raffinerie e qualsiasi perdita o danno subito dalla Persia o da altri Paesi liberi del mondo, consumatori del petrolio iraniano, ricadrebbero interamente sui dipendenti dell’AIOC». Le raffinerie di Abadan hanno tuttavia iniziato stamane a lavorare al 50 per cento delle loro capacità produttive. L’ordine di ridurre della metà l’attività produttiva è stato dato ieri dal direttore delle raffinerie, Kenneth Ross, allo scopo di mantenere in funzione gli impianti il più a lungo possibile. Tuttavia anche così fra venti giorni i serbatoi saranno pieni e tutto dovrà fermarsi, se nel frattempo non si sarà verificato qualche fatto nuovo. La riduzione porterà la produzione da 15 milioni e 100 mila galloni di petrolio grezzo al giorno a otto milioni e 300 mila. Le autorità persiane hanno infine interrotto oggi il flusso del petrolio nel solo oleodotto che unisce Abadan con la provincia di Bassora nell’Irak.
Martedì 17 luglio 1951
Otto altissime personalità persiane sono state comprate dai russi
Stamane Averell Harriman ha avuto un’ora di colloquio col Primo ministro Mossadeq, colloquio concretatosi in una «discussione generale» sulla controversia del petrolio. Mossadeq si trovava a letto. La conversazione ha avuto luogo in «un’atmosfera cordiale», secondo la definizione ufficiale. Harriman dovrebbe incontrarsi nel tardo pomeriggio con i membri della Commissione persiana per il petrolio M.L.M. Vasiliev, un ex-funzionario sovietico che l’anno scorso si trovava a Teheran come addetto alla missione commerciale russa, ha confermato la notizia che anticipammo lunedì scorso, relativa ad alcuni membri influenti del partito nazionalista che sarebbero stati « comprati » dall’Unione Sovietica La corruzione di alcuni membri del partito nazionalista persiano da parte dei sovietici rappresenta un palese mutamento della politica russa in Persia. Infatti Mosca, in un primo tempo, si servì del partito comunista persiano, il Tudeh, per penetrare nell’ Iran, ma dopo aver oscillato a lungo cambiò tattica e circuì ì membri più influenti dell’opposizione nazionalista. Tra le otto personalità del partito del dott. Mossadeq, tutte conosciute, che sono al soldo sovietico, vi è anche il deputato M. Makki, il portavoce della commissione persiana per la nazionalizzazione delle industrie petrolifere.
Mercoledì 28 novembre 1951
Gli inglesi erano pronti a dividere con i persioni 50-50 i profitti del petrolio
Il segreto dell’errore commesso dal Governo laborista nella vertenza anglo-persiana dei petroli e le ragioni della ostinata intransigenza del Governo di Teheran nelle trattative coi rappresentanti britannici potrebbero essere spiegati dal bilancio della Anglo-Iranian Oil Company e dal rapporto aggiuntivo del suo presidente, che sono stati pubblicati questa mattina. La Compagnia petrolifera ha annunciato che nella gestione dello scorso anno i suoi profitti ammontarono alla favolosa cifra di 115.495.994 sterline, pari a circa 200 miliardi di lire italiane. Da questo totale devono tuttavia detrarsi 34 milioni di sterline per usura degli impianti fissi e 24 milioni spesi per i sondaggi di nuove zone petrolifere. L’Anglo-Iranian quindi ha incassato dalla vendita del petrolio 81 milioni di sterline, cioè il doppio dell’anno precedente. Il Governo britannico ha guadagnato con le sue tasse oltre 50 milioni di sterline lasciando cioè alla Compagnia petrolifera un netto di 33 milioni di sterline (35 miliardi di lire italiane) di cui 26 accantonati come capitale e sette distribuiti agli azionisti. Che cosa è toccato ai Persiani nel 1950? Sedici milioni di sterline; se i Persiani avessero ratificato gli accordi supplementari del 1949 avrebbero potuto guadagnarne 33 milioni, perché l’Anglo-Iranian, immediatamente dopo i contratti firmati tra una compagnia petrolifera americana e il Governo dell’Arabia Saudita sulla base della spartizione in parti eguali dei profitti, fece nel gennaio scorso una analoga offerta al Governo persiano che è rimasta segreta fino a oggi. Nel rapporto firmato dal presidente della Anglo-Iranian a illustrazione delle cifre del bilancio è detto che l’ Iran con l’incasso per i suoi diritti di dogana e altre tasse avrebbe potuto ricevere complessivamente circa 50 milioni di sterline all’anno.
Giovedì 6 dicembre 1951
Disordini a Teheran, tre morti
Dalle ultime informazioni risulta che nei disordini provocati da cinquemila studenti comunisti a Teheran questa mattina, si sono avuti tre morti ed oltre duecento feriti. Dopo cinque ore di lotta in azioni sparse, i dimostranti comunisti sono stati dispersi e poi volti In fuga dalla polizia e dagli elementi anti-comunisti. La polizia, nella maggior parte dei casi, ha fatto fuoco in aria, e s’è servita apre. ferenza di sfollagente, getti di acqua e bombe lacrimogene. I giovani nazionalisti, seguaci di Mossadeq, hanno incendiato la sede comunista del «-Movimento per la pace », devastando le sedi delle pubblicazioni comuniste e fatto grandi falò nelle strade degli opuscoli e volantini di propaganda comunista. Le autorità di polizia persiane hanno ordinato a Michael Clark, corrispondente del New York Times, di lasciare l’ Iran entro quarantotto ore. Il Clark è accusato di essere un agente della Anglo-Iranian Oil Company.
Venerdì 21 dicembre 1951
L’Iran senza più soldi richiama gli ambasciatori di Londra, Roma e New Delhi. Forti tagli agli stipendi dei diplomatici
Il portavoce del Governo persiano Jevad Bushiri ha dichiarati ieri che gli ambasciatori persiani a Londra, Roma e Nuova Delhi, nonché altri rappresentanti diplomatici, sono stati richiamati temporaneamente nell’ Iran per « mancanza di divise estere ». Egli ha aggiunto che è state necessario inoltre ridurre dal 23 al 40 per cento gli emolumenti di tutti i diplomatici persiani. Il portavoce ha affermato inoltre che una missione cecoslovacca è stata invitata a Teheran per concludere un accordo per l’acquisto di petrolio iraniano. Come si ricorderà, il vice-Primo ministro Hussein Fatemi affermò, la settimana scorsa, che la Polonia e la Cecoslovacchia avevano offerto all’ Iran di acquistare ciascuna circa 500 mila tonnellate di petrolio raffinato e grezzo.
A Teheran contrasti sempre più forti tra la Corte e Mossadeq
Secondo notizie giunte da Teheran al Daily Teiegraph le relazioni fra il Governo Mossadeq e la Corte dello Scià sarebbero peggiorate a tal punto che si prevedono nei prossimi giorni importanti sviluppi nella critica situazione interna della Persia. Lo Scià sembra ora deciso ad appoggiare le correnti di opposizione al Fronte nazionale, il partito di cui è capo l’attuale Primo ministro. La regina madre in particolare avrebbe manifestato la sua simpatia per quei deputati e per quei direttori e redattori dei giornali di opposizione che si sono rifugiati nel Parlamento l’8 dicembre scorso per sfuggire alle rappresaglie dei fanatici gruppi nazionalisti persiani. Mossadeq, essendo venuto a conoscenza che lo Scià, preoccupato della sempre più difficile situazione economica in seguito al punto morto cui è giunta la crisi dei petroli anglopersiana, avrebbe deciso di agire per la salvezza del Paese, gli ha inviato un ultimatum perché faccia cessare le interferenze della Corte nelle questioni politiche. Nella sua rischiosa intimidazione Mossadeq avrebbe minacciato anche di dimettersi per iniziare subito dopo una campagna contro la Corte stessa. Nel suo ultimatum il Primo ministro avrebbe poi denunciato gli intrighi della regina madre a favore dell’opposizione e dei rifugiati nel Parlamento ai quali ella avrebbe fatto giungere doni e viveri. Non appena ricevuta la lettera di Mossadeq lo Scià invitava nel suo palazzo la regina madre e le ingiungeva di attenuare le sue manifestazioni politiche. Questo gesto avrebbe soddisfatto il Primo ministro, ma in realtà sulla capitale persiana pesa ora un incubo grave. La regina madre si è rifiutata di ritornare nella sua residenza fuori di Teheran per timore di qualche vendetta. Sembra che la madre dello Scià abbia informato il figlio che Mossadeq tenterebbe di impossessarsi del potere obbligando la famiglia reale a ritirarsi in esilio. La situazione persiana è insomma peggiorata in questi ultimi giorni in seguito ai contrasti fra il Governo e la Corte: appare sempre più manifesta l’intenzione, da parte dei capi dell’esercito, di intervenire per ristabilire l’ordine e la calma politica e rimettere in funzione le raffinerie di Abadan e i pozzi petroliferi che sono la sola e grande risorsa economica persiana.
Lunedì 24 dicembre 1951
Mossadeq chiede soldi in prestito ai persiani. L’ostilità verso di lui della regina madre
Il Primo ministro persiano, dott. Mossadeq, in un discorso alla radio, ha rivolto ieri sera un appello al suo popolo perché sottoscriva entro i prossimi due mesi un prestito nazionale di dieci milioni di dollari, destinato a fornire allo Stato i mezzi finanziari di cui oggi esso difetta per la perdita dei redditi del petrolio. Dopo una burrascosa seduta a porte chiuse, il Senato ha invitato iersera Mossadeq e i membri del Governo a una riunione segreta da tenere oggi per spiegare il prolungarsi della crisi petrolifera che aggrava la situazione del Paese. Continuano, frattanto, i negoziati tra Mossadeq e la Banca Mondiale sulla proposta della Banca stessa per un finanziamento dell’industria dei petroli persiani. Pare che il Governo dell’ Iran sia interessato alla proposta, ma non si pronunci definitivamente per tenere alto il più possibile il prezzo di vendita del petrolio.È stato confermato ieri che una settimana fa il Primo ministro Mossadeq aveva deciso di rassegnare le dimissioni per l’ostilità della madre dello Scià al suo Governo. Il fatto sarebbe accaduto il 16 dicembre, allorché Mossadeq convocò il ministro di corte per comunicargli che aveva deciso di rassegnare le dimissioni lanciando nel contempo un radio-messaggio al popolo. In quella occasione egli accusò la regina madre di avere rapporti troppo stretti con l’ex-Premier Ahmad Qavan che nella stampa d’opposizione era stato menzionato quale probabile successore di Mossadeq. Dopo dodici ore di negoziati, comunque, il Premier rinunziò ai suoi battaglieri propositi.
Giovedì 27 dicembre 1951
Il Parlamento iraniano vuole mettere in stato d’accusa Mossadeq
Nella seduta odierna del Parlamento iraniano, che doveva autorizzare il pagamento degli stipendi agli statali, i « leaders » dell’opposizione hanno consegnato al presidente della Camera una lettera con la quale chiedono la convocazione del Parlamento in una sessione straordinaria, durante la quale l’opposizione proporrebbe che Mossadeq e il suo Governo vengano posti in stato di accusa. In base alla procedura vigente nell’ Iran, il presidente della Camera è tenuto, dopo consultazioni con il Primo Ministro, a convocare la sessione straordinaria entro un mese dalla richiesta. La lettera dei « leaders » dell’ opposizione è accompagnata dal testo della mozione con la quale il Governo verrebbe posto in stato di accusa perché : 1) ha violato la legge; 2) ha privato il popolo della libertà e della sicurezza; 3) ha seguito una politica economica disastrosa; 4) ha mancato di rispetto al Parlamento.
Lunedì 9 giugno 1952
Mossadeq all’Aia denuncia la Anglo Iranian: «Era un covo di spie»
Il primo ministro persiano Mossadeq si è presentato stamane alla Corte internazionale di Giustizia dell’Aja per patrocinare la causa del suo Paese nella vertenza dei petroli. Mossadeq è giunto alla sede della Corte una ventina di minuti prima che si aprisse l’udienza, a bordo di una automobile del Ministero della Giustizia olandese, scortata da agenti in motocicletta. Altri agenti vigilavano intorno al palazzo e nell’aula delle udienze. Il Primo ministro iraniano, che indossava un elegante abito da mattino, è entrato in aula appoggiandosi a un bastone da passeggio, aiutato dal figlio, suo medico curante, e dal ministro persiano all’Aja, Navab. I rappresentanti legali della Gran Bretagna avevano preso posto in precedenza. L’udienza ha avuto inizio alle undici, sotto la presidenza di José Gustavo Guerrero, della Repubblica del Salvador, che sostituiva il presidente della Corte Sir Arnold McNair, cittadino inglese, e quindi legato a una delle parti in causa. Appena dichiarato aperto il dibattimento, il ministro persiano all’Aja ha presentato alla Corte Il Primo ministro Mossadeq. Quando il Premier si è nuovamente seduto, il belga Henri Rolin, consulente per la Persia, ha preso la parola sostenendo in particolare che la vertenza è una questione interna dell’Iran, completamente al di fuori della competenza della Corte. Quando è stato il suo turno, Mossadeq si è alzato ad affermare solennemente che la Gran Bretagna aveva fatto della Anglo Iranian Oil Company «uno Stato entro lo Stato». Mossadeq ha parlato in francese con voce chiara. Egli ha detto che la Anglo Iranian prima del 1950, quando il petrolio venne nazionalizzato, aveva un proprio servizio di spionaggio non solo nell’ambito della Compagnia ma in tutta la Persia. Egli ha quindi osservato che da mezzo secolo la Persia è sempre stata presa di mira, per la sua ricchezza petrolifera, da due Potenze rivali, la Gran Bretagna e la Russia. Dopo avere sostenuto che la legge persiana per la nazionalizzazione è molto moderata, il Premier ha espresso la speranza che sarà resa giustizia al suo Paese. «La Persia è uno Stato sovrano e libero — ha esclamato alla fine Mossadeq — pertanto la Persia chiede alla Corte di rifiutarsi di intervenire in questa questione».
Venerdì 13 giugno 1952
Piccola petroliera italiana piena di petrolio iraniano naviga lungo il Canale di Suez
Un portavoce del Foreign Office ha dichiarato oggi che il Governo italiano non concederà alcun permesso di importazione di petrolio proveniente dalle industrie del Golfo Persico, già gestite dagli inglesi e l’anno scorso nazionalizzate dal Governo dell’Iran. Il portavoce ha fatto questa dichiarazione in risposta a una richiesta di informazioni sui passi che il Governo britannico avrebbe fatto in seguito alla notizia che una piccola petroliera battente bandiera dell’Honduras e denominata Rose Mary aveva imbarcato mille tonnellate di petrolio a Bandar Mashur. Il petrolio, secondo la stessa notizia, sarebbe stato venduto alla Compagnia Ente Petroli Italia-Medio Oriente, che lo trasporterebbe in Italia per farlo raffinare, e metterlo quindi a disposizione della Bubenberg Petroleum Co. per la consegna alla Svizzera. Il portavoce ha dichiarato testualmente: «Il Governo italiano ha risposto assicurando il Governo di S. M. di non aver dato alcuna approvazione a tale transazione, alla quale peraltro è completamente contrario, e assicurandolo inoltre che nelle attuali circostanze non sarà rilasciata alcuna licenza di importazione per l’inoltro attraverso le dogane italiane di qualsiasi quantitativo di petrolio iraniano». Il portavoce ha aggiunto che invece dalla Svizzera non è stata ricevuta alcuna risposta. È presumibile che la petroliera Rose Mary transiti per il Canale di Suez in rotta per l’Italia. Fonti competenti inglesi non sono tuttavia in grado di precisare l’esatto punto in cui ora la petroliera si trovi. A Berna un portavoce della Legazione britannica in Svizzera ha dichiarato oggi che la Gran Bretagna non ha presentato alcuna protesta presso il Governo elvetico per impedire l’importazione di petrolio persiano. Il portavoce ha detto di essere al corrente che qualche importatore svizzero di petrolio stava considerando la possibilità di acquistare petrolio raffinato proveniente come grezzo dalla Persia, ed ha aggiunto che la Legazione britannica non avrebbe protestato contro tali acquisti. « Noi non richiederemmo alcuna azione da parte del Governo svizzero — ha detto il portavoce — che sappiamo in anticipo andrebbe al di là dei poteri costituzionali del Governo stesso ». (Non esiste in Svizzera alcuna raffineria in grado di trattare grossi quantitativi di grezzo.)
Scheda sulla petroliera Rose Mary
In merito alle vicende della petroliera Rose Mary (questo è il nome esatto della nave), che ha caricato mille tonnellate di petrolio grezzo nel porto persiano di Bandar Mashur, l’Ansa ha attinto a fonte competente le seguenti precisazioni. La Rose Mary, inscritta al n. 24.675 del Lloyd’s Register of Shipping, è una piccola petroliera di 632 tonn. s.1., costruita negli S.U. nel 1944, ed è di proprietà della Compania de Navigacion Teresita con sede a Panama. Tuttavia la nave batte bandiera dell’Honduras essendo iscritta nel porto di Puerto Cortes. Sembra che fra gli azionisti della suddetta vi siano cittadini svizzeri residenti a Ginevra. Fino al 15 aprile u. s. la nave era appoggiata ai fratelli Cosulich di Genova, nella loro qualità di agenti generali, ed ha compiuto, con equipaggio in gran parte italiano, vari viaggi con carico di petrolio grezzo. Alla suddetta data la Compagnia armatrice ha concluso un contratto di noleggio a tempo (Time Carter) direttamente con la Bubenberg Petroleum Co. che ha attualmente la disponibilità della nave.
Venerdì 4 luglio 1952
Nave pakistana urta e danneggia la Rose Mary
Si apprende che domenica scorsa la petroliera Rose Mary, di 632 tonnellate, è rimasta leggermente danneggiata in seguito ad una collisione con il cacciatorpediniere pakistano Tippu Sultan. La petroliera ha riportato qualche danno alle attrezzature del ponte. La società italiana « Ente petrolifero del Medio Oriente», che aveva noleggiato la petroliera, ha incaricato due avvocati del Cairo di patrocinare la propria causa ed opporsi alla confisca del carico della Rose Mary preteso dall’Anglo-Iranian Oli Company e su cui la Corte di Aden il 16 luglio prossimo dovrà pronunciarsi. E’ noto che la Rose Mary si trova attualmente all’ancora ad Aden in attesa della decisione di quella magistratura. I due avvocati dell’Ente petrolifero, Constantine Zarrls e Onig Madjarian, hanno dichiarato oggi di avere ottenuto i visti per recarsi nel protettorato britannico. Hanno aggiunto che intendono presentarsi alternativamente di fronte alla Corte fino alla conclusione della vertenza.
Mercoledì 30 luglio 1952
Epurazioni in corso a Teheran. Esiliata la Regina madre
Epurazioni senza spargimenti di sangue alla corte persiana, simili a quelli in atto al Cairo dove re Faruk ha preso la via dell’esilio verso Capri dopo aver stretto la mano all’uomo che lo ha spodestato, il generale Neguib. Allo stesso modo, Mossadeq ha preteso che la regina madre Taj al-Moluk e la sorella gemella dello Scià, principessa Ashraf, si imbarcassero per gli Stati Uniti. Dovrà andarsene anche il fratello dello Scià, principe Alì Reza, ed è già partito per gli Stati Uniti il capo di stato maggiore, generale Yazdanpanaz. Il Parlamento è totalmente schierato con Mossadeq. Mossadeq è anche protetto da Seyed Abolghassem Kashani, capo della setta dei Devoti di Allah, il gruppo responsabile dell’assassinio di Ali Razmara. «Kashani è « l’eminenza nera » della Persia e Mossadeq è il suo protetto, il beniamino, ma soprattutto lo strumento politico del momento. Il capo dei « devoti di Allah » fu durante l’ultima guerra favorevole ai Tedeschi e per queste sue simpatie gli Inglesi lo arrestarono nel 1944. A quel tempo Kashani non aveva la potenza che esercita oggi e il suo imprigionamento non fu seguito da alcuna rivolta popolare come ci si aspettava. Ma dopo la guerra, quando riacquistò la libertà, egli cominciò a battersi per la sua rivincita contro gli Inglesi e divenne l’anima della battaglia di Abadan. Quando il ministro laborista Stokes si recò a Teheran per discutere la questione dei petroli, Kashani gli dichiarò: « Dite al vostro Governo che se il Primo ministro Mossadeq dovesse deviare anche di un pollice soltanto nella legge per la nazionalizzazione delle industrie e delle risorse petrolifere dell’ Iran, il popolo persiano lo spedirebbe senza complimenti dove è stato spedito il generale Razmara ». Quale capo dei « devoti di Allah » e di tutti i musulmani della Persia, Kashani esercita un potere illimitato sia sull’intero Paese sia su Mossadeq e sugli uomini politici. Tuttavia e malgrado la sua potenza egli potrebbe cadere vittima del partito comunista che sembra essersi infiltrato largamente anche nei ranghi della sua setta di terroristi.
Martedì 7 ottobre 1952
In Iran da 18 mesi non si vende più petrolio
In Iran «[...] da diciotto mesi petrolio non se ne vende; nessun carico di petrolio è partito, tolto quello del Rose Mary, che è ferino ad Aden. L’anno scorso il petrolio ha dato alla Persia sedici milioni di sterline. Ora quel danaro non scorre più; e in Persia non s’è pensato che la vendita del petrolio poteva avere un’interruzione, che in qualche modo, per qualche tempo bisognava provvedere a sopperire alla chiusura del rubinetto del petrolio. Ora, invece d’incassare per il petrolio, lo Stato persiano deve spendere per il petrolio; darà cento milioni di rial (circa un miliardo di lire nostre) alla compagnia nazionale del petrolio (quella che con la nazionalizzazione ha preso il posto della Anglo-Iranian, degli Inglesi), e quel danaro servirà specialmente a pagare impiegali e operai del petrolio, il loro forzato ozio. Che c’è da fare ora? Non c’è che ricorrere all’inflazione e alle tasse. L’inflazione l’ha consigliata Schaclit quando è stato qui, lui gira l’Oriente consigliando inflazioni; ma la Bank Melli’ Iran o banca nazionale dell’Iràn era contraria. L’inflazione farà aumentare i prezzi delle cose, anche quelli delle poche cose che servono ai poveri; allora anche i poveri si accorgeranno che qualcosa anche loro li tocca. E mettere le tasse non basta; bisogna che qualcuno le paghi. I ricchi finora hanno pagato pochissimo; nei Paesi orientali il danaro pubblico si fa su soprattutto con le dogane; cosi paga la moltitudine, e non si accorge di pagare tasse. Ma i ricchi non vogliono pagare più tasse, loro contavano sul petrolio; e adesso il petrolio gli fa paura, e non e solo paura di pagare altre tasse. Le masse finora sono state deviate dal pensare alla loro miserabile condizione. Quella che si chiama la questione sociale, qui è stata assorbita dal nazionalismo [...]» (da un articolo di Vittorio G. Rossi sul Corriere della Sera)
Giovedì 16 ottobre 1952
Teheran rompe le relazioni diplomatiche con Londra
Il Primo ministro Mossadeq si è rivolto oggi per radio al popolo persiano, annunciando che il suo Governo «è purtroppo costretto a rompere le relazioni diplomatiche con l’Inghilterra». Il messaggio dice che la ragione del passo va ricercata nel fatto che « il Governo britannico ha finora impedito che venisse raggiunto un accordo sulla vertenza del petrolio ». Mossadeq ha tuttavia lasciato comprendere che la rottura delle relazioni diplomatiche potrebbe non essere permanente. Essa non significa del pari la rottura dei legami di amicizia tra le due Nazioni, perché l’ Iran ha sempre considerato con rispetto la Nazione britannica e spera che le autorità di quel Governo daranno altresì maggiore attenzione alla realtà della situazione mondiale attuale.
Mercoledì 10 dicembre 1952
Processo alla Rose Mary
Si è aperto oggi, sotto la presidenza del giudice Campbell. il procedimento promosso dalla società inglese Anglo-Iranian nei confronti dei proprietari della petroliera Rose Mary, fermata mentre transitava con un carico di petrolio proveniente dall’Iran. La Corte dovrà decidere se è corretto l’assunto secondo cui il petrolio della Rose Mary deve intendersi di proprietà inglese e quindi passibile di sequestro, sebbene sia stato acquistato (e pagato) in trattative dirette con i persiani. Responsabile della Rose Mary, che era al comando del capitano Jaffrati. è il conte italiano Della Zonca. Rappresenta la proprietaria della nave Compania de Navegacion Teresita, Panama il sig. Martinelli. Il giudice ha riconosciuto, dopo le prime schermaglie, validità alla richiesta dell’accusa che il dibattito si svolga sulla questione se fu oppure non fu violato l’accordo tra l’Anglo-Iranian e l’Iran del 1933 per lo sfruttamento del petrolio persiano. Limitato a ciò, il dibattito sembrerebbe volgere a favore degli Inglesi. La difesa aveva viceversa affermato che il Tribunale di Aden non era competente a decidere su un accordo « non avente validità internazionale né validità ad Aden perché qui non registrato ». L’Anglo-Iranian è rappresentata da sir Hartley Shawcross, che fu accusatore al processo di Norimberga contro i gerarchi nazisti. Egli ha detto, tra l’altro, che nel corso del processo verranno citati elementi «che faranno da schermo a un personaggio italiano sulla cui posizione potranno rendersi necessarie indagini». Shawcross ha poi negato che la RAF sia Intervenuta per costringere la Rosé Mary a entrare nel porto di Aden.
Giovedì 11 dicembre 1952
Il processo alla Rose Mary
ADEN - È proseguito oggi a Aden il processo, intentato dalla società Anglo Iranian nei confronti dei proprietari della petroliera Rose Mary. Durante l’udienza antimeridiana, l’avv. slr Hartley Shawcross ha dichiarato: « Come risulta dai registri di bordo, la petroliera aveva subito un guasto alle macchine prima di entrare nel porto di Aden ed è stato per tale motivo e non per una coercizione, come sostengono invece il capitano e i noleggiatori, che la Rose Mary si è ormeggiata a Aden ». Shawcross ha parlato oggi per tre ore e ha prodotto una serie di telegrammi scambiati fra gli armatori, i noleggiatori e il capitano della nave. In uno di essi, la compagnia Budenberg invitava il capitano a non far scalo a Aden, usando un linguaggio cordialissimo e riferendogli i favorevoli commenti pubblicati per l’occasione dalla stampa italiana. Secondo l’avvocato inglese l’aereo della RAF che individuò la petroliera, il 17 giugno, non avrebbe costretto il capitano a modificare la rotta. L’agente degli armatori, A. Martinelli, noleggiò allora un rimorchiatore per incontrarsi col capitano al largo di Aden, ma in seguito, come ha precisato ancora l’avvocato inglese, la petroliera è entrata in porto. Shawcross ha rilevato che la legge persiana sulla nazionalizzazione è incompatibile col diritto internazionale ed è quindi inaccettabile. Poiché nel territorio di Aden vige la legge inglese — ha proseguito il legale — il Tribunale locale ha, logicamente, giurisdizione sulla vertenza.
Sabato 13 dicembre 1952
Parla il capitano della Rose Mary
ADEN - Il capitano della petroliera Rose Mary (che caricò petrolio iraniano e venne fermata mesi or sono dagli Inglesi) ha deposto oggi davanti ai giudici del tribunale cui toccherà decidere se il petrolio della nave possa riprendere il viaggio o debba venir confiscato perché venduto « abusivamente ». Il capitano della Rose-Mary, Giuseppe Jaffrate, ha dichiarato che l’ordine di procedere per Bandar-Manshur, presso Abadan, per caricarvi il petrolio persiano, era contenuto in una lettera consegnatagli personalmente dal conte Ettore Dalla Zonca e di cui egli apprese il tenore solo dopo essere giunto a Porto Said, nella zona del Canale. Gli ordini impartiti allo Jaffrate dai proprietari della nave, la compagnia panamense di navigazione Teresita, erano di non entrare pel porto di Abadan: ma poiché d’altra parte, sempre per gli ordini della Teresita, egli doveva considerarsi a disposizione dei noleggiatori del piroscafo (il conte Dalla Zonca), il capitano decise di penetrare nel porto, dove in data 26 maggio la Rose Mary fece il pieno di petrolio. Il primo giugno il capitano ricevette quattro telegrammi in cui i proprietari della nave gli ordinavano di non tenere più fede agli impegni del contratto di noleggio. La Teresita disponeva che la nave dovesse dirottare su Aden, e Jaffrate cablò ai proprietari che avrebbe eseguito questa disposizione. In realtà il capitano vi disobbedì e fece procedere la Rose Mary per Suez, in ossequio agli ordini dei noleggiatori. Successivamente a Jaffrate giunse un ordine della compagnia panamense, tramite un’unità navale inglese, di entrare ad Aden pena sanzioni disciplinari e arresto. Temendo di venire arrestato in alto mare, con conseguenze gravi per la nave ed il carico, il comandante della Rose Mary cedette e fece rotta su Aden.
Venerdì 9 gennaio 1953
Il petrolio della Rose Mary deve andare agli inglesi
Il tribunale di Aden ha convalidato il sequestro del carico di petrolio rinvenuto a bordo della Rose Mary e ne ha ordinato la consegna alla «Anglo Iranian Oli Company»
La petroliera italiana Miriella naviga con cinquemila tonnellate di petrolio iraniano
La Mirella, che batte bandiera italiana, ha salpato da Abadan ieri sera con 5000 tonnellate di petrolio grezzo. A quanto è stato riferito, il petrolio è stato fornito dalla Compagnia petroliera iraniana contro cessione di tessili e di macchinari agricoli. Funzionari persiani hanno dichiarato di nutrire fiducia che la petroliera non subirà la stessa sorte della Rose Mary il cui carico, com’è noto, fu bloccato dagli Inglesi ad Aden, lo scorso giugno. Le autorità italiane avrebbero assicurato quelle inglesi che il carico della Mirella non verrebbe sbarcato in Italia. Ma che cosa avverrebbe se la petroliera si recasse in un porto franco quale Trieste? In base a quale legge sarebbe giustificata un’eventuale azione del Governo italiano? Da altre fonti si apprende che il gruppo petroliero italiano Supor avrebbe stipulato con le pertinenti autorità persiane un contratto per l’acquisto di 2 milioni di tonnellate di petrolio grezzo e 500 tonnellate di prodotti finiti. La Supor si incaricherebbe dell’intero trasporto del prezioso minerale. Settantamila sterline sarebbero già state depositate presso la Banca Nazionale persiana, a garanzia dei termini concordati. Quale itinerario seguirà ora la Mirella? Secondo informazioni non confermate, le 5000 tonnellate di petrolio da essa caricate sarebbero destinate alla Polonia in ossequio a un recente accordo commerciale italopolacco. Vengono oggi sottolineate le seguenti dichiarazioni di un esponente della Supor: «Abbiamo imparata una buona lezione dal caso della Rose Mary e la nostra nave ha sufficiente combustibile per restare al largo lungo tempo». L’attesa è viva, soprattutto per il lato avventuroso dell’impresa della petroliera italiana.
Venerdì 13 febbraio 1953
La Miriella in arrivo a Venezia
La Miriella, la petroliera di cui tanto si è parlato durante il suo viaggio da Abadan all’Italia (e che un giornale inglese ha definito «lurida petroliera italiana che si fa beffe della Gran Bretagna»), entrerà domani mattina all’alba nel porto di Venezia (non può entrare prima perché di notte alle petroliere non è concessa l’entrata nel porto) e attraccherà a Marghera, in punto franco. Essa reca a bordo 4.500 tonnellate di petrolio grezzo, ed è in navigazione da venticinque giorni. Il dott. Francesco Mortillaro, consigliere delegato della Supor, la società armatrice, è giunto stasera a Venezia per attendere la petroliera. Egli ha voluto precisare che si tratta di una normale transazione commerciale per la quale il gruppo che egli rappresenta è specializzato. Si tratta infatti dello stesso gruppo che ha effettuato compensazioni contro combustibili solidi e liquidi da vari Paesi europei, specialmente da Polonia, Cecoslovacchia, Jugoslavia e Russia. « L’operazione — ha aggiunto il dott. Mortlllaro - è stata iniziata quando era già nota la sentenza della Corte internazionale dell’Aia che dichiarò la propria incompetenza a giudicare nella vertenza fra uno Stato, l’ Iran, e una società privata, l’Anglo Iranian Oil Company. In quanto a un eventuale sequestro sono pronto ad affrontare la situazione». Uno dei maggiori esponenti della Supor era il duca Mario Badoglio, morto l’altro giorno a San Vito al Tagliamento per un attacco di angina pectoris. Dal punto di vista giuridico si crede di sapere che l’Anglo-Iranian avrebbe dato incarico ad un avvocato di Roma di svolgere le pratiche per ottenere il sequestro del carico. Vertenza tutt’altro che semplice: da una parte l’Anglo Iranian sostiene che in base al contratto col Governo persiano tutto il petrolio prodotto nell’ Iran è di sua proprietà, dall’altra il Governo iraniano obietta che, dopo la nazionalizzazione delle riserve e degli impianti esistenti nel Paese, il contratto con l’Anglo Iranian è decaduto.
Sabato 14 febbraio 1953
La Miriella scarica il suo petrolio a Venezia
Il lungo viaggio della Miriella è felicemente terminato. Dopo quarantotto giorni dalla sua partenza da Genova, e dopo aver percorso circa novemila miglia alla media di otto nodi e mezzo all’ora, la petroliera è giunta a Venezia e ha attraccato alla banchina Azoto di Porto Marghera. Il nero e lucido olio combustibile sta fluendo attraverso grossi tubi nei serbatoi di una . compagnia petrolifera, noleggiati per conto della Supor di Roma, la società proprietaria del carico; e domani la Miriella galleggerà vuota. L’Anglo Iranian Oil Company ha chiesto il sequestro giudiziario del carico.La Miriella era giunta a tre miglia dal Lido poco prima delle cinque di stamane e lì, dato fondo alle ancore, aveva sostato fino alle nove, ora in cui, trainata dal rimorchiatore Titanus, aveva ripreso a muoversi verso Porto Marghera. Un’ora ci volle, dalla punta del semaforo del Lido alla banchina Azoto di Porto Marghera. La Miriella, tutta verniciata di fresco in nero e rosso ed il gran pavese alzato, con le bandierine italiana e iraniana vicine, raggiunse il bacino di San Marco; l’attraversò, sotto una sottile pioggerella, e imboccò il Canale della Giudecca. Greve di peso, immersa al massiìno, la pirocisterna piena del petrolio dei pozzi della lontana Abadan veniva avanti lentamente, seguita da un nugolo di motoscafi; sul ponte il comandante Amilcare Mazzeo, gli ufficiali e i marinai agitavano braccia e berretti.Alle 10, la Miriella attraccò. Montarono svelti a bordo commissari e poliziotti, montarono a bordo ufficiali e guardie di Finanza, montò a bordo un medico. La bandiera gialla della quarantena fu presto calata, grossi tubi di gomma furono gettati sulla coperta della cisterna, le bandierine del gran pavese vennero anch’esse ammainate. Giunse un gruppo di automobili, ne scese una trentina di persone, fra cui un gruppo di signore in pellicce di persiano, una di queste era la signora Kagenuri, moglie dell’ambasciatore dell’ Iran a Roma, attualmente indisposto; la bambina che le camminava a fianco con un mazzo di rose da offrire al comandante della Miriella era la sua figliola Derasciandè che in persiano vuol dire «Brillante». Gli altri erano funzionari dell’Ambasciata e del Consolato dell’Iran in Italia o rappresentanti delle colonie iraniane in Italia (dall’articolo di Egisto Corradi per il Corriere della Sera).
Giovedì 19 febbraio 1953
Altre petroliere italiane andranno a comprare greggio ad Abadan
Il direttore dell’ufficio vendite della Compagnia nazionale persiana del petrolio ha dichiarato di aver appreso che la Compagnia italiana « Supor » intende inviare ad Abadan altre petroliere, senza attendere le decisioni del tribunale incaricato di trattare il caso della Miriella Il funzionario ha dichiarato che, conformemente ad un accordo che impegna la Compagnia italiana ad acquistare ogni anno ad Abadan un milione di tonnellate di oli minerali, altre petroliere si recheranno ad Abadan. Egli ha pure annunciato che sono giunti in Persia, per acquisti di petrolio, uomini d’affari giapponesi e di altri Paesi.
Sabato 28 febbraio 1953
Lo Scià prima vuole lasciare la Persia, poi decide di restare. Intanto la folla assalta la casa di Mossadeq che fugge in pigiama
Reza Pahlavi, dopo aver annunciato che sarebbe partito da Teheran (in obbedienza a un ordine del premier Mossadeq), ha deciso di restare, commosso dalle dimostrazioni della folla che s’è radunata sotto il suo palazzo. Il presidente del Majinlis, Kashani, gli ha fatto recapitare una sua lettera personale nella quale gli ha chiesto di non andarsene. La volontà di autoesiliarsi dello Scià è dovuta ai contrasti sempre più forti col primo ministro Mossadeq, successivi alla decisione di nazionalizzare l’industria petrolifera (1 Maggio 1951). Sebbene lo scià abbia firmato a suo tempo i due decreti che sottoposero al controllo dello Stato persiano le concessioni petrolifere e gli impianti della Anglo Iranian Oil Company ad Abadan, si sa che più di una volta egli s’è scontrato con Mossadeq, che è in realtà il vero campione della nazionalizzazione. Altri contrasti sono sorti poi nell’ultima settimana. Mossadeq critica le spese di corte (sette milioni e mezzo di dollari) ed è contrario al progetto imperiale di distribuire ai contadini alcune terre di proprietà dello Scià. Mossadeq è a sua volta un ricco proprietario terriero. In passato vi furono altri contrasti: dopo i disordini del 16 luglio 1952, Mossadeq, che si era dimesso, chiese per sé il ministero della Guerra e lo Scià glielo rifiutò. Salì allora al potere Es Sultaneh il quale però, tre giorni dopo, dovette dimettersi a sua volta a causa di nuovi sanguinosi disordini. Mossadeq tornò così al suo posto e, prima della fine del mese, ottenne il pieno appoggio della Camera per un vasto programma di riforme. Pochi giorni dopo la sorella del sovrano, principessa Ashraf, partì in volo diretta a Ginevra insieme coi bambini, per una permanenza all’estero di durata imprecisata. Nel dicembre scorso Mossadeq avrebbe preteso l’esilio della regina madre, accusata di complottare con l’opposizione, mentre l’opposizione chiedeva al sovrano di por fine «al dominio illegale di Mossadeq». All’ultimo si apprende che la forza pubblica ha dovuto usare le armi per sgombrare la folla che voleva invadere la residenza di Mossadeq. Le porte di ferro sono state abbattute e molti sono riusciti a penetrare nella casa. Vi sono stati un morto e due feriti. Mossadeq, in pigiama, s’è rifugiato in Parlamento.
Domenica 1 marzo 1953
Mossadeq destituisce i generali, ancora scontri a Teheran
Mossadeq, obbedendo a un appello di 28 parlamentari a lui fedeli, ha destituito il capo di stato maggiore dell’esercito, generale Mahmud Bahmarst, e il capo della polizia, generale Afsciartos. Al posto del primo è stato designato il sottosegretario alla Difesa generale Taghi Riahi, ed al posto del secondo il generale Ginji. Quanto al capo della polizia, generale Afsciartos, il ministro Fatemi lo ha accusato di essersi reso irreperibile mentre la folla infuriava per le strade. L’annuncio delle due destitituzioni dava in mattinata nuova esca ai dimostranti che, inalberando gli uni grandi ritratti di Mossadeq e gli altri grandi ritratti dello Scià, si scontravano in vari punti della capitale. Ad ingrossare le file degli esaltatoti dello Scià contribuivano in misura sempre più grande i seguaci dell’Ayatollah Kasciani, mettendo in tal modo a nudo i veri termini della lotta per il potere in corso al Parlamento. Gli scontri venivano aperti da una battaglia a base di pietre e randellate, ancora prima dell’alba, nonostante il coprifuoco, nelle vicinanze dell’albergo Park, con grida di morte ed abbasso da entrambe le parti. La polizia riusciva a ristabilire l’ordine dopo due pesanti cariche. Un altro tentativo di dimostrazione veniva poco dopo sventato da importanti forze di polizia dinanzi all’abitazione di Mossadeq. Altri incidenti avvenivano poi nella piazza del Parlamento e in seguito al tentativo di occupare Radio Teheran da parte dei seguaci di Mossadeq.
Mercoledì 4 marzo 1953
Arresti in massa a Teheran
Un portavoce del Governo ha annunciato stamane che circa 470 persone sono state arrestate a Teheran. Tra queste sono numerosi generali in pensione, l’ex-leader dell’opposizione alla Camera Jamal Imami e una decina di esponenti del partito comunista Tudeh. Secondo alcune fonti, le persone ora arrestate saranno accusate di complotto contro lo Stato e giudicate da un Tribunale straordinario che Mossadeq istituirà quanto prima con un decreto-legge. Stamane, allo scadere del coprifuoco, non si sono avute dimostrazioni né in favore di Mossadeq, né in favore dello Scià La città è calma, i negozi sono tutti riaperti. Solo la presenza della polizia e della truppa nei centri nevralgici fa capire che tutto non è perfettamente normale. È opinione generale che oggi non vi saranno più tumulti di piazza. Mossadeq ha praticamente vinto la partita con lo Scià e attende ora che il Majlis, ossia il Parlamento, convalidi questa vittoria, accordandogli un voto di fiducia. È quasi certo che Mossadeq otterrà questo voto perché ormai i suoi maggiori avversari sono stati allontanati o semplicemente intimoriti.
Mercoledì 11 marzo 1953
Il caso della Miriella e del petrolio iraniano. Il giudice dà ragione agli italiani e torto agli inglesi
VENEZIA - Alle 11 di stamane il presidente del Tribunale, dott. Mastrobuono, ha consegnato alla Cancelleria, per la trascrizione, il dispositivo della sua ordinanza con cui si respinge la richiesta di sequestro delle 4.600 tonnellate di petrolio della Miriella presentata dall’Anglo Iranian. L’Anglo Iranian ha reso noto che ricorrerà immediatamente al Tribunale di Roma, dove ha sede la Compagnia «Supor» acquirente del petrolio trasportato dalla Miriella. L’ordinanza che ha dato ragione agli italiani contro gli inglesi recita tra l’altro: «Il petrolio oggetto della controversia fu preso in Persia dallo Stato persiano, in attuazione della legge di nazionalizzazione, e in Persia fu disposto di esso a favore della Supor, in conseguenza di contratto di compravendita. Tutto questo avvenne in conformità all’ordinamento giuridico dello Stato persiano: col che, si esclude la necessità di procedere ad alcuna valutazione della legge di nazionalizzazione, alla stregua dell’ordine pubblico. Tenuto conto che indubbiamente è un principio di ordine pubblico quello che la proprietà non può essere tolta senza indennizzo, si tratta ora di vedere se la legge di nazionalizzazione persiana contrasti o meno con tale principio. Ma dall’esame degli articoli 2 e 3 di tale legge e dall’impegno preso dal Governo persiano, di depositare presso la Banca Milli-Iran o presso qualsiasi altra banca fino al 25 per cento dei proventi normali derivanti dal petrolio, si deduce come la legge di nazionalizzazione non escluda l’attribuzione all’A.I.O.C. di un Indennizzo; non solo, ma contiene il non equivoco riconoscimento del diritto relativo». Il comm. Arnaldo Bennati, principale esponente della Supor, ci ha dichiarato che due petroliere, la Miriella e l’Alba, di 11 mila tonnellate quest’ultima, giungeranno tra breve ad Abadan, per caricare petrolio persiano. Il petrolio — anche quello sequestrato a Venezia, e che si trova attualmente In punto franco — verrà ceduto alle industrie italiane in compensazione con quanto le industrie stesse invieranno in Persia.
Giovedì 12 marzo 1953
L’Iran vende all’Italia petrolio a metà prezzo
Un comunicato governativo informa oggi che l’ Iran intende offrire alla Compagnia italiana « Supor » petrolio a metà prezzo rispetto a quello che viene praticato sui mercati mondiali in segno di gratitudine per la vittoria conseguita di fronte al Tribunale di Venezia contro la Anglo Iranian Oil Company nel caso della Miriella. Il comunicato aggiunge che la « Supor » potrà comprare per sei mesi tanto petrolio quanto ne potrà caricare a questa condizione di favore
Domenica 26 aprile 1953
Teheran di nuovo nel caos, assassinato il generale Ashfartus
TEHERAN - Il generale Mahmoud Ashfartus, capo della polizia di Mossadeq, è stato rapito, seviziato, ucciso e infine abbandonato in una grotta nei monti Toloe, a una cinquantina di chilometri dalla capitale. La polizia indaga in direzione dell’opposizione parlamentare e degli ambienti militari che conducono da mesi una lotta per contrastare Mossadeq nel suo tentativo di assicurare al Governo il pieno controllo del Paese. Ufficialmente, il Governo ha annunciato sino a questa sera 14 arresti. Il ritrovamento del cadavere, secondo la versione del Governo, è la risultante di indagini e di confessioni. La pista buona sarebbe stata trovata in seguito all’interrogatorio di Hussein Khatibi, della sorella, della madre e del personale di servizio. Essi avrebbero ammesso che il generale Ashfartus fu invitato in casa Khatibi la sera di lunedi scorso con la scusa di sollecitare i suoi buoni uffici ai fini della composizione della crisi in atto fra Mossadeq e l’opposizione parlamentare. Il complotto, realizzato con largo concorso di deputati e militari della vecchia guardia, era stato tramato tre giorni prima. Ashfartus fu drogato, caricato su una macchina, portato in montagna, seviziato, strangolato e abbandonato. La casa di Khatibi era stata abbondantemente profumata per neutralizzare l’odore del cloroformio usato per ridurre il generale in stato di incoscenza. L’uomo del quale si fa più equentemente il nome è il generale Baluk Garai, al quale si attribuisce l’iniziativa del delitto per conto delle alte sfere dell’Esercito. Autore materiale del delitto si dice che sia un non meglio precisato Afciar, del quale stamane si diceva che era stato arrestato. Le indagini condotte dal Governo a tutt’oggi, dirette sistematicamente contro avversari di Mossadeq, hanno avvalorato l’ipotesi secondo cui a questo delitto seguirà un formidabile giro di vite nei riguardi dell’opposizione. Appare certo, in ogni caso, che a subirne le conseguenze sarà in particolare la frazione parlamentare che prende ispirazione dall’Ayatollah Kasciani, massima autorità religiosa dell’Iran, presidente della Camera dei Deputati e principale avversario di Mossadeq nella lotta per il potere. Infatti il figlio di Kasciani, Seyed Mustafà, è stato arrestato, come sospetto di complicità nell’assassinio di Ashfartus.
Martedì 28 aprile 1953
Vietato agli stranieri di allontanarsi da Teheran
L’Ambasciata americana a Teheran è stata informata oralmente dalle autorità governative che, secondo nuove disposizioni, gli stranieri non potranno allontanarsi dalla capitale di oltre 40 chilometri. Nessuna spiegazione è stata data delle ragioni che hanno spinto le autorità ad adottare il provvedimento. Come è noto è già in vigore in Persia una disposizione la quale stabilisce che gli stranieri siano muniti di uno speciale lasciapassare per viaggiare in determinate zone. A quanto è stato riferito, l’Ambasciata americana ha intenzione di presentare una protesta al Governo iraniano.
Martedì 4 agosto 1953
Referendum in Persia per sciogliere la Camera. Schiacciante vittoria di Mossadeq
Secondo quanto comunica Radio Teheran il referendum indetto dal Primo ministro Mossadeq per sancire lo scioglimento della Camera ha segnato uno schiacciante successo per il Capo del Governo. Nella capitale solo 67 elettori, su 101.396 recatisi alle urne, si sono, infatti, pronunciati contro la tesi del Primo ministro. Nel tardo pomeriggio sono scoppiati a Teheran tumulti che hanno impegnato le forze della polizia contro i membri del partito Tudeh (comunista) che volevano tenere riunioni nel centro della città. In una delle principali vie la polizia ha fatto uso degli sfollagente e dei gas lacrimogeni per disperdere i dimostranti. Tuttavia le manifestazioni organizzate dal Tudeh si sono sciolte senza incidenti notevoli, dato che i capi dell’organizzazione avevano impartito l’ordine di obbedire alle ingiunzioni delle autorità. Si sono avuti solo due feriti non gravi e nessun arresto è stato effettuato.
Sabato 8 agosto 1953
Accordo tra Urss e Iran
La Tass ha annunciato stamane che l’Unione Sovietica e l’ Iran si sono accordati per l’istituzione di una commissione russo-persiana per la soluzione di «ogni divergenza» esistente tra i due Paesi. La Tass ha poi precisato che l’obiettivo della commissione è quello di «rafforzare le amichevoli relazioni tra l’Unione Sovietica e l’Iran e di risolvere i problemi finanziari, le questioni di frontiera, e altre, tra le due Nazioni». Un comunicato analogo è stato pubblicato a Teheran. La decisione di costituire questa commissione — secondo quanto si sostiene a Londra — potrebbe anzitutto essere interpretata come un tentativo del Presidente del Consiglio iraniano Mossadeq di esercitare nuove pressioni sui Paesi occidentali e di avere mano libera nell’utilizzazione degli impianti ora nazionalizzati dell’Anglo-Iranian. specialmente per quanto riguarda la vendita del petrolio sui mercati mondiali. Il Cremlino dal canto suo ha fatto poi il primo passo per intervenire nella questione del petrolio persiano. Questa è opinione comune degli osservatori. L’annuncio di Mosca è senza précédenti perché parla di una commissione sovietica da costituirsi a Teheran, in territorio persiano. D’altra parte tale passo è stato preannunciato da Malenkov, sabato, il quale disse che l’Iran era uno dei vicini dell’Urss coi quali Mosca voleva mantenere buone relazioni. Il momento dell’inizio dei negoziati è stato indubbiamente scelto bene. La Russia è rappresentata a Teheran da uno dei suoi migliori diplomatici, Anatoli Lavrentiev, l’ex-inviato a Praga e a Bucarest, nominato da pochi giorni. L’ambasciatore russo che era a Teheran da otto anni, Ivan Sadchikov, è stato richiamato pochi giorni dopo la caduta di Beria e ciò ha coinciso con la caduta in disgrazia di Mir Giaffer Baghirov, Premier della Repubblica sovietica dell’Azerbaijan. Baghirov, uno dei principali capi comunisti caucasici, sarebbe stato l’uomo che dirigeva il movimento filocomunista nella provincia dell’Azerbaijan persiano. La sua destituzione, tre settimane fa, viene considerata una singolare coincidenza con .’a nuova presa di posizione del Cremlino verso la Persia.
Giovedì 13 agosto 1953
Lo Scià tenta un colpo di stato contro Mossadeq, gli fallisce e fugge in Iraq con Soraya
Un tentativo di colpo d Stato è fallito sabato sera in Persia, dopo che le Guardie reali dello scià avevano arrestato il ministro degli Esteri, Hussein Fatemi, ed il ministro dei Lavori Pubblici, Rajabi. Un comunicato diramato dal Governo rivela che il comandante delle guardie reali ha guidato un reparto, scortato da carri armati per arrestare il Premier Mossadeq, ma le guardie del Primo ministro hanno arrestato il generale non appena giunto alla residenza del Premier. I primi indizi del colpo di Stato si sono avuti sabato sera, poco dopo le 23.30, allorché i carri armati hanno cominciato a rombare per le vie in direzione della residenza del Premier. Le truppe che prendevano parte al tentativo di rovesciare il Governo erano armate di mitra e fucili. La mossa ha fatto seguito allo scioglimento del Parlamento avvenuto sabato ad opera di Mossadeq. In una lettera allo scià il Premier aveva proposto nuove elezioni. Lo scià Mohammed Reza Pahlavi e l’imperatrice Soraya, che erano in vacanza sui Mar Caspio, sono ieri fuggiti dalla Persia, dopo il fallito colpo di Stato da parte delle guardie reali del sovrano. Si prevede che Mossadeq verrà nominato Presidente, ma non subito. Intanto sarà nominato un Consiglio di reggenza. Ai dimostranti che sono sfilati per le vie per inneggiare a Mossadeq si sono uniti gruppi di comunisti che hanno chiesto a gran voce l’espulsione di tutti gli Americani dal Paese. Alcune fonti governative hanno detto che potrebbero essere chiuse tutte le istituzioni americane a Teheran, per asserita complicità americana nel colpo di Stato. Il Premier ha ufficialmente sciolto il Parlamento, ed ha ordinato l’arresto dei deputati dell’opposizione e di circa cento persone coinvolte nel colpo di Stato. Egli ha poi fatto occupare i palazzi dello Scià ed ha circondato con truppe l’edificio del Parlamento. A complicare la già ingarbugliatissima situazione il generale Zahedi ha affermato di essere il legale Primo ministro dell’Iran. La sua dichiarazione è stata comunicata alla stampa da alcuni inviati, in un convegno segreto tenuto sulle colline a nord della capitale. Zahedi sostiene senz’altro di essere il «legale» Primo ministro della Persia. Egli sarebbe stato nominato giovedì a tale carica dal sovrano. I giornalisti hanno ricevuto una copia fotografica del decreto firmato dallo scià.
Domenica 16 agosto 1953
A Baghdad Reza e Soraya piangono
Dall’Iraq si apprende che, giunto ieri mattina in aereo all’aeroporto di Bagdad, lo Scià avrebbe detto ai funzionari iracheni, secondo quanto riferisce un testimone oculare: «Sono uno straniero e desidero fermarmi qualche giorno a Bagdad» Chieste le carte d’identità ai passeggeri dell’aereo, che non era atteso all’aeroporto di Bagdad, i funzionari hanno appreso di chi fossero alla presenza. Si sono allora affrettati ad avvertire la alte autorità governative irachese che attendevano sul campo l’arrivo di re Feisal di ritorno dalla Giordania. Le autorità si sono a loro volta precipitate verso l’aereo iraniano per accogliere lo Scià e l’imperatrice. Il Governo iracheno ha subito impartito gli ordini necessari e lo Scià, l’imperatrice, un aiutante di campo e il secondo pilota dell’aereo sono stati condotti in automobile speciale verso la residenza degli ospiti ufficiali del Governo iracheno. Un testimone afferma che, allontanandosi a bordo dell’auto, lo Scià piangeva. Anche l’imperatrice era in lacrime. Mentre si trovava all’aeroporto lo Scià ha brevemente parlato alle autorità irachene, spiegando perché avesse preferito venire nel vicino Iraq piuttosto che recarsi in Europa o tra le tribù dei Bakhtiari, alle quali appartiene la famiglia dell’imperatrice. Le dichiarazioni fatte dallo Scià all’aeroporto sembrerebbero indicare che il suo soggiorno a Bagdad sarà breve; nessuna bandiera è stata comunque esposta sulla «Casa Bianca», la residenza dove ha preso alloggio lo Scià. Nel pomeriggio lo Scià e l’imperatrice hanno preso il tè a palazzo reale insieme a re Feisal II e all’erede presuntivo emiro Abdullillah
Lunedì 17 agosto 1953
A Teheran un consiglio di reggenza sostituisce lo Scià (che non intende abdicare)
Il ministro degli Esteri iraniano, Hussein Fatemi, ha dichiarato oggi che il Governo di Mossadeq, riunitosi stamane, sta convocando un consiglio di reggenza — con l’esclusione dei membri della famiglia reale — per incaricarlo dei compiti spettanti allo Scià, fuggito all’estero. Egli ha poi aggiunto che il Governo non ha alcuna intenzione di dichiarare la Repubblica nel Paese, anche se molti cittadini, fedeli di Mossadeq stanno manifestando tuttora, chiedendo appunto l’abolizione della monarchia. Il ministro degli Esteri ha inoltre reso noto di aver dato subito istruzioni all’ ambasciatore iraniano a Bagdad perché eviti qualsiasi contatto con ti sovrano iraniano in esilio e con sua moglie. Pertanto — secondo quanto si apprende da Beirut — quando questa mattina lo Scià ha chiesto un colloquio all’ambasciatore persiano per «chiarire alcune questioni», il colloquio gli è stato rifiutato. Da parte sua lo scià di Persia — secondo quanto si apprende da buone fonti — ha fatto sapere che non ritornerà a Teheran, a meno che Mossadeq non obbedisca ai suoi ordini, lasciando il posto al maggior generale Fasulla Zahedi, da lui nominato Primo ministro. Lo scià non ha abdicato e non intende — dicono tali fonti — abdicare; egli rimarrà per il momento nell’Iraq unitamente alla consorte, come ospite del Governo. Lo scià avrebbe anche espresso il desiderio di trasferirsi in un secondo tempo in Italia. Gli avvenimenti di ieri dimostrerebbero che anche gli Stati Uniti hanno subito una grossa sconfitta perché l’opinione pubblica è convinta che Washington abbia fatto di tutto per sostenere e appoggiare lo Scià contro Mossadeq. Il Niroye Sevom che riflette generalmente il punto di vista governativo, scrive: «I frequenti viaggi della principessa Asrhaf e del generale americano Schwarzkopf indicavano che qualche cosa si andava tramando sulla scena politica a danno del coraggioso popolo iraniano. Gli organizzatori del complotto si sono appoggiati, fin dal principio, sulle promesse del Presidente Eisenhower e di Winston Churchill. Gli Americani pensavano di poter vincere giocando la carta dello Scià contro il popolo iraniano».
Mercoledì 19 agosto 1953
Controcolpo di stato a Teheran, assaltata la casa di Mossaddeq che risponde a raffiche di mitra
Radio-Teheran ha annunciato oggi alle 13 che insorti realisti hanno rovesciato il Governo Mossadeq. La stazione radio e tutti gli uffici statali della capitale sono stati occupati dagli insorti fedeli allo scià. Le forze armate appoggiano il movimento. Migliaia di dimostranti hanno deposto ritratti del sovrano sui rottami delle statue demolite ieri dalle manifestazioni filogovernative. Una grande confusione regna in città ed è impossibile per ora dire con esattezza se in Persia sia in atto un nuovo colpo di stato. Le truppe e la polizia sono partite dalla piazza principale della città lanciandosi nei bazar al grido « Viva il nostro amato imperatore! Abbasso i traditori! ». La folla ha strappato le bandiere e gli striscioni filogovernativi e quelli del « Fronte nazionale » issati sulle rovine delle statue dell’imperatore. Gruppi di rivoltosi, a cui si sono uniti agenti di polizia e soldati, hanno poi tentato di sfondare con un autocarro i cancelli della residenza di Mossadeq, ma sono stati respinti a raffiche di mitra dalla guardia del corpo del Primo ministro. Mentre dalla residenza del Premier si diceva che la situazione era « sotto controllo », nella piazza del Parlamento veniva annunciato alla folla che Mossadeq è già stato arrestato. Le dimostrazioni hanno avuto luogo malgrado il divieto governativo contro qualsiasi manifestazione. Sulle prime non vi è stata resistenza alcuna da parte di elementi della polizia e dell’esercito e in seguito si sono visti gruppi di agenti e soldati intervenire attivamente a fianco dei dimostranti. Gli osservatori sostengono che è chiaro che le dimostrazioni sono sostenute dagli stessi elementi delle forze dell’ordine. Nella piazza del Parlamento vi sono autocarri carichi di truppe agli ordini del generale Dastari. Il Governo ha infine annunciato la firma di un accordo irano-sovietico sulle vertenze di confine e le concessioni di pesca russe nel Caspio,
Giovedì 20 agosto 1953
Mossadeq arrestato
Il dott. Mossadeq, con tre dei suoi collaboratori, è stato arrestato. Non ha fatto in tempo a raggiungere il confine settentrionale né il territorio della tribù Cashgay, nello Shiras, che avrebbero potuto schierarsi a suo favore, non per convinzione politica ma per opposizione alla loro tradizionale rivale, la tribù dei Bakhtyari sostenitrice dello Scià. Zahedi ha avuto cura di far diramare un comunicato che annunciava l’arresto di Mossadeq e dei suoi compagni. Mohammed Reza Pahlevi si è preoccupato di salvare la vita di Mossadeq, il che accade per la seconda volta. Radio Teheran ha aggiunto che su Mossadeq «consegnato alla giustizia » si procederà con tutto il rispetto della legalità possibile. A Teheran non si riesce a dormire per il continuo passaggio dei carri armati. La legge marziale vige con severità, gli assembramenti di più di tre persone sono vietati, sui cortei e sui gruppi non autorizzati la forza pubblica ha l’ordine di sparare. Tutto ciò non ha impedito nella mattinata che Teheran assumesse un aspetto quasi gaio, con molta gente affaccendata nel rimettere l’ordine nelle strade e negli edifici ieri attaccati dalla folla e dalle truppe in rivolta contro il Governo di Mossadeq. Imbandierate e adorne di grandi ritratti dello Scià molte strade di Teheran sarebbero parse in festa senza le pattuglie e le intimazioni.
Mossadeq si è consegnato da sé, lo Scià non intende giustiziarlo
L’abitazione di Mossadeq ha riservato molte sorprese agli insorti che l’hanno conquistata ieri dopo parecchie ore di assedio: era munita di muri in calcestruzzo, di nidi per mitragliatrice e di piastre corazzate, sicché la sua lunga resistenza non appare più un fatto straordinario. Si sono appresi a tarda ora alcuni particolari sull’arresto di Mossadeq. Pallido, magro, in grado a mala pena di camminare, Mossadeq è giunto stasera in una limousine nera davanti al Club degli ufficiali, in cui Zahedi ha costituito il suo quartier generale e la sede provvisoria del Governo. Mossadeq aveva ascoltato a una radio, durante la sua breve latitanza, l’intimazione di Zahedi, che gli dava 24 ore per consegnarsi alle autorità, e il telegramma dello Scià che raccomandava di proteggere la sua vita Come un anno fa, quando fuggi a un altro attacco di manifestanti alla sua abitazione, Mossadeq era in pigiama. Tuttavia egli ha saputo mantenere un contegno dignitoso. Nei corridoi del Club erano schierate le guardie del corpo di Zahedi, che hanno salutato militarmente l’ex-ministro: Mossadeq, con mano stanca — era visibilmente sfinito —, rispondeva al saluto. Zoppicando egli ha raggiunto la sala in cui Zahedi lo attendeva. Il colloquio fra i due è stato abbastanza lungo. Poi Mossadeq è stato trasportato in un luogo di custodia che viene tenuto rigorosamente segreto. Questa sera Hussein Fatemi veniva dato ancora ufficialmente come disperso, ma riprendevano a circolare con insistenza le voci secondo cui la notizia della sua morte nei tumulti di ieri sarebbe esatta, si tratterebbe solo di identificare il suo cadavere fra i molti corpi irriconoscibili che testimoniano della violenza e della ferocia della breve battaglia di ieri. Si attende per domani l’arrivo dello Scià, al quale Zahedi sta preparando accoglienze trionfali
Venerdì 21 agosto 1953
Perché* Mossadeq ha perso
«II piccolo uomo che voleva fare il Gandhi era già finito da un pezzo. In Occidente, dove le cose dell’Oriente muovono l’interesse della gente soltanto quando diventano clamorosamente drammatiche, si poteva continuare a credere che Mossadeq fosse un uomo ancora forte. Era ancora lo stesso piccolo uomo caparbio, ma non era più un uomo forte. La forza lui l’aveva conservata a lungo, più a lungo di quanto fosse possibile pensare conoscendo le condizioni a cui aveva ridotto la Persia; ma la rassegnazione alle sofferenze, l’abitudine alle privazioni, il fatalismo islamico dei persiani collaboravano a lasciarlo durare, a tenerlo su...»Leggi qui l’articolo di Ros
Sabato 22 agosto 1953
Lo Scià conferma la politica della nazionalizzazione. Gli inglesi non ammessi a bordo
" Ritiene Vostra Maestà che con il nuovo Governo la politica dei petroli subirà modificazioni? ». «Lo escludo — ha detto lo Scià — nel senso che la nazionalizzazione sarà strettamente mantenuta e che non vi saranno modificazioni di sorta ». «Può prevedere Vostra Maestà che possano essere ripresi contatti con la Gran Bretagna a proposito dei petroli dopo la sconfessione politica di Mossadeq?» « Ci tengo a precisare che la politica della nazionalizzazione dei petroli non è stata la politica personale di Mossadeq, bensì la politica nazionale della Persia. Quanto a quelli che lei chiama contatti con la Gran Bretagna le ripeto che per il momento non ce ne interesseremo ». Queste dichiarazioni mi sono state fatte sull’apparecchio noleggiato personalmente dallo Scià per il suo ritorno in Persia. Su di esso il sovrano ha accolto i giornalisti rappresentanti la stampa mondiale in Roma. I quali altrimenti non avrebbero avuto modo di raggiungere la Persia ove vige lo stato marziale e non atterrano perciò aerei di linea. Durante l’intero viaggio — faticosissimo, perché abbiamo dovuto attendere all’aeroporto di Roma vegliando l’intera notte di ieri (siamo partiti alle ore 5.30 del mattino dopo avere aspettato oltre otto ore) — l’aeroplano si è mutato in sala stampa volante. Il sovrano è stato bersagliato dai fotografi, dagli operatori cinematografici e dagli inviati speciali. Nemmeno per un attimo egli si è sottratto alle fatiche che gli infliggeva la stampa di tutto il mondo (meno quella inglese alla quale non è stato consentito di prendere posto a bordo) (dall’intervista dello Scià di Persia a Virgilio Lilli, sul Corriere della Sera).
Mercoledì 16 settembre 1953
Sul petrolio iraniano anche il tribunale di Roma dà ragione agli italiani contro gli inglesi
Il Tribunale di Roma ha emanato stamane la sentenza nella causa intentata dalla Anglo Iranian Oil Company (Aioc) contro la società Supor, che ha per prima importato in Italia il petrolio iraniano dopo la nazionalizzazione, iniziandone il trasporto con la famosa nave Miriella. La sentenza rigetta la domanda di rivendica di proprietà del petrolio proposta dall’Aioc contro la Supor e condanna l’Aioc stessa alle spese di giudizio. Gli antefatti della causa sono noti. Come si ricorderà, in seguito alla legge per la nazionalizzazione dell’industria del petrolio in tutto il territorio della Persia, la società italiana Supor raggiungeva un accordo con la National Iran Oil Company per l’acquisto di petrolio nazionalizzato, senza esborso di valuta estera, mediante compensazione con i prodotti dell’industria italiana. I prelevamenti di tale petrolio furono iniziati con la nave Miriella. L’Aioc, che non aveva accettato la legge di nazionalizzazione e che pertanto si riteneva proprietaria del petrolio venduto alla Supor, prima mediante la richiesta di un sequestro giudiziario (che fu respinta dal Tribunale di Venezia) poi con l’instaurazione di tanti processi per ogni carico di petrolio persiano trasportato, chiese alle autorità giudiziarie italiane il riconoscimento del proprio diritto di proprietà sul petrolio. La sentenza riconosce invece il pieno diritto di proprietà del petrolio in contestazione alla Supor per averlo essa acquistato legittimamente.
Sabato 5 dicembre 1953
Ripresa delle relazioni diplomatiche tra Regno Unito e Iran
I Governi di Londra e di Teheran hanno annunciato contemporaneamente la ripresa dei reciproci rapporti diplomatici. Ecco il testo: « Il Governo di S.M. e il Governo persiano hanno deciso di riprendere le relazioni diplomatiche e di procedere senza indugio allo scambio di ambasciatori. Perciò essi procederanno di comune accordo, al più presto possibile, a negoziare una sistemazione della vertenza sul petrolio che ha recentemente turbato le loro relazioni, e consacreranno così la ripresa della loro tradizionale amicizia. Hanno fiducia che, grazie alla reciproca buona volontà, possa essere trovata una soluzione che tenga conto delle aspirazioni nazionali del popolo persiano concercenti le risorse naturali del suo Paese, e che salvaguardi inoltre, sulla base della giustizia e dell’equità, l’onore e gli interessi delle due partì. Si spera così che un contributo reale possa essere apportato al benessere dei due popoli alla causa della pace e alla cooperazione internazionale ». Annunciando la ripresa delle relazioni fra i due Paesi un portavoce del Foreign Office ha fatto stamane la seguente dichiarazione: « Il Governo di S. M. accoglie con piacere questo avvenimento. Esso segna la fine di una triste interruzione nella lunga e tradizionale amicizia anglo-persiana. Questo dovrebbe facilitare le trattative per un regolamento sul petrolio, accettabile da ambedue le parti, regolamento che è di una importanza essenziale per l’economia della Persia e per il benessere del suo popolo». Come si ricorderà le relazioni fra i due Paesi erano state interrotte il 22 ottobre 1952.
Kasciani proclama una giornata di lutto nazionale
Il potente capo religioso dell’Iran, l’ayatollah Kasciani, ha dichiarato « giornata di lutto » quella di oggi, dopo l’annuncio della ripresa delle relazioni diplomatiche con la Gran Bretagna, affermando che gli Stati Uniti hanno forzato la decisione di Teheran
Sabato 19 dicembre 1953
Sciolto il Parlamento di Teheran
Il Governo persiano ha annunciato oggi lo scioglimento del Parlamento (Majilis) in vista di nriove elezioni in tutto l’Iran. Il Governo del generale Zahedi resterà in carica. Un portavoce del Governo ha dichiarato che i preparativi delle nuove elezioni avranno inizio domani. Lo Scià si è deciso a sciogliere il vecchio Parlamento, ormai ridotto a soli ventitré deputati, affinchè il Governo possa avere una solida base parlamentare. Qualunque gruppo potrà presentare liste proprie purché non abbia tinta comunista, e non si proponga di imporsi all’elettorato con metodi violenti.
Lunedì 21 dicembre 1953
Mossadeq condannato a tre anni
Il Tribunale militare di Teheran ha oggi riconosciuto colpevole di tradimento l’ex-Primo ministro Mohammed Mossadeq, ma lo ha condannato a soli tre anni di reclusione in seguito all’intervento dello Scià. Nella sentenza è specificato che i tre anni di reclusione dovranno essere scontati sotto forma di segregazione cellulare, e che l’imputato non è stato condannato a morte soltanto in considerazione dei servizi da lui resi in passato alla Nazione. Il generale di brigata Riahi, che fu capo di stato maggiore durante il regime di Mossadeq, è stato condannato a due anni di reclusione e all’espulsione dall’Esercito. Il pubblico ministero Hussein Azemudeh aveva chiesto per Mossadeq la pena di morte, nonostante il codice penale persiano proibisca le esecuzioni capitali di persone di età superiore ai sessant’anni. Tuttavia, all’ultimo momento, lo Scià, per la seconda volta nella sua vita, è intervenuto in favore di Mossadeq, perdonandogli i suoi misfatti e raccomandando al Tribunale clemenza per l’imputato. Mossadeq ha seguito tremando la lettura della sentenza, che è durata un’ora. I giudici hanno emesso il verdetto dopo sette ore di camera di consiglio. Nel tardo pomeriggio, si è avuta nelle strade della capitale una dimostrazione a favore di Mossadeq. Una sessantina di giovani che gridavano: «Mossadeq è vittorioso » e « Morte agli Inglesi », ha percorso le vie del centro, sciogliendosi all’arrivo delle forze di polizia. Sei giovani sono stati arrestati.
Giunto a Teheran Denis Wright, incaricato d’affari inglese
Il nuovo incaricato d’Affari inglese nell’Iran, Denis Wright, che è il primo diplomatico britannico che rientra in Persia dopo l’interruzione dei rapporti diplomatici avvenuta nell’ottobre del ’52, è giunto oggi all’aeroporto di Teheran. Appena disceso dall’aereo, egli ha proseguito per l’Ambasciata inglese, I lungo un percorso su cui erano sfilate unità dell’esercito per prevenire possibili dimostrazioni anti-inglesi. Con Wright sono giunti un primo segretario, tre secondi segretari e undici altri membri del personale della Legazione. All’aeroporto, il gruppo britannico è stato ricevuto dal ministro svizzero a Teheran, che ha sinora tutelato gliaffari relativi a persone o beni britannici in Persia. L" arrivo dei rappresentanti inglesi fa seguito all’annuncio* del 5 dicembre con cui il Primo ministro Fazlollah Zahedi dava notizia della ripresa dei rapporti diplomatici tra Persia e’ Inghilterra. Un portavoce inglese ha dichiarato di confidare che la ripresa dei rapporti diplomatici favorirà i possibili negoziati per la sistemazione della vertenza dèi petrolio tra Iran ed Inghilterra.
Martedì 26 gennaio 1954
Torna a sventolare a Londra la bandiera persiana
All’Ambasciata persiana di Londra è tornata a sventolare la bandiera. E la issa al balcone il nuovo ambasciatore, Amir Khosrow Afshar, primo rappresentante dell’ Iran nella capitale inglese dopo la sospensione dei rapporti diplomatici anglo-persiani avvenuta nell’ottobre del 1952.
Giovedì 5 agosto 1954
Americani, inglesi, francesi, olandesi: un consorzio occidentale firma con l’Iran l’accordo sul petrolio
A Teheran e a Londra è stato annunziato simultaneamente stamane che il consorzio di otto aziende petrolifere occidentali e il Governo iraniano hanno finalmente raggiunto un accordo su larga base per far rinascere l’industria del petrolio nell’ Iran inattiva da tre anni. L’accordo dispone che la grande raffineria di Abadan e i campi petroliferi adiacenti saranno gestiti dal consorzio. La produzione sarà consegnata al Governo iraniano dal quale il consorzio la comprerà e la venderà poi all’estero. Campi e raffineria apparterranno all’ Iran. Si spera di poter riprendere le operazioni di esportazione fra due mesi. L’annunzio dell’accordo è stato dato a Teheran dal ministro delle Finanze, Ali Amini, e da Howard Pgage, rappresentante della « Standard Oil », il quale ha diretto i negoziati. L’accordo avrà una durata di 25 anni, prorogabile per altri cinque, se le parti lo vorranno. Benché l’annunzio non lo specifichi, si crede che l’accordo disponga il versamento del 50 per cento all’ Iran del reddito di produzione, ossia la stessa percentuale in uso in altri Paesi petroliferi del Medio Oriente. Si calcola che l’Iran introiterà 420 milioni di dollari nel primo triennio dell’accordo. Il consorzio è formato dall’Anglo Iranian, che ha sfruttato da sola l’industria petrolifera iraniana fino alla legge di nazionalizzazione di Mossadeq (1951), dalle aziende americane « Standard Oil » del New Jersey, «Standard Oil» della California. « Texas Company », « Gulf Oil » e « Socony Vacuum », dall’azienda olandese « Royal Dutch » e dalla « Compagnie française des pétroles »
Decisivo il ruolo degli americani nell’accordo sul petrolio con Teheran
È opinione concorde dei tecnici del petrolio e di funzionari e diplomatici americani che il contributo privato e governativo degli Stati Uniti ha avuto parte essenziale nella soluzione della vertenza anglo-iraniana. L’osservazione è basata non soltanto sul fatto che delle otto società aderenti al consorzio internazionale dei petroli iraniani cinque sono americane — la Standard of New Jersey, la Standard of California, la Texas Company, la Gulf Oil Company e la Socony Vacuum — ma anche e soprattutto sulla importanza dell’intervento governativo americano che servì a superare la complessa congiuntura economica e politica causata dall’insorgere della crisi fra la Persia e la Gran Bretagna. La conclusione dell’accordo dei petroli, a parte il vantaggio di carattere economico che rappresenta per il blocco occidentale, va interpretata come una significativa vittoria di carattere politico (sull’Urss - ndr). L’Iran si trova in un punto nevralgico del sistema difensivo ai margini della cortina di ferro e fino a circa un anno fa era considerato uno degli anelli più deboli della catena di alleati anti-comunisti. L’invio di aiuti americani ha avuto aiich’esso una parte preponderante per consentire al Governo Zahedi di fronteggiare la pesante eredità ricevuta la scorsa estate dalla amministrazione Mossadeq. L’azione di Washington non si fermò qui. Quando furono avviate le trattative fra le otto società del costituendo consorzio e il Governo iraniano da una parte e quello inglese dall’altra, l’opera delle autorità americane non fu meno efficace: Herbert Hoover junior, inviato straordinario del Dipartimento di Stato, attraversò l’Atlantico 14 volte per contribuire al buon esito delle laboriose trattative, svoltesi a Teheran, Londra e Washington. Per quanto manchino ancora precisazioni ufficiali, le cinque società americane saranno interessate per il 40 per cento al nuovo consorzio. Medesima aliquota avrà l’Anglo-Iranian Oil Co.; il 14 per cento avrà la società olandese Royal Dutch Shell ed il 6 per cento la Compagnie Frangaise des Petroles. Da parte ufficiosa americana si stima che occorreranno da cinquanta a sessanta milioni di dollari per riattivare gli impianti petroliferi iraniani. L’impresa si calcola che potrà dare i suoi primi frutti col primo gennaio 1955.
Venerdì 13 agosto 1954
Non sarà semplice riportare sul mercato il petrolio iraniano
Al ritorno del petrolio persiano sui mercati mondiali si oppongono varie difficoltà, che le Potenze occidentali, in special modo gli Stati Uniti, dovrebbero essere tuttavia in grado di superare. Sul piano economico è da notare che quando la vertenza fra Londra e Teheran portò alla chiusura delle raffinerie di Abadan, le industrie petrolifere degli altri Paesi del Medio Oriente intensificarono , notevolmente la loro produzione. Gli impianti di Kuwait producono ora 930 mila barili al giorno invece dei 350 mila che producevano quando ogni attività cessò ad Abadan; la produzione dell’Iraq è salita da 136 mila barili a 600 mila, e quella dell’Arabia Saudita è aumentata del 60 per cento e tocca ora i 955 mila barili. Nonostante manchino informazioni ufficiali, si stima che occorreranno da cinquanta a sessanta milioni di dollari per riattivare gli impianti iraniani entro il 1954. Inoltre, occorrerà o affrontare la concorrenza delle altre fonti di petrolio del Medio Oriente oppure ottenere che esse riducano la loro produzione. Questo complesso di cose rende economico il ritorno sul mercato del petrolio iraniano? A prima vista si direbbe di no. Sul piano politico l’opposizione al Governo Zahedi ha intanto cominciato a osteggiare l’accordo definendolo contrario alla legge sulla nazionalizzazione.
Sabato 5 marzo 1955
L’America vorrebbe che anche l’Iran aderisse al Patto di Baghdad
La conclusione del patto di alleanza turco-irakeno ha irritato il Governo del Cairo nella stessa misura che ha soddisfatto i Governi di Washington e Londra. Si dice che l’America abbia gradito un suggerimento fatto dal Governo di Bagdad (Iraq), un indiretto invito a Washington e a Londra per aderire al patto turco-irakeno. La prospettiva di un’adesione americana vera e propria non è molto gradita in questo particolare momento perché il Senato di Washington non desidera ampliare gli impegni degli Stati Uniti. Ma l’Inghilterra invece potrebbe aderirvi, sia per sostituire in tal modo il patto anglo-irakeno che sta per scadere, e dal quale deriva il suo diritto agli aerodromi di Mesopotamia, sia per fare una amichevole affermazione di prestigio in concorrenza con l’America. Diciamo cosi perché i due Paesi anglosassoni, pur operando d’accordo di fronte al pericolo comune, sono sempre animati da spirito di emulazione fra loro. L’America, a quel che sembra, vorrebbe spingere anche la Persia a unirsi coi turchi, gli irakeni e gli eventuali nuovi associati del gruppo. Ma la Persia ha proprio ora ottenuto dalla Russia una lieve rettifica di frontiera ed esita a stuzzicare il potente vicino. Prima di aderire, il Governo di Teheran chiederebbe di essere messo in grado di equipaggiare il proprio esercito almeno allo stesso modo di quello turco. (Corriere della Sera)
Giovedì 7 aprile 1955
A Teheran dimissioni di Zahedi. Torna Hussein Ala
Il ministro della real casa Hussein Ala è diventato oggi Premier della Persia, in sostituzione di Fazollah Zahedi, dimessosi per motivi di salute. Zahedi è partito in aereo questa sera, dopo aver detto addio ad Ala ed allo Scià, alla volta di Beirut, dove rimarrà in visita per quattro giorni, prima di continuare alla volta di Roma, e poi di Amburgo, in Germania. Lo Scià ha incaricato Ala di formare il nuovo Gabinetto Oltre alla carica di Premier, Ala occuperà anche quella di ministro della Giustizia, nel Gabinetto, il cui elenco egli presenterà allo Scià sabato ed al Parlamento domenica. E’ stato inoltre reso noto che Zahedi farà pervenire le sue dimissioni ufficiali nella giornata di domani direttamente da Beirut. In precedenza lo Scià gli aveva indirizzato una lettera per esprimere il proprio rincrescimento per la sua malattia e per augurargli una pronta guarigione.
ottobre 1955
L’Iran aderisce al Patto di Baghdad
L’Iran aderisce al Patto di Baghdad, suscitando l’ira dell’Urss. All’alleanza difensiva, che comprende i Paesi al limite tra Unione Sovietica e occidente, aderiscono Turchia e Iraq - che lo firmarono per primi - Pakistan, Iran e Regno Unito.
Mercoledì 12 ottobre 1955
L’Urss ammonisce la Persia: non aderisca al Patto di Baghdad
La Persia, secondo notizie pubblicate dai giornali, vuole aderire al patto difensivo fra Turchia, Iraq e Pakistan. Il Governo sovietico ha subito deciso di reagire. Esso ha fatto sapere a quello persiano che un tale passo, qualora fosse preso, sarebbe « molto grave ». L’adesione al patto è incompatibile con gli interessi della pace e compromette le relazioni di buon vicinato, esistenti fra la Persia e l’Urss, violando il trattato di amicizia. L’alleanza a tre, dicono i Sovietici, è lo strumento « di circoli aggressivi » i quali non hanno alcun desiderio di mantenere e di rafforzare la pace. Il Governo di Mosca tocca poi un tasto molto sensibile per i persiani; esso dice che il patto tripartito vuole mantenere il Medio Oriente in condizioni di servitù coloniale. A riprova di ciò, ricorda che l’Inghilterra se ne fa garante. Le fiere lotte antibritanniche di Mossadeq sono troppo recenti perché simili argomenti rimangano senza eco. La comunicazione sovietica afferma dunque che la pace e la tranquillità del Medio e del Vicino Oriente sono minacciate dalla alleanza. Essa è stata fatta all’Ambasciata persiana di Mosca; ed è stata resa pubblica dalla « Tass ». È bene osservare che non si tratta, in linguaggio diplomatico, di una «nota»: l’odierno passo è meno impegnativo. (da un articolo di Piero Ottone per il Corriere della Sera).
Giovedì 13 ottobre 1955
Irritazione a Mosca per l’adesione (annunciata) dell’Iran al Patto di Baghdad
L’estensione del patto di Bagdad sarà un fatto grave per l’Urss. La diplomazia sovietica ha intrapreso la politica di Ginevra (politica del sorriso) soprattutto con uno scopo: essa spera nella dissoluzione delle alleanze occidentali. Bulganin lo disse chiaramente lo scorso luglio. Egli dichiarò che « gruppi militari », come risultato della distensione, dovranno essere sciolti. Adesso la Persia annuncia la intenzione di aderire al gruppo, già esistente, della Turchia, dell’Irak e del Pakistan. Le alleanze dell’Occidente, invece di disintegrarsi, stanno dunque allargandosi. L’adesione dell’Iran al patto di Bagdad, se avverrà, non sarà di per sé una grande catastrofe per l’Urss: i Persiani non hanno oggi un peso sufficiente per spostare nel mondo l’equilibrio delle forze. È piuttosto il valore simbolico dell’avvenimento che irrita, innervosisce e, vorremmo quasi dire, infuria i Russi. (da un articolo di Piero Ottone sul Corriere della Sera)
Giovedì 17 novembre 1955
Attentato al premier iraniano Hussein Ala
Il Primo ministro persiano Hussein Ala è stato oggi fatto segno a un attentato entro il recinto della moschea dello Scià, dove il 7 marzo 1951 fu ucciso il Presidente del Consiglio Ali Razmara. Il Primo ministro si era tolto le scarpe per entrare nella moschea ed aveva appena fatto qualche passo quando un giovane sconosciuto lo ha affrontato e, dopo aver detto qualche parola, ha estratto una pistola ed ha sparato. Il proiettile non ha, però, raggiunto Hussein Ala, ma uno dei membri del seguito. Approfittando dell’emozione generale, l’attentatore — prima di essere immobilizzato — ha colpito il Primo ministro col calcio della rivoltella. Ridotto infine all’impotenza e condotto alla caserma della seconda divisione corazzata, lo sconosciuto è stato identificato per Zaffar Ali Zolghadr, contadino, 32 anni, giunto ieri a Teheran col proposito di cominciare una campagna contro gli infedeli giacché, a suo parere, i comandamenti islamici non erano messi in pratica adeguatamente. Sembra che prima di sparare avesse gridato: «Perché ci sorto tante donnacce in città? ». Secondo la testimonianza di un fotografo, dopo l’attentato Hussein Ala si sosteneva la testa tenendo in mano un fazzoletto. Egli è stato immediatamente ricoverato all’ospedale, dove gli è stata riscontrata una ferita nella regione occipitale, in vicinanza dell’orecchio. Le condizioni del Primo ministro, che ha 72 anni, non sono gravi.Chiamato da alcuni «il Primo ministro tascabile» per la sua bassa statura (metri 1.52), Ala ha studiato alla Westminster School di Londra, città dove ha esercitato l’avvocatura. Dal 1945 al 1950 fu ambasciatore iraniano negli Usa. Il suo Governo ha sempre seguito una politica di alleanza con l’Occidente. Tra l’altro, il mese scorso l’Iran entrò a far parte del patto di Bagdad che lega Turchia, Irak, Pakistan ed Inghilterra.La polizia ha annunciato che l’attentatore ha ammesso di aver acquistato tempo fa la sua rivoltella — una arma automatica di fabbricazione belga — da un membro del partito comunista Tudeh.
Lunedì 21 novembre 1955
Riunito il Patto di Baghdad
La prima seduta della conferenza dei Paesi partecipanti alla « Organizzazione per la difesa del Medio Oriente » è stata aperta dal Primo ministro dell’Irak, Nury Said pascià. Egli ha pronunciato un breve discorso, nel quale ha tenuto particolarmente a sottolineare che «l’Iraq non esiterà a utilizzare le sue riserve per assistere ogni Paese arabo che fosse aggredito da Israele». Ha quindi preso la parola il ministro degli Esteri britannico Macmillan. Egli ha fatto voti perché si consolidi la cooperazione militare ed economica fra gli aderenti al patto di Bagdad e perché le risorse di cui dispone il Medio Oriente, segnatamente il petrolio, possano essere impiegate per lo sviluppo del benessere dei Paesi del patto. Ha, infine, parlato Hussein Ala, Primo ministro iraniano, il quale ha auspicato l’adesione degli Stati Uniti al patto. Al termine della riunione, Macmillan ha dichiarato alla stampa che la seduta era stata estremamente fruttuosa e che gli aderenti al patto avevano deciso di chiamare la loro unione « alleanza ».Leggi qui l’articolo di Max David sul Corriere della Sera
Lunedì 25 giugno 1956
La nomenklatura sovietica s’inchina allo Scià di Persia
MOSCA – Oggi, per la prima volta, la folla moscovita ha applaudito un re: lo Scià di Persia è arrivato nella capitale del comunismo. Il suo arrivo nell’Urss segna il culmine della « politica musulmana» che i Russi stanno svolgendo con grande impegno. Basti dire che il principe ereditario dello Yemen è partito da Mosca appena stamane, dopo un lungo soggiorno nell’Unione Sovietica; e Scepilov sta compiendo una tour negli Stati Arabi. I seguaci di Marx corteggiano i seguaci di Maometto. I rivoluzionari comunisti della prima ora non immaginavano certo che l’Urss avrebbe accolto un monarca con tanti onori. La verità è che Mosca segue ormai, più che una politica ideologica, la politica di grande Potenza. Oggi, lo Scià è stato accolto solennemente, come si addice a una testa coronata. Il suo aeroplano, un bimotore sovietico, è apparso nel cielo della capitale alle sei meno dieci, con una scorta imponente di dodici caccia a reazione. Quattro Mig, perfettamente allineati, facevano da battistrada; gli altri otto si tenevano ai fianchi dell’aeroplano reale.Leggi qui l’articolo di Piero Ottone
Martedì 10 luglio 1956
Inchino dei sovietici davanti a Soraya meravigliosamente vestita. Lo Scià non firma un documento comune con l’Urss
MOSCA – I sontuosi saloni del Grande Palazzo del Cremlino sono stati aperti questa sera per il ricevimento che il Governo sovietico ha offerto in onore dello Scià dell’ Iran e dell’imperatrice Soraya. Bellissima c quasi superba, la consorte dello Scià è stata accompagnata dal Maresciallo Voroscilov e presentata ai dirigenti sovietici e ai capi delle Missioni diplomatiche. Bulganin e Scepilov seguivano lo Scià. L’imperatrice indossava un abito lungo di raso color avorio con ricami a stella incrostati di lapislazzuli; alla vita aveva una vaporosa sciarpa di organdis rosso e azzurro. Sul capo portava una preziosa tiara di diamanti; arricchiva la scollatura un «collier» di brillanti; sul petto recava il nastro e l’insegna del massimo Ordine cavalleresco iraniano. Soraya è stata la prima sovrana regnante che ha visto aprirsi i saloni della reggia del Cremlino e inchinarsi, seppure leggermente, davanti a sè le massime gerarchie dell’Unione Sovietica.Leggi qui l’articolo di Vero Roberti sul Corriere della Sera
Giovedì 14 marzo 1957
Lo Scià di Persia ha lasciato Soraya
BONN – L’ultima notizia pervenuta ieri a tarda ora da Teheran annunciava che i ritratti di Soraya erano andati rapidamente sparendo nel corso della giornata dagli uffici pubblici e dai molti negozi in cui figuravano accanto a quelli dello Scià e ciò aveva lasciato prevedere a Bonn che, da un momento all’altro, sarebbe stato pubblicato l’atteso comunicato ufficiale sullo scioglimento del matrimonio dei due augusti coniugi. Difatti, la radio germanica diramava stamane la decisione di Teheran nella sua prima emissione delle otto. Più tardi, l’addetto stampa dell’Ambasciata dell’Iran presso la Repubblica federale asseriva che anche Soraya l’aveva appreso, come tutti gli altri comuni mortali, dalla radio e dai giornali. Questo è vero solo in parte. Soraya non sapeva quando esattamente il comunicato sarebbe stato reso di pubblica ragione, ma era stata informata che lo si sarebbe diramato nello spazio di tre giorni, fra giovedì 13 e sabato 15. Tutto era stato concordato. Lo Scià aveva voluto che il testo del comunicato fosse sottoposto all’approvazione di Soraya e anche concordato è stato il comunicato di Soraya, diffuso successivamente per mezzo dell’ agenzia ufficiosa germanica. Se ora ci si appresta a leggere con attenzione i due comunicati, appare chiaramente, attraverso le stesse parole dei protagonisti, il doloroso dramma cui li ha condannati la ragione di Stato e al quale essi, specialmente Reza Pahlavi, avevano tentato di sottrarsi cercando vanamente una soluzione di compromesso. Lo Scià ha annunciato lo scioglimento del matrimonio con la donna che certo ancora ama «con profondo turbamento», ne indica l’esclusiva ragione nella mancanza dell’erede al trono che Soraya non ha potuto dare, tiene a sottolineare di essersi dovuto inchinare all’opinione espressa dal Consiglio della Corona, il quale ha ritenuto indispensabile un principe ereditario «per la sicurezza della Nazione, per la conservazione della monarchia costituzionale, per evitare disordini nel Paese».Leggi qui l’articolo di Massimo Caputo per il Corriere della Sera
Mercoledì 27 marzo 1957
Un piano di sette anni per modernizzare l’Iran
«[...] Una cosa che si apprende con stupore quando si viene in questa pittoresca capitale ai piedi dell’Elburz è che non esiste possibilità di ripartire in ferrovia. Da Bagdad, facendosi scombussolare per dieci giorni, si può, volendo, raggiungere Milano: da Teheran no. E nessuno dei Paesi con cui la Persia confina; non l’Iraq, non la Turchia, non l’Unione Sovietica, non l’Afghanistan, non il Pakistan. Ferroviariamente è isolata dal mondo. Una linea di somma arditezza, costruita anche col sudore di operai italiani, scavalca la nevosa catena dell’Elburz, alta più di seimila metri, per terminare a Bandar, sul Caspio, però sempre in territorio iraniano. Durante la guerra si credeva che i massicci rifornimenti bellici degli alleati alla Russia da Bassora nel Golfo Persico, dove sbarcavano, proseguissero per rotaia sino a Tabriz e oltre. Invece no: arrivavano in treno soltanto fino a Mianeh, che è nell’Azerbaijan, e di là continuavano per rotabile [...]»Leggi qui tutto l’articolo di Cesco Tomaselli per il Corriere della Sera
Martedì 2 aprile 1957
Cade il governo di Teheran dopo il massacro di tre americani
Le dimissioni del Primo ministro Hussein Ala hanno provocato una situazione gravissima in Persia. In molti ambienti occidentali della capitale persiana si nutre il timore che il Paese sia ad una svolta della sua politica filooccidentale e che la salita al potere del nuovo Primo ministro nominato dallo Scià, Manucheher Eghbal, possa rappresentare un ritorno a certe posizioni di forza che hanno caratterizzato il periodo della permanenza al potere di Mossadeq. L’attuale crisi della situazione persiana si connette direttamente all’ondata di sfiducia che ha colpito il Governo del filo-occidentale Hussein Ala in seguito alla uccisione dei tre americani, i coniugi Carroll ed un loro amico, da parte di banditi appartenenti alle tribù selvagge della zona sud-orientale. In seguito al rinvenimento del cadavere orrendamente mutilato della signora Carroll, avvenuto domenica scorsa in una solitaria e desolata vallata del Belucistan, il capo dell’amministrazione americana degli aiuti all’ Iran ha deciso di sospendere la distribuzione di tali aiuti e tutte le operazioni in corso nella concessione di assistenza alla popolazione iraniana. Pertanto il Governo di Ala si è trovato di fronte alla responsabilità di aver provocato al Paese gravissimi danni. Insieme ad Ala si sono dimessi anche tutti i ministri. L’inseguimento del bandito Dad Shali sulle montagne lungo il confine con il Pakistan continua con grande spiegamento di mezzi; tre uomini, che si presume facessero parte del gruppo che ha ucciso i tre americani, sono stati abbattuti dai reparti di polizia. Ieri sera il Cancelliere Adenauer, che si trova in Persia da alcuni giorni, si è congedato dallo Scià e dall’imperatrice Soraya e questa mattina è ripartito per la Germania.
Mercoledì 3 aprile 1957
A Teheran Eghbal primo ministro. Continua la caccia ai banditi
Il Presidente del Consiglio Iraniano Hussein Ala ha rassegnato oggi, come previsto, le dimissioni nelle mani dello Scià, il quale ha chiamato a succedergli l’attuale ministro di Corte e rettore dell’Università di Teheran, Eghbal. Prima di recarsi dallo Scià per rassegnare nelle sue mani le dimissioni, il Primo ministro dimissionario Hussein Ala aveva presieduto un’ultima riunione del Gabinetto. Lo Scià ha già sottoscritto il firmano imperiale per la nomina del nuovo Primo ministro Eghbal il quale ha iniziato le consultazioni per scegliere i membri del suo Gabinetto, che saranno ufficialmente presentati allo Scià domani. Sembra che dei membri del Governo uscente solo tre su quattordici conserveranno i loro portafogli, mentre l’ex-Primo ministro Ala subentrerebbe ad Eghbal nella carica di ministro di Corte. Eghbal è considerato un intimo dello Scià e si presume che prenderà energici provvedimenti per eliminare il banditismo dalle zone montane dell’ Iran. Continua frattanto da parte della gendarmeria e delle truppe la caccia ai membri della banda responsabile del recente eccidio dei coniugi Carroll e di un altro funzionario americano nonché delle persone che li accompagnavano. Il ministro degli Interni persiano ha annunciato oggi che il bandito Ghader Dad, presunto aiutante di Dad-Scià capo della banda che ha compiuto il massacro, è stato ucciso ieri pomeriggio dopo uno scontro a fuoco durato due ore. Lo scontro, avvenuto nelle vicinanze del villaggio di Bened, è stato impegnato tra Ghader Dad e i componenti di una tribù impiegata dal Governo per la cattura dei banditi. Ghader Dad, che sarebbe personalmente responsabile dell’uccisione della signora Anita Carroll, è stato attaccato mentre cercava di entrare nel villaggio in cerca di viveri e di acqua. Il gruppo principale dei banditi dispone di tre cammelli e due cavalli e procede separatamente dalle donne e bambini. La polizia e i membri delle tribù fedeli stanno incontrando grande difficoltà a seguire la banda nelle desertiche zone montane, dove chi passa non lascia impronte e di cui i banditi a quanto pare conoscono ogni metro. Vengono particolarmente sorvegliati i pozzi di acqua della zona, dove la banda presto o tardi dovrà recarsi per i rifornimenti.
Lunedì 8 aprile 1957
Arrestati i banditi iraniani, stavano per fuggire in Arabia
Sarebbe stato arrestato in un porto del Belucistan pakistanese, al momento di imbarcarsi per l’Arabia Saudiana, il gruppo di banditi iraniani che assassinarono il 24 marzo scorso nella Persia occidentale tre funzionari dell’assistenza tecnica americana. Qualunque possa essere l’epilogo giudiziario di questo fatto tanto tragico, esso avrà per primo effetto quello di illustrare brutalmente una realtà che le formule astratte dello « sviluppo economico » tendono a oscurare negli spiriti, ossia che si tratta di fare una vera e propria rivoluzione per portare i Paesi arretrati al livello di efficienza economica, politica e amministrativa che essi desiderano raggiungere. L’assassinio dei tre funzionari americani ha provocato le dimissioni del Governo iraniano, un mutamento di Primo ministro e l’entrata in azione di potenti forze con il compito di annientare i fuorilegge che da dieci anni razziavano a loro piacere le regioni desolate della Persia orientale. Il loro capo, Dadscià, aveva promesso che uno degli esperti americani, una donna che non era stata uccisa nel corso della scaramuccia e che egli aveva portata via prigioniera, avrebbe avuto salva la vita se gli avessero concesso un salvacondotto. Per ragioni ancora ignote, il « baratto » non venne concluso e la signora Carroll fu cosi assassinata. I particolari di questo dramma hanno la loro importanza, perché rivelano la debolezza dell’apparato amministrativo a disposizione del Governo iraniano per il mantenimento dell’ordine.Leggi qui tutto l’articolo tratto dal Journal de Genève
Giovedì 15 gennaio 1959
Voci di un matrimonio tra lo Scià di Persia e Maria Gabriella di Savoia
A Teheran sono riprese a circolare le voci sulla possibilità di un matrimonio tra lo Scià dell’ Iran e la principessa Maria Gabriella di Savoia. La principessa Shams Pahlevi, sorella dello Scià è partita stamane alla volta della Svizzera dove risiede Maria José, madre di Maria GabrielI la. Da fonte ufficiale si dichiara che la principessa Shams si è recata in Svizzera per ragioni di salute. D’altra parte si rileva che è stata la principessa Shams che, a suo tempo, si mise in contatto con le principesse Fawzia e Soraya prima che lo Scià le sposasse. (Ansa-A.P.).
Mercoledì 4 febbraio 1959
«Maria Gabriella sta studiando il Corano per poter sposare lo Scià», ma i Savoia smentiscono
Secondo il Daily Sketch, Maria Gabriella di Savoia sta studiando il Corano per farsi maomettana, sposare lo Scià e diventare regina di Persia. Smentiscono tutti. Il comandante Raimondo Olivieri, segretario dell’ex re Umberto II, ha detto al Daily Mail: «La princicipessa Maria Gabriella non cambierebbe mai la sua religione per sposare chicchessia. E’ una fervente cattolica. A parte la questione della sua fede, essa è pienamente conscia delle sue responsabilità di principessa e si rende conto di quale scandalo provocherebbe, per la Chiesa, una sua conversione ». Quick - settimanale tedesco - scrive che lo Scià, nel corso del suo ultimo viaggio a Roma, avrebbe avuto garanzie da papa Giovanni XXIII sull’eventualità di una dispensa papale al matrimonio e anche che tiene una foto di Maria Gabriella sulla scrivania. « Deus ex machina » dell’idillio, aggiunge, è stata fin da principio la sorella gemella dello Scià, principessa Aschraf, che, notoriamente, è da tempo la sua più stretta e ascoltata consigliera, e non solo negli affari familiari e sentimentali. « È fuori di dubbio — afferma il settimanale — che la principessa Aschraf ha mosso le principali pedine per realizzare quello che è il sogno d’amore del fratello, ma in ciò essa è guidata anche da un ben comprensibile calcolo, in sostanza il seguente: la dinastia Pahlavi è molto giovane (due generazioni), e il matrimonio con Maria Gabriella significherebbe il riconoscimento da parte delle più illustri famiglie regnanti o ex-regnanti d’Europa; non solo. ma i Pahlavi diventerebbero parenti di molte di quelle case regnanti o ex -regnanti ». A proposito delle difficoltà religiose, la rivista afferma che il capo della Chiesa iraniana Imam Djomeh si è dichiarato favorevole a un eventuale matrimonio, anzi avrebbe fatto presente che egli medesimo ha sposato una svizzera; del resto, è risaputo che anche il Primo ministro Eghbal ha sposato una europea — una francese — e che i figlioli, tutti battezzati, vengono allevati in Francia. Perfino i capi di alcune sette hanno approvato il matrimonio. L’unica condizione, posta da tutti, e, pare, già accettata dal Vaticano, è la seguente: che il primogenito rimanga musulmano, mentre tutti gli altri figli dovrebbero essere battezzati.
Domenica 20 dicembre 1959
L’Iran in bilico tra russi e americani
WASHINGTON – L’Iran, dove giunsi dall’India, offre parecchi motivi di riflessione a un americano. Si può quindi saggiare comne un Paese limitrofo dell’Unione Sovietica si possa preservare dall’essere per così dire preso nella sua orbita. La nostra risosta, elaborata nell’era Acheson-Dulles, consiste nel formare un esercito iraniano, nel promuovere l’alleanza militare con la Turchia e col Pakistan, nel dare aiuti finanziari, economici e morali al Governo dello Scià. I dati dei nostri aiuti sono noti e non è un segreto che abbiamo in Iran una missione militare di novecento uomini tra ufficiali e truppa, destinati all’addestramento delle forze iraniane. Abbiamo inoltre un vasto programma di aiuti civili, e colmiamo nel bilancio iraniano un deficit che si aggira sul 20 per cento...Leggi qui l’articolo di Walter Lippmann
Lunedì 28 dicembre 1959
Truppe irachene alla frontiera con l’Iran
Cinque brigate blindate irachene si sarebbero concentrate, durante la notte di Natale, nella regione di Fakka, e sarebbero pronte a marciare in direzione del fiume Sciat el Arab, che delimita la zona nevralgica in contestazione fra la Repubblica dell’Iraq e l’Impero dell’Iran. Le cinque brigate sarebbero appoggiate da due squadriglie di caccia e da una squadriglia di bombardieri, che farebbero base a Bassora: i caccia iracheni sarebbero per la maggior parte Mig 17 di costruzione sovietica, forniti a Kassem lo scorso aprile dall’Urss, insieme a un forte quantitativo di armi automatiche e di munizioni. Questo movimento di truppe alla frontiera irano-irakena costituirebbe però, almeno per ora, soltanto una manovra del generale Kassem, la quale, insieme col processo celebrato in questi giorni a Baghdad contro 57 persone accusate di complotto contro il Governo, ha lo scopo di allarmare l’opinione pubblica e dimostrare che la giovane Repubblica dell’Iraq, nata dopo il colpo di Stato del 14 luglio 1958, è circondata da nemici «venduti all’ imperialismo». L’Iran ha comunque disposto uno schieramento prudenziale di truppe e di aerei lungo il confine con l’Iraq, soprattutto nelle regioni meridionali. Reparti corazzati iraniani sono stati spostati da Abadan a Dizful, mentre le unità navali che sono alla fonda nei porti del Golfo Persico hanno ricevuto l’ordine di rimanere in stato di allarme e di portarsi al largo di Bandar Shahpur, nel caso fosse necessario il loro intervento.Secondo altre notizie giunte a Teheran da Abadan e da altri punti della frontiera fra Iran ed Iraq, una ondata di agitazioni e di opposizione al regime del Primo ministro Abdul Karem Kassem si sta manifestando fra i contadini e le tribù dell’Iraq meridionale. L’opposizione a Kassem si starebbe trasformando in una aperta rivolta. Queste informazioni vengono attribuite ai commercianti che nelle prime ore di ieri hanno varcato il confine. Uno di costoro ha riferito che nel villaggio iracheno di Amareh vi è stata una dimostrazione contro Kassem e sono stati lanciati volantini antigovernativi.
Domenica 7 gennaio 1979
Rivolta di massa a Teheran
Rivolta di massa a Teheran.
Mercoledì 17 gennaio 1979
Lo Scià di Persia fugge da Teheran
Lo scià di Persia, malato di cancro, fugge da Teheran. «Alle 13.08 del 17 gennaio 1979 l’aereo imperiale è decollato puntando sull’Egitto. Alle 16, nella capitale in festa, non c’erano più statue dello Scià sui piedistalli. Quando la radio ha dato la notizia della partenza, 30 minuti dopo il decollo, gli automobilisti hanno acceso i fari e hanno cominciato a suonare i clacson. Centinaia di migliaia di persone si salutano con l’indice e il medio tesi, in segno di vittoria, si abbracciano, invocano il ritorno di Khomeini. Lo Scià ha cercato di rispettare il protocollo: prima di lasciare in elicottero la residenza di Niavaran, il suo ”palazzo d’inverno ”, ha salutato i nove membri del Consiglio di reggenza, i cortigiani e persino i cuochi. I pochi giornalisti iraniani ammessi all’aeroporto hanno descritto Reza Pahlavi e Farah Diba pallidi, tesi, vestiti con abiti sobri. Rispettando la tradizione sono passati sotto il Corano, tenuto da un cortigiano, per augurare buon viaggio. Prima di entrare nell’aereo il sovrano avrebbe afferrato il libro sacro e l’avrebbe baciato, trattenendo a stento le lacrime. ”Quanto tempo resterà all’estero?” gli ha chiesto il radiocronista. ”Sono molto stanco. Resterò all’estero fino a quando non mi sarò rimesso ”. Sulla Piazza Pahlavi, mentre la radio trasmette ancora la voce dello Scià, un centinaio di giovani prendono una sua statua, la trascinano con un cavo di ferro per le strade della città, gridando: ”Impicchiamo lo Scià ”. Mezz’ora dopo la statua penzola da un cavalcavia» (Bernardo Valli, La Repubblica del 17/01/1979.)
Sabato 20 gennaio 1979
«Khomeini non è uno strumento dei comunisti»
«L’amministrazione Usa informa Londra che Khomeini “era ed è soprattutto un leader islamico, non uno strumento dei comunisti. A Parigi ha avuto contatti con l’opposizione iraniana comunista, ma niente di sistematico o di sinistro”. Lo spauracchio di Washington: un complotto comunista, con dietro l’Urss, per spostare l’Iran nella casella degli alleati di Mosca. La Casa Bianca non vede che il "pericolo rosso" è al tramonto e che se ne profila un altro, di cui l’ayatollah sarà l’ispiratore» (Enrico Franceschini). (leggi qui tutto l’articolo)
Martedì 23 gennaio 1979
Grande manifestazione a Parigi a sostegno dell’ayatollah Khomeini
Il Partito socialista francese organizza una manifestazione pubblica di sostegno a Khomeini presso la Maison de la Chimie. Lionel Jospin, citando l’imam Ali: «Non essere né oppressore né oppresso. Devi essere il nemico di tutti gli oppressori e l’amico di tutti gli oppressi» (leggi qui l’articolo di Giulio Meotti).
Giovedì 1 febbraio 1979
Khomeini a Teheran
Centinaia di migliaia di persone accolgono all’aeroporto di Teheran l’ayatollah Khomeini.
Sabato 10 febbraio 1979
Ultimo volo da Teheran della El Al
Ultimo volo da Teheran della compagnia israeliana El Al.
Lunedì 12 febbraio 1979
Breve storia dell’Iran
L’Iran ha una superficie di 1.643.000 kmq e una popolazione di 32 milioni di abitanti (censimento del 1976). Bagnato a nord dal Mar Caspio e a sud dal Golfo Persico e dal Golfo di Oman, il Paese confina con Irak, Turchia, URSS, Afghanistan e Pakistan. La sua maggiore ricchezza è iI petrolio. Unificato intorno al 1500 dai Sawafidi, il cui regno durò fino al 1736. Dopo un lungo periodo di caos, seguì una dinastia turca, che facilitò la penetrazione delle potenze coloniali, soprattutto della Russia zarista. Nel 1906 l’Iran si diede una Costituzione che ne faceva una monarchia costituzionale. Al vertice lo Scià che esercitava iI potere con l’ausilio del primo ministro e l’assenso dell’Assemblea nazionale (Majlis), cioè uno dei due rami del Parlamento (l’altro era il Senato). L’Iran fu liberato nel 1925 dal dominio turco per merito del cosacco Rezakhan, che diede Inizio alla dinastia del Pahlevi, Nel 1941 sali al trono Reza Pahlevl, che dieci anni dopo fu rovesciato da Mossadek, ribellatosi all’influenza economica britannica (Corriere della Sera)
Mercoledì 14 febbraio 1979
Ucciso l’ambasciatore americano in Afghanistan
Assalto di guerriglieri non ancora identificati contro l’ambasciata americana a Teheran, sanguinosi incidenti nella città di Tabriz (si parla di 700 morti soltanto martedì), pericolo non più teorico di un «contagio» iraniano agli altri Paesi della regione. A Kabul, capitale dell’Afghanistan, l’ambasciatore degli Stati Uniti, Adolphe Dubs, è stato catturato da quattro elementi armati, mentre in auto si recava alla sede diplomatica americana. Gli assalitori si sono barricati con l’ostaggio nell’hotel Kabul. La polizia li ha uccisi e ha trovato il diplomatico mortalmente ferito. I responsabili dell’operazione sarebbero elementi sciiti che si oppongono al regime filosovietico di Kabul. Adolph Dubs, diplomatico di carriera, era stato nominato ambasciatore a Kabul l’anno scorso, dopo il sanguinoso colpo dl Stato con il quale era stato rovesciato il presidente Mohammed Daoud. Il nuovo regime, sotto la presidenza di Mohammed Taraki, ha collocato saldamente l’ Afghanistan nell’orbita sovietica. Secondo vari resoconti, negli ultimi mesi In Afghanistan si sarebbe andata sviluppando una vivace opposizione al regime di Taraki, specialmente nei circoli conservatori religiosi, legati all’ortodossia musulmana. Valutazioni non si sa quanto attendibili, indicano che il numero dei prigionieri politici detenuti dall’attuale regime potrebbe aggirarsi sui quindicimila. Le fonti ufficiali di Kabul, da alcune settimane, insistevano nel definire le voci dl insurrezioni antigovernative musulmane frutto dl «pura fantasia della stampa occidentale». Il rapimento, invece, sembra confermare che la militanza anti-governativa sia più diffusa di quanto non si pensasse e che il presidente Taraki si trovi a dover affrontare un’autentica sfida al proprio regime da parte di dissidenti infiltrati dall’esterno. I mujahiddin («combattenti sacri») hanno già dichiarato dl aver intrapreso una «guerra santa» per abbattere il regime filo-comunista afghano. Il movimento insurrezionale, all’inizio del mese scorso, ha proclamato di aver ucciso «centinaia di soldati afghani» nella regione del Kunnar, ai confini con il Pakistan (dal Corriere della Sera del 15 febbraio).
Giovedì 15 febbraio 1979
L’Iran società a mezzo tra pastorizia ed economia dei polimeri
«Ma diverso è governare un popolo, di 35 milioni, che aumenta al ritmo super-indiano del 2,8 per cento l’anno, o anche solo una capitale come Teheran, dove si affollano cinque milioni d’inurbati e dove può annidarsi una guerriglia endemica. Diverso è anche regolare una società di transizione fra l’era della pastorizia o del bazar e la chimica dei polimeri, amministrando un immane serbatoio di petrolio sulla frontiera tra mondi, interessi, ideologie contrastanti.» (Alberto Ronchey sul Corriere della Sera)
Mercoledì 21 febbraio 1979
La produzione iraniana di petrolio destinata a ridursi ancora
La radio di Teheran negli ultimi giorni ha persino annunciato che ia produzione sarà ridotta dai 5 milioni di barili il giorno a 330 mila: «Lo Scià avrebbe esaurito le riserve in vent’anni, invece il petrolio iraniano potrà durare sette secoli».
Giovedì 8 marzo 1979
In Iran, velo obbligatorio per le dipendenti pubbliche
«“Eravamo felici, in quel febbraio del 1979. Felici”. Finché … “Finché l’8 marzo 1979, sei settimane dopo il ritorno dell’ayatollah, arrivò l’ordine che tutte le dipendenti pubbliche si dovevano coprire la testa con il foulard. Per tutte noi quell’ordine fu uno shock”. Scelsero apposta l’8 marzo, festa della donna? “Credo di sì”. Lei faceva il giudice, allora, giusto? “Sì. Ero presidente di sezione del tribunale civile”. Cosa fece: cominciò a fare i processi con il velo? “All’inizio mi misi in ferie. Dopo una settimana il velo diventò obbligatorio per tutte le donne. Tutte. Anche per uscire di casa. Fui costretta anch’io. Ovvio”».(testimonianza di Shirin Ebadi. Leggi qui tutta l’intervista)
Martedì 20 marzo 1979
L’Iran chiude la frontiera con l’Afghanistan
Tensione al confine tra Iran e Afghanistan. Ieri il governo iraniano ha chiuso la frontiera per arrestare l’afflusso di rifugiati che fuggono dalle regioni afghane, dove si intensificano scontri tra i ribelli musulmani e le truppe del governo marxista. Il governo di Teheran, con una nota del ministero degli Esteri, ha categoricamente smentito che suoi soldati siano illegalmente entrati in Afghanistan. La stampa sovietica accusa gli iraniani, il Pakistan, nonché i servizi segreti inglesi e americani e la Cina di soffiare sul fuoco della rivolta afgana.
Domenica 1 aprile 1979
Proclamata in Iran la Repubblica islamica
In seguito a un referendum viene proclamata la repubblica islamica. Bandite le bevande alcoliche, il gioco d’azzardo, la prostituzione. Cominciano le persecuzioni degli omosessuali e di quanti tengono comportamenti non conformi alla sharia.
Mercoledì 4 aprile 1979
Tutto il greggio iraniano passa per il mercato libero
«Sul mercato libero - dove Iraq, Nigeria, Libia, Qatar e Emirati vendono tutto il petrolio prodotto in eccesso ai livelli precedenti la rivoluzione di Khomeini — i prezzi restano sensibilmente superiori a quelli ufficiali. Su questo mercato passa tra l’altro tutto il greggio iraniano attualmente esportato (1,8 milioni di barili al giorno) dato che Teheran non ha ancora stipulato i nuovi contratti con le compagnie. I sovrapprezzi annunciati dalla maggioranza dei paesi Opec, oscillanti tra 1,14 e 5 dollari a barile, stanno inoltre provocando un rialzo quasi proporzionale del prezzo per il petrolio prodotto nel Mare del Nord, in Alaska e in Messico, il greggio britannico e norvegese è già salito a 18-19 dollari per barile, in linea con le quotazioni dei greggi nordafricani, quello messicano rincarerà intorno ai 16,50 dollari, quello dell’Alaska era già tra i più cari in assoluto. Il Canada ha fatto sapere che il suo petrolio leggero salirà a 18,41 dollari. Infine, è di ieri la notizia che l’Iran intende stipulare contratti a lungo termine con le compagnie nipponiche ad un prezzo rincarato del 32% rispetto al 1978 per il petrolio leggero e del 28% per quello mediopesante. Il prezzo medio predominante sul mercato mondiale si sta dunque avvicinando ai 17 dollari per barile contro poco meno di 13 dollari che costituivano la quotazione base soltanto alcuni mesi fa» (Corriere della Sera)
La produzione mondiale di petrolio nel 1978
Produzione in milioni di barili al giorno nel 1978: Arabia saudita 8,5 Iran 5,2 Iraq 2,6 Venezuela 2,2 Kuwait 2,1 Libia 2,0 Nigeria 1,9 Emirati 1,8 Indonesia 1,6 Algeria 1,2 Qatar 0,5 Gabon 0,3 Ecuador 0,2.
Domenica 20 maggio 1979
Khomeini ha sottratto ai mercati due milioni di barili al giorno
«Anzitutto l’Iran islamista, per decreto di Khomeini, ha sottratto agli scambi 2 milioni di barili al giorno, il 4 per cento delle forniture nel mondo. Inoltre i governanti islamici dell’Arabia Saudita, dopo l’arbitrato di Carter per la “pace separata” fra Egitto e Israele, non manifestano alcuna propensione a colmare il vuoto e “dilapidare la propria ricchezza al ritmo delle esigenze occidentali”». (Alberto Ronchey sul Corriere della Sera) • La bolletta Opec aumenta già quest’anno di duemila miliardi.
L’origine della crisi: l’Iran, gli organizzatori arabi della penuria e i massimizzatori di profitto delle compagnie petrolifere
Dopo l’embargo petrolifero del ’73 e l’avvento della petrolcrazia con la quadruplicazione del «posted price», la nuova crisi è dovuta a due circostanze. Anzitutto l’Iran islamista, per decreto di Khomeini, ha sottratto agli scambi 2 milioni di barili al giorno, il 4 per cento delle forniture nel mondo. Inoltre i governanti islamici dell’Arabia Saudita, dopo l’arbitrato di Carter per la «pace separata» fra Egitto e Israele, non manifestano alcuna propensione a colmare il vuoto e «dilapidare la propria ricchezza al ritmo delle esigenze occidentali». Il deficit del 4 per cento non sarebbe molto in sé, ma come sempre, secondo il detto arabo, «è l’ultimo filo di paglia che spezza la schiena del cammello». Infatti è abbastanza per innescare una spirale di azioni e reazioni (aumento del prezzo, accumulazione speculativa delle scorte che prevede o provoca nuovi aumenti ecc.), dilatando il divario tra domanda e offerta fino al 20 o 30 per cento. Nella spirale perversa congiurano insieme quegli «organizzatori della penuria» che sono i venditori del cartello OPEC e i massimizzatori di profitto delle compagnie petrolifere, i governi irresoluti o maldestri e i consumatori inesausti. Almeno gli Stati Uniti sono ricchi di carbone, non devono importare tutto il petrolio che consumano, posseggono risorse come l’immenso «surplus» dei cereali e potranno ricordare ai governi dell’OPEC che sia il petrolio sia il grano si misurano a barili. Per le economie di semplice trasformazione, le prospettive sono peggiori. «Gli esperti sembrano unanimi, non siamo che agli inizi della grande penuria», annuncia a Parigi il Nouvel Observateur. E in condizioni di scarsità, altri incidenti sono possibili dopo la vicenda dell’Iran (Alberto Ronchey sul Corriere della Sera)
settembre 1979
A Teheran viene bruciata la bandiera americana
Studenti bruciano la bandiera americana sul muro dell’ambasciata degli Stati Uniti a Teheran
Lunedì 22 ottobre 1979
Reza Pahlavi a New York
Lo Scià di Persia Mohammad Reza Pahlavi è a New York, dove deve essere sottoposto ad un trattamento contro il cancro.
Giovedì 1 novembre 1979
Khomeini invita a manifestare contro Usa e Israele
A Teheran ’ayatollah Ruhollah Khomeini, leader della nascente Repubblica Islamica, invita la popolazione a manifestare contro gli interessi degli americani, indicati col nome di "Grande Satana" e di "Nemici dell’Islam", e degli israeliani nel Paese
Domenica 4 novembre 1979
Assaltata l’ambasciata Usa a Teheran
Un gruppo di 500 studenti circa (anche se le testimonianze discordano e variano da 300 a 2000) assalta l’ambasciata americana a Teheran. Poi mostra in televisione i 66 ostaggi, presentati con gli occhi bendati, e fa alcune richieste di riscatto, tra le quali quella di estradizione dello Scià perché possa venire giudicato sui "crimini contro il popolo iraniano". Sei persone tra quelle che al momento dell’attacco si trovavano all’interno dell’ambasciata riescono a fuggire e a trovare rifugio all’interno dell’appartamento dell’ambasciatore canadese • Quando l’Imam Khomeini seppe che gli studenti avevano occupato l’ambasciata Usa disse: «Prendeteli a calci e mandateli a casa». Ma quando si accorse che migliaia di persone erano ammassate davanti alla sede diplomatica cambiò idea: «Questa – annunciò – è la seconda rivoluzione dopo quella contro lo Scià» (testimonianza del ministro degli Esteri, Ibrahim Yazdi) • «Gli ostaggi furono maltrattati, tenuti in isolamento o ammanettati, costretti al silenzio, esibiti alla folla con gli occhi bendati e sottoposti a finte esecuzioni» (Bruce Laingen) • La scoperta nell’ambasciata di documenti che provavano contatti tra il premier moderato Mahdi Bazargan e Washington provocarono l’allontanamento di quest’ultimo.
Martedì 13 novembre 1979
Carter ordina di non comprare più petrolio iraniano
WASHINGHTON - Con una impennata d’orgoglio, l’America comincia a ribellarsi concretamente al ricatto di Teheran, dove dal 4 novembre un centinaio di persone, tra cui una sessantina di cittadini statunitensi, sono prigioniere di fanatici seguaci dell’ayatollah Khomeini. Con un breve, risoluto annuncio, Carter ha ordinato ieri sera il blocco degli acquisti di petrolio iraniano da parte degli Stati Uniti. Il capo della Casa Bianca ha inoltre reso noto che sono in corso consultazioni con gli alleati degli Stati Uniti su altre misure eventuali. Queste misure, ha detto Carter, riguardano «altre azioni che potrebbero essere intraprese per ridurre il consumo e le importazioni di petrolio». La situazione è grave — ha detto il presidente americano. — Noi continuiamo a fronteggiarla». Ha definito «inaccettabili» le richieste iraniane di consegnare lo Scià, che è degente in un ospedale di Nuova York, dove ha subito un’operazione per cancro
Martedì 20 novembre 1979
Teheran, liberati altri tredici ostaggi
Altri tredici ostaggi tenuti prigionieri dagli studenti islamici nell’ambasciata americana di Teheran - donne ed afroamericani - sono stati liberati tra ieri e oggi.
Lunedì 3 dicembre 1979
In Iran approvata la costituzione teocratica
Un referendum approva la costituzione teocratica. Khomeini diventa la guida suprema.
Mercoledì 2 gennaio 1980
Offensiva delle forze speciali sovietiche contro le roccaforti musulmane
Una divisione dei «berretti azzurri» (10 mila uomini), le forze speciali dell’URSS, ha sferrato un’offensiva contro le principali roccaforti dei guerriglieri musulmani che si oppongono al regime marxista dell’Afghanistan. Le truppe sovietiche attaccano appoggiate da mezzi corazzati e dai modernissimi elicotteri da combattimento «MI 21», l’equivalente dei «Cobra» americani. Sanguinosi scontri sono in corso in tutto II Paese e le testimonianze di quanti sono riusciti a lasciare Kabul sono drammatiche: i morti sono già migliala. Soltanto nelle prime 48 ore dopo il colpo di stato che ha portato al potere Barbak Karmal, sono stati uccisi tremila sostenitori del presidente Amin, deposto e giustiziato.Mentre le truppe sovietiche stanno soffocando le sacche di resistenza dei guerriglieri islamici afghani, e in tutto il mondo crescono le apprensioni suscitate da questo massiccio intervento militare, nell’Iran è stato scoperto e sventato ieri pomeriggio un complotto contro il segretario delle nazioni Unite Kurt Waldheim, che è a Teheran per cercare di risolvere la vicenda degli ostaggi americani. L’annuncio è stato dato dallo stesso ministro degli esteri Iiraniano Gotzadeh, il quale ha in tal modo spiegato perché era stato improvvisamente sovvertito tutto il programma di incontri di Waldheim, che nel pomeriggio era rimasto in albergo «per motivi di sicurezza». Contro il segretario dell’ONU c’era stata anche una manifestazione ostile di un migliaio di studenti (dal Corriere della Sera del 3 gennaio).
Balza il prezzo dell’oro, corsa all’acquisto delle materie prime
Il vulcano in attività che covava sotto le ceneri del 1979 è esploso proprio tra San Silvestro e le prime ore di oggi: il prezzo dell’oro è letteralmente «schizzato» verso l’alto, con un balzo del 12 per cento, passando dai 509 dollari di venerdì 28 dicembre ai 569 dollari per oncia alla riapertura dei mercati dopo i due giorni di festa, il che è equivalso in Italia ad un prezzo di 14.600 lire al grammo. L’argento non è stato da meno: 12 mesi fa veniva venduto a 5 dollari per oncia (circa 140 mila lire al chilo) e oggi è balzato ieri 39 dollari (1 milione e 30 mila lire al chilo). Che cosa è dunque accaduto di cosi drammatico nelle 48 ore a cavallo tra l’anno vecchio e quello nuovo da far saltare i sismografi della finanza internazionale? Sostanzialmente sono tre 1 fatti nuovi: uno politico-militare, uno economico e uno finanziario. 1 - La situazione sullo scacchiere intemazionale è peggiorata precipitosamente proprio nella regione — quella che va dalle frontiere iraniane alla penisola araba — considerata più critica per lo sviluppo dell’economia internazionale: è qui che si trova il 65 per cento del petrolio disponibile nel mondo non comunista. 2 - Il prezzo medio del barile di petrolio prodotto dall’OPEC è salito di oltre il 25 per cento rispetto all’ultimo trimestre del 1979 in virtù dei forti rincari che Nigeria, Algeria, Libia, Kuwait, Irak, Iran e Venezuela hanno applicato con decorrenza 1 gennaio 1980. I greggi più pregiati saranno venduti a 35 dollari per barile, il che equivale ad un prezzo rincarato del 145 per cento rispetto alla fine del 1978. Sono aumenti suscettibili di ulteriori variazioni senza preavviso 3 - L’Iran ha trasferito segretamente dalle banche europee verso banche di altri Paesi (in particolare, sembra, verso Libia e Algeria, cioè le roccaforti musulmane più oltranziste) buona parte dei fondi — ammontanti a circa 13 miliardi di dollari — detenuti all’estero. Teheran ha voluto cosi mettersi al riparo da eventuali sanzioni economiche che gli alleati occidentali potrebbero varare nei prossimi giorni (Paolo Glisenti sul Corriere della Sera)
Venerdì 11 gennaio 1980
I russi porranno il veto alla richiesta americana di sanzionare l’Iran
I russi hanno fatto sapere che, in Consiglio di sicurezza dell’Onu, porranno il veto a qualunque sanzione verso l’Iran, messa sotto accusa dagli Stati Uniti per il sequestro degli ostaggi nell’ambasciata americana di Teheran. È la risposta di Mosca all’embargo sul grano deciso da Carter dopo l’invasione sovietica dell’Afghanistan. Gira voce - forse messa in giro ad arte dagli stessi russi - che l’invasione sia stata decisa da Kirilenko, Suslov, Ustinov e Gromiko, i quali avrebbero messo in minoranza un Breznev sempre più malandato in salute (da un articolo di Ugo Stille).
La Cee non venderà cereali all’Urss. Breznev sostiene che l’invasione è stata decisa per evitare che l’Afghanistan diventasse filocinese
In una intervista televisiva il segretario di Stato Vance non ha escluso il blocco navale del Golfo Persico. A Teheran, il ministro iraniano del commercio, Reza Sadr, ha dichiarato che ciò potrebbe significare la guerra nel Golfo Arabico. Ha però aggiunto di ritenere improbabile un blocco, «perché il petrolio nel mondo passa per questa regione e i Paesi occidentali non sopporterebbero le conseguenze di tale misura». È circolata anche la voce che l’Iran taglierebbe le forniture di petrolio ai Paesi che, nella votazione all’ONU, aderissero alle sanzioni. Fanno parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite: Cina, Francia, Gran Bretagna, URSS, Stati Uniti, Bangladesh, Filippine, Germania Orientale, Giamaica, Norvegia, Portogallo, Niger, Messico, Tunisia e Zambia.A Bruxelles i 9 Paesi, fra cui l’Italia, della Comunità economica europea hanno deciso di sospendere la vendita di cereali all’URSS per appoggiare l’azione americana di rappresaglia per l’invasione dell’Afghanistan. La tensione internazionale si ripercuote in misura particolare in Jugoslavia, dove la presidenza dalla Repubblica e la presidenza della Lega dei comunisti hanno diffuso un appello alla «vigilanza nazionale».In Afghanistan, dove prosegue la resistenza islamica contro i sovietici nonostante i tentativi del presidente Karmal per giustificare l’intervento, la folla ha preso ieri d’assalto il carcere nei pressi di Kabul protestando contro la mancata liberazione di molti detenuti politici. Negli scontri hanno perso la vita un manifestante e un soldato afghano. A Mosca, Breznev avrebbe rivelato a Marchais che l’URSS è intervenuta a Kabul perché il regime di Amin minacciava di portare il Paese nell’orbita cinese
Lunedì 28 gennaio 1980
Tornano in patria, da Teheran, sei diplomatici americani
Gli ostaggi dell’ambasciata americana a Teheran che erano riusciti a fuggire e a rifugiarsi nell’appartamento dell’ambasciatore canadese possono tornare in patria, grazie a documenti forniti dal governo canadese. La decisione di concedere ai sei diplomatici tali documenti è stata presa presa dal parlamento canadese, riunito in seduta segreta per la prima volta dopo la seconda guerra mondiale. È stato approvato un provvedimento ad hoc per consentire loro la fuga.
Lunedì 28 aprile 1980
Fiasco Usa per liberare gli ostaggi in Iran
• Il presidente degli Stati Uniti, Jimmy Carter, annuncia che un tentativo di liberare gli ostaggi detenuti dal 4 novembre 1979 nell’ambasciata a Teheran è fallito (8 americani hanno perso la vita per lo schianto tra un elicottero e un aeroplano).
Venerdì 11 luglio 1980
Teheran, liberato un altro ostaggio
Uno degli ostaggi tenuto prigioniero dagli studenti islamici nell’ambasciata americana di Teheran è stato liberato in quanto malato di sclerosi multipla.
Domenica 27 luglio 1980
Morte dello scià di Persia, Reza Palahavi
Lo scià di Persia è morto. La rivolta popolare lo aveva costretto a lasciare la Persia il 16 gennaio 1979. S’era rifugiato con la famiglia negli Stati Uniti, poi in Egitto, in Messico, in Marocco, in Italia e di nuovo in Egitto, dove è morto oggi. La moglia Farah Diba ha solo 42 anni.
Lunedì 19 gennaio 1981
Accordo ad Algeri per liberare gli ostaggi americani degli studenti di Teheran
Sulla questione degli ostaggi detenuti nell’ambasciata americana di Teheran si conclude oggi un accordo ad Algeri, grazie alla mediazione del governo algerino. Per gli Stati Uniti l’Accordo di Algeri è negoziato dall’allora Vicesegretario di Stato Christopher Warren. L’intesa prevede la liberazione degli ostaggi, lo scongelamento dei fondi iraniani depositati presso banche americane e bloccati all’indomani dello scoppio della crisi, la riaffermazione del principio di non ingerenza.