SI apprende dal Cairo che la controversia diplomatica irano-saudiana sta prendendo una svolta inattesa. Il ministro dell’Iran nella capitale egiziana ha presentato al locale rappresentante dell’Arabia saudiana una nota con la quale il suo Governo chiede che le città sante della Mecca e di Medina siano amministrate da una commissione internazionale islamica. Secondo la proposta dal Governo iranico, in quella commissione dovrebbero figurare, oltre ai rappresentanti di tutti i paesi islamici, anche rappresentanti delle Repubbliche sovietiche le cui popolazioni siano prevalentemente islamiche. La nota iranica è stata notificata a tutti i Paesi maomettani interessati. Il ministro dell’U.R.S.S. nella capitale egiziana, ha dichiarato davanti ai rappresentanti della stampa estera che, in seguito alla nuova costituzione sovietica, tutte le Repubbliche sovietiche di religione maomettana nomineranno rappresentanti diplomatici presso tutti i Paesi islamici. Il Presidente dei ministri egiziano Nahas Pascià è stato ricevuto da re Faruk il quale si è interessato circa l’andamento della vertenza irano-saudiana
ANKARA - Nelle discussioni fra i «tre grandi» per l’assetto mondiale, il Vicino Oriente non sembra aver avuto una gran parte. Eppure diversi problemi si agitano in questo settore. L’unione degli Stati arabi, costituitasi in marzo, comprende Egitto, Iran, Transgiordania, Arabia Saudita, Siria, Libano e Yemen, Paesi che nell’insieme raggruppano 80 milioni di aspiranti alla completa indipendenza. I recenti incidenti in Siria, contro la dominazione francese, possono costituire ia scintilla per un più vasto movimento xenofobo. Sintomatica a questo proposito la notizia qui giunta dal Cairo questa sera, secondo la quale il Primo ministro egiziano Nekrashy pascià ha chiesto al Senato l’autorizzazione di negoziare col Governo britannico la revisione del trattato di alleanza del 1936. La questione della Palestina non è meno delicata e urgente delle altre, giacché gli ebrei fanno forti pressioni specialmente in America perché sia riaperta illimitatamente l’immigrazione ebraica in quel Paese.
Oggi il rappresentante diplomatico sovietico ha avuto un colloquio di oltre un’ora col Capo del Governo siriano, nel corso del quale avrebbe detto che l’U.R.S.S. è disposta a fornire armi anche alla Siria. Ma anche la medievale Arabia Saudita, dove gli Stati Uniti hanno un’importante base strategica, viene coltivata dai Russi. Questi hanno recentemente mandato in pellegrinaggio alla Mecca un gruppo di musulmani sovietici per accreditare le proprie affermazioni di tolleranza religiosa.
Il comunicato conclusivo della conferenza araba del Cairo, durata sei giorni, annunzia che i convenuti hanno concretato un piano diretto a coordinare la difesa araba e metterla in condizione di fronteggiare qualsiasi atto di violenza che Israele volesse fare. Il piano — precisa il comunicato — serve a coordinare politica dell’Egitto, dell’Arabia Saudita e della Siria nei campi politico, militare, economico e culturale, e mira, con tale coordinamento, a mobilitare tutte le forze e tutte le direttive che vogliono realizzare il bene generale della Nazione araba, difendendola dai pericoli dell’aggressione sionista e del dominio straniero, che impediscono il formarsi di un’atmosfera di pace e di stabilità nel settore del Medio Oriente. Il comunicato annunzia pure che la conferenza ha escogitato un piano che contempla l’azione futura che i tre Stati potrebbero svolgere al di fuori dell’intesa che lega i nove Stati dell’Unione araba. Alla conferenza hanno partecipato il Presidente della Repubblica egiziana, Abdel Nasser, re Saud dell’Arabia Saudita ed il Presidente della Repubblica siriana.
Nella giornata di oggi è stato concluso a Gedda un patto tripartito fra Egitto, Yemen e Arabia Saudita. L’accordo firmato da re Saud, dal Presidente Nasser e da re Ahmed dello Yemen è analogo agli accordi bilaterali già conclusi tra l’Egitto e la Siria, l’Egitto e l’Arabia Saudita e la Siria e l’Arabia Saudita. Esso comporta, alcune clausole militari e una forma di unificazione della politica estera. I colloqui di Gedda sono stati brevi. Infatti essi hanno occupato solamente la mattinata di oggi. Il nuovo atto diplomatico, in quella che ormai viene definita « la sfera d’influenza egiziana », viene giudicato come il sintomo concreto del nervosismo causato nei Paesi arabi anti-Bagdad dalla visita dei due leaders sovietici in Inghilterra; e, in ogni caso, come una specie di monito, così a Mosca, come al blocco occidentale, che il movimento arabo facente capo al Cairo rimane autonomo, nel senso che non intende attendere gli sviluppi di una situazione mondiale extra-araba per determinare la sua azione. In altre parole, Abdel Nasser ha inteso dimostrare con un fatto concreto che la politica araba non teme l’isolamento da parte sovietica, ma che, anzi, minacciata di isolamento, affretta i tempi anziché aggiornarli. È forse per queste ragioni che una particolare solennità è stata conferita all’incontro dei leaders arabi a Gedda, quasi a volere controbilanciare, nell’opinione pubblica dei Paesi del Vicino Oriente, i clamorosi incontri in corso a Londra. (da un articolo di Virgilio Lilli)
Al Cairo, nel corso del noto processo avanti ad un tribunale militare egiziano a carico di persone imputate di aver complottato per restaurare la monarchia in Egitto, uno dei principali testimoni d’accusa, il colonnello Essam el Din Khalil, ha esplicitamente accusato Re Saud, sovrano dell’Arabia Saudita, ed il principe ereditario dell’Irak, Abdulillah, di aver promesso ingenti premi in danaro ai congiurati. A Damasco, Nasser in persona, parlando ad una folla plaudente di siriani, ha detto che un assegno di 1.900.000 sterline, emesso a Riad, capitale dell’Arabia Saudita, è stato consegnato poco tempo fa al capo del Servizio informativo dell’Esercito siriano, Abdel Hamid Serraj, come prezzo di un complotto di esponenti delle Forze armate siriane contro l’unione fra l’Egitto e la Siria. Lo stesso colonnello Serraj, in una conferenza-stampa, ha poi precisato che sarebbe stato il suocero di Re Saud, Asaad Ibrahim, ad offrirgli da parte del sovrano saudita la somma già citata per « assassinare Gamal Abdel Nasser e ostacolare l’instaurazione dell’unità siroegiziana ».
Re Saud ha delegato i suoi poteri al fratello emiro Feisal. La notizia, dal palazzo reale di Ryad, sembra preannunciare un ulteriore allargarsi dell’influenza di Nasser nel mondo arabo. Feisal, che è già Primo ministro e ministro degli Esteri, ha ora il controllo delle finanze dello Stato, e l’incarico di riorganizzare il sistema di Governo facendo « tutte le modifiche che egli ritenga necessarie ». I giornali del Cairo interpretano giubilanti queste misure come una vera e propria abdicazione « de facto », anche se non « de jure », di re Saud a favore del fratello. Nessuno ignora che quest’ultimo è filo-egiziano. Si spera al Cairo che egli possa far aderire il regno saudita alla Repubblica araba, con un legame di tipo federale. E questo vorrebbe dire che Nasser potrebbe finalmente mettere la mano sulle rendite di uno dei grandi Stati produttori di petrolio. Queste rendite, dicono concordemente gli esperti di problemi mediorientali, venivano finora sperperate dalla Corte saudita, senza che esse fossero affatto utilizzate per elevare il livello di vita_ della popolazione. Il petrolio dell’Arabia saudita (estratto da compagnie americane) potrebbe dare alla Repubblica Araba Unita quella solida base economica che finora le mancava (Arrigo Levi sul Corriere della Sera).
L’Irak ha deciso di aumentare i prezzi del petrolio greggio dl 1,20 dollari al barile, cioè del 9% circa, con decorrenza retroattiva dal 1° marzo. Lo ha annunciato la giapponese Mitsubishi OiL. La decisione segue quelle dl altri paesi esportatori di petrolio (Kuwait, Emirati Arabi, Qatar, Libia, Algeria). In dicembre la conferenza ministeriale dell’Opec aveva stabilito per l’anno in corso un aumento del 14,5% dei prezzi del petrolio, da attuarsi in quattro stadi; l’aumento medio dei prezzi al termine del 1979 avrebbe dovuto risultare del 10%. Il GAO (General Accounting Office del Congresso americano) prevede, invece, che l’aumento reale sarà del 17%, in quanto i produttori di.petrolio stanno alzando i prezzi per trarre vantaggio dall’attuale minore disponibilità di greggio. L’Arabia Saudita ha intanto fatto sapere di non considerare necessario un aumento produttivo del suo greggio éntro il 1985, tenendo conto dell’evoluzione della domanda. Lo ha dichiarato il vice ministro delle risorse minerarie e petrolifere, Abdul Aziz Al Turki nel corso della riunione dei paesi dell’OPEC ad Abu Dhabi controbattendo un rapporto del «New York Timés» in base al quale la produzione dei pozzi petroliferi sauditi è ostacolata da difficoltà tecniche a causa delle quali se il paese fosse costretto a produrre 14-16 milioni di barili al giorno non potrebbe mantenere tale livello per più di 10 anni.
GINEVRA — Petrolio sempre più caro e in quantità insufficiente per alcuni mesi ancora a soddisfare i consumi dell’Occidente. Questo è il preoccupante panorama che si presenta all’indomani della conferenza straordinaria dell’OPEC tenutasi a Ginevra. A partire dal 1° aprile e per il solo secondo trimestre, il rincaro effettivo rispetto alla fine del 1978 salirà infatti al 23,5 per cento dal 14,5 per cento che costituiva il rialzo dei prezzi previsto per tutto il 1979 in base alle decisioni che l’OPEC prese nel dicembre scorso in Abu Dabi. Rialzi fino al 40 per cento saranno possibili, invece, per i greggi nordafricani e iracheni di cui l’Italia è forte acquirente. Ciò significa che invece di salire da 13,33 a 13,84 dollari per barile, come previsto, il prezzo di riferimento passerà, ufficialmente, a 14,54 dollari — con uno scatto dell’8,7 per cento sui primi tre mesi dell’anno — e di fatto a 15,75 dollari con un balzo inaspettato di oltre il 16 per cento rispetto ad ora. Un calcolo definitivo non è ancora possibile in quanto l’Arabia Saudita non ha fatto sapere a quanto del suo petrolio applicherà anche il sovrapprezzo, ma alcune stime giudicano che prevedibilmente un barile di petrolio prodotto dalla Libia e dall’Algeria potrebbe essere quotato fino a 19 dollari.
Produzione in milioni di barili al giorno nel 1978: Arabia saudita 8,5 Iran 5,2 Iraq 2,6 Venezuela 2,2 Kuwait 2,1 Libia 2,0 Nigeria 1,9 Emirati 1,8 Indonesia 1,6 Algeria 1,2 Qatar 0,5 Gabon 0,3 Ecuador 0,2.
Un gruppo armato occupa la Grande Moschea della Mecca prendendo in ostaggio un centinaio di pellegrini e proclamando il proprio capo “l’annunciatore della fine dei tempi”. Cinque giorni dopo il governo saudita autorizza il ricorso alla forza per liberare la Moschea. L’assalto provoca decine di morti.
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