La Principessa dell’Egitto Fawzia sposa al Cairo il giovane Principe Ereditario d’Iran, Mohammad Reza Pahlavi. Dopo la luna di miele, la cerimonia nuziale sarà ripetuta a Teheran.
Lasciata Mosca, il ministro britannico degli Esteri Eden ha fatto una sosta al Cairo dove ha avuto colloqui con re Faruk, con il nuovo Presidente del Consiglio egiziano e ministro degli Esteri, nonché con il residente britannico del Medio Oriente, Lord Moyne. L’agenzia britannica di informazioni aggiunge che il Ministro degli Esteri inglese ha discusso con le personalità egiziane questioni inerenti alle relazioni anglo-egiziane. Ahmed Maher Pascià avrebbe di nuovo assicurato che l’Egitto si assumerà la parte che spetta a questo Paese nella lotta contro il Giappone. Si apprende che Eden si recherà prossimamente a Teheran, per convincere il Governo dell’ Iran a concedere alla Russia un più ampio sfruttamento delle sorgenti petrolifere, finora sotto il controllo britannico.
Dopo la nascita dalla coppia di una figlia femmina (la principessa Shahnaz Pahlavi) la regina Fawzia (il titolo di imperatrice non è ancora in uso allora in Iran) ottiene la separazione legale dal marito da parte del governo egiziano nel 1945. Il divorzio non è però concesso in Iran.
La più bella donna d’Oriente, la principessa Fawzia, sorella di re Faruk, si è unita stamane in matrimonio con Ismail Sherine bey, diretto discendente del famoso Mohamed Ali pascià. Tutti gli ambienti mondani del Cairo parlavano già da qualche tempo del nuovo idillio della bella ex-imperatrice dell’Iran. Gli sponsali hanno avuto luogo nel grande salone d’onore del palazzo reale con una cerimonia improntata alla massima semplicità. Sembra che la riservatezza e la modestia delle nuove nozze di Fawzia siano state espressamente volute da re Faruk, considerando egli la sontuosità e il fasto fuori luogo in un momento in cui il Paese è appena uscito dalla guerra palestinese. Il matrimonio è stato celebrato da Sheikh Mamoun el Shinawi, rettore della millenaria università di Al Azhar e capo spirituale del mondo musulmano. In conformità al rito musulmano la principessa Fawzia non era presente alla cerimonia svoltasi nel grande salone di palazzo Kouba. L’ha rappresentata il fratello, quale capo della famiglia, e a lui il celebrante ha rivolto la domanda rituale: «Acconsentite al matrimonio di vostra sorella con quest’uomo?». Durante la cerimonia il rappresentante della sposa e il futuro consorte siedono l’uno di fronte all’altro con le mani giunte coperte da un candido velo. Nel rivolgere la tradizionale domanda a re Faruk il celebrante ha posto le sue mani su quelle dei due uomini, togliendole solo dopo aver chiesto anche a Ismail Sherine bey se acconsentiva a prendere in moglie la principessa. Il matrimonio si è poi perfezionato legalmente con la firma del contratto avvenuta nello stesso salone di palazzo Kouba. Durante la cerimonia la sposa è rimasta in ritiro nella solitudine del suo appartamento a palazzo reale. Secondo la tradizione mentre si svolgevano le nozze ella ascoltava la lettura di alcuni passi del Corano effettuata da una vecchia dama di Corte. Immediatamente dopo gli sponsali ha avuto luogo un pranzo di carattere intimo a cui hanno partecipato i membri delle due famiglie degli sposi e alcuni pochi invitati. Nulla ancora si sa circa la mèta del viaggio di nozze degli sposi: sembra anzi che il viaggio non avrebbe luogo. Fawzia e Ismail prenderebbero invece immediatamente alloggio nella casa suburbana di Maadi acquistata recentemente dalla principessa.
LONDRA - Tornano a circolare le voci d’un prossimo nuovo matrimonio del Re d’Egitto, Faruk. Il quotidiano del Cairo Al Misri, che non è soltanto il giornale arabo più letto del mondo, ma é anche noto quale portavoce ufficioso della Corte egiziana, pubblica ocgi in prima pagina — almeno nelle copie giunte all’estero — una grande fotografia di Narriman Sadek, la ragazza il cui nome è stato di recente romanticamente collegato con quello di Re Faruk. La pubblicazione della fotografia, che occupa tre colonne del giornale ed è circondata da un bordo rosso, ha dato lo spunto alle voci che sia imminente l’annuncio ufficiale del fidanzamento di Narriman Sadek con il divorziato sovrano d’Egitto. Il quotidiano di Damasco Annassar pubblica addirittura in un grosso titolo l’affermazione che «Narriman Sadek si avvicina al trono». Persone che hanno dimestichezza con la prassi della censura egiziana aflermano che la pubblicazione della fotograna della Sadek non sarebbe stata possibile senza il nulla osta della Corte. Sotto la foto Al Misri riporta una breve corrispondenza da Nuova York, in cui si dice che la stampa estera ha pubblicato varie notizie e fotografie di Narriman Sadek e si è profusa in lodi per la ragazza. Come si ricorderà, Narriman Sadek ha 16 anni, è figlia di un alto funzionario del Governo egiziano, recentemente morto, ed era fidanzata con un giovane esperto economico della Delegazione egiziana presso le Nazioni Unite. (Corriere della Sera)
Il Governo libico, dopo aver esitato per più di una settimana, ha finito per riconoscere Re Faruk come sovrano dell’Egitto e del Sudan. Il Primo ministro libico, Mahmoud Bey Muntasser, ha annunziato oggi, infatti, che sabato scorso l’ambasciatore egiziano Fadel Bey Salan El Din è stato ricevuto dal Senusso ed è stato accreditato presso di lui come rappresentante diplomatico di «Re Faruk d’Egitto e del Sudan». Il Primo ministro ha colto l’occasione per dichiarare che la controversia anglo-egiziana relativamente al Sudan non interessa la Libia. L’accettazione delle credenzial in tale forma ha proseguito il Premier libico «non significa niente di più del fatto che la Libia nutre per il popolo egiziano e per il popolo sudanese sinceri sentimenti di amore e di profondo affetto e desidera mantenere tanto con l’uno quanto con l’altro rapporti di vera fratellanza. Il Governo libico esprime la sua profonda speranza che la questione dei rapporti fra le due Nazioni sorelle possa essere risolta stabilmente in un modo che soddisfi le aspirazioni di entrambe».
Guerriglieri egiziani si ribellano al regime di Faruk, che tollera ancora la presenza degli inglesi sul Canale di Suez. Scontri a fuoco sono avvenuti nella notte a Ismailia. Concentrati al riparo di due moschee, i guerriglieri hanno aperto il fuoco contro le forze britanniche di servizio sul ponte « Ymca » e sul ponte Suez, alla periferia della città. Nelle vicinanze di Suez s’è invece verificata un’incursione di commandos guerriglieri, durata sette ore dalle 21 di ieri alle 4 di stamane contro gli acquartieramenti inglesi e le installazioni militari. Questi scontri mirano a spingere il Governo a uscire dal temporeggiamento sul quale aveva ripiegato alcuni giorni or sono per non complicare la già confusa situazione creatasi in Egitto dopo la manifesta intenzione di Faruk di appianare nel migliore dei modi le divergenze con Londra. A riaccendere l’intransigenza del Governo ha, comunque, provveduto ieri stesso il gen. Brian Robertson, ribadendo la decisione britannica di mantenere le posizioni nella zona del Canale. Il Primo ministro Nahas Pascià non aspettava forse occasione migliore per schierarsi ancora una volta apertamente con l’estrema nazionalista e infatti ha reagito rincarando la dose di accuse di «brutale aggressione» e di «barbaro terrorismo» a carico degli Inglesi. Il leader wafdista ha colto inoltre l’occasione per tirare dalla sua parte re Faruk, affermando che «le minacce imperialistiche di Londra non ostacoleranno i nostri sforzi verso la realizzazione del nostro obiettivo di una completa e immediata evacuazione britannica e dell’unione col Sudan sotto la corona egiziana». Nahas, facendo sua una espressione usata ieri da Robertson, ha ripetuto che l’Egitto «affronterà la forza con la forza» e ha aggiunto che il suo Governo non discuterà il recente invito a partecipare al patto del Medio Oriente o ad altre proposte finchè un solo Inglese armato rimarrà in Egitto.
II Cairo - Da questa sera è in atto la legge marziale in tutto l’Egitto, rincarata al Cairo da un coprifuoco dalle 18 alle 6. Una folla esasperata ha infatti distrutto e dato alle fiamme un centinaio di locali pubblici, intemperanze di popolo che affluiscono da varie località del Delta del Nilo hanno indotto il Governo wafdista ad adottare energiche misure di emergenza. Il decreto che impone a tutto il territorio egiziano la legge marziale è stato firmato da re Faruk a palazzo Abdin, dove il Primo ministro, Nahas pascià, si è recato a riferire al sovrano appena conclusa la riunione di Gabinetto. Precedentemente Faruk aveva conferito con esponenti dell’esercito e anche con l’ambasciatore degli Stati Uniti, Jefferson Caffery. Questa sera la capitale è controllata da reparti dell’esercito fatti affluire in città alle 17.45 quando è apparso chiaro che la polizia non era in grado di controllare la piazza e che anzi in molti casi evitava di proposito di mettersi contro i dimostranti. Forti pattuglie motorizzate dell’esercito perlustrano tutti i quartieri, mentre nel cielo si levano i bagliori degli incendi che continuano ad ardere al centro e alla periferia. Una folla assetata di vendetta è rimasta padrona della capitale per tutto il pomeriggio, caricando la polizia, distruggendo negozi e locali d ritrovo, dando alle fiamme cinema, caffè ed alberghi. Completamente distrutti risultano ritrovi notturni famosi come il Badia Dancing Club e il Sofia Helmi, sale cinematografiche come il Rivoli, alberghi come lo Shepheard. Distrutti, fra l’altro, i ristoranti Groppi e Parisiana, il teatro Miami, il Turf Club nel quale hanno trovato la morte tre Inglesi, il caffè Ritz, gli uffici della Compmgnia aerea inglese Boac, i locali del British Institute. La polizia ha limitato la sua reazione a cariche di sfollagente, ricorrendo solo di rado a tiri intimidatori di fucileria e al lancio di gas lacrimogeni. I vigili del fuoco hanno potuto ben poco, poiché i dimostranti li ostacolavano tagliando le maniche d’acqua degli idranti. Sedici dimostranti risultano morti e circa ottanta sarebbero i feriti, gente travolta dagli incendi da essa stessa provocati. Il leader socialista Hamez Hussein è stato arrestato in serata pesando a suo carico notevoli responsabilità per i tumulti verificatisi oggi nella capitale.
Il partito politico Wafd (Arabo حزب الوفد المصري, Ḥizb al-Wafd al-Miṣrī, "Partito Egiziano della Delegazione") è stato uno dei più antichi partiti politici egiziani. Wafd significa "Delegazione" e l’origine del nome deriva dalla volontà dei circoli politici egiziani più illuminati d’inviare nel 1919, al termine della prima guerra mondiale, una propria delegazione alla Conferenza di pace di Parigi per perorare la causa dell’indipendenza dell’Egitto dal Regno Unito.La Delegazione era composta - secondo la tradizione contemporanea egiziana - sia da politici di cultura islamica, sia di cultura cristiana moderna, di vari orientamenti politici, tutti riuniti dal superiore ideale di indipendenza e libertà del Paese, dopo che il Regno Unito, approfittando delle dissennatezze finanziarie del Khedivato, aveva imposto il suo giogo, non solo economico per ripianare i grave deficit creato dall’Egitto e salvaguardare in tal modo gli investimenti anglo-francesi della Compagnia del Canale di Suez, ma per piegare il Paese arabo alla sua politica di potenza planetaria. Non a caso la Gran Bretagna si oppose all’invio di tale Delegazione. A seguito però della Rivoluzione egiziana del 1919, il Regno Unito decise di concedere unilateralmente il 28 febbraio 1922 l’indipendenza all’Egitto e una Costituzione, pur imponendo una serie di limitazioni di non poco conto. Fu il fatto che la Costituzione fosse stilata da una Commissione e non da un parlamento liberamente eletto a far sì che il Wafd rifiutasse tale Costituzione (malgrado fosse del tutto favorevole a una Carta costituzionale) e fu questo il motivo per cui un gruppo di wafdisti, tra cui ’Abd al-’Aziz Fahmi, si staccò dal partito per dar vita al Partito dei Liberali Costituzionali. (wikipedia)
Il Cairo - Re Faruk ha nominato un nuovo capo del governo nella persona di Maher pascià. Lo spunto per congedare il Governo di Nahas pascià il sovrano l’ha colto nei torbidi di sabato, i quali avrebbero dimostrato chiaramente, come afferma la lettera inviata da Faruk al Primo ministro wafdista, «l’incapacità del Governo da voi capeggiato di assicurare l’ordine al Paese». Il programma di Maher pascià, come egli l’ha tratteggiato in un radio-discorso alla Nazione prima ed al Parlamento poi, è in sostanza il programma nazionalista del Wafd: sgombero degli Inglesi dalla zona del Canale e unità della Vallata del Nilo sotto la Corona egiziana. Ha in più il proposito di ristabilire a qualunque costo la legge e l’ordine nel Paese, ed ha in meno l’avversione all’Occidente. Lunghi ed accurati contatti avuti fra ieri ed oggi con tutti gli esponenti politici, wafdisti compresi, hanno consentito al nuovo Primo ministro di dichiarare stasera in Parlamento che egli sa di poter contare sulla collaborazione di tutti i settori politici. Con il voto di fiducia Maher pascià ha ottenuto dalla Camera e dal Senato l’approvazione alla richiesta di applicare per due mesi la legge marziale a tutto l’Egitto, provvedimento che egli si propone di revocare o proroga
«L’Associazione dei Fratelli Musulmani, il più antico e influente gruppo fondamentalista egiziano, istigò una rivolta contro i britannici, la cui perdurante occupazione della zona del Canale di Suez faceva infuriare i nazionalisti. Nel gennaio 1952, in risposta al massacro di cinquanta poliziotti egiziani a opera degli inglesi, folle tumultuanti organizzate dai Fratelli musulmani diedero fuoco a cinema, casinò, grandi magazzini, locali notturni e autosaloni del Cairo, simboli, a loro modo di vedere, di un Egitto che aveva legato il suo futuro all’Occidente. Vennero uccise almeno trenta persone, 750 edifici furono dati alle fiamme e dodicimila persone rimasero senza un tetto. Il sogno del Cairo come metropoli cosmopolita ebbe fine, e la comunità degli espatriati iniziò il suo esodo» (Lawrence Wright, Gli anni del terrore, Adelphi).
Per rapporti complicati con il Parlamento, al Cairo si è già dimesso il primo ministro Alì Maher, da poco nominato. Al suo posto re Faruk ha incaricato Naguib el Hilaly, ex wafdista, il cui compito è di riallacciare i rapporti col Parlamento in modo che sia possibile continuare i negoziati con gli Inglesi per il Canale di Suez.
Il capo di una setta musulmana i cui membri affermano di discendere direttamente da Maometto annuncia che re Faruk discenderebbe da Maometto in linea materna. La madre del Sovrano è figlia di Ismail Sabri pascià, che, secondo i giornali del Cairo, apparteneva a un’antica famiglia turca. Secondo l’albero genealogico di re Faruk, tracciato da due dirigenti della setta, ricevuti ieri a Palazzo reale, la madre del Sovrano è discendente da Abdullah el-rHussein, figlio di Fatima, figlia del Profeta (dal Corriere d’Informazione).
La B.B.C. annunciava ieri sera che re Faruk ha accettato le dimissioni del Primo ministro egiziano, Hilaly pascià, ed ha incaricato un altro indipendente, Sirry pascià, di formare il nuovo Governo. La nuova formazione governativa è stata decisa dopo una serie di intense consultazioni in cui re Faruk ha svolto una parte di primo piano. Sirry pascià è già stato due volte capo del Governo egiziano, dal 1940 al 1942 e dal 1949 al 1960, anno in cui salì al potere il Governo wafdista di Nahas pascià disciolto dal sovrano nel gennaio scorso in seguito ai sanguinosi disordini avvenuti al Cairo. L’Ambasciata americana ha emanato ieri sera una dichiarazione relativa ad alcune affermazioni del Primo ministro dimissionario, Hilaly pascià, secondo cui i « leaders » wafdisti avrebbero offerto ad una rappresentanza diplomatica straniera la partecipazione dell’Egitto al comando per la difesa del Medio Oriente in cambio dell’appoggio, da parte di quella rappresentanza, ad un’azione intesa ad ottenere le dimissioni del Governo di Hilaly pascià e la sua sostituzione con un Governo wafdista impegnato ad un atteggiamento conciliante nei confronti delle Potenze occidentali.
Re Faruk ha accettato le dimissioni del Primo ministro Hussein Sirry Pascià, dopo avere cercato vanamente di convincere il Premier a mutare d’opinione. Sirry Pascià partirà per l’Europa mercoledì. Re Faruk inizierà oggi stesso le consultazioni per la designazione di un altro Primo ministro. Si apprende che la lettera di dimissioni rimessa al re da Sirry Pascià era estremamente concisa; si ritiene che dicesse semplicemente «di non poter più a lungo continuare la missione » assunta appena da tre settimane. I circoli politici vanno cauti nel fare previsioni sul successore di Sirry Pascià. Non si esclude la possibilità che l’incarico venga riaffidato al Primo ministro dimissionario.
Re Faruk ha accettato le dimissioni del Governo di Sirry Pascià. Ne ha dato notizia stasera Omar Sherin Bey, segretario di Afifi Pascià, ministro della real casa. Poco dopo è stato annunciato ufficialmente che Afifi Pascià, per incarico del sovrano, ha chiesto ad Ahmed Naguib el Hilali Pascià di formare il nuovo Governo, il sesto nel periodo di un semestre. Hilaly che, come si ricorderà, dette le dimissioni da Primo ministro il 29 giugno scorso, ha ricevuto istruzioni di iniziare le consultazioni di rito immediatamente. Hilaly, a quanto sembra, costituirà il Governo con gli stessi elementi tecnici e senza partito che formavano il Gabinetto già da lui presieduto. Mortada el Maraghi Pascià, che fu ministro dell’Interno e della Guerra in tale Gabinetto, è già in viaggio stasera dal Cairo verso Alessandria, con tutta probabilità per assumere nuovamente le stesse funzioni. La composizione del nuovo Governo sarà annunciata domattina.
Da stamane a mezzogiorno Faruk non è più re degli Egiziani. Il movimento rivoluzionario capeggiato dal generale Neguib ha travolto anche il sovrano, che, circondato nella propria reggia di Alessandria, ha dovuto piegarsi stamane al generale riformatore»: abdicazióne e abbandono immediato del Paese. Il panfilo reale Mahrussa, la bella imbarcazione che appena dodici mesi or sono portò il sovrano in luna di miele sulle più eleganti spiagge d’Europa, ha salpato le àncore alle 18 precise di oggi dal porto di Alessandria con a bordo l’ex-re. L’esilio negli Stati Uniti attende Faruk. Sono con lui l’ex-regina Narriman, il giovanissimo re, Ahmed Fuad, di appena sette mesi e le due figlie nate dal primo matrimonio con Farida. Il piccolo Ahmed tornerà in patria all’età di sette anni: cosi hanno voluto i capi della rivoluzione, i quali hanno provveduto a nominare un Consiglio di reggenza che eserciterà i poteri reali durante tutta la minore età del nuovo monarca il quale è stato proclamato re stasera dal Consiglio dei ministri col nome di Ahmed Fuad II. Poco prima che l’ex-sovrano salisse a bordo dello yacht la Guardia del corpo aveva ammainato lo stendardo reale per consegnarlo a Faruk. I volti dei pochi presenti erano rigati di lacrime. Neguib, che aveva minuziosamente preparato ogni particolare dell’abdicazione, ha voluto che una banda militare intonasse l’inno nazionale egiziano mentre Faruk, che indossava la bianca uniforme di ammiraglio, aiutava per l’ultima volta i suoi più intimi collaboratori. A fianco del sovrano deposto era pure Maher Pascià, primo ministro imposto da Neguib, che accompagnava per l’ultima volta l’uomo al quale sino a poche ore prima era legato da un giuramento di fedeltà. Pure Neguib, impettito sull’attenti, ha voluto esser presente alla partenza del re. Quando lo yacht, solcando lentamente le acque, è apparso nella baia di Alessandria, un commosso silenzio ha gelato la grande folla che quasi incredula aveva appreso la notizia dell’abdicazione e della partenza del re. In quello stesso istante, su ordine del generale Neguib, presso il quartier generale dell’esercito e in tutti gli uffici pubblici del Paese, i ritratti dell’ex-monarca venivano staccati dalle pareti e distrutti.
La diarchia egiziana, instaurata col colpo di Stato del 26 luglio scorso, ha finito d’esistere a mezzogiorno. A quell’ora, il Presidente del Consiglio, Ali Maher, si è presentato al palazzo reale di Abdin e ha rimesso nelle mani dei tre reggenti il mandato ricevuto dall’esercito due mesi or sono. Sono i dodici ufficiali del comitato dinamico del movimento dell’Esercito che si sono rifiutati di accettare la lentezza esasperante con cui Ali Maher procedeva nelle riforme. Essi stessi avrebbero chiesto a Neguib d’intervenire direttamente e con estrema energia presso Ali Maher. Fra le 11 e mezzo e le due di notte si è svolta la seconda parte del colpo di Stato iniziato il 26 luglio, con gli arresti di quasi tutte le personalità politiche del Paese, compiuti con la medesima perfetta tecnica che caratterizzò l’abdicazione forzata di Faruk. Alle tre non c’era più in tutto l’Egitto un uomo politico di una certa statura che non fosse stato preso dalle pattuglie dell’Esercito. Si crede che gli arresti notturni siano stati compiuti da elementi militari molto vicini al gran quartier generale. Pattuglie di ufficiali in civile, accompagnati da uno o due militari in uniforme, si sono presentate quasi contemporaneamente a diverse abitazioni di uomini di Stato, presidenti del Consiglio, o ex-ministri, ex-generali, leaders di partiti politici, ecc. Tutte queste personalità sono state sorprese nel sonno. L’arresto più sensazionale è certamente quello di Serag El Din, segretario generale del Wafd, che si era opposto al principio dell’autoepurazione dando il pretesto alla resistenza di tutti i partiti. Si tratta di una personalità decisa, coraggiosa, dura. Serag El Din è stato il nemico numero uno del movimento armato sin dall’inizio. Le conseguenze immediate di una siffatta epurazione-Blitz sono state due: le dimissioni di Ali Maher e del suo Gabinetto e l’afflusso di tutto il potere nelle mani dei militari. Dopo un breve colloquio con Mohamed Neguib alla Presidenza del Consiglio, Ali Maher si è recato alla reggenza per rassegnare le dimissioni. Ieri sera alle sette e mezzo, il nuovo Gabinetto era formato, ben inteso presieduto direttamente da Neguib, e ha prestato il giuramento costituzionale nelle mani dei reggenti. Le sedi dei partiti sono state occupate militarmente sin da ieri mattina.
Accordo tra il premier egiziano Neguib e il leader indipendentista sudanese El Mahdi, più o meno apertamente creatura inglese, giunto al Cairo dalla Gran Bretagna con istruzioni chiare: non rinviare in nessun caso all’anno prossimo l’autonomia sudanese. Il testo dell’accordo è stato pubblicato dal giornale Al Misri. L’accordo, secondo il giornale, contempla il riconoscimento del diritto dei Sudanesi a decidere del loro futuro in piena libertà, la realizzazione di un autogoverno quale condizione indispensabile per decidere sull’avvenire del Paese, la revisione della Costituzione per impedire nel frattempo eventuali interferenze dell’attuale governatore britannico, e lo sgombero delle truppe di presidio condominiale britanniche ed egiziane. Le elezioni per un’Assemblea costituente dovrebbero svolgersi entro la fine dell’anno, il plebiscito sull’unione con l’Egitto o sull’indipendenza in data da stabilirsi. Si trascina intanto la polemica con l’ex-re Faruk. Circoli governativi hanno affermato oggi che le frodi fiscali attribuite all’ex-sovrano potranno essere coperte solo in parte dai beni reali posti sotto sequestro. Tali beni saranno messi all’asta, meno quelli di importanza storica. Offerte, inoltre, sono già pervenute da varie Nazioni per l’acquisto delle collezioni filatelica e numismatica di Faruk. (da un articolo di Virgilio Lilli).
Una minaccia di guerra è stata diretta agli Inglesi da uno dei principali ministri del generale Neguib, il tenente colonnello Nasser, che alcuni chiamano « l’uomo numero due dell’ Egitto ». Le dichiarazioni del colonnello Nasser fatte a un giornale americano, e ripubblicate al Cairo, sono redatte nel tono bellicoso e intransigente che è caratteristico dei nazionalisti e specialmente dei nazionalisti orientall. Londra non si è scossa molto a questo ostile squillo di tromba, ma è raro che Londra si scuota. Il colonnello Nasser dice che se gli Inglesi non lasceranno la zona del Canale i capi del colpo di Stato militare agiranno; si dimetteranno dal Governo per condurre la guerriglia contro le forze che occupano Suez. "Non sarà una vera guerra. Sarà una guerra di "commandos ", una guerriglia. Bombe a mano saranno lanciate nell’oscurità, i soldati inglesi saranno uccisi nelle strade ... Se il peggio dovesse venire, la storia della nostra lotta sarà molto simile a quella di Sansone nel Vecchio Testamento. Faremo cadere il tempio sul nostro capo per distruggere i nemici che stanno in mezzo a noi». Queste parole non devono essere prese molto alla lettera: c’è una retorica rivoluzionaria quasi obbligata per i dirigenti di certi Paesi. Ma sarebbe un errore prenderle alla leggera. La verità è che i negoziati fra Neguib e l’ambasciatore britannico al Cairo sul Sudan non fanno progressi. L’Egitto ha accettato il piano per l’indipendenza del Sudan, abilmente manovrando gli Inglesi, che di quella indipendenza si erano fatti campioni quando il Governo del Cairo domandava l’annessione del Paese alla corona di Faruk. Le difficoltà che restano da risolvere riguardano le tre Provincie meridionali sudanesi per le quali i britannici chiedono particolari garanzie (sono abitate da tribù arretratissime), e i poteri del Governatore nel periodo del trapasso. Una definitiva approvazione del progetto di indipendenza per il Sudan e la premessa di un accordo con gli occidentali per la difesa dell’Egitto è lo sgombero del Canale di Suez. Si capisce perciò la ragione dell’intervista di Nasser. Essa significa: se gli Inglesi esitano ancora a concludere le trattative impegnate per il Sudan, rimandando con questo pretesto le conversazioni sulla difesa di Suez e sul loro ritiro dalla zona occupata, noi faremo la guerriglia.
Un comunicato ufficiale rende noto che l’Egitto è passato dal regime monarchico al regime repubblicano. Il gen. Neguib è il primo Presidente della nuova Repubblica, conservando contemporaneamente la carica e le funzioni di Capo del Governo. Con la proclamazione della Repubblica — precisa il comunicato — i membri della famiglia reale egiziana vengono privati dei loro titoli per diventare privati cittadini. L’annuncio è stato diramato dopo tredici ore di riunione del Gabinetto. Alla riunione hanno pure preso parte tutti i dodici membri della Giunta militare che ha governato l’Egitto da quando ha avuto luogo il colpo di Stato. Prima della proclamazione il gen. Neguib aveva proceduto ad un rimpasto ministeriale includendo tre militari nel suo Gabinetto in precedenza formato da sole personalità civili. Il Ministero della Guerra, prima retto interinalmente dal gen. Neguib, è stato ora affidato al capo di squadrone Abdel Latif Boghdàdi, membro del «consiglio della rivoluzione». Il ten. col. Gamal Abdel Nasser è stato nominato vice-Primo ministro e ministro degli Interni con controllo sulle forze di polizia, in sostituzione di Suleiman Hafez. Il maggiore Salah Salem, il quale spesso ha agito come portavoce del regime del gen. Neguib è stato nominato ministro dell’Orientamento nazionale, in sostituzione di Mohamed Fuad Galal. Presso il Q. G. dell’esercito egiziano il nuovo ministro per l’Orientamento nazionale, maggiore Salah Salem, ha tenuto questa sera una conferenza stampa nel corso della quale ha dichiarato: «Proclamiamo l’abolizione della monarchia, la deposizione del piccolo re Ahmed Fuad II e la fine della dinastia di Mohammed Ali. Proclamiamo la Repubblica e il gen. Neguib Presidente della Repubblica. Durante il periodo di transizione in base alla Costituzione provvisoria, il gen. Neguib manterrà tutti i poteri conferitigli dalla Costituzione».
Il Sudan si è pronunziato ieri a favore dell’unione con l’Egitto. Infatti, secondo gli ultimi risultati comunicati ieri sera, il partito filo-egiziano di Unione nazionale si trova nettamente in testa nelle elezioni sudanesi. I sudanesi, con il loro voto, si sono dichiarati contrari, non solo all’amministrazione britannica, che ha subito uno scacco netto, ma anche a Sayed Abdel Rahman El Nahdi, capo del partito indipendente « Umma », che è stato anch’esso nettamente battuto
Un portavoce del Comando dell’esercito ha annunciato che, in base ad un compromesso raggiunto oggi, allo scopo di regolarizzare la situazione politica, il gen. Neguib riprenderà la presidenza della Repubblica, e il colonnello Abdel Nasser rimarrà Presidente del Consiglio dei ministri. Secondo il portavoce, l’annuncio del nuovo sviluppo della situazione politica verrà dato fra poche ore. L’improvviso cambiamento della situazione è sopraggiunto dopo parecchie ore di dissensi fra l’ufficialità ddell’esercito . circa la soluzione da dare alla crisi. Tali dissensi hanno manifestato una forte corrente in favore di Neguib. Precedentemente da Aleppo era stata data comunicazione che quaranta ufficiali di cavalleria che avevano tentato questa mattina di organizzare una rivolta contro il nuovo regime di Nassen, erano stati messi agli arresti.
Il Primo ministro egiziano, col. Nasser, ha dichiarato che le elezioni verranno tenute in Egitto nel giugno e luglio prossimi, e l’assemblea costituente si riunirà il 23 luglio. Il Primo ministro ha assunto ieri la carica di governatore militare dell’Egitto, in sostituzione del Presidente Neguib. Al governatore militare competono speciali poteri a norma della legge marziale proclamata fin dal 26 gennaio 1952, giorno dei gravi disordini del Cairo. In un messaggio indirizzato al popolo egiziano e trasmesso da Radio-Cairo il Presidente della Repubblica gen. Neguib dichiara tra l’altro: «Il mio più caro desiderio verrà finalmente appagato con il ristabilimento di una democrazia parlamentare in Egitto. La partecipazione del popolo al Governo costituirà la garanzia che il popolo stesso cercava contro l’autocrazia e la dittatura, le quali, ve lo prometto, verranno bandite per sempre. Mi rendo garante della vostra libertà e dei vostri sacri diritti». La Giunta militare ha fatto confermare, attraverso un portavoce ufficiale, che Neguib « non ha più alcun diritto di parlare a nome del Governo ». Portavoce delle decisioni è stato il ministro dell’Orientamento nazionale, Salah Salem. Egli ha annunciato che la Giunta, o « consiglio rivoluzionario », manterrà il potere sovrano in Egitto fin quando sarà istituita la Costituente promessa da Neguib al ritorno al potere. L’attuale Gabinetto militare sarà invece sostituito da un Gabinetto civile, responsabile di fronte all’assemblea. Viene annunciato infine che 41 persone sono state arrestate nel corso di operazioni condotte contemporaneamente al Cairo, a Tanta e a Kair el Zayyat contro « la più grande organizzazione comunista esistente in Egitto». Fra gli arrestati vi sarebbero personalità che occupavano importanti cariche diplomatiche. È stato sequestrato materiale tipografico oltre a ingentissime quantità di materiale di propaganda comunista.
Il generale Mohamed Neguib ha riassunto tutti i poteri in Egitto: infatti egli è ora non soltanto Presidente della Repubblica, ma anche Presidente del Consiglio dei ministri e presidente del Consiglio della Rivoluzione. Questo nuovo colpo di scena negli sviluppi della rivoluzione egiziana, già tanto ricca di avvenimenti sensazionali nella sua ancor brevissima vita, è avvenuto questa sera a tarda ora dopo una serie di febbrili consultazioni e discussioni tra i massimi esponenti del Governo e dell’oligarchia militare rivoluzionaria. Una riunione congiunta del Consiglio dei ministri e del Consiglio della Rivoluzione, iniziatasi a tarda sera e durata quattro ore, ha portato alla decisione — del tutto impreveduta — di riunire nuovamente tutto il potere nelle mani del generale Neguib. Il colonnello Abdel Nasser, il quale aveva assunto la carica di Primo ministro e di presidente del Consiglio della Rivoluzione dopo il clamoroso rovesciamento di Neguib avvenuto il 25 febbraio scorso, rientra ora nei ranghi con l’incarico di vice-Primo ministro. Il rimpasto ministeriale compiuto dopo il ritorno di Neguib alla carica formale di Presidente della Repubblica viene completamente annullato. Abdel Gelil El Emery che, la settimana scorsa, era stato nominato vice-Primo ministro in carica per gli Affari finanziari ritorna a essere ministro delle Finanze. Aly El Geritly, che era stato nominato ministro delle Finanze, diviene ministro di Stato. Il ministro Salem ha comunicato che tutte le decisioni prese per l’elezione di una Assemblea costituente entro il mese di luglio e per abolire la legge marziale e la censura rimarranno in vigore. Il dissidio fondamentale tra Neguib e Nasser verteva sulla definizione dei poteri di Neguib come Presidente della Repubblica e di Nasser come Presidente del Consiglio dei ministri e presidente del Consiglio della Rivoluzione: dissidio che si esprimeva nelle dichiarazioni di Neguib sulla necessità di dare ai più presto all’Egitto una Costituzione schiettamente democratica e nelle controdichiarazioni di Nasser il quale affermava che Neguib non aveva « alcun effettivo potere di Governo » e non aveva nemmeno la veste per « parlare a nome e per conto del Governo ».
IL CAIRO - Il presidente egiziano Neguib aveva accompagnato all’aeroporto re Ibn Saud d’Arabia, che era venuto in Egitto per mediare tra lo stesso Neguib e Nasser (missione fallita), quando è svenuto a causa di una crisi cardiaca. Quelli che erano al suo seguito, il colonnello Nasser in testa, lo hanno trasportato a braccia nella sede del Comando militare dell’aeroporto. Qui è rimasto senza riprendere conoscenza per molto tempo. Atte 11,45 si sono avute le prime notizie rassicuranti: «Il presidente Neguib è debole ma non c’è da allarmarsi. I medici gli hanno fatto mangiare qualcosa. È stato lo strascico di giornate troppo intense». Poco dopo mezzogiorno Neguib ha ottenuto dai medici di poter rientrare nella sua abitazione. Si dice che a casa Neguib abbia avuto un secondo breve svenimento. Il malore del Presidente viene attribuito ufficialmente alla fatica cui egli si è sottoposto nei giorni scorsi: riunioni, continue prese di contatto con esponenti militari e con re Ibn Saud. rapidi spostamenti in auto dal Cairo ad Alessandria al seguito del sovrano saudita e levatacce di prima mattina quasi sempre senza fare colazione. A tanto disagio si è accompagnata una forte tensione nervosa a causa dette dimostrazioni che da qualche giorno vanno incalzando il Cairo. Le dimostrazioni non accennano a placarsi, mobilitando rinforzi di truppa in tutte le piazze della capitale ad ogni ora del giorno e della sera ed esasperando il senso di disagio che ha colpito il Cairo a seguito degli scioperi che dilagano da sabato pomeriggio. Sono scioperi a favore della corrente di Nasser, scatenatisi all’indomani della decisione del Consiglio della Rivoluzione che annunciava per il 24 luglio la fine del regime di emergenza, e tuttora in pieno sviluppo nonostante la marcia indietro fatta ieri sera da Neguib accettando in via di massima di revocare tale decisione. Insistendo in questo movimento di protesta contro la fine del regime di emergenza e in avversione alla rinascita dei partiti politici, quasi tutti i Sindacati hanno aderito agli scioperi.
IL CAIRO - Il generale Neguib ha rassegnato le dimissioni da Primo ministro dell’Egitto e ha trasferito i poteri di Capo del Governo al vice-Primo ministro Gamal Abdel Nasser. Egli conserva la carica di Presidente della Repubblica. La notizia è stata data stanotte alla stampa dal ministro per l’Orientamento nazionale, magg. Salah Salem, al termine di una seduta del Consiglio rivoluzionarlo. Nasser ha dichiarato a sua volta ai giornalisti che la decisione di Neguib di dimettersi dall’incarico di Primo ministro era stata presa in completa libertà. Egli ha soggiunto che Neguib, dopo il malore occorsogli il 29 marzo, aveva espresso il desiderio di poter dedicare tutto il suo tempo al posto di Presidente. Il nuovo Primo ministro ha detto di aver conferito stamane con il generale in merito al rimaneggiamento ministeriale e che Neguib avrebbe voluto partecipare a una riunione del Consiglio rivoluzionarlo alle 17 ma che venne impedito da un improvviso esaurimento. Dopo che il Consiglio ebbe deciso di affidare a Nasser l’incarico di Primo ministro, una delegazione di tre membri si è recata a casa del gen. Neguib e questi ha poi diramato un decreto, nella sua qualità di Presidente, che invita Nasser a costituire un nuovo Gabinetto. Il nuovo Gabinetto è uguale al precedente salvo l’inclusione di due nuovi ministri militari.
Il Cairo - Dopo settant’anni le truppe briitanniche lasceranno l’Egitto in forza dell’accordo che è stato siglato questa sera fra la delegazione britannica capeggiata dal ministro inglese della Guerra Anthony Head, inviato al Cairo con poteri speciali, e quella egiziana guidata dal Primo ministro colonnello Gamal Abdel Nasser. Le lunghissime trattative, che erano state più volte interrotte e riprese, sono giunte ad un esito positivo sulla base dei seguenti punti principali: sgombero delle forze britanniche’ dalla zona del Canale di Suez entro venti mesi; riattivazione della base nella eventualità di un attacco contro alcuno degli Stati arabi o contro la Turchia; durata dell’accordo, sette anni, manutenzione della base del Canale di Suez affidata ad una impresa britannica. Il Primo ministro egiziano Nasser, annunciando stasera che tutte queste difficoltà erano state risolte, ha dichiarato che la conclusione dell’accordo inaugura una nuova era nelle relazioni anglo-egiziane; un’era di amichevoli rapporti, basati sulla cooperazione non solo fra l’Egitto e la Gran Bretagna ma anche con gli altri Paesi occidentali. La sua dichiarazione secondo cui la firma segna una svolta nella storia egiziana non è esagerata se si pensa che dal 1882 tutta la storia del Paese si trova strettamente legata a quella della Gran Bretagna e alla presenza delle truppe inglesi sul suo suolo. Originariamente la Gran Bretagna insisteva perché la base potesse essere riattivata in caso di un attacco non ai soli Stati della Lega araba, come chiesto dall’Egitto, ma anche di attacchi alla Turchia o alla Persia. L’Egittp ha ora consentito a includere nel numero di tali Stati la Turchia, e la Gran Bretagna ha rinunciato a includervi la Persia. Le truppe attualmente stazionanti nella base sono settantatremila: il valore delle installazioni è enorme.
Il Cairo - Questa sera al Cairo è stato firmato il trattato anglo-egiziano, il quale dispone il ritiro delle Forze armate britanniche dalla zona del Canale di Suez entro venti mesi. Hanno firmato per la Gran Bretagna l’ex - sottosegretario agli Esteri ed attualmente ministro senza portafoglio Anthony Nutting, e per l’Egitto il Primo ministro Gamal Abdel Nasser. La cerimonia è avvenuta nell’aula faraonica del Parlamento. La firma è avvenuta a dodici settimane di distanza dal raggiungimento di un accordo in linea di massima. Tale accordo, come è noto, riconosce il diritto della Gran Bretagna di ritornare di nuovo e militarmente nella zona del Canale qualora, entro un periodo di sette anni, una Potenza straniera attaccasse la Turchia o qualche Stato arabo. Le Forze armate britanniche che si trovano attualmente nella zona del Canale ammontano complessivamente a 80 mila uomini.
Alessandria d’Egitto - Radio Cairo ha interrotto oggi i suoi programmi per trasmettere il seguente comunicato: « Questa sera, davanti a una folla di oltre 250.000 persone radunata sulla piazza di Mandila ad Alessandria, un giovane ha sparato numerosi colpi di rivoltella contro il Primo ministro colonnello Gamal Abdel Nasser senza colpirlo. Il col. Nasser, che stava pronunciando un discorso, non ha manifestato alcuna emozione ed ha proseguito serenamente la sua allocuzione. Il giovane, che ha attentato alla vita del Presidente del Consiglio egiziano, è stato tratto in arresto ». L’attentatore è stato identificato per tale Mahmoud Abdel Latif, residente in un villaggio nei pressi del Cairo, di professione lattoniere. Interrogato dalla polizia, egli ha dichiarato: « Volevo soltanto sparare in aria per esprimere la mia gioia ». Radio Cairo ha aggiunto che nel corso dell’attentato sono rimasti feriti il ministro delle Comunicazioni del Sudan, Marghant Hamza, e un avvocato di Alessandria. Ahmed Badr. Nasser stava pronunciando il suo discorso da una tribuna. L’attentatore, a quanto sembra, era seduto proprio di fronte al Presidente del Consiglio, in prima fila, a una distanza di circa dieci metri dalla tribuna dell’oratore. Secondo l’emittente, il primo colpo sparato dall’attentatore colpiva il filo elettrico installato sulla tribuna e spegneva di conseguenza le luci intorno a Nasser. Successivamente si è appreso che l’attentatore ha esploso dieci colpi di rivoltella contro il Presidente Nasser. Oltre all’attentatore, che è stato malmenato dalla folla, sono state arrestate altre undici persone, fra le quali un professore di una scuola media di Damanhour.
Il Cairo - Nella emissione nella quale ha annunciato lo scioglimento della Fratellanza musulmana radio-Cairo ha precisato: «Le autorità egiziane hanno deciso, nell’interesse generale, di sciogliere l’organizzazione dei Fratelli musulmani, gli obiettivi sovversivi e i metodi criminali della quale sono apparsi ormai chiari ». Le persone messe in causa dalle confessioni di Mahmud Abdel Latif, autore dell’attentato contro il colonnello Gamal Abdel Nasser, Primo ministro egiziano, sono state arrestate. Tutte appartengono all’Associazione dei Fratelli musulmani. Secondo i giornali egiziani di questa mattina, l’inchiesta ha rivelato che lo sceicco Hassan el Hodeibi, ex-guida suprema dei Fratelli musulmani, impiegava, all’insaputa della massa dei « fratelli », proprie cellule per creare disordini e intimidire i suoi avversari A proposito delle voci delle dimissioni di Neguib, uno degli ufficiali membri del Consiglio della rivoluzione ha dichiarato: «Tutte queste voci sono prive di fondamento ».
Con la decisione presa dal Governo del colonnello Nasser di sciogliere l’organiszazione della Fratellanza musulmana, la situazione interna egiziana è entrata in una fase di acuta lotta tra gli elementi nazionalisti più intransigenti e il Governo, il quale intende normalizzare la posizione dell’Egitto in politica estera, onde poter dedicarsi con maggiore energia ai problemi della ricostruzione interna ed economica del Paese. Sembra ormai assodato, infatti, sulla base delle dichiarazioni che sarebbero state rese alla polizia da Mahmud Abdel Latif, l’uomo che attentò alla vita del Capo del Governo egiziano, che i responsabili del tentato assassinio sarebbero appunto numerosi dirigenti della Fratellanza musulmana, mentre il Latif avrebbe avuto soltanto la funzione di esecutore materiale. Fra i primi arrestati, fin dalla giornata di ieri, si trova il segretario generale dell’organizzazione, Abdel Kader Uda. Ma la notizia sensazionale in proposito è del pomeriggio di oggi, e consiste nell’arresto, annunciato dal ministro dell’Interno egiziano, del capo della disciolta Fratellanza, la suprema guida Hassan el Hodeiby. Costui viveva sotto falso nome in una villa ad Haggar el Nawatia, nei sobborghi di Alessandria, ed è stato scoperto dalla polizia nel suo nascondiglio questa mattina all’alba e tradotto al Cairo sotto forte scorta armata. Le accuse rivoltegli da Nasser consistono nell’«aver abusato della religione per cercare d’impadronirsi del potere». Che il Governo egiziano intenda fare sul serio questa volta, è provato dal fatto che, oltre ai maggiori capi, ben mille persone si trovano già in carcere, e fra di esse parecchi altri dirigenti di grado elevato della Fratellanza musulmana. Non sembra che questa volta i capi della Fratellanza musulmana possano contare sull’appoggio dell’opinione, pubblica, la quale è stanca dopo mesi di agitazioni e preoccupata per le condizioni economiche del Paese
Nasser ha destituito Neguib dalla carica di presidente della Repubblica. L’accusa è di connivenza con la Fratellanza musulmana che aveva progettato di assassinare Nasser confermata da Ibrahim El Tayeb, capo dei gruppi terroristici istituiti dalla « Fratellanza » al Cairo. Tayeb, che è stato arrestato alcuni giorni fa, è considerato uno degli elementi chiave dell’asserito piano ai danni del Governo. Egli, infatti, avrebbe seguito da vicino i presunti contatti fra Neguib e la « suprema guida » della « Fratellanza », Hasan El Hodeiby. Di Mohammed Neguib si dice soltanto che, da ieri, egli risiede con la famiglia nella lussuosa villa di El Marg, alla periferia del Cairo, che apparteneva fino a qualche tempo fa a Mustafa El Nahas, il capo del disciolto partito wafdista. I due giovanissimi figli del generale lo attendevano già da un paio d’ore, quando Neguib vi fu condotto nel pomeriggio di ieri. La moglie lo raggiunse subito dopo. Circola inoltre la voce che il Governo di Nasser avrebbe assicurato al re dell’Arabia San dita e al Presidente della Repubblica siriana che nessun male verrà fatto a Neguib.
Il Cairo - Sei membri della « Fratellanza Musulmana», condannati a morte dai Tribunale straordinario del Cairo, sono stati impiccati questa mattina all’alba alla periferia del Cairo. Essi sono Mahmud Abdel Latif, che sparò su Nasser cinque colpi di rivoltella andati a vuoto, Hindawy Dweir, che fornì all’attentatore la pistola, il segretario generale della Fratellanza Musulmana Abdel Kader Oda, il mercante Talaat, che era il capo delle cellule terroristiche della organizzazione della Fratellanza, Mohamed Fargali, un membro dell’ esecutivo della Fratellanza, e Ibrahim elTayeb. capo di una delle cellule. Soltanto per il capo della Fratellanza, Hussein el-Hodeìby, la pena di morte è stata commutata in quella della detenzione a vita. Il primo ad affrontare il patibolo è stato Abdul Latif, l’attentatore di Nasser II giovane operaio si è diretto con passo fermo verso la «camera della morte», ove l’attendeva la forca, e, prima di essere bendato, ha gridato con voce sicura : « Che Allah perdoni i miei peccati. Noi apparteniamo ad Allah e ritorniamo ora al suo regno ». Latif era vestito della tunica rossa che viene fatta indossare ai condannati a morte ed era accompagnato da un funzionario di polizia che lo ha condotto innanzi al comandante della prigione, il quale ha letto al condannato il dispositivo della condanna che 10 riguardava. Quindi Latif, fiancheggiato dal boia e dal suo aiutante, è entrato nella cella della morte: gli astanti hanno udito un grido rauco, quindi più nulla. L’attentatore di Nasser era morto, una botola si era aperta sotto i suoi piedi ed egli, il collo nel laccio, penzolava ormai inerte. Intanto in tutto il mondo musulmano si moltiplicano le proteste per la esecuzione dei membri della Fratellanza Musulmana. Dal Pakistan è annunciata una giornata di lutto religioso, cui partecipano tutti i sacerdoti musulmani del Paese.
Il Primo ministro egiziano Nasser ha detto oggi durante un’intervista che l’Egitto si ritirerà dal patto di sicurezza collettiva dei Paesi arabi se l’Iraq insisterà nella firma del trattato di mutua difesa con la Turchia. È la prima volta che l’Egitto rende di pubblica ragione una minaccia del genere. L’asserzione di Nasser è stata interpretata come un tentativo estremo per impedire il fallimento di una missione araba a Bagdad, la quale sta cercando di persuadere il Primo ministro iracheno Nuri Said a desistere dal progetto di alleanza con la Turchia, Paese collegato agli interessi del blocco occidentale. Le dichiarazioni di Nasser hanno messo anche in evidenza il risentimento dell’Egitto verso alcuni Stati arabi che non si sono associati nel condannare l’alleanza tra l’Arabia e la Turchia. Il Premier egiziano ha aggiunto che nel caso l’alleanza tra la Turchia e l’Arabia venga conclusa, l’Egitto proporrà un nuovo patto con quegli Stati arabi che si sono opposti al trattato arabo-turco. Nel nuovo raggruppamento sarebbero invitati ad entrare anche altri Stati africani.
Il Primo ministro turco Adnan Menderes e il Primo ministro iracheno Nuri el Said hanno firmato stasera a Bagdad un trattato di difesa e di collaborazione fra i due Paesi. I due Primi ministri hanno firmato il trattato dopo sei ore il discussioni, iniziate nel po meriggio, interrotte solo per il pranzo e terminate verso mezzanotte (ora locale). Durante i colloqui, la delegazione turca e quella irachena hanno elaborato gli ultimi particolari del trattato. Sono stati firmati due testi del trattato, uno in lingua araba e l’altro in lingua turca. Si ritiene che il Parlamento iracheno si riunirà la prossima settimana per procedere alla ratifica del trattato. Il Primo ministro turco Adnan Menderes partirà probabilmente domani in aereo da Bagdad alla volta di Ankara. Secondo quanto si apprende da fonti diplomatiche, il Presidente della Repubblica turca, Celai Bayar, giungerà a Bagdad, proveniente da Karaci, il 5 marzo prossimo per una visita di cinque giorni. A Istanbul l’ufficio informazioni dell’esercito turco ha definito oggi « completamente infondate » le notizie diffuse da un giornale del Cairo, secondo cui la Turchia avrebbe trasferito due divisioni alla frontiera con la Siria per far pressione sul Parlamento siriano, perché appoggi il patto turco-iracheno. Dal Cairo si apprende che un portavoce militare, annunciando che l’esercito egiziano ha ricevuto l’ordine di « tenersi pronto a qualsiasi evenienza », ha affermato: «Consideriamo come destinato a creare una situazione particolarmente grave il fatto che i paesi occidentali comincino ad esercitare pressioni sull’Egitto per indurlo ad accettare il patto turco-iracheno».In Egitto la questione del patto turco-iracheno è considerata di tale gravità che l’Esercito « ha ricevuto l’ordine di tenersi pronto ad ogni eventualità », come ha dichiarato un portavoce ufficiale. Questi ha poi aggiunto: «Mantenendo la sua parola l’Egitto denuncerà il patto di sicurezza collettiva interarabo subito dopo la firma dell’accordo turco-iracheno».
LONDRA - L’Egitto ha informato oggi la Gran Bretagna che ha accettato l’offerta dei russi per un rifornimento di armi ed equipaggiamenti militari. L’annuncio è stato dato da un portavoce del Foreign Office, il quale ha precisato che il Governo egiziano ne aveva dato comunicazione ieri all’ambasciatore britannico al Cairo, senza tuttavia specificare l’entità del contratto concluso tra i due Paesi. Il portavoce hu dichiaralo d’altra parte: 1) Nessuna fornitura d’armi all’Egitto viene effettuata in questo momento da alcuna delle tre Potenze occidentali. 2) Nessuna discussione ha attualmente luogo fra queste tre Potenze circa la fornitura di armi ai Paesi arabi. 3) Le tre Potenze si consultano ogni volta che una di esse riceve una richiesta di fornitura di anni da uno Stato arabo. Il portavoce ha aggiunto che tali consultazioni hanno lo scopo di mantenere l’equilibrio degli armamenti fra Israele e gli Stati arabi, in conformità con la dichiarazione tripartita del 1950.Intanto, parlando alla radio egiziana in occasione di un’esposizione militare da lui inaugurata, il Primo ministro egiziano Gamal Abdel Nasser ha dichiarato che il suo Governo ha firmato la settimana scorsa un «accordo commerciale» con la Cecoslovacchia per la fornitura di armi all’Egitto. L’Egitto, ha detto Nasser, ha preso questa decisione dopo il ripetuto fallimento dei suoi tentativi di ottenere armi dall’Occidente, « non per la guerra ma per la pace ». Si apprende questa sera da Tel Aviv che Moshe Sharret, Primo ministro e ministro degli Esteri di Israele, ha chiesto all’ambasciatore degli Stati Uniti di fargli visita domani. Il colloquio avrebbe per argomento la questione della consegna di armi all’Egitto. Il Governo egiziano ha frattanto richiamato le forze di riserva dell’esercito » per un addestramento supplementare.). È questa la prima volta dopo la rivoluzione del 23 luglio 1952 che viene presa unn misura del genere.
LONDRA - Il governo britannico ha ordinato all’ambasciatore al Cairo di esprimere al colonnello Nasser il proprio allarme per l’accettazione, da parte dell’Egitto, delle forniture d’armi cecoslovacca e sovietica. La decisione di fornire armi all’Egitto, che rimane in stato di guerra con Israele ed è irritato per l’accordo militare turco-anglo-iracheno, ha lo scopo di far penetrare l’influenza sovietica in una parte del mondo, dove essa finora aveva trovato le porte chiuse: anche il tentativo d’infiltrazione in Persia fallì, come tutti ricorderanno, dopo la caduta di Mossadeq. L’influenza dì Mosca si manifesta come un elemento di spostamento dell’equilibrio esistente: avvelena le relazioni fra l’Egitto e gli Occidentali, disturba il rapporto di forze fra Egiziani ed Ebrei faticosamente mantenuto dall’Inghilterra e dagli Stati Uniti con ben dosate forniture di armi agli uni e agli altri in modo da evitare un nuovo scoppio di ostilità. I fini più lontani della mossa russa sono ancora più grandiosi. Tutte le popolazioni di colore sono assai vulnerabili dalla penetrazione comunista: la miseria degli strati più bassi della popolazione e l’odio per le classi dominanti tradizionali si combinano col risentimento verso gli Europei occidentali, formando un ambiente favorevolissimo alla diffusione del comunismo. L’influenza sovietica porterà probabilmente a un rafforzamento in tutto il Medio Oriente delle correnti sovvertitrici, alla superficie, o in clandestinità. Se è vero, come si prevede, che Mosca manderà una missione al Cairo, questa potrà diventare una centrale di azione irresistibile. Nasser, che reprime il comunismo, e ha eliminato, almeno esternamente, l’influenza della Fratellanza musulmana, dove i comunisti avevano messo piede, si crede naturalmente sicuro del proprio dominio intemo.
Il passo britannico al Cairo, eseguito dall’ambasciatore Trevelyan, non ha avuto esito favorevole. Era impossibile pensare che Abd el Nasser modificasse la sua decisione di acquistare armi dalla Cecoslovacchia. La popolarità di Nasser infatti è aumentata, il prestigio dell’Egitto cresce. Politica d’indipendenza dai due blocchi di tipo indiano, con minore sottigliezza di quella di Nehru, ma con maggiore violenza e risentimento verso gli Inglesi: niente può avere maggior favore fra le popolazioni di colore. La presenza di tecnici cecoslovacchi in territorio egiziano, la necessità di rifornirsi sempre alle stesse fonti per mantenere costante ed eguale l’equipaggiamento e l’armamento delle truppe, il bisogno di parti di ricambio, possono portare fatalmente a un legame pericolosissimo tra i fornitori e i rifomiti. La Cecoslovacchia denuncia i tentativi occidentali contro il progetto come un disegno imperialistico, un attentato all’indipendenza e alla libertà commerciale degli Stati. Viene annunciato un viaggio a Praga di Nasser. La Russia, che ha certamente diretto la manovra, non figura, per ora, tra le fornitrici di armi dell’Egitto. Questo aggiramento sovietico delle posizioni difensive pazientemente costruite dagli Occidentali, e specialmente dagli Inglesi, nel Medio Oriente, è il risultato più positivo che la Russia ha ottenuto, o sta per ottenere, con le armi insidiose della guerra sorridente. Dopo avere convocato gli ambasciatori delle Potenze comuniste, il Governo israeliano ha dichiarato che, per fare fronte a questa gara di armamenti, cercherà di rifornirsi in maggiore misura. Il delicato e precario equilibrio stabilito dalle tre Potenze occidentali rischia di cadere in pezzi. Il dosaggio di forniture seguito dal 1950 in poi per evitare una ripresa di ostilità tra Arabi ed Ebrei, è alterato dal fatto nuovo. In complesso, il Medio Oriente e il Mediterraneo sono la zona dove la situazione si è alterata più sensibilmente negli ultimi mesi, o, anzi, settimane. La ripresa di violenze in tutta l’Africa francese, la crisi di Cipro, il distacco della Jugoslavia e della Grecia, per diverse ragioni, dalle Potenze occidentali e dalla Turchia, il colpo di scena del Cairo, sono tutti segni e fatti allarmanti. (da un articolo di Domenico Bartoli).
Il comunicato conclusivo della conferenza araba del Cairo, durata sei giorni, annunzia che i convenuti hanno concretato un piano diretto a coordinare la difesa araba e metterla in condizione di fronteggiare qualsiasi atto di violenza che Israele volesse fare. Il piano — precisa il comunicato — serve a coordinare politica dell’Egitto, dell’Arabia Saudita e della Siria nei campi politico, militare, economico e culturale, e mira, con tale coordinamento, a mobilitare tutte le forze e tutte le direttive che vogliono realizzare il bene generale della Nazione araba, difendendola dai pericoli dell’aggressione sionista e del dominio straniero, che impediscono il formarsi di un’atmosfera di pace e di stabilità nel settore del Medio Oriente. Il comunicato annunzia pure che la conferenza ha escogitato un piano che contempla l’azione futura che i tre Stati potrebbero svolgere al di fuori dell’intesa che lega i nove Stati dell’Unione araba. Alla conferenza hanno partecipato il Presidente della Repubblica egiziana, Abdel Nasser, re Saud dell’Arabia Saudita ed il Presidente della Repubblica siriana.
Lo scioglimento del Cominform e la promessa russa di contribuire al mantenimento della pace nel Vicino Oriente sono definiti a Bonn dei regalucci con i quali Bulganin e Kruscev hanno voluto tar precedere il loro arrivo In Inghilterra. Il Coininform non aveva più alcuna Importanza da quando esiste il patto di Varsavia e forse il suo scioglimento sarà un efficace contributo all’Insidiosa infiltrazione comunista nei Paesi dell’Occidente secondo le ultime regole della politica moscovita. Quanto alla dichiarazione relativa alla tensione nel Medio Oriente. il regalUcclo è stato offerto piuttosto agli Stati Uniti favorevoli a un azione pacifica, che non alla Gran Bretagna che protendeva per una dimostrazione di forza. Co Comunque, una volta di più. i sovietici sono stati abili e tempestivi. A Bonn lo si riconosce apertamente, ma di fronte alla nuova mossa sovietica si citano le parole pronunciate a Strasburgo da Von Brentano, secondo le quali le speranze suscitate nel luglio scorso a Ginevra sono andate deluse obbligando il mondo occidentale a stare sempre all’erta Pur non escludendo che il cambiamento di tattica del Cremlino abbia ad aprire nuove possibilità, il Governo tedesco è sempre persuaso che 1 fini politici della Russia non siano cambiati
Nella giornata di oggi è stato concluso a Gedda un patto tripartito fra Egitto, Yemen e Arabia Saudita. L’accordo firmato da re Saud, dal Presidente Nasser e da re Ahmed dello Yemen è analogo agli accordi bilaterali già conclusi tra l’Egitto e la Siria, l’Egitto e l’Arabia Saudita e la Siria e l’Arabia Saudita. Esso comporta, alcune clausole militari e una forma di unificazione della politica estera. I colloqui di Gedda sono stati brevi. Infatti essi hanno occupato solamente la mattinata di oggi. Il nuovo atto diplomatico, in quella che ormai viene definita « la sfera d’influenza egiziana », viene giudicato come il sintomo concreto del nervosismo causato nei Paesi arabi anti-Bagdad dalla visita dei due leaders sovietici in Inghilterra; e, in ogni caso, come una specie di monito, così a Mosca, come al blocco occidentale, che il movimento arabo facente capo al Cairo rimane autonomo, nel senso che non intende attendere gli sviluppi di una situazione mondiale extra-araba per determinare la sua azione. In altre parole, Abdel Nasser ha inteso dimostrare con un fatto concreto che la politica araba non teme l’isolamento da parte sovietica, ma che, anzi, minacciata di isolamento, affretta i tempi anziché aggiornarli. È forse per queste ragioni che una particolare solennità è stata conferita all’incontro dei leaders arabi a Gedda, quasi a volere controbilanciare, nell’opinione pubblica dei Paesi del Vicino Oriente, i clamorosi incontri in corso a Londra. (da un articolo di Virgilio Lilli)
Le truppe britanniche hanno lasciato l’Egitto. L’estrema retroguardia delle forze che occupavano la zona del canale di Suez è partita oggi da Porto Said per Cipro, che è diventata la base inglese più importante alle porte del Medio Oriente. Altre basi restano, è vero, alle forze armate inglesi: terrestri e aeree in Libia e Giordania, soltanto aeree in Irak. Ma Cipro sembra più sicura perché si trova in un territorio di sovranità britannica. L’accordo raggiunto verso la fine del 1954 dal Governo inglese e dal colonnello Nasser, prevede il mantenimento di una base militare nella zona del Canale, che sarà garantito da una ditta inglese: i soldati britannici partono e vengono sostituiti dagli egiziani, ma la manutenzione dei magazzini e delle enormi installazioni costruite nella zona di Suez verrà assicurata ancora per molti anni dagli appaltatori inglesi, i quali impiegheranno naturalmente soltanto personale civile. Il Governo di Londra potrà occupare la base con le proprie forze e servirsene a scopi militari soltanto nel caso di una aggressione nel Medio Oriente. Per i pericoli di piccole guerre locali e di colpi di mano, la partenza delle forze inglesi lascia un vuoto irreparabile: viene a mancare un forte elemento di stabilità, una garanzia di moderazione e di- equilibrio. SJ aggiunga che pochi mesi dopo aver raggiunto l’accordo con Londra, Nasser ha accettato le forniture d’armi sovietiche e ha ripreso l’agitazione militare nel deserto di Palestina. L’imminenza del ritiro inglese da Suez, invece di trasformare l’Egitto in un alleato dell’occidente, ha permesso ai sovietici di metter piede nel Medio Oriente e all’Egitto di accettare offerte commerciali e militari dei comunisti. Le truppe britanniche erano sbarcate in Egitto’ ottantaquattro anni fa. per domare un’agitazione xenofoba. Partono lasciandosi dietro una xenofobia non meno aspra e certamente più pericolosa. L’ultimo scaglione comprendeva undici ufficiali e ottanta uomini di truppa ed era comandato dal brigadiere generale Lacey, il quale ha consegnato l’edificio, occupato fino a stamattina, alle autorità egiziane. (da un articolo di Domenico Bartoli)
A 24 ore dall’annuncio diramato dal Dipartimento di Stato, anche il Foreign Office ha reso pubblica oggi la decisione del Governo inglese di ritirare l’offerta di un dono di cinque milioni di sterline all’Egitto per la costruzione della grande diga di Assuan. Il portavoce del Foreign Office ha sostenuto che questo dietro-front inglese è motivato unicamente dai dubbi esistenti sulla capacità dell’Egitto, nelle circostanze attuali, di realizzare questo progetto colossale (che è la chiave di volta dell’intero piano di riforme economiche egiziano), e non da considerazioni politiche. Alla costruzione della diga avrebbero dovuto contribuire anche un dono americano di 15 milioni di sterline e un prestito della Banca Mondiale di 200 milioni di sterline.
Il ministro degli Esteri sovietico Scepilov ha dichiarato che il govcrno russo non intende finanziare la costruzione della diga di Assuan. «L’Egitto — egli ha detto — abbisogna di industrializzazione, e la Russia è disposta ad aiutarlo; ma la diga non è un’opera indispensabile». Colpo grave per Nasser: pochi giorni prima gli americani e poi gli inglesi avevano fatto sapere anch’essi di non voler fornire al dittatore i quattrini necessari. Questa successione di rifiuti merita un commento. Washington e Londra hanno preso la decisione per ragioni eminentemente politiche. I due Governi non vogliono aiutare un uomo di Stato la cui attività principale è di ostacolare la politica francese in Algeria, incoraggiando la rivolta, atteggiandosi a campione del panarabismo. Poiché l’Algeria fa parte del complesso atlantico. Nasser è nemico di tutte le Nazioni dell’alleanza. Mosca invece ha preso la decisione per ragioni economiche. La convenienza politica le avrebbe consigliato di inserirsi con il suo capitale in Egitto, e di occuparvi un posto importante, che avrebbe danneggiato il prestigio occidentale. Nel momento attuale, però, la Russia non ha i mezzi necessari per sopraintendcre alla costruzione di quella immane opera pubblica: non ha abbastanza macchine né tecnici (come avevano giustamente calcolato gli americani). Il risultato è penoso per Nasser, il quale sperava di riverniciare la sua popolarità con l’inizio dei grandi lavori sul Nilo e la promessa di una maggiore prosperità nazionale. Egli aveva creduto che giocando gli occidentali e i russi gli uni contro gli altri, avrebbe fatto ottimi affari. Come accade spesso ai troppo furbi, egli è caduto ora tra due seggiole (dal Corriere d’informazione).
Il Primo ministro Eden ha convocato a tarda sera i rappresentanti diplomatici di Usa e Francia per esaminare la situazione creata dalla decisione di Nasser di nazionalizzare Suez. Hanno partecipato alla riunione il ministro degli Esteri Selwyn Lloyd, il Lord cancelliere, Kilmuir, e il Lord presidente del Consiglio, Salisbury. In precedenza Eden aveva conferito per un’ora con i tre capi di stato maggiore dell’Esercito, dell’Aviazione e della Marina. Non sarebbe da escludersi la possibilità di una rioccupazione del Canale di Suez da parte della Gran Bretagna. A termini del trattato anglo-egiziano, la zona può essere rioccupata dagli inglesi in caso di minaccia di guerra. Il Governo inglese intenderebbe chiedere la convocazione del Consiglio di sicurezza dell’Onu giustificandola col timore «che si verifichino incidenti fra le autorità egiziane e le navi straniere in transito per il Canale». Stasera un’alta personalità britannica ha fatto alla stampa la seguente dichiarazione: «L’Egitto non ha diritto di espropriare la Compagnia di Suez. L’Egitto è vincolato agli accordi in materia fino al novembre 1968. Nasser si troverà in una grave difficoltà dopo il suo annunzio. La Compagnia del Canale di Suez — ha soggiunto — non è abilitata a ricorrere alla giustizia internazionale, ma potrebbero farlo i Paesi che hanno interessi in essa, come Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Paesi arabi». Il Canale di Suez è lungo 160 chilometri da Port Said a Suez. Esso fu ufficialmente aperto il 17 novembre 1869. Sei anni dopo, l’allora Primo ministro britannico Disraeli acquisto 176.602 azioni del Canale di Suez per 3.976.582 sterline dal Khedivè Ismail. Attualmente la Gran Bretagna è in possesso di 196.034 azioni privilegiate e 157.470 azioni normali su un totale rispettivamente di 437.002 e 362.998. Legalmente la Compagnia del Canale è egiziana, ma la sua sede amministrativa è a Parigi. L’importanza economica, oltre che strategica, del Canale è data dal fatto che nove decimi del petrolio destinato all’Occidente vi passano abitualmente.
LONDRA - Con un comunicato diramato a mezzogiorno il Governo inglese informa di aver provveduto a bloccare i beni egiziani esistenti in Inghilterra ed in particolar modo i crediti in sterline che il Governo egiziano vanta nei confronti di quello britannico (più di 100 milioni di sterline che la Gran Bretagna deve ancora all’Egitto a titolo di compensazione per i servizi da ques’ultimo resi all’esercito britannico durante la guerra). Anche i beni della Compagnia del Canale di Suez esistenti in territorio inglese sono stati congelati. Inoltre, la tesoreria ha pubblicato due ordinanze che vietano ai cittadini britannici di conformarsi agli ordini del Governo egiziano per quanto riguarda i beni all’estero della Compagnia del Canale. Ieri il primo ministro aveva promesso fra gli applausi dei deputati che la «situazione sarebbe stata affrontata con fermezza c cautela». Nel pomeriggio una nota di protesta redatta in termini assai duri e consegnata a Nasser dall’ambasciatore britannico al Cairo deplorava l’« arbitraria azione» del Governo egiziano che costituisce «una seria minaccia alla libertà di navigazione in un passaggio marittimo di estrema importanza internazionale ».
L’offensiva israeliana nella penisola del Sinai si sviluppa — secondo le notizie di Tel Aviv — favorevolmente agli invasori. Le truppe israeliane — stando a un annuncio ufficiale — si sono impadronite di Bir Kosseima sulla strada di Ismailia determinando una nuova penetrazione verso il nord che potrebbe condurre all’accerchiamento delle forze egiziane in una vasta zona. L’aviazione delle due parti è entrata in azione e ci sono già stati i primi scontri. Non si sa ancora il numero delle vittime. Le informazioni dal Cairo sottolineano, invece, che l’esercito egiziano « procede alla liquidazione degli elementi israeliani che durante la notte si sono installati presso l’oasi di Nakhl (nel centro del Sinai, a un centinaio di chilometri da Suez) ». Due aerei israeliani sono stati abbattuti, 12 carri armati sono stati distrutti e « pesanti perdite » sono state inflitte alle forze avversarie. A mezzogiorno il Presidente Nasser ha firmato un decreto per la mobilitazione generale in tutto il Paese. Un portavoce ufficiale a Bagdad ha annunciato che l’armata irachena è pronta a venire in soccorso dell’Egitto. Gli Israeliani nel Sinai hanno attraversato una zona arida, collinosa, e non hanno incontrato nei primi movimenti pattuglie egiziane. Ufficialmente, l’azione israeliana avrebbe per obbiettivo solo la liquidazione dei «commandos della morte» nella penisola del Sinai. Il Presidente Eisenhower, dopo un appello vano, ha annunciato che gli Stati Uniti avrebbero deferito nella mattinata di oggi, martedì, alle Nazioni Unite la penetrazione militare israeliana in territorio egiziano. Il Consiglio di sicurezza si è riunito stamane alle il La situazione è estremamente tesa. Tutti i cittadini americani residenti nel Medio Oriente hanno ricevuto l’invito di rimpatriare. Un centinaio di persone è già partito da Israele, altre hanno lasciato l’Egitto e la Giordania. All’aeroporto di Lydda due aerei sono pronti a decollare e a portare in America le famiglie dei diplomatici dislocati a Tel Aviv e a Gerusalemme: tutto il Medio Oriente è sull’orlo della guerra.
Stanotte le unità navali inglesi e francesi stanno dirigendosi verso l’Egitto. domattina, all’alba, le truppe dei due Paesi tenteranno di occupare la zona del Canale. Ad ogni resistenza degli egiziani risponderanno con la forza. Il pericolo di guerra, dunque, è imminente. La situazione precipita. Al conflitto fra Israele ed Egitto sta per sovrapporsi quello fra Egitto ed anglo-francesi. Si annunciano giornate di estrema gravità per oil Medio Oriente e per il mondo intero. L’azione anglo-francese è stata decisa oggi. Mollet e Pineau, dopo l’aggressione di Israele, sono venuti in volo a Londra per conferire con Eden e con Lloyd. Dopo affannose consultazioni i due governi hanno deciso di mandare a Tel Aviv e al Cairo due ultimatum: essi hanno chiesto innanzi tutto, a quei Paesi, di sospendere le ostilità e di ritirarsi da una parte e dell’altra del Canale, ad una distanza di dieci miglia. All’Egitto hanno poi chiesto di permettere l’occupazione di Ismailia, Porto Said e Suez da parte delle forze anglo-francesi «in via provvisoria» per garantire il libero passaggio del Canale. L’ultimatum è stato consegnato a Londra ai rispettivi ambasciatori, alle 4.30 del pomeriggio (ora di Greenwich), e chiedeva una risposta entro dodici ore. Esso scade domattina alle 4.30. In caso di risposta negativa, l’Inghilterra e la Francia useranno la forza. Alla Camera Eden ha detto: «La situazione è molto pericolosa. Se le ostilità non cesseranno immediatamente, il libero passaggio attraverso il Canale sarà minacciato».
TEL AVIV - Alle 20.50 ora locale squadriglie di bombardieri a reazione della Rovai Air Force hanno attaccato simultaneamente gli obiettivi militari egiziani del Cairo, di Alessandria, di Porto Said. di Ismailia e di Suez. Contemporaneamente, l’esercito israeliano ha reso noto che un suo gruppo corazzato d’attacco è entrato in territorio egiziano per tagliare fuori la striscia di Gaza. Altre forze israeliane avanzano sulla strada per Ismailia, avendo infranto le difese egiziane ad Abu Agheila. L’attacco aereo di stasera, portato dalle basi di Nicosia e Akrotiri (cipro), senza reazioni da parte della contraerea egiziana, è durato dodici minuti. Un primo attacco agli obiettivi del Cairo si era registrato nel pomeriggio, alle 18.30 (17.30 italiane), pure da parte di bombardieri a reazione della R.A.F. e da parte di aerei francesi. Prima dei bombardamenti, gli aerei da ricognizione britannici avevano lanciato appelli, attraverso manifestini, alla popolazione perché evacuasse immediatamente le abitazioni nelle immediate vicinanze degli obiettivi militari e obbedisse alle precauzioni già ordinate dal Governo egiziano. Nonostante questi appelli, Radio Cairo informa che nel primo i bombardamento sette civili sono rimasti vittime degli spezzoni britannici e francesi, mentre i danni risultano « ingentissimi». Entrambi i bombardamenti sono stati massicci, effettuati da centinaia di aerei di ogni tipo. Bombe di grosso calibro e spezzoni incendiari sono stati sganciati sugli obiettivi militari, segnatamente sulle caserme, sul concentramento di truppe pronte a partire per la linea del fronte, e sugli aeroporti. Tale operazione, che il Comando franco-britannico ha definito « operazione-ombrello », è stata ordinata evidentemente allo scopo di assicurare il completo dominio del cielo egiziano, e di preparare l’eventuale entrata in azione delle truppe avio-trasportate e dei paracadutisti. L’incrociatore inglese « New Foundland » ha affondato una fregata egiziana. L’annuncio è stato dato dall’Ammiragliato britannico.
Titolo del Corriere della Sera: GLI ISRAELIANI OCCUPANO LA PENISOLA DEL SINAI mentre l’aviazione francoinglese martella gli aeroporti. Violenti scontri fra reparti corazzati - Affondata nel Canale di Suez una unità egiziana - Numerosi aerei distrutti al suolo • Nasser riafferma la decisione di resistere ad oltranza ed assume poteri eccezionali - Appello agli altri Stati arabi perché distruggano gli oleodotti - La Siria si schiera a fianco dell’Egitto
Da questa mattina al fianco dell’Egitto in guerra si è schierata la Siria, con le sue truppe e la sua aviazione militare. Con una comunicazione ufficiale, diramata da tutte le rappresentanze diplomatiche siriane all’estero e trasmessa da Radio-Damasco, la Siria ha annunciato al mondo che «il Governo siriano ha deciso di mettere le proprie truppe a disposizione del comandante in capo delle forze egiziane, generale Abdel Hakini Amer». Truppe siriane hanno varcato la frontiera con la Giordania e si sono poste a disposizione di re Hussein, « per difendere il Paese in caso di aggressione da parte israeliana ». Anche forti contingenti di truppe blindate irachene sono giunti la scorsa notte in territorio giordano. L’irak però non ha ancora rotto le relazioni diplomatiche con la Francia e con la Gran Bretagna, mentre questo grave passo è g<à stato compiuto dalla Siria, dove le manifestazioni antifrancesi e anti-inglesi si moltiplicano.
Titolo del Corriere della Sera: «Imminente lo sbarco degli anglo-francesi in Egitto dopo la distruzione delle forze aeree di Nasser • Centocinque apparecchi annientati • Le truppe egiziane nella zona di Gaza si sono arrese agli israeliani, che continuano l’avanzata verso Suez • Il Governo di Tel Aviv disposto a intavolare trattative con II Cairo»
Titolo del Corriere della Sera: «Nasser accetta il presidio internazionale dell’ONU mentre i paracadutisti franco-inglesi conquistano Porto Said»
Titolo del Corriere della Sera : «Francia e Inghilterra sospendono le ostilità in Egitto ma gli arabo asiatici chiedono l’immediato ritiro delle truppe • Porto Said e Porto Fuad in mano agli alleati • Il Cairo annuncia che l’Egitto continuerà a combattere finché le forze straniere non se ne andranno • L’ambasciatore sovietico da Nasser»
L’Irak — si apprende da Bagdad — ha deciso di rompere le relazioni diplomatiche con la Francia. Il ministro degli Esteri iracheno ha ricevuto l’ambasciatore di Francia a Bagdad e lo ha informato della decisione del suo Governo. Nessuna data è stata ancora fissata per la partenza, da Bagdad, dell’ambasciatore e del personale della rappresentanza diplomatica francese. Il Governo iracheno ha invitato oggi tutti i Governi e i popoli dei Paesi arabi a restare uniti e ha affermato che le sue forze sono pronte ad aiutare la Siria e la Giordania, Paesi i quali potrebbero « essere minacciati dal nemico». Alcuni aerei dell’aviazione militare egiziana si sarebbero rifugiati a Gedda, nell’Arabia Saudita. Non si sa il loro numero né il tipo degli aerei medesimi. Il colonnello Gamal Abdel Nasser — che l’emittente clandestina « Radio-Egitto Libera » ha definito in una sua trasmissione odierna «il Nerone del ventesimo secolo» — ha nuovamente parlato al popolo egiziano. È stata, come nei precedenti discorsi di Nasser, un’apoteosi: e quando la vettura su cui ha preso posto il « Premier » egiziano ha lasciato la Moschea, per riportare il Presidente alla sede del Governo, una marea di folla osannante, entusiasta, plaudente, ha circondato e accompagnato la macchina, come per un viaggio trionfale.
PORTO SAID - Alcuni reparti alleati hanno già cominciato a sgomberare la città di Porto Said, appena tre giorni dopo averla occupata. Il primo battaglione del reggimento paracadutisti è sbarcato oggi a Cipro. Il comandante del battaglione ha detto che se l’avanzata fosse continuata, le truppe anglo-francesi « sarebbero passate attraverso tutta la zona del Canale come un coltello attraverso il burro ». È evidente un certo rammarico fra i comandanti alleati per l’improvvisa tregua, che ha loro impedito di eseguire i piani per la completa occupazione della zona del Canale. Caratteristico è, del resto, il tono dell’ordine del giorno odierno del comandante francese, ammiraglio Barjot, in cui si dice: «Soldati, marinai e aviatori, nel momento in cui voi siete penetrati vincitori nella città principale del Canale di Suez una tregua è stata ordinata per ragioni politiche di cui il Governo è il migliore giudice. Anche se interrotto, il vostro intervento è presagio favorevole per l’avvenire della Francia ». Entro pochi giorni i paracadutisti e i « commandos » che hanno conquistato Porto Said verranno sostituiti da unità di fanteria, mentre si prevede il rientro in Gran Bretagna di alcune squadriglie di apparecchi da caccia e da bombardamento, attualmente a Cipro. Non sono ancora giunti a Porto Said gli osservatori dell’O.N.U. ma si ritiene imminente il loro arrivo. In città la vita sta tornando lentamente alla normalità (da un articolo di Arrigo Levi).
Aprendo stamane a Beirut la conferenza dei capi arabi (alla quale sono rappresentati l’Irak, l’Arabia Saudita, la Sirla, il Libano, la Libia, lo Yemen e la Giordania), il Presidente libanese Camille Chamoun ha affermato che l’attuale crisi del Medio Oriente « minaccia la stessa esistenza, la libertà e la dignità» dei Paesi arabi. ». Il nostro potere e la nostra abilità di difendere questi sacri privilegi è in giuoco, egli ha detto. Chamoun ha poi chiesto che tutti i Paesi arabi aiutino l’Egitto a difendere il Canale di Suez contro l’intervento anglo-francese, e ha dichiarato che le « parole non bastano ad illustrare la gravità dell’attuale situazione dei Paesi arabi». Il Presidente libanese ha quindi rivolto i suoi auguri al col. Nasser (il quale è rappresentato alla conferenza dal suo ambasciatore a Beirut, gen. Abdel Hamid Ghaleb, e dall’ambasciatore egiziano in Siria, gen. Mahmoud Riad) ed ha auspicato che l’Egitto «continui a dimostrarsi forte, nella presente sua lotta per la difesa della patria e per la dignità dei popoli arabi». [...] Nell’odierna seduta della conferenza ha parlato anche il Presidente siriano Kuwatly, il quale ha dichiarato che « la vile aggressione anglo-francoisraeliana contro una Nazione sorella (l’Egitto) ha rafforzato la solidarietà di milioni di arabi e risvegliato la coscienza del mondo intero, il quale è ora pronto a sostenere gli arabi nella loro lotta contro l’aggressore»
Si è svolta oggi al Cairo, nel palazzo del Governo, la cerimonia della firma dell’atto che dà vita al nuovo «Stato arabo unificato » costituito dall’unione della Siria e dell’Egitto. Appena hanno fatto il loro ingresso nel grande salone del palazzo, dove già si trovavano 150 personalità, il Presidente egiziano Nasser e il suo collega siriano Kuwatly hanno preso posto in due grandi poltrone di fronte ad un tavolo dalla superficie lucida come uno specchio. Subito un alto funzionario del Ministero degli Esteri egiziano si è fatto avanti con una cartella contenente la storica pergamena, che costituisce l’atto di fondazione della nuova Repubblica araba, e che i due Presidenti hanno firmato: erano esattamente le 15.53 (ora] italiana). Subito dopo la cerimonia della firma, il Presidente Nasser e il Presidente Kuwatly, seguiti dai ministri, si sono affacciati al balcone per salutare la folla ammassata nella piazza e che ha tributato ai due statisti una ovazione interminabile. Fra le molte frasi gridate dalla folla all’indirizzo dei due Presidenti, una ricorreva con notevole frequenza: « Viva Nasser, il distruttore dell’imperialismo! ». In base al documento firmato oggi il nuovo Stato disporrà di un solo Governo, di un solo Parlamento e costituzionalmente potrà essere definito come una Repubblica presidenziale. Esso però, prima di divenire una realtà operante, dovrà essere approvato dai Parlamenti dei due Paesi il 5 febbraio prossimo (e sull’approvazione non ci possono essere dubbi) e sanzionato entro trenta giorni da un raferendum che verrà tenuto in Siria ed in Egitto e nel corso del quale i due popoli dovranno, non solo dire se sono consenzienti all’unione dei loro due Paesi, ma saranno anche chiamati ad eleggere il Primo Presidente della nuova Repubblica. E anche a questo riguardo non vi sono dubbi: il Primo Presidente sarà Nasser.
Non vi è dubbio che l’Unione siro - egiziana presenta molti lati oscuri e non pochi interrogativi. La fretta con cui i capi l’hanno realizzata fa pensare che essi non saranno in grado di dare una soluzione pratica a tutti i problemi concreti che si porranno inevitabilmente tra breve tempo. Come fare ad equiparare due Stati dove il tenore di vita è tanto diverso? L’operaio siriano è pagato tre volte in confronto a quello egiziano. Si ridurrà il salario del primo o si aumenterà quello del secondo? Si lascerà che l’industria egiziana faccia liberamente concorrenza a quella siriana avente costi di produzione minori? Passiamo ad altro campo: quello del futuro esercito comune. Anche qui il soldato siriano è pagato tre volte più dell’altro. Allora come è possibile unificare l’esercito? Se i soldati siriani si vedranno diminuite le paghe non ci potrebbe essere niente di più decisivo per rendere impopolare la federazione. Se, invece, si preferirà moltiplicare per tre la paga del soldato egiziano, che cosa succederà dell’economia di un Paese che già offre tanti segni di dissesto? Come si vede i promotori del nuovo Stato dovranno nei prossimi mesi procedere su un cammino irto di ostacoli. Forse a questi ostacoli che potrebbero diventare insormontabili vi è un’unica soluzione: che il movimento di opinione pubblica panaraba diventi irresistibile e l’Unione si estenda ad altri Paesi più ricchi. Questo spiega gli sforzi per trovare nuovi associati che nei prossimi mesi Cairo e Damasco espleteranno. Il destino della Repubblica araba unita è di trovare quanto più presto possibile nuovi soci oppure di incagliarsi davanti a grossi scogli che potrebbero mettere in contrasto i due Paesi recentemente uniti. Questo vale soprattutto per la Siria: restando sola con l’Egitto potrebbe fare essa le spese dell’Unione perché è incontestato che il potere risiede al Cairo, nelle mani del dittatore Nasser (da un articolo di Dino Frescobaldi).
«[...] Tutti capiscono che la costituzione di un vincolo federale fra le due monarchie arabe ha lo scopo precipuo di controbilanciare l’Unione araba fondata per iniziativa di Nasser, e sotto il patrocinio della Russia sovietica, dalle due Repubbliche del Cairo e di Damasco. I due nuovi enti statali rappresentano nel Medio Oriente, per lo meno tendenzialmente, i due blocchi mondiali che fanno capo a Washington e a Mosca. La nascita della federazione irako-giordana può essere considerata come un contributo alla pace nella misura in cui ristabilisce l’equilibrio turbato pochi giorni fa dalla formazione della Unione egitto-siriaca. Essa dev’essere accolta con soddisfazione in Europa, in quanto unifica il territorio per il quale passano alcune delle principali condotte che portano il petrolio mesopotamico al mare Mediterraneo. Lo Stato d’Israele, stretto finora tra quattro Nazioni arabe che gli sono ugualmente nemiche, ne avrà solo due ai suoi fianchi. Non sembra a prima vista che la posizione di Tel Aviv sia peggiorata, giacché se da un lato può essere più facile l’accordo fra due Governi per aggredire gli ebrei e tentare di spingerli nel mare, dall’altro lato i Governi emergenti dalle due fusioni sono più rivali tra loro che non fossero, prima di questo sviluppo, i quattro elementi statali originari [...]» (dal Corriere d’Informazione).
L’Egitto ha chiesto al Sudan la cessione di tutto il territorio che si trova a nord del ventiduesimo parallelo. Esso comprende un triangolo che si estende lungo il Mar Rosso e la zona di Uadi Halfa sul Nilo. Delle intenzioni egiziane, ha rivelato Mahgoub in una conferenza-stampa, il Governo di Kartum ha avuto notizia ufficiale qualche giorno fa. Il Cairo ha offerto come contropartita al Sudan una piccola zona più a sud. Il territorio sul quale il Presidente Nasser intende imporre la sovranità egiziana, occupa all’incirca seicento miglia quadrate. La richiesta egiziana ha forma indiretta: vale a dire, nella nota datata 16 febbraio, il Governo del Cairo informa quello di Kartum che ha intenzione di estendere anche al territorio in questione, venerdì prossimo, il plebiscito indetto in Egitto e in Siria per la creazione della nuova « Repubblica araba unita », e che per controllare le operazioni ha deciso di inviare sul posto una commissione con una guardia armata di scorta. Aspra è stata la reazione sudanese. Il Consiglio dei ministri, riunitosi questa notte e rimasto in seduta fino all’alba, ha deciso di inviare Mahgoub al Cairo, e ha riaffermato decisamente la sovranità sudanese sulla zona. Il Primo ministro Abdullah Khalil ha cercato di raggiungere Nasser per telefono, ma è riuscito a parlare solo con i funzionari del Ministero degli Interni egiziano. Khalil ha comunque ricordato che i confini della zona contesa furono fissati ben cinquantasei anni fa, e che da allora la regione è sempre stata amministrata da Kartum. Quando l’Egitto riconobbe l’indipendenza sudanese, affermò specificamente che il riconoscimento era valido per il territorio del Sudan nei confini esistenti. Il 29 gennaio 1958 si e
Nasser è stato proclamato, con tutti i crismi, Capo dello Stato, o meglio degli Stati uniti Siria-Egitto: al plebiscito del 21 febbraio hanno detto sì all’unione il 99,9 per cento dei votanti. Per quanto ogni successo sia solito dare alla testa dei dittatori e spingerli verso una politica più audace, non si può escludere che, in questo caso, il dittatore egiziano sia indotto alla prudenza dalla stessa necessità di contemperare gli interessi dell’Egitto con quelli della Siria, che coincidono solo in un punto, nell’ostilità contro Israele, e sono sorretti da un solo fattore comune, per quanto potente, che è la somiglianza della religione. Differiscono, invece, i due popoli per la razza: uno semitico, l’altro camitico o cuseitico; ed anche il grado di civiltà e le condizioni sociali non si assomigliano, perché in Siria è ignoto il fenomeno del contrasto fra le classi abbienti e l’enorme massa miserabile dei « fellah ». Infine, non può essere del tutto tramontata, in talune sfere, specie militari, di Damasco la corrente favorevole alla creazione della grande Siria estesa fino all’Eufrate: tesi che deve essere abbandonata in favore della politica di Nasser, che gravita verso il Mediterraneo e il Nilo. E’ chiaro, per esempio, che la Siria non ha alcun interesse nella contestazione dell’Egitto col Sudan per uno spicchio di territorio di confine sul MaiRosso (da un articolo del Corriere d’Informazione).
Il ministro sudanese per gli Affari sociali Mohammed Abu Sin ha annunciato oggi che le truppe egiziane hanno sgomberato Abu Ramad. Tutti gli elementi egiziani sono stati ritirati e il vice-governatore della zona ha ammainato la bandiera egiziana. L’annuncio è stato dato dal ministro nel corso di una conferenzastampa. In precedenza il Governo sudanese aveva annunciato che truppe egiziane, della consistenza di circa una compagnia, si erano attestate ad Abu Ramad, circa 130 chilometri entro il confine sudanese. Il ministro degli Esteri d’Etiopia ha pubblicato un comunicato il quale annuncia che l’imperatore, in seguito alle risposte favorevoli ricevute dal Sudan e dall’Egitto a1 suo appello del 18 febbraio per l’apertura di negoziati pacifici per la soluzione della controversia Egitto-Sudanese, si dichiara pronto ad offrire ì suoi buoni uffici per trovare una soluzione accettabile per le due parti. L’agenzia « Medio Oriente » annuncia che una nuova moneta, la « lira araba », sarà messa prossimamente in circolazione nella Repubblica araba unita. Questa moneta sostituirà la lira siriana e la lira egiziana ora in vigore. L’ agenzia « Medio Oriente » aggiunge che negoziati al riguardo sono stati iniziati tra il Cairo e Damasco.
Al Cairo, nel corso del noto processo avanti ad un tribunale militare egiziano a carico di persone imputate di aver complottato per restaurare la monarchia in Egitto, uno dei principali testimoni d’accusa, il colonnello Essam el Din Khalil, ha esplicitamente accusato Re Saud, sovrano dell’Arabia Saudita, ed il principe ereditario dell’Irak, Abdulillah, di aver promesso ingenti premi in danaro ai congiurati. A Damasco, Nasser in persona, parlando ad una folla plaudente di siriani, ha detto che un assegno di 1.900.000 sterline, emesso a Riad, capitale dell’Arabia Saudita, è stato consegnato poco tempo fa al capo del Servizio informativo dell’Esercito siriano, Abdel Hamid Serraj, come prezzo di un complotto di esponenti delle Forze armate siriane contro l’unione fra l’Egitto e la Siria. Lo stesso colonnello Serraj, in una conferenza-stampa, ha poi precisato che sarebbe stato il suocero di Re Saud, Asaad Ibrahim, ad offrirgli da parte del sovrano saudita la somma già citata per « assassinare Gamal Abdel Nasser e ostacolare l’instaurazione dell’unità siroegiziana ».
Re Saud ha delegato i suoi poteri al fratello emiro Feisal. La notizia, dal palazzo reale di Ryad, sembra preannunciare un ulteriore allargarsi dell’influenza di Nasser nel mondo arabo. Feisal, che è già Primo ministro e ministro degli Esteri, ha ora il controllo delle finanze dello Stato, e l’incarico di riorganizzare il sistema di Governo facendo « tutte le modifiche che egli ritenga necessarie ». I giornali del Cairo interpretano giubilanti queste misure come una vera e propria abdicazione « de facto », anche se non « de jure », di re Saud a favore del fratello. Nessuno ignora che quest’ultimo è filo-egiziano. Si spera al Cairo che egli possa far aderire il regno saudita alla Repubblica araba, con un legame di tipo federale. E questo vorrebbe dire che Nasser potrebbe finalmente mettere la mano sulle rendite di uno dei grandi Stati produttori di petrolio. Queste rendite, dicono concordemente gli esperti di problemi mediorientali, venivano finora sperperate dalla Corte saudita, senza che esse fossero affatto utilizzate per elevare il livello di vita_ della popolazione. Il petrolio dell’Arabia saudita (estratto da compagnie americane) potrebbe dare alla Repubblica Araba Unita quella solida base economica che finora le mancava (Arrigo Levi sul Corriere della Sera).
Si ipotizza che dietro il colpo di Stato in Iraq ci sia Nasser, come si evince anche dal riconoscimento immediato, da parte del nuovo regime, della Repubblica Araba Unita. Si paventa che sia imminente anche una caduta di re Hussein di Giordania (che ha appena sventato un complotto contro di lui). Il Patto di Baghdad è a questo punto carta straccia. Per la Russia la rivolta di Bagdad costituisce un grosso successo. Ma non è detto che un Nasser padrone di tutto il Medio Oriente sia più facilmente manovrabile dal Cremlino. Il suo neutralismo ha avuto un’ulteriore conferma, la scorsa settimana, con l’incontro, alle isole Brioni, con Tito, i cui rapporti con Kruscev non sono mai stati così freddi come in questo momento. L’Irak è uno dei maggiori stati produttori di petrolio del Medio Oriente e se Nasser riuscirà ad assorbire questo stato nella Rau, egli avrà trovato una fonte di ricchezza e di capitali quasi inesauribile, che potrà risolvere molte delle difficoltà economiche del mondo arabo e rendere forse possibile l’inizio di quella riforma strutturale che Nasser ha finora rinviato, ritenendo più importante comprare armi dalla Russia per una futura guerra contro Israele. Ciò a cui stiamo assistendo è il completamento della evoluzione nazionalista araba, e vale la pena ricordare che la suddivisione del mondo arabo in tanti Stati diversi è stato uno dei risultati dello sfacelo dell’impero turco, dopo la prima guerra mondiale. Per l’Occidente, la cui economia è fondata in buona parte sul petrolio mediorientale, un totale successo di Nasser fa sorgere grossi problemi economici, strategici e politici. Rimane il fatto che il libero accesso al petrolio mediorientale è assolutamente ! vitale per l’Europa occidentale. A questo punto però l’Occidente non potrà fare altro che prepararsi a scendere a patti con Nasser e con il nazionalismo arabo che, d’altra parte, non c’è dubbio, ha bisogno di questa collaborazione con l’Occidente, anche perché l’Europa è il naturale e unico mercato del petrolio mediorientale (da un articolo di Arrigo Levi per il Corriere della Sera).
Dopo la crisi di Suez, gli inglesi e i francesi tentarono di fermare Nasser, ma gli americani glielo impedirono. Allora «in tutti i Paesi del Medio Oriente, echeggiarono gli urli di trionfo di Radio Cairo. E la gente constatava che Nasser dall’amicizia con la Russia aveva ottenuto armi e prestigio, mentre gli amici dell’Occidente — Chamoun del Libano, i re Hascemiti, Nuri Said in Irak — non ottenevano dall’America aiuti di cui avevano bisogno, e la vita diventava per loro sempre più difficile. E Nasser andò avanti: si annesse la Siria e non lo fermarono. Con un cenno fece cadere Saud — « il gran re Saud » — su cui aveva puntato Foster Dulles. E non lo fermarono. Poi, i suoi scherani si sono infiltrati nel Libano e là combattono per buttare giù il Governo di Chamoun. E ora la tragedia di Bagdad. Il re, il principe ereditario Abdul Illah, il primo ministro Nuri Said hanno pagato il prezzo della loro amicizia per l’Occidente» (da un articolo di Augusto Guerriero).
[...] Nasser quello che vuole lo ha detto chiaramente nel suo libro Egypt’s liberation. Vuole creare un impero musulmano, che comprenda quasi tutta l’Africa e tutto il Medio Oriente, sotto il dominio del Cairo. Queste ambizioni non hanno niente a che fare con la naturale aspirazione dei popoli arabi all’indipendenza. Ma Nasser è stato così astuto da innestare il suo imperialismo al movimento di quei popoli arabi per l’indipendenza. E, una volta creata questa confusione ideologica, ha messo la tecnica nazista al servizio del suo imperialismo. Può l’Occidente soddisfare le pretese di Nasser? Walter Laqueur ha fatto un inventario di quello che significherebbe «venire a patti con Nasser». Significherebbe anzitutto cedergli il Libano, la Giordania, l’Arabia Saudiana, il Kuwait, la Libia. Significherebbe il crollo del Governo democratico del Sudan. Lo smembramento di Israele (per ora lo smembramento, la distruzione in seguito). Il Marocco, la Tunisia, l’Algeria nell’orbita del nasserismo. Conflitti con la Turchia e forse guerra per Alessandretta. Idem con la Persia per Bahrein e per i curdi. Espansione della R. A. U. nell’Africa centrale. Annessione alla R.A.U. dell’Eritrea e della Somalia. Inclusione dell’Etiopia, del Kenia, dell’Uganda, dell’Africa occidentale francese nella sfera araba di co-prosperità. Questo elenco delle rivendicazioni nasseriane non è opera di fantasia o .di congetture: è dedotto da pubblicazioni egiziane e dalle trasmissioni di Radio Cairo. Terzo quesito: rappresenta Nasser tutti i popoli arabi? No. Egli rappresenta una certa classe di ufficiali. Il povero fellah aspira ad avere un po’ di terra e a vivere un po’ meglio, non già a conquistare l’Africa. Gli interessi dell’Egitto sono una cosa, e gli interessi della Mezzaluna fertile (specialmente dell’Irak) e dell’Arabia sono un’altra cosa. Il punto fondamentale è questo: alcuni Paesi del Medio Oriente sono ricchi di petrolio (Irak, Arabia, Kuwait e altri sceiccati della costa) : altri non hanno petrolio, ma il petrolio deve attraversare i loro territori (Egitto, Siria). I primi hanno interesse: 1) a che si estragga la maggior quantità di petrolio; 2) a ottenere le più alte « royalties ». I secondi hanno interesse a riscuotere le più alte tasse sul passaggio del petrolio. (da un articolo di Augusto Guerriero).
LTrak è potenzialmente ricco, e la prospettiva di dividere col numerosissimo e poverissimo proletariato egiziano i 200 milioni di dollari che ricava ogni anno dal petrolio non può sorridere al suo popolo né ai suoi capi. Perciò non è entrato a far parte della R.A.U. e perciò è possibile che Bagdad diventi un nuovo centro di nazionalismo arabo. E pare che fra i capi di Bagdad vi sia una frattura: da una parte, i moderati, dall’altra i « nasseriani ». Se fosse così, l’Occidente dovrebbe fare tutte le concessioni possibili ai moderati, al fine di rafforzarli: soprattutto, dovrebbe associarsi il nuovo Governo nello sfruttamento del petrolio: anzi, dovrebbe sfruttare il petrolio per conto di esso. Cosi il contrasto di interessi fra chi ha il petrolio e deve venderlo e chi lo lascia passare sarebbe più diretto.
Crescente antagonismo fra Nasser e i comunisti. Le ostilità sono state aperte dai comunisti. Essi avevano una posizione assai forte in Siria, prima dell’unione fra quel Paese e l’Egitto. Quando ambedue si fusero nella Repubblica Araba, Kruscev provò disappunto. Egli fece tuttavia buon viso a cattiva sorte. Adesso gli entusiasmi dei siriani verso i fratelli egiziani sono alquanto raffreddati, l’economia nazionale è in declino, il valore della moneta è in ribasso; e Nasser non è più considerato, a Damasco, un nuovo profeta. Khalid Bikdash, il capo dei comunisti siriani, all’inizio della settimana ha pubblicato un manifesto per chiedere maggiore autonomia per la Siria e libere elezioni. Ciò equivale a una aperta sfida contro i poteri dittatoriali di Nasser. Mosca, attraverso i suoi seguaci, cerca di annacquare l’Unione egizio-siriana. La situazione è aggravata da quello che sta succedendo nell’Irak. E’ opinione diffusa, in questa capitale, che i comunisti stiano facendo rapidi progressi a Bagdad. Il Governo del gen. Kassem non ha tentato di impedire le violente dimostrazioni contro un uomo di Governo americano, Rountree, quando egli è andato a conferire col Primo ministro. Di fronte a questi avvenimenti, Nasser è costretto a contrattaccare. Secondo il « News Chronicle » egli ha ordinato l’arresto di numerosi comunisti in Siria e il suo braccio destro, il col. Serrai, è andato a dirigere di persona le operazioni di polizia. Nello stesso tempo, la radio e la stampa di Damasco hanno lanciato una campagna propagandistica contro il comunismo, definendolo « il nuovo imperialismo ». Ci si chiede ora con grande interesse, se il Presidente egiziano spingerà il suo ardimento al punto di arrestare lo stesso Khalid Bikdash, ritenuto l’agente più importante di Mosca nel Levante. In Inghilterra, i laboristi e i liberali (che assumono spesso un atteggiamento di sinistra) pensano che sia ora il momento opportuno per ristabilire i rapporti con il Cairo. Il Governo ha tentato di concludere un accordo negli scorsi mesi con l’Egitto sulle questioni finanziarie che dividono i due Paesi: gli inglesi vogliono l’indennizzo delle proprietà sequestrate dagli egiziani, e questi ultimi vogliono un indennizzo per le distruzioni causate dall’intervento di Suez.
BEIRUT - L’agenzia di informazioni araba comunica di aver appreso da alcuni esponenti politici siriani, giunti giovedì scorso nella capitale libanese da Damasco, che le autorità della R.A.U. hanno proibito la pubblicazione del quotidiano comunista « An Nur » e hanno ordinato la chiusura di alcuni uffici culturali sovietici in Siria. Le stesse fonti hanno inoltre dichiarato che il leader comunista siriano Khaled Bagdash, ha lasciato Damasco alla volta dell’Europa, dopo il recente discorso anticomunista del Presidente Nasser. Secondo gli esponenti politici giunti a Beirut, sarebbero imminenti ulteriori misure. Commentando gli attacchi rivolti dal Presidente Nasser ai comunisti arabi, «L’Orient» si chiede quante probabilità di successo abbiano tali attacchi che potrebbero anche essere un segno di sconfitta, e se Nasser sia veramente in grado di staccare i comunisti arabi dal Cremlino. «Il compito — scrive «L’Orient» — sarà difficile in quanto le barriere create a Bagdad dal regime ashemita si sono sgretolate, la Siria soffre di una grave crisi economica e, infine, la posizione comunista per quanto riguarda l’unità araba è assai ben congegnata ». Il giornale non esclude la possibilità, in caso di una sconfitta, che Nasser ricorra « ad una collaborazione tacita o di fatto con la Giordania, l’Arabia Saudita, l’Occidente e tutti i vecchi partiti nazionalisti di destra, a cominciare dal partito popolare sociale ». (Un libro in gocce)
Menachem Begin e Anwar Sadat firmano a Washington il trattato di pace israelo-egiziano che fa seguito agli accordi di Camp David del 1978. L’Egitto è il primo paese arabo a firmare un accordo di pace e a riconoscere Israele. Il trattato di pace è stato firmato 16 mesi dopo la visita del presidente egiziano Anwar al-Sadat in Israele del 1977, e al termine di intensi negoziati. Gli elementi principali del trattato sono il riconoscimento reciproco dei due Paesi, la fine dello stato di guerra che esisteva fin dal 1948, e il ritiro militare israeliano e la conseguente restituzione degli impianti civili (specialmente Yamit e Taba) delle penisola del Sinai, occupata da Israele fin dal 1967. I negoziati cominciarono sulla base degli accordi di armistizio di Rodi del 24 febbraio 1949. Il trattato assicura altresì la libera circolazione del naviglio israeliano attraverso il canale di Suez e il riconoscimento degli stretti di Tiran e del golfo di Aqaba come vie marittime internazionali che avevano costituito il formale casus belli alla guerra dei sei giorni del 1967.
Libia, Yemen del Sud, Siria, Bahrein e Olp rompono le relazioni diplomatiche con l’Egitto, reo di aver firmato ieri un trattato di pace con Israele e applicano sanzioni economiche.
Mentre l’Oapec prende una serie di misure drastiche contro l’Egitto, reo di aver firmato la pace con Israele, e l’Opec annuncia che riprenderà in esame il problema dei prezzi petroliferi alla prossima riunione di giugno, il governo iraniano dichiara di voler nazionalizzare tutto il settore petrolchimico acquistando le proprietà in mano agli stranieri. Intanto si susseguono voci e smentite su un imminente rimpasto del governo saudita per le tensioni in seno alla famiglia reale. Al termine di una riunione di emergenza del consiglio dell’Oapec, i paesi arabi produttori di petrolio hanno deciso di espellere dalla loro organizzazione l’Egitto e di applicare nei suoi confronti un embargo petrolifero totale. Fonti dell’industria petrolifera affermano che, nonostante l’Egitto goda di una produzione petrolifera propria, nel 1978 è stato costretto ad importare greggio dall’Arabia Saudita per un valore di 159 milioni di dollari. Secondo M. Ramzy El Leissy, presidente dell’organizzazione petrolifera egiziana, le misure prese dall’Oapec non avranno alcuna influenza sui progetti del governo egiziano in campo petrolifero, né sul transito del petrolio arabo attraverso il canale di Suez e l’oleodotto SuezAlessandria. «L’Egitto», hanno confermato fonti governative del Cairo, «intende diventare un grande esportatore di petrolio e punta ad una produzione di un milione di barili al giorno entro tre anni». La produzione attuale egiziana è di 25 milioni di tonnellate di greggio di cui una eccedenza (pari al valore di 800 milioni di dollari) viene esportata in cambio di petrolio raffinato. Da parte sua il presidente Sadat aveva annunciato lunedì che il recupero dei pozzi del Sinai e lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi a ovest del canale di Suez consentiranno al suo paese di aderire nel 1982 all’Opec, l’otganizzazione dei paesi esportatori di petrolio (per aderire alla quale è necessario esportare petrolio per una cifra pari all’1% del prodotto nazionale lordo). Attualmente una cinquantina di compagnie petrolifere straniere, per la maggior parte americane ed europee, partecipano alle prospezioni di petrolio egiziano con accordi che, dal 1974 in poi, superano il miliardo di dollari.
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