Da questa mattina al fianco dell’Egitto in guerra si è schierata la Siria, con le sue truppe e la sua aviazione militare. Con una comunicazione ufficiale, diramata da tutte le rappresentanze diplomatiche siriane all’estero e trasmessa da Radio-Damasco, la Siria ha annunciato al mondo che «il Governo siriano ha deciso di mettere le proprie truppe a disposizione del comandante in capo delle forze egiziane, generale Abdel Hakini Amer». Truppe siriane hanno varcato la frontiera con la Giordania e si sono poste a disposizione di re Hussein, « per difendere il Paese in caso di aggressione da parte israeliana ». Anche forti contingenti di truppe blindate irachene sono giunti la scorsa notte in territorio giordano. L’irak però non ha ancora rotto le relazioni diplomatiche con la Francia e con la Gran Bretagna, mentre questo grave passo è g<à stato compiuto dalla Siria, dove le manifestazioni antifrancesi e anti-inglesi si moltiplicano.
«[...] Tutti capiscono che la costituzione di un vincolo federale fra le due monarchie arabe ha lo scopo precipuo di controbilanciare l’Unione araba fondata per iniziativa di Nasser, e sotto il patrocinio della Russia sovietica, dalle due Repubbliche del Cairo e di Damasco. I due nuovi enti statali rappresentano nel Medio Oriente, per lo meno tendenzialmente, i due blocchi mondiali che fanno capo a Washington e a Mosca. La nascita della federazione irako-giordana può essere considerata come un contributo alla pace nella misura in cui ristabilisce l’equilibrio turbato pochi giorni fa dalla formazione della Unione egitto-siriaca. Essa dev’essere accolta con soddisfazione in Europa, in quanto unifica il territorio per il quale passano alcune delle principali condotte che portano il petrolio mesopotamico al mare Mediterraneo. Lo Stato d’Israele, stretto finora tra quattro Nazioni arabe che gli sono ugualmente nemiche, ne avrà solo due ai suoi fianchi. Non sembra a prima vista che la posizione di Tel Aviv sia peggiorata, giacché se da un lato può essere più facile l’accordo fra due Governi per aggredire gli ebrei e tentare di spingerli nel mare, dall’altro lato i Governi emergenti dalle due fusioni sono più rivali tra loro che non fossero, prima di questo sviluppo, i quattro elementi statali originari [...]» (dal Corriere d’Informazione).
Il re della Giordania, Hussein, si prepara, con l’aiuto degli amici del mondo libero — così egli ha dichiarato in una intervista che la B. B. C. ha radiotrasmesso stasera — «a trarre in salvo l’Irak dall’abisso in cui è caduto, vale a dire dall’orbita comunista». Re Hussein non ha voluto precisare quali misure concrete egli abbia in animo di prendere contro gli insorti iracheni, ma ha detto: «Farò tutto quanto è in mio potere per ristabilire la pace e l’ordine nella parte irachena dell’Unione Araba nel più breve tempo possibile». Il sovrano giordano ha attribuito all’Unione Sovietica la responsabilità di aver fomentato la rivolta irachena e ha proseguito: «Spero che non si dica un giorno che nella nostra lotta per difendere ciò che è giusto, e cioè la nostra indipendenza ed integrità, i nostri amici ci hanno lasciati soli ». Hussein ha quindi definito i capi ribelli dell’Irak «marionette mascherate da nazionalisti arabi» sottolineando che «in ogni attività, i congiurati di Bagdad saranno contro l’Occidente». Per Hussein, il Presidente della R.A.U. Nasser è «un uomo senza onore», e tanto lui quanto i suoi seguaci a Bagdad e in Siria lavorano individualmente e collettivamente per i comunisti. Re Hussein ha infine affermato che l’Unione Sovietica non soltanto è dietro la rivolta irachena, «ma è anche l’ispiratrice della rivoluzione di tutto il Medio Oriente».
A proposito dell’aereo civile giordano (un Dakota pilotato dal bravo capitano neozelnadese Steel) che i siriani hanno tentato di abbattere, Arrigo Levi nota sul Corriere della Sera che «i siriani esercitano, per mezzo del radar, un controllo estremamente rigoroso sul passaggio di apparecchi stranieri: questi devono seguire dei corridoi aerei e, se se ne allontanano anche di pochi chilometri, vengono immediatamente raggiunti dal caccia a reazione Mig, che si levano in volo dagli aeroporti militari siriani». Le basi siriane sono perfettamente equipaggiate dai russi. «L’episodio dimostra quanto siano tesi, oggi, i rapporti fra la Giordania e 1 Paesi vicini.»
Amman - L’apparecchio sul quale viaggiava re Hussein di Giordania, diretto da Amman in Europa dove il sovrano avrebbe dovuto passare qualche settimana di vacanza, è stato intercettato sul territorio siriano da Mig a reazione che intendevano obbligare l’aereo reale ad atterrare a Damasco. L’aereo di Hussein è riuscito a sfuggire ed è ritornato in Giordania. I caccia, di fabbricazione sovietica, si erano levati in volo da aeroporti siriani e, dopo che l’aereo reale aveva rivelato per radio la propria identità, gli avevano impartito l’ordine di atterrare a Damasco. Re Hussein, che pilotava personalmente l’aereo, si è rifiutato di aderire all’ordine ed ha comunicato per radio alla torre di controllo dell’aeroporto di Damasco che si accingeva a tornare ad Amman. Dalla torre di controllo gli veniva risposto che c’era ordine di costringerlo ad atterrare e di ricorrere alla forza, se necessario, a questo scopo. Il re rispondeva, allora, che avrebbe atterrato a Damasco, ma improvvisamente invertiva la rotta e rientrava dopo pochi minuti di volo, a velocità elevatissima, nello spazio aereo della Giordania. Pochi minuti dopo il rientro del sovrano, il Consiglio dei ministri è stato convocato in seduta straordinaria. L’unica comunicazione ufficiale da parte governativa informa che domani sarà proclamata festività nazionale in tutto il regno « per celebrare il ritorno del re sano e salvo ». Stamane, prima che Hussein partisse da Amman, in una intervista pubblicata al Cairo, dal settimanale «Rose el Youssef», l’ex ministro degli Esteri giordano, Abdullah Rimawi, affermava che re Hussein « lasciava la Giordania per sempre ». Rimawi, che vive attualmente in esilio nella RAU afferma che gli Stati Uniti intendono compiere in Giordania « un colpo di stato reazionario » per sostituire il Governo di re Hussein con un Governo filoamericano »
Amman - Re Hussein di Giordania lascerà Amman per l’Europa « nei prossimi giorni » e verrà scortato da una squadriglia di reattori anglo-americani: questa è la notizia trapelata da Palazzo reale nel cuore della notte, mentre la popolazione giordana in generale e quella di Amman in particolare è ancora sotto l’impressione dell’attacco portato da reattori nasseriani all’apparecchio del sovrano. Per la prima volta dall’aprile scorso, quando venne proclamata la legge marziale, Amman ha assunto questa notte l’aspetto di una città in festa: luminarie, fuochi artificiali, spari di mortaretti hanno salutato lo scampato pericolo del giovane re Hussein. Una folla di alcune migliaia di persone si è assiepata sotto i cancelli del Palazzo reale ed ha manifestato a lungo la sua simpatia al sovrano. Hussein ha ringraziato apparendo al balcone, cosa che non faceva da mesi.
Abdallah II di Giordania. Nel 1968 Amman è una città pericolosa, crocevia di terroristi – da Carlos, ai giapponesi dell’Armata Rossa, ai tedeschi della Baader Meinhof – spie e guerriglieri che vogliono creare uno stato nello stato. I fedayeen di Arafat creano posti di blocco, assaltano case, alberghi e automobili, organizzano sequestri. Tentano almeno due volte di assassinare suo padre e sua madre, che è un’ottima tiratrice, non esce di casa senza una colt nascosta in una scatola per guanti.
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